Il cardinale Vanhoye illustra il tema delle meditazioni proposte da domenica sera a Benedetto XVI e alla Curia romana

Gli esercizi spirituali
per combattere contro il male

di Nicola Gori


"Veri e propri esercizi":  non un momento di distensione o di tranquillità interiore, ma un allenamento dello spirito per tenere in forma la propria anima e per prepararsi al combattimento contro il male. È questo il senso degli esercizi spirituali nelle parole del cardinale Albert Vanhoye, già segretario della Pontificia Commissione biblica, che da ieri sera fino a sabato 16 detta al Papa e alla Curia romana le meditazioni sul tema "Accogliamo Cristo nostro sommo sacerdote", nella cappella Redemptoris Mater in Vaticano. Al cardinale abbiamo chiesto alcune riflessioni sul significato di questi esercizi.

Perché la scelta di questo tema per gli esercizi spirituali in Vaticano?

È una scelta legata alla mia specifica formazione. Ho fatto una tesi di dottorato sulla lettera agli Ebrei. Ho pubblicato molti articoli e libri sulla lettera agli Ebrei e sono convinto che questo testo del Nuovo Testamento è di grande importanza. È l'unica sintesi cristologica che abbiamo. Altrove abbiamo testi di grande importanza, come l'inno cristologico della lettera ai Filippesi e quello della lettera ai Colossesi. Anche nei Vangeli ci sono tanti passi cristologici, però nel Nuovo Testamento la sola sintesi cristologica è quella della lettera agli Ebrei, che inaugura un tema non sfruttato prima e che nella lettera viene studiato in maniera molto profonda, rinnovando l'idea di sacerdozio e di sacrificio.

Cosa significa rimanere in solitudine e come si armonizza con la fugacità del tempo e della frenesia dell'uomo moderno?

La solitudine è necessaria per un approfondimento personale. Senza solitudine inevitabilmente la persona rimane un po' superficiale. Invece, trovarsi da soli alla presenza di Dio favorisce una riflessione profonda. Nella solitudine l'uomo si rende conto delle proprie intime aspirazioni, delle proprie debolezze e ha la possibilità di mettersi in sintonia con Dio. Infatti, Dio non si può sentire nel rumore moderno, perché il frastuono impedisce alla persona di vivere in profondità e di porsi in contatto con Lui. Gesù con i quaranta giorni nel deserto ci ha dato l'esempio:  come Figlio di Dio non aveva bisogno della solitudine, ma ne aveva bisogno la sua natura umana per prepararsi al ministero pubblico.

Che significato ha per noi l'affermazione che il Figlio di Dio è nostro fratello?

Questa affermazione è tratta dalla lettera agli Ebrei. Più esattamente, l'autore dice che Gesù non si vergogna di chiamarci fratelli, quindi non si vergogna di riconoscersi nostro fratello. Questa è la cosa più impressionante dell'Incarnazione. Il Figlio di Dio, che è tanto al di sopra di noi, si è posto al nostro livello e si è fatto nostro fratello. Egli ha condiviso tutta l'esistenza umana dal concepimento fino alla morte. Gli episodi della sua vita ce lo rendono più fratello di tante altre persone e tanti grandi personaggi della storia. Gesù ha voluto vivere nella semplicità, conducendo un'esistenza nascosta per trenta anni. La sua vita è stata quella di una persona molto semplice e ha parlato con semplicità al popolo. Ha accolto i malati, gli indemoniati, gli infermi e anche i peccatori. Questa è la cosa più impressionante:  il Figlio di Dio si è fatto fratello dei peccatori, senza, evidentemente, la minima complicità con il peccato. Ha, però, accettato la condizione provocata dai peccati umani. Non ha voluto per sé un'esistenza separata dai comuni mortali, ma al contrario, un'esistenza umile e piena di dedizione.

Cosa rappresenta il sacrificio di Cristo e che conseguenze ha nella nostra vita?

Il sacrificio di Cristo è molto diverso dai sacrifici antichi, nei quali si immolavano gli animali. Questi riti erano rispettabili ed erano manifestazioni di generosità verso Dio, in quanto gli animali avevano un prezzo e un valore. Il sacrificio di Cristo, invece, è stato la trasformazione dall'interno di un evento tragico, anzi scandaloso. Questa è la cosa straordinaria. Gesù ha affrontato una situazione che andava nel senso opposto all'idea del sacrificio antico. Ha fatto di una condanna a morte l'occasione della più grande docilità verso il Padre e della più grande solidarietà con gli uomini. Queste sono le due dimensioni del sacrificio di Cristo, che corrispondono alle due dimensioni della croce. La croce ha una dimensione verticale, che attiene al rapporto con Dio, e una dimensione orizzontale, che riguarda il rapporto con i fratelli. La croce è un simbolo molto significativo:  Gesù ne ha fatto un sacrificio di alleanza grazie alla docilità filiale e alla solidarietà spinte fino all'estremo. Non si poteva andare oltre nella solidarietà nei confronti dell'umanità miserabile, cioè nel prendere su di sé la sorte dei criminali condannati a morte.


Cosa si intende con l'affermazione "sacerdote al modo di Melchisedek" riferita a Cristo?

Questa è stata la scoperta dell'autore della lettera agli Ebrei. Sembra che prima di lui nessuno avesse pensato a leggere il salmo 109 (110) fino al versetto quarto in quel modo. Il primo versetto di questo salmo è già in sintonia con Gesù nel Vangelo. È un oracolo regale:  "Oracolo del Signore al mio Signore:  "Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi"". Si tratta di un oracolo di trionfo, che è stato interpretato come messianico. Gesù, proprio nel suo processo davanti al sinedrio, ha accennato a questo oracolo nella sua risposta alla domanda solenne postagli dal sommo sacerdote. Egli risponde dicendo:  vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra della potenza. Così annuncia l'adempimento dell'oracolo del salmo. Sembra che nessuno abbia avuto l'idea di leggere in questa chiave anche ciò che segue, in particolare il versetto quarto, che è un oracolo più solenne di quello contenuto nel primo versetto, perché appoggiato da un giuramento divino:  "Il Signore ha giurato e non si pente:  "Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedek"". L'autore della lettera agli Ebrei ha osservato che questo oracolo si applicava allo stesso personaggio del primo versetto e quindi definiva un sacerdozio che non era secondo l'ordine di Aronne, un sacerdozio che non era nemmeno levitico, cioè che non dipendeva da una genealogia levitica. L'autore ha, poi, approfondito l'idea del sacerdozio del Messia secondo l'ordine di Melchisedek. Ha notato che nella Bibbia, Melchisedek è nominato come sommo sacerdote senza che si parli né di suo padre, né di sua madre, né della sua genealogia e nemmeno della sua nascita e della sua morte. Si tratta quindi di un sacerdote che corrisponde all'immagine del Figlio di Dio, che è veramente divenuto sacerdote per mezzo del suo sacrificio, il quale sostituisce tutti i sacrifici antichi. Tra i sacrifici antichi il più solenne, quello descritto con maggiori dettagli nell'Antico Testamento, è il sacrificio della consacrazione sacerdotale. La passione è un sacrificio di consacrazione sacerdotale, perché ha formato nell'umanità di Cristo le due relazioni essenziali per la mediazione sacerdotale:  la relazione con Dio e la relazione con i fratelli. Cristo, dice l'autore della lettera agli Ebrei, è stato reso perfetto per mezzo delle sue sofferenze:  perfetto nel senso della perfezione sacerdotale, perché le sue sofferenze hanno manifestato una docilità filiale e una solidarietà fraterna sospinte all'estremo. Così l'autore ha rinnovato completamente l'idea del sacrificio e l'idea del sacerdozio nell'Antico Testamento.

Che valore ha attribuire a Cristo il titolo di sommo sacerdote?

Questo titolo, in greco archierèus, significa "sacerdote-capo". Applicato a Cristo, indica il perfetto adempimento in Cristo del concetto di sacerdozio. Cristo, cioè, è perfetto mediatore tra noi e Dio, ci introduce nella sua comunione con il Padre.


Il termine sommo sacerdote si trova anche nei Vangeli?

Nei Vangeli abbiamo questa parola sia al singolare, sia al plurale. La stessa parola greca di solito quando è al singolare si traduce con sommo sacerdote, il capo del sinedrio, di tutta l'organizzazione religiosa; quando è al plurale indica quelli che appartenevano alle famiglie che potevano accedere al sommo sacerdozio. Per la nomina a sommo sacerdote, vi era una successione:  non si aspettava la morte per sostituire un sommo sacerdote, ma si poteva farlo anche in altre circostanze. Gli ex sommi sacerdoti continuavano ad avere questo titolo. Così l'avevano anche alcuni dignitari che rivestivano un'importanza particolare:  per esempio, quello che era responsabile di tutta l'organizzazione della sicurezza del tempio aveva il titolo di archierèus. Nell'Antico Testamento il termine si trova soltanto negli ultimi libri, invece nei Vangeli è corrente. Lo troviamo, purtroppo, nei racconti della passione di Gesù.

Quali sono i fondamenti biblici della Quaresima?

Il fondamento biblico più chiaro è la permanenza di quaranta giorni di Gesù nel deserto. Questo si ricava dai Vangeli sinottici, quando, dopo il battesimo, Cristo è stato spinto dallo spirito nel deserto per affrontare il diavolo e per prepararsi al suo ministero. Ecco il fondamento preciso della Quaresima. D'altra parte, questa iniziativa di Gesù corrisponde a ciò che lo stesso Mosè aveva fatto. Anche lui aveva passato quaranta giorni sul Sinai senza mangiare né bere. Il digiuno è una pratica che non è specificamente cristiana, ma universale. È uno sforzo umano per mettersi nella disposizione di accogliere le ispirazioni divine e per vivere nel distacco dai bisogni più elementari, in modo da approfondire la propria vita nella contemplazione. Il digiuno non ha valore religioso se non è in relazione alla ricerca di Dio. Si può digiunare per motivi di salute, e questo non ha valore religioso. Il digiuno religioso, invece, è fatto per liberarsi dagli istinti elementari e per mettersi alla ricerca di Dio.

Sant'Ignazio di Loyola come considerava gli esercizi spirituali ?

Gli esercizi sono il risultato di un'esperienza spirituale personale di sant'Ignazio. Hanno avuto origine quando egli venne ferito nella battaglia di Pamplona. A causa delle ferite dovette rimanere a letto per vari mesi. Quindi ebbe modo di riflettere intensamente e mise per iscritto le cose più importanti per la vita spirituale. Sant'Ignazio dice all'inizio che questi esercizi spirituali sono fatti per liberarsi dagli affetti e dalle tendenze disordinate, e per trovare la volontà di Dio. Gli esercizi sono quindi una serie di pratiche, in particolare di meditazioni fatte in modo da facilitare il contatto molto profondo con il Vangelo e con la persona di Gesù, e hanno come scopo quello di trovare la volontà di Dio. Sono specialmente utili per chi è incerto della propria vocazione. Sant'Ignazio propone delle meditazioni che permettono di porsi in un stato di disponibilità alla volontà del Signore e aiutano a discernere, grazie all'esperienza delle desolazioni e delle consolazioni, la direzione in cui Dio suggerisce di andare. Gli esercizi non sono semplicemente un momento di raccoglimento, di preghiera tranquilla, ma per il santo sono veri e propri esercizi, quindi attività che hanno come scopo di trovare la volontà di Dio, la propria vocazione, e di proseguire il cammino con sicurezza grazie a questa esperienza spirituale.

Cosa vuol dire per lei predicare gli esercizi al Papa?

Naturalmente, non si tratta più della ricerca della propria vocazione. Come consuetudine nelle comunità religiose si fanno degli esercizi spirituali che, all'inizio della vita consacrata, durano anche un mese intero. Ogni anno si fanno sette o otto giorni di esercizi spirituali proprio per rimettersi in contatto più profondo, più forte con il Signore. Essi servono per mettersi in atteggiamento di disponibilità e anche per ricevere lumi per decidere gli orientamenti da prendere. Grazie a questo periodo di contatto più intenso con il Signore, la persona trova più facilmente il suo cammino, vede ciò che dovrebbe abbandonare. Innanzitutto, vede in quale direzione il Signore la spinge, cioè se sta vivendo l'adesione a Cristo e l'unione al suo amore per le persone bisognose. Gli esercizi sono una specie di rivivificazione della vita spirituale, che è sempre utile, perché nella vita ordinaria il contatto con il Signore può allentarsi.



(©L'Osservatore Romano 11-12 febbraio 2008)
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