A proposito dei controlli dei pellegrini in Vaticano

Disagi necessari
a garantire la sicurezza


Mario Ponzi

Chiede scusa per i disagi. Si mostra veramente costernato per le difficoltà arrecate. Ma non cede e non lascia speranze:  "Per chi desidera entrare nella basilica vaticana, visitare le tombe dei pontefici o partecipare ad una celebrazione con il Papa non esiste altro modo che sottoporsi agli accurati controlli degli agenti in servizio di sicurezza". Vincenzo Caso, dirigente dell'Ispettorato della Polizia di Stato presso il Vaticano, risponde così alle rimostranze che quotidianamente si riversano sul suo, e su più "alti" tavoli, da parte di pellegrini costretti ad affrontare le lunghe file e i meticolosi controlli a cui sono sottoposti prima di poter entrare nella basilica vaticana. Caso ha accettato di parlarne con "L'Osservatore Romano" alla vigilia dell'udienza all'Ispettorato per gli auguri d'inizio d'anno al Papa.

Non si può fare proprio nulla per evitare ai pellegrini questi disagi?

Mi dispiace sinceramente. Ma un attacco terroristico si combatte solo con la prevenzione. L'eventuale azione di un terrorista diventa evidente solo nel momento in cui viene messa in atto, e il più delle volte quando diviene evidente è troppo tardi per contrastarla. Perciò, ripeto, mi dispiace recare tanti disturbi alla gente, ma la sicurezza in certi ambienti è molto più importante del fastidio arrecato a qualcuno. Vorrà dire che i fedeli avranno un sacrificio in più da offrire al Signore. Credo che dovrebbero essere contenti nel sapere che proprio quel fastidioso controllo gli consente di entrare in basilica in tutta serenità e di concentrarsi solo sulle bellezze in essa contenute e sulla preghiera. C'è qualcuno in più che veglia su di loro. Almeno sulla loro sicurezza. E tanto per spazzare via dubbi sulle possibilità di allentare la vigilanza, le dico che per me più gente si lamenta per i troppi controlli più sono contento e sicuro perché vuol dire che il servizio è ben fatto.

Tuttavia il compito specifico dell'Ispettorato è un altro.

Se si riferisce al nostro compito principale è certamente un altro:  quello di provvedere alla sicurezza personale del Papa quando esce dal Vaticano. In seconda istanza c'è poi la difesa della sicurezza della Città del Vaticano. E questo comporta un impegno "h24", come si dice in gergo per definire una missione che si sviluppa nell'intero arco delle ventiquattro ore giornaliere.

Quanti sono gli agenti a difesa del Papa?

Siamo in dodici "a stretto contatto", quelli cioè che sono fisicamente schierati accanto al Papa, quasi a contatto con lui. Siamo sempre gli stessi in ogni circostanza. Questo ci consente una certa familiarità nell'espletamento della missione e soprattutto ci aiuta a costruire quella necessaria affinità e sincronia nei movimenti che è fondamentale in questi casi. Il servizio lo espletiamo in stretta collaborazione con gli agenti del Corpo della Gendarmeria vaticana. Prima di ogni uscita facciamo un breefing per valutare ogni minimo particolare. Poi ci sono diverse altre squadre di agenti:  i motociclisti, sono quattordici e anche loro sono sempre gli stessi; gli agenti che operano "dietro le linee", cioè mischiati tra i fedeli; quelli che si occupano della cosiddetta "opera di bonifica" dei luoghi prima dell'arrivo del Papa. È un lavoro complesso che richiede molta attenzione e una dedizione particolare.

E naturalmente anche un addestramento particolare

L'addestramento è quello tipico delle squadre antiterrorismo e di scorta. Se invece si vuole intendere un addestramento particolare per questo incarico specifico, le rispondo di no. Non ci sono addestramenti particolari. Gli agenti vengono selezionati accuratamente tra quelli che hanno seguito questi corsi. Da noi imparano un certo tipo di comportamento. Imparano per esempio a vigilare con la massima attenzione anche se con la massima discrezione; imparano a non mettersi mai tra il Papa e la gente che lui vuole avvicinare, anche se in questi casi devono saper moltiplicare l'attenzione. Insomma è uno sforzo complesso che richiede molta professionalità.

Quali sono gli altri impegni dell'Ispettorato?

Ci occupiamo della sicurezza di tutte le figure istituzionali del Vaticano quando escono in Italia - il segretario di Stato, per esempio - ma anche di quanti altri richiedono la nostra collaborazione. Poi cerchiamo di prestare la nostra assistenza alle migliaia di religiosi e di religiose stranieri che si devono fermare in Italia per svolgere la loro missione. Le pratiche vengono evase dalla Questura ma noi forniamo tutta l'assistenza per prepararle. Pensi che abbiamo dodici agenti delegati a questa forma di assistenza.
Quando i media rilanciano presunti allarmi per attentati in Vaticano o addirittura contro la persona del Papa, hanno un oggettivo riscontro, cioè ne siete informati anche voi e da chi?
In genere si tratta di allarmi effettivamente fondati su informazioni che a noi vengono dal competente dipartimento del nostro ufficio centrale, al quale a sua volta arrivano da diverse fonti dei servizi segreti di tutto il mondo. Certo potrebbe trattarsi di falsi allarmi ma noi abbiamo l'obbligo di considerarli tutti seriamente e di predisporre adeguate contromisure per essere pronti se mai ve ne fosse necessità.

Dopo poco più di due anni lei si accinge a lasciare l'incarico. Quale ricordo conserverà di questa esperienza?

Effettivamente il 31 gennaio lascerò il mio incarico per raggiunti limiti di età. In poche parole vado in pensione. È stata un'esperienza breve ma intensa e per certi versi singolare. Nella mia carriera ho fatto il poliziotto a tutto tondo, dalla mobile, alla giudiziaria, alla criminalpol e quant'altro. Però devo dire che alla fine questa è stata l'esperienza che mi ha arricchito di più dal punto di vista umano e cristiano. Porterò sempre con me il ricordo di quelle migliaia di sorrisi sinceri che ho visto illuminare lo sguardo di ogni persona, dalla più umile alla più importante, dalla più giovane alla più anziana, mentre incrociava lo sguardo, anch'esso aperto al sorriso più sincero, di Benedetto XVI. Con il ricordo di questo sorriso voglio concludere la mia esperienza.



(©L'Osservatore Romano 11 gennaio 2008)
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