L'amministratore apostolico di Mogadiscio un anno dopo l'invio della colletta al dispensario medico di Baidoa, in Somalia

Con le offerte del Giovedì Santo curati ottomilacinquecento pazienti



di Francesco M. Valiante

Più di ottomilacinquecento pazienti - dei quali oltre duemilatrecento bambini e bambine al di sotto dei cinque anni - sono stati curati nel dispensario medico di Baidoa, in Somalia, grazie alle offerte raccolte durante la messa del Giovedì Santo celebrata dal Papa lo scorso anno a San Giovanni in Laterano. Lo riferisce il vescovo di Djibouti monsignor Giorgio Bertin, amministratore apostolico di Mogadiscio e presidente della Caritas locale, che gestisce la struttura. La somma di 14.119 euro, inviata al dispensario attraverso il Pontificio Consiglio Cor Unum, ha permesso di far fronte alla maggior parte delle spese nei mesi di luglio e agosto 2007, consentendo anche di dare inizio ai lavori di ristrutturazione necessari per riqualificare e incrementare i servizi. Ma soprattutto - spiega il presule in questa intervista a "L'Osservatore Romano" - ha avuto l'effetto "di risvegliare e di tenere desta l'attenzione nei confronti della situazione umanitaria del Paese". A proposito della quale monsignor Bertin lancia un drammatico grido d'allarme:  quasi ottocentomila sfollati sono oggi in condizioni ai limiti della sopravvivenza, dopo essere stati costretti ad abbandonare la capitale per la ripresa degli scontri tra le truppe delle istituzioni federali di transizione, appoggiate dagli etiopi, e i ribelli delle ex corti islamiche. Persino gli aiuti delle agenzie umanitarie - denuncia il vescovo - non riescono a giungere a destinazione a causa dello stato di insicurezza nel quale vive l'intera zona.

Appena qualche giorno fa il Comitato internazionale della Croce rossa ha riproposto all'attenzione del mondo la tragedia delle popolazioni somale fuggite dalle atrocità della guerra. Siamo alla catastrofe umanitaria?

È proprio quello che Caritas Somalia aveva segnalato alla comunità internazionale fin dallo scorso ottobre in un documento sottoscritto insieme con altre trentanove organizzazioni non governative. Purtroppo la già precaria situazione umanitaria del Paese è ulteriormente precipitata a causa dei violentissimi scontri esplosi ormai da un anno per il controllo di Mogadiscio. L'organizzazione internazionale Human right watch ha documentato atrocità e violazioni dei diritti umani da entrambe le parti. Si calcola che queste violenze abbiano spinto quasi ottocentomila civili ad abbandonare Mogadiscio, rifugiandosi nelle proprie aree tribali o cercando riparo, a decine di migliaia, nelle zone rurali vicine alla capitale, in particolare nel distretto di Afgoye. Questa gente deve lottare per sopravvivere sotto ripari improvvisati e con gli scarsi aiuti che le agenzie umanitarie riescono a far pervenire. Fin dall'inizio, infatti, la sicurezza dell'intera area è stata così precaria da ostacolare gravemente l'accesso umanitario.

Quali sono attualmente i bisogni più urgenti della popolazione?

L'emergenza sfollati ha in qualche modo superato tutte le emergenze che affliggono la Somalia centro-meridionale dal 1991, anno del collasso dello Stato. Permane perciò la necessità di ricreare una rete di servizi di base, che fornisca alla gente sanità, educazione o semplicemente acqua potabile. Purtroppo, la situazione politica è tale che non è pensabile che le istituzioni abbiano la capacità di rispondere a questi bisogni in tempi brevi.

Occorre intensificare gli aiuti della comunità internazionale?

Il problema umanitario non può essere risolto semplicemente mandando più aiuti. Bisogna trovare una via per la soluzione del problema politico, il problema di un popolo senza Stato. Per questo bisogna lavorare nel campo della riconciliazione e della pace. Bisogna continuare a impegnarsi, o forse bisogna impegnarsi di più per trovare soluzioni politiche al problema somalo.

Se gli aiuti da soli non bastano, allora anche il gesto di carità del Papa rischia di rimanere soltanto la classica goccia nell'oceano?

A parte gli importanti risultati pratici per l'attività del dispensario, quel gesto ha avuto proprio l'effetto di risvegliare e di tenere desta l'attenzione nei confronti della situazione umanitaria del Paese. Lo stesso è avvenuto in occasione dei vari appelli lanciati da Benedetto XVI per la Somalia, in particolare quello dell'udienza generale del 21 novembre 2007:  le sue parole, tradotte in somalo e messe in onda da diverse radio locali, hanno colpito gran parte della popolazione, perché il Papa ha rotto il silenzio della comunità internazionale sulla tragedia rappresentata dall'esodo degli sfollati da Mogadiscio.

La Somalia è un Paese a grandissima maggioranza musulmana. L'attività caritativa può rappresentare anche un contributo al dialogo e alla collaborazione tra le religioni?

Le faccio un esempio concreto. Dallo scorso anno Caritas Somalia è impegnata a sostenere l'azione svolta sul territorio dall'organizzazione umanitaria musulmana Islamic relief. Si tratta di un progetto che prevede la distribuzione di aiuti a più di mille famiglie stanziate nel campo profughi di Hawo Adbi. Questo, secondo me, rappresenta un messaggio ed un esempio di quel "dialogo dell'azione" che costituisce una delle forme del dialogo interreligioso.

A diciassette anni dall'inizio della guerra civile, l'orizzonte di una pace stabile per il Paese sembra ancora lontano. Lei come vede il futuro?

La mia speranza è che proprio la diaspora somala - con il sostegno della comunità internazionale e l'appoggio dei migliori elementi locali attualmente presenti nel Paese - consenta di trovare le vie che possono condurre alla stabilità e alla rinascita di uno Stato. Il compito è arduo, soprattutto se si pensa che dal 1991 ad oggi si sono succedute ben quattordici conferenze internazionali di pace per il Paese. Ma non è impossibile. La speranza può prevalere sul pessimismo e sulla rassegnazione se è accompagnata dalla fede e alimentata dalla preghiera:  è questo il miglior contributo che la Chiesa può continuare a donare insieme con altre persone e istituzioni di buona volontà.



(©L'Osservatore Romano 19 marzo 2008)
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