A colloquio con il cardinale Martino e il vescovo Crepaldi

Luci e ombre
su pace e giustizia

Mario Ponzi


"Abbiamo lavorato duramente per un anno intero su tanti confini, su tante situazioni. Abbiamo visto tornare il sorriso su tanti volti. Ma poi ci ritroviamo negli occhi le immagini dell'ennesima strage, quella pakistana seguita all'omicidio della signora Benazir Bhutto". "Ho seguito passo passo quella vicenda - confida a "L'Osservatore Romano" il cardinale Renato Raffaele Martino -. Sin da quando l'ho vista tornare ho fortemente temuto per lei. Ed è poi accaduto quello che è accaduto. Ora però tocca alla comunità internazionale intervenire per restituire pace e serenità alla popolazione pakistana. Ciò che accade in certi paesi comporta sempre responsabilità esterne, estranee al Paese. Per questo io sostengo con decisione che non si può abbandonare il popolo pakistano a se stesso:  la comunità internazionale deve riportare la pace e la serenità in Pakistan".
L'anno che si è appena concluso ha riproposto la continuità di una sfida. Che - ha rilevato il cardinale - si presenta magari in forme diverse. Una sfida tra bene e male. Tra odio e amore. Tra violenza e fraternità. Tra giustizia e iniquità. Tra guerra e pace. Ma in realtà si tratta sempre della sfida tra la vita e la morte. Per il credente c'è la certezza della resurrezione, dunque della vittoria della vita sulla morte. Ma è il grido lontano delle sofferenze di uomini, di popoli interi, martoriati dalla guerra, dall'odio, dalla violenza, dall'ingiustizia, a lasciare aperta la sfida. Ed è sempre difficile dire chi vince e chi perde perché, come si legge proprio in un messaggio per la Giornata mondiale della pace, esattamente per la XVII edizione, quella del 1984, "è l'uomo che uccide e non la sua spada e neppure, oggi, i suoi missili" (Giovanni Paolo II). Una frase tornata alla mente durante una breve riflessione sul bilancio di un anno di attività per la giustizia e per la pace nel mondo che il cardinale Renato Raffaele Martino e il vescovo Giampaolo Crepaldi, rispettivamente presidente e segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, hanno voluto fare con "L'Osservatore Romano" poco prima che Benedetto XVI si accingesse a guidare la preghiera per la 41ª Giornata mondiale per la pace.
E in effetti è proprio sull'uomo che Papa Benedetto XVI ha fissato il suo sguardo pastorale. Lo ha invitato a riportare Cristo al centro della sua storia, ha ricordato il cardinale, lo ha invitato a ripercorrere le strade della carità, gli ha riconsegnato la speranza, ha cercato di ricondurlo nell'ambito della famiglia intesa nella sua più ampia accezione per imboccare il sentiero che porta alla pace. "Su questo sentiero della pace - ha detto monsignor Crepaldi - noi concentriamo i nostri maggiori sforzi. Il nostro dicastero fa un monitoraggio continuo sulle questioni che generano conflitto. Quest'anno appena trascorso ci siamo concentrati soprattutto sul Medio Oriente e sull'Africa. Tuttavia il nostro impegno più costante è quello di proporre una linea educativa sul fronte della pace a tutto il popolo di Dio". Del resto l'educazione è un altro dei paragrafi di quella dottrina della pace scritta nei quarantuno messaggi per le Giornate mondiali celebrate in questi anni. La storia di oggi, come la storia di ieri, non è frutto del caso né il risultato di una confluenza di fattori imprevedibili o meccanici, bensì un processo che muove sempre dalla volontà e soprattutto dalle scelte dell'uomo. Anzi, di più, di ogni singolo uomo. Ne dà testimonianza il cardinale Martino raccontando uno degli episodi che gli sono maggiormente rimasti impressi in quest'anno appena trascorso. "Ero in Costa d'Avorio. Il paese era appena uscito da una guerra durata nove anni, ma erano rimaste tante, tantissime ruggini. Mi ricordo perfettamente:  era il 21 maggio. Celebravo la Messa in cattedrale. Davanti all'altare sedevano il Presidente della Repubblica e quel Primo Ministro che lui aveva dovuto nominare per far cessare i combattimenti, ma che sino a qualche giorno prima era il capo dei ribelli. Al momento dello scambio del gesto di pace li ho invitati sull'altare accanto a me. Ho scambiato con ciascuno di loro singolarmente il gesto di pace e poi li ho invitati a fare altrettanto tra di loro. Si sono abbracciati. E mentre lo facevano hanno pronunciato la stessa identica frase:  "questo spirito dovrà durare". Ora il processo di pace in Costa d'Avorio è a buon punto. Il disarmo è in atto e ho avuto proprio in questi giorni notizie che l'immagine di quell'abbraccio viene periodicamente riproposta dalle televisioni nazionali proprio per favorire la distensione. È stato il gesto di buona volontà di due uomini che hanno trovato il modo di camminare insieme. Per me è stato un passo decisivo nel processo di pacificazione del Paese".
Analoga esperienza il cardinale l'ha vissuta in Uganda "dove ero già stato tre anni fa - ha ricordato - proprio mentre era in corso una violenta guerra. Mi ricordo di aver visitato tanti campi dove erano concentrati migliaia di sfollati costretti a vivere in condizioni veramente drammatiche". Quest'anno ho ripercorso lo stesso itinerario proprio per vedere quale fosse la situazione. Mi sono trovato davanti a un fenomeno inverso rispetto a quello di tre anni fa, nel senso che i campi di concentramento si stanno svuotando. La gente torna nelle proprie case. E questo è un chiaro segno di pacificazione. Dunque è una cosa da tener presente". Certo, come ha ricordato il cardinale, la situazione è migliorata solo da questo punto di vista in Uganda. "Il dramma che più mi ha segnato - dice il cardinale - è quello dei bambini soldato. Ce ne sono in diversi paesi:  in Uganda, come in Sierra Leone, in Sudan. Subiscono un vero e proprio lavaggio del cervello e questi, che sono veramente poco più che bambinetti, ammazzano chiunque si dica loro di uccidere. Un dramma che prosegue anche quando tornano ai loro villaggi, alle loro case perché nessuno li vuole più. Nessuno li accetta. Tutti li allontanano. Erano stati sequestrati dai signori della guerra e dunque non hanno responsabilità. Ma hanno ucciso tanto e nessuno vuole prendersene cura. Ma bisogna aiutarli".
In questo senso sono state attivate diverse iniziative in collaborazione con ong di ispirazione cattolica. In questo quadro assume importanza anche "l'attenta e capillare opera di monitoraggio sul come procede nel mondo - ha spiegato monsignor Crepaldi - l'attuazione dell'accordo sul disarmo:  dal disarmo nucleare a quello che riguarda le armi convenzionali a quelle biologiche e chimiche". L'attività di monitoraggio è accompagnata, anche in questo caso, dall'attività di formazione. "Abbiamo organizzato - ha spiegato il vescovo segretario - corsi specifici ai quali partecipano i responsabili dei trentaquattro ordinariati militari sparsi nel mondo. Sono i più vicini alle formazioni militari e dunque sono i migliori osservatori. Mi piace anche sottolineare che questi corsi rappresentano anche un'occasione di collaborazione tra congregazioni. In questo caso con la Congregazione per i Vescovi dai quali dipendono gli ordinariati militari".
Anche sul fronte della giustizia non sono mancate sollecitazioni all'azione pastorale del dicastero. "Alla questione giustizia - ha detto il cardinale Martino - dedichiamo tantissimi sforzi, anche personali, e in ogni ambiente ed in ogni sede internazionale. Il cammino da fare resta ancora molto, ma molto lungo soprattutto perché vi sono collegate tante altre questioni che implicano egoismo, fame di potere e quant'altro. È indubbio però che il 2007 è stato per me di grande soddisfazione poiché siamo finalmente arrivati all'approvazione della moratoria sulla pena di morte. Erano anni che lottavo per questo; devo dire onestamente con scarsi risultati perché la mia era una voce alquanto isolata. Ora si è arrivati al traguardo. Direi proprio che l'anno della giustizia 2007 è stato certamente segnato da questa grande vittoria. Ma non può restare isolata perché la gente nel mondo continua a morire", anche quando è innocente al punto da non essere ancora nata. "Ci aspettiamo altre battaglie a favore della vita su tutti i fronti".
Guardando all'anno appena iniziato il cardinale ha indicato l'obiettivo del dicastero per il 2008:  "La famiglia cristiana in quanto "agenzia di pace" come ha detto il Papa. Sarà nostro impegno favorire soprattutto la presa di coscienza che di fronte al mondo ci si deve presentare come una famiglia:  la famiglia umana, la famiglia globale".



(©L'Osservatore Romano 4 gennaio 2008)
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