Liutai tedeschi a Napoli tra XVI e XVII secolo

Alabarda e mandolino


di MARCELLO FILOTEI

C'era un tempo in cui i tedeschi emigravano verso sud, oltralpe. Accadeva quando non esistevano né la Germania né l'Italia, ma due popoli che condividevano alcune tradizioni artistiche. Chi se lo poteva permettere si limitava a un viaggio in Italia quasi obbligatorio per dirsi uomini di cultura, altri si muovevano per lavorare.
È il caso di numerosi artigiani che si spinsero verso le città della penisola tra il medioevo e l'età moderna. La loro storia è ripercorsa da Luigi Sisto nel volume Liutai tedeschi a Napoli tra Cinque e Seicento. Storia di una migrazione in senso contrario (Roma, Istituto italiano per la storia della musica, 2010, pagine 224, euro 20) che presenta per la prima volta un'analisi del fenomeno migratorio, ripercorrendo gli itinerari dell'apprendistato di artigiani costretti all'espatrio prima di tutto dai vincoli statutari della più antica corporazione liutaria d'Europa, quella di Füssen, risalente al 1562.
Il racconto è affidato alle voci stesse dei protagonisti, riportate alla luce grazie allo studio di un considerevole numero di documenti d'archivio. Attraverso una fitta rete di corrispondenze documentarie la ricerca apre uno spaccato sul sistema produttivo, offre un'analisi dei costi di produzione e vendita, e indaga le dinamiche della distribuzione delle materie.
Lo studio si concentra inoltre su alcune particolarità dell'insediamento sul territorio cittadino, sugli aspetti legati alla gestione delle attività, senza tralasciare le scelte dettate dalla committenza e dal mercato. Non si tratta di teorizzazioni astratte, ma della ricostruzione dell'attività degli artigiani tedeschi attraverso la precisa identificazione delle botteghe, dei costi di locazione delle frequentazioni sociali, specie quelle religiose vissute nell'ambito della confraternita di Santa Maria dell'Anima. Ampio spazio è dedicato inoltre alla committenza e all'intreccio delle vicende dei liutai con quelle dei più celebri pittori e musici attivi nella Napoli del tempo.
Ma se ognuno ha uno scheletro nell'armadio, anche gli artigiani teutonici dell'epoca non fanno eccezione: gli stessi artisti del legno che arrotondavano il suono degli strumenti con maestria e dedizione, lasciata la pialla servivano come alabardieri al servizio della Guardia vicereale. Specialmente i bavaresi. Alabarda e mandolino, tipico dei tedeschi.



(©L'Osservatore Romano 14-15 marzo 2011)
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