La figura del sacerdote nella letteratura contemporanea:  Bruce Marshall

Una fede che sposta anche le sale da ballo


di Paolo Gulisano

Bruce Marshall è stato uno dei più interessanti narratori del Novecento:  una penna brillante, uno stile degno della migliore tradizione umoristica britannica, ma allo stesso tempo un coraggioso apologeta della fede cristiana cattolica dal talento non indifferente. Nato a Edimburgo, in Scozia, nel 1899, morì in Francia nel 1987, dopo aver trascorso buona parte della sua vita nell'Europa continentale dove ottenne un successo di critica e pubblico decisamente superiore a quello avuto in patria. Il suo destino di uomo, oltre che di scrittore, fu segnato dalla conversione al cattolicesimo, avvenuta nel 1917, quando aveva solo diciotto anni. Marshall era nato e cresciuto in una Scozia da secoli rigidamente calvinista, dove la Chiesa cattolica era stata a lungo perseguitata, con i suoi sovrani (Maria Stuarda o il Bonnie Prince Charlie) uccisi o cacciati in esilio, e ridotta a una esigua minoranza socialmente discriminata e culturalmente disprezzata.
Il piccolo gregge della comunità cattolica, composto prevalentemente dagli irriducibili Highlanders, si era andato rimpolpando nel corso del XIX secolo grazie all'arrivo di migliaia di immigrati irlandesi, destinati a fare da bassa forza di lavoro per le industrie pesanti di Glasgow o per le miniere dello Strathclyde. Questi irlandesi poveri, costretti a lasciare la loro terra afflitta dalla miseria e dalla carestia, avevano portato con sé la loro fede forte, temprata dalle persecuzioni, ardente nelle sue devozioni a Maria e ai santi. Da essi, dal piccolo gruppo dei cattolici autoctoni e da quello ancor più esiguo, ma in costante crescita, dei convertiti, che spesso provenivano dalla classe medio-alta e colta, nacque la Chiesa cattolica in Scozia, fatta di parrocchie piccole ed esteticamente modeste, realizzate con le risorse economiche messe a disposizione dai sacrifici dei parrocchiani stessi.
Fu questa comunità che accolse il diciottenne Marshall, studente di college che si era imbattuto nel cattolicesimo - di cui la maggior parte dei suoi connazionali diffidava profondamente, come di una realtà "aliena" - attraverso la lettura delle opere dello straordinario personaggio che era il cardinale John Henry Newman. Attraverso Newman Marshall scoprì che nulla era più ragionevole della fede cattolica. Nello stesso tempo il giovane Bruce venne precipitato nell'inferno delle trincee francesi della prima guerra mondiale, un'esperienza drammatica che lo segnò spiritualmente e consolidò la sua decisione di diventare cattolico.
Nel 1918 sei giorni prima dell'armistizio fu ferito, e gli fu amputata una gamba. Congedato come invalido nel 1920, riprese gli studi e successivamente si impiegò come revisore dei conti per una società che lo inviò in Francia, dove visse per diversi anni, insieme alla moglie che aveva sposato nel 1928. La sua ottima conoscenza del francese fece sì che durante la seconda guerra mondiale collaborasse con l'Intelligence britannica in supporto alla Resistenza francese.
Negli anni che precedettero la guerra fa il suo esordio nel campo narrativo con un'opera che seppe mirabilmente coniugare l'umorismo british con un'apologetica letteraria tanto frizzante quanto profonda e commovente:  Il miracolo di padre Malachia. Protagonista della storia è un umile benedettino scozzese, proveniente dalle Highlands, dietro la cui figura c'è tutta la povera Scozia cattolica, perseguitata, disprezzata, ma certa e fiera della propria appartenenza alla Chiesa di Cristo.
Padre Malachia Murdoch si reca a Edimburgo per insegnare il canto gregoriano al coro di una povera parrocchia retta dal canonico Shamus Collins, un sacerdote di origine irlandese che guida un piccolo gregge di operai, donne di servizio, marinai, con la volontà di confermarlo nella fede, in una società che la disprezza, e di trasmettere anche l'amore per il Bello, che si può trovare anche negli slums di Edimburgo. Ma padre Malachia, una volta arrivato, si accorge subito che una sala da ballo appena aperta vicino alla chiesa crea non pochi problemi. A ciò si aggiunge l'incontro non proprio "ecumenico" con un pastore protestante tanto scettico e disinvoltamente moderno da essere ormai post-cristiano. Il reverendo contesta a padre Malachia l'ingenua e superata fede nei miracoli che i cattolici mantengono come una sorta di superstiziosa sopravvivenza medievale. Padre Malachia allora, con semplicità e umiltà, dichiara invece al collega protestante che Dio i miracoli li compie, e a noi tocca solo saperli riconoscere.
Dio, se vuole, è in grado anche di spostare la famigerata sala da ballo, e così nasce una sorta di sfida con un finale a sorpresa, ancora una volta in grado di strappare al lettore sorriso e commozione. Troviamo anche nelle successive opere di Marshall - che gli valsero un grande successo internazionale soprattutto negli anni Cinquanta e Sessanta - la presenza costante del rapporto tra Chiesa e mondo, tra la fede e una società sempre più nihilisticamente folle. E spesso i protagonisti sono sacerdoti, quasi sempre scozzesi o irlandesi. All glorious within. The World, the Flesh, and Father Smith, del 1944 - tradotto in italiano con il titolo Tutta la gloria del profondo o, in alternativa, Il mondo, la carne e Padre Smith - fu il libro che consacrò definitivamente Bruce Marshall non solo come autore di successo, ma anche come scrittore cattolico.
È il racconto delle vicende di padre Smith, prete cattolico scozzese che lotta per la salvezza spirituale del suo paese e per la maggior gloria di Dio in ogni cosa. Così affronta le fatiche della sua missione subendo anche torti e violenze, rispondendo sempre con il massimo amore per il prossimo, continuando per la sua strada a perseguire la pietà e la carità. Padre Smith rappresenta la sintesi delle virtù di un clero - quello scozzese - che Marshall aveva realmente incontrato, senza alcuna idealizzazione. Sacerdoti come padre Smith erano pienamente consapevoli del loro compito, che era quello dell'amare Dio e il prossimo. Commoventi sono le pagine in cui viene descritta la celebrazione eucaristica, in cui traspare tutto l'attaccamento e la devozione per i divini sacramenti in una terra come la Scozia dove questi erano stati a lungo proibiti per legge. Padre Smith, così come padre Malachia, è consapevole che nulla a questo mondo è più importante, più necessario, della celebrazione della Messa. Questa, più di ogni altra cosa, è il fulcro della vita cristiana.
Marshall tuttavia non fu semplicemente il cantore di un cattolicesimo "gaelico", scozzese e irlandese, ma aveva un profondissimo sensus Ecclesiae che gli consentì di ambientare altri suoi romanzi in Francia, in Austria, nella Spagna della Guerra Civile. Quest'ultima fa da sfondo a una delle opere più intense e più riuscite di Marshall, La sposa bella. Nell'introduzione l'autore scriveva:  "Questo romanzo urterà probabilmente due generi di lettori:  quei progressisti che immaginano di essere i soli saggi e virtuosi e quei tradizionalisti che non si rendono conto delle responsabilità a cui li obbligano le tradizioni ereditate". Ancora una volta sacerdoti, santi e peccatori, virtuosi e deboli, ma tutti chiamati a testimoniare Cristo di fronte a un mondo che lo rifiuta.



(©L'Osservatore Romano 14-15 settembre 2009)
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