Intervista con l'arcivescovo di Nagasaki Joseph Mitsuaki Takami

Dai martiri giapponesi
l'impulso a ravvivare la fede

di Roberto Sgaramella

"La beatificazione dei 188 martiri a Nagasaki sarà motivo della più grande celebrazione e assemblea di preghiera mai avvenute in Giappone". Lo afferma l'arcivescovo di Nagasaki, Joseph Mitsuaki Takami. Il presule è a Roma in occasione della visita ad limina apostolorum dell'episcopato del Sol levante ed è stato ricevuto da Benedetto XVI nella mattinata di lunedì 10 dicembre.

Benedetto XVI lo scorso primo giugno ha riconosciuto ufficialmente il martirio di Pietro Kibe Kasui e 187 suoi compagni uccisi tra il 1603 e il 1639 in Giappone e ha annunciato la loro prossima beatificazione. Quando e dove avverrà la cerimonia? Chi vi parteciperà?

La data è fissata per il prossimo 24 novembre. È stato scelto questo giorno perché in Giappone è festa nazionale e gli uffici saranno chiusi. Inoltre, poiché sarà lunedì, sarà possibile per molti fedeli arrivare a Nagasaki anche da località lontane approfittando del lungo ponte festivo. Dal numero di adesioni, attualmente si prevede la presenza di circa ventimila fedeli, senz'altro la più grande assemblea di preghiera della nostra storia di cattolici. I celebranti saranno i vescovi del nostro Paese in quanto è stata proprio la nostra Conferenza episcopale, per la prima volta, a promuovere la causa di beatificazione. Ovviamente sarà benvenuto il rappresentante di Benedetto XVI. Il luogo per la celebrazione non è stato ancora fissato. Le autorità civili di Nagasaki stanno attivamente collaborando con noi per trovare il posto più adatto. Nessuna delle nostre chiese ha la capacità per contenere una tale folla.

Il gesuita padre Pietro Kibe Kasui e gli altri 187 compagni di martirio furono uccisi solo perché credenti in Cristo?

Benché alcuni storici abbiano gettato delle ombre sulle motivazioni del martirio, è fuor di dubbio che l'odio verso la fede cristiana fu il reale motivo della strage. Dei 188 martiri solo quattro erano religiosi, gli altri erano semplici laici, e tra loro molte donne e bambini. Tra i credenti uccisi alcuni appartenevano alla casta dei samurai. Sapevano maneggiare le armi e avrebbero potuto difendersi. Invece scelsero di morire per Cristo.

Qual era la situazione di quei tempi? Perché tanto odio verso i cristiani?

I cristiani venivano identificati con gli spagnoli e i portoghesi. I primi missionari arrivarono nel Kyushu (Giappone meridionale ndr), a Kagoshima, il 15 agosto del 1549. San Francesco Saverio e due suoi confratelli gesuiti:  Cosme de Tores e Juan Fernández. Gli inizi furono molto incoraggianti e ci furono tantissime conversioni. La situazione peggiorò rapidamente con l'ascesa al potere dei Tokugawa, gli shogun di Edo, come allora si chiamava l'attuale Tokyo. Dal 1603 fino al 1639 le persecuzioni aumentarono fino all'espulsione di tutti i missionari e all'uccisione di quelli che professavano la fede in Cristo. Inoltre l'intero arcipelago venne chiuso a tutti gli stranieri con due eccezioni:  gli olandesi e i mercanti cinesi, che erano alloggiati in aree del porto di Nagasaki controllato direttamente dal potere centrale.

Qualcuno sopravvisse a queste persecuzioni?

Sì. Nelle isole più meridionali e sulle montagne intorno a Nagasaki ci furono gruppi di cristiani che si nascosero per sfuggire a una morte procurata con orribili torture. Anche alcuni dei miei avi riuscirono a sopravvivere nascondendosi per diverse generazioni in un piccolo villaggio chiamato Mitsuyama sulle montagne nella regione di Nagasaki. Ritornarono a pregare in chiesa solo dopo il 1866 quando il vescovo Bernard Petitjean fu posto a capo del vicariato apostolico del Giappone. La mia famiglia era originaria di Sendai e alcuni componenti parteciparono alla missione diplomatica condotta dal samurai Hasekura Rokuemon Tsunenaga partito nel 1613 per consegnare al re di Spagna Filippo III e al Papa Paolo V i messaggi a lui affidati dal suo signore Date Masamune. Gli antichi membri della mia famiglia furono battezzati durante il lungo viaggio. Al ritorno nel 1620 ci fu una prolungata sosta a Manila nelle Filippine. Le notizie che provenivano dal Giappone erano sempre più allarmanti. Allora i miei avi decisero di raggiungere Nagasaki che credevano essere un'area meno pericolosa. Poiché le persecuzioni aumentavano anche lì si rifugiarono sui monti.

Vi sono tuttora discendenti di quei cristiani nascosti?

Alcuni piccoli gruppi sono ancora presenti e continuano a riunirsi per le orasho, preghiere in linguaggio criptico in cui elementi cristiani si confondono con la tradizione scintoista e buddista. Sono ormai gruppi sempre più ristretti che continuano una tradizione che va comunque scomparendo.

La beatificazione dei 188 martiri ritiene che sarà proficua per ravvivare la fede tra i cattolici giapponesi e in particolare tra quelli della sua diocesi?

Prego e opero ogni giorno perché ciò avvenga. La nostra diocesi è per numero di battezzati la seconda del Giappone dopo quella di Tokyo. Tuttavia molti credenti sono anziani e il numero dei giovani che frequenta le parrocchie sta diminuendo. La cultura predominante spinge le nuove generazioni verso il consumismo e l'edonismo. È necessario moltiplicare gli sforzi per trasmettere gli insegnamenti dei Vangeli. I cattolici sono attualmente ben considerati ma molti ritengono che la nostra religione esiga impegni troppo pressanti. Per esempio la frequenza settimanale alla messa. Buddisti e shintoisti si recano poche volte l'anno ai loro templi per pregare, solo in occasione di speciali ricorrenze. Inoltre, è comune il concetto che si possano professare diverse fedi alla stesso tempo senza che ciò crei contrasti nelle coscienze.



(©L'Osservatore Romano 12 dicembre 2007)
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