Un bilancio del cardinale segretario di Stato dopo il viaggio in Bielorussia

Aperti cammini finora impensabili


È ottimista la visione che il cardinale Tarcisio Bertone ha portato con sé al ritorno dal viaggio in Bielorussia. Un Paese dalle molte potenzialità per la Chiesa, il dialogo ecumenico, il rapporto con le autorità governative e statali. Un programma denso (dal 18 al 22 giugno) raccontato in questa intervista rilasciata in contemporanea a "L'Osservatore Romano", a Radio Vaticana e al Centro Televisivo Vaticano. Segnali di nuovo inizio il segretario di Stato li ha intravisti specialmente nell'incontro con i giovani e all'università dove si registra un dialogo vivace tra fede e ragione.

Come stanno contribuendo i cattolici in Bielorussia alla ricostruzione materiale e morale del Paese uscito dal comunismo?

I cattolici in Bielorussia sono una minoranza, ma numerosa e attiva; una minoranza che professa pubblicamente e, direi, entusiasticamente la propria fede. Segnata quindi dalla testimonianza di una ritrovata fede nel Signore Gesù e da una rinnovata pratica cristiana.
Il primo impegno - tipicamente pastorale - è quello di educare le giovani generazioni alla fede e di rieducare le vecchie generazioni e le generazioni adulte alla fede, che è stata un po' sopita e messa alla prova, anche con persecuzioni e sacrifici immani. E poi, i cattolici contribuiscono attraverso una testimonianza dei valori che sono apprezzati anche dalla società e dall'autorità pubblica:  il valore della vita, della famiglia, dell'educazione, della cura della salute, con tante iniziative di carattere solidaristico e sociale. Pensiamo anche alla cura dei bambini e delle loro famiglie - si pensi alle conseguenze dell'effetto Chernobyl -. Il viaggio pastorale in Bielorussia l'ho incominciato con la visita a un centro Caritas che ospita persone bisognose di aiuto. Questa profusione di solidarietà, di generosità - dicevo - è molto apprezzata dalla società civile e dalle stesse autorità.

Quale specificità ha, in Bielorussia, il dialogo tra fede e ragione?

Ha la caratteristica tipica di un confronto tra la ragione, le scienze, la cultura e la tradizione cristiana, la proposta culturale della Chiesa, così come avviene in ogni parte del mondo. Però, ci sono degli accenti particolari. Intanto, in Bielorussia c'è molta sete di questo confronto, molta sete di Dio e delle ragioni di Dio rispetto alle ragioni dell'uomo. Questo confronto tra Dio e l'uomo, soffocato durante la dittatura comunista, riemerge. Nella Università statale di Minsk c'è una bella Facoltà di Teologia, frequentata da ortodossi e da cattolici, dove, proprio su questo tema specifico, ho tenuto una conferenza che mi è parsa molto ascoltata e apprezzata. Il Rettore dell'Università intende farne oggetto di ulteriore riflessione. La Facoltà è frequentata anche da non credenti che vogliono confrontarsi con le ragioni della fede. Nel teatro del palazzo del Presidente della Repubblica - perché il Teatro di Minsk è in restauro - è stata rappresentata, non so dopo quante repliche, una bella opera:  un balletto sulla Creazione. La storia di Dio Creatore è la storia dell'uomo amato da Dio e la storia dell'uomo ribelle, la lotta tra il bene e il male con la vittoria finale del bene. Questa tematica è stata rappresentata dal Balletto "Bolshoj" di Minsk. Ho chiesto se fa concorrenza al "Bolshoj" di Mosca. "A volte - mi hanno risposto - fa anche concorrenza". Sono andato a vederlo anche per dare una testimonianza; ho salutato il regista che, peraltro, è una persona molto fine ed è molto sensibile a queste tematiche religiose. Egli mi ha raccontato che una delle prime rappresentazioni di quest'opera l'ha fatta davanti al cardinale di Cracovia, Karol Wojtyla, il quale al termine lo ha ringraziato dicendogli:  "Ti ringrazio in nome di Dio". Questi sono dei tratti molto belli; naturalmente, un'espressione simile è rimasta nella mente di questo regista, in maniera incancellabile, fino a oggi.

A che punto è il dialogo ecumenico in questa regione, e anche la convivenza tra i vari riti nella stessa Chiesa cattolica?

Credo che sia in un momento oserei quasi dire idilliaco di concordia, di rispetto e di promozione reciproca delle iniziative delle diverse Chiese. Ho incontrato il metropolita ortodosso di Bielorussia, Filarete, che fa capo al Patriarcato di Mosca, e i gerarchi ortodossi sono stati presenti a ogni mia solenne celebrazione. A Grodno - ad esempio - era presente il vescovo ortodosso di Grodno, a Minsk un rappresentante della Chiesa ortodossa bielorussa. Il colloquio è stato molto interessante:  con il metropolita abbiamo trattato problemi di comune interesse, anche il problema dei segni religiosi nella società. C'è anche una sana emulazione e collaborazione nella costruzione delle chiese, nel piantare i segni religiosi. Lui mi ha fatto vedere la galleria di tutte le chiese nuove costruite da quando è metropolita, e così apprezza anche che la Chiesa cattolica costruisca questi segni della presenza di Dio in mezzo agli uomini e nella vita della comunità credente. Tra i Latini e i Greco-cattolici che sono presenti anche in Bielorussia c'è un rapporto molto fraterno, e il visitatore - c'è un visitatore greco-cattolico per i greco-cattolici di Bielorussia - è invitato a partecipare regolarmente alle riunioni della Conferenza episcopale:  è venuto anche alle riunioni da me presiedute con la Conferenza episcopale bielorussa, e poi ha partecipato a tutte le celebrazioni. Ho visitato il loro Centro a Minsk:  ci sono prospettive di sviluppo. Tra l'altro, poi, è difficile calcolare statisticamente le cifre degli appartenenti alle diverse confessioni - erano presenti all'ultima celebrazione a Minsk anche il rappresentante della Chiesa luterana e della Alleanza Biblica Mondiale, c'era un rappresentante della parte musulmana - perché i cristiani, e penso anche i credenti delle altre religioni, trovano il coraggio di manifestare la loro presenza nei momenti in cui si inaugura un luogo di culto, un luogo di riunione. Perché, sappiamo, dopo tanti anni di paura e di oppressione, l'uscita allo scoperto in pubblico è ancora prudente. Però, è interessante:  c'è un clima non solo di tolleranza, ma di concordia, di vera concordia tra le varie confessioni e soprattutto tra le confessioni cristiane.

Oltre a questi incontri ecumenici lei ha avuto anche incontri con le autorità governative e statali. Ci può dire quali risultati ha conseguito?

Ho avuto incontri sia con il Presidente della Repubblica, Sig. Aleksandr Lukasenko, con il quale sono stato un'ora e mezza, sia con il ministro degli Esteri, Sig. Martynov e con il Presidente del Comitato per gli Affari Religiosi e le Minoranze Etniche del Consiglio dei Ministri, Sig. Guljako. Ho parlato in incontri ufficiali ma anche così, amichevolmente, nei trasferimenti o in altre circostanze di manifestazioni pubbliche. Il ministro degli Esteri ha dato un pranzo in mio onore, invitando alcune autorità. Gli incontri sono stati molto positivi e abbiamo raggiunto dei risultati concreti:  anzitutto, c'è una prospettiva che sta facendosi strada, di stipulare un accordo vero e proprio con la Bielorussia, almeno un accordo fondamentale, che le due parti dovranno studiare, naturalmente. Tra parentesi, ricordo la nomina dell'ambasciatore di Bielorussia presso la Santa Sede, che ha presentato le Lettere credenziali. C'è un bel discorso del Papa all'ambasciatore che è una grande personalità. Il Corpo diplomatico accreditato in Bielorussia - ho incontrato alcuni ambasciatori - lavora bene, c'è un clima di collaborazione anche a livello diplomatico. Abbiamo ottenuto dei buoni risultati, ad esempio per quanto riguarda la possibilità di costruire nuove chiese, una nuova sede per la Nunziatura Apostolica e la sede dell'episcopio di Minsk. Quindi, credo che in Bielorussia, come peraltro negli altri Paesi soprattutto dell'area dell'Europa orientale, abbiamo aperto vie nuove che forse erano fino a poco tempo fa impensabili. Questo dimostra l'opportunità degli incontri personali, degli incontri faccia a faccia con i responsabili della vita civile o dei governi delle diverse Nazioni.

Perché tanta passione educativa e tanto insistere sulla speranza nell'incontro con i giovani?

I giovani sono una porzione eletta - come diceva Don Bosco - del popolo di Dio, della società e quindi suscitano da parte mia sempre una reazione di vicinanza e di intensità di sentimenti e di passione. Non dimentichiamo che una specialissima attenzione verso  i  giovani  c'è  stata  da  parte dei  Papi,  Giovanni  Paolo  ii  e  Benedetto XVI in particolare. Nel mio viaggio sono andato a incontrare un folto gruppo di giovani in un luogo particolare, cioè in una parrocchia salesiana, e quindi anche come salesiano ho particolarmente goduto di questo incontro con i giovani che mi sembrano già molto ben formati e protesi verso il futuro, verso una solida fede cristiana. Prima dei miei interventi hanno realizzato una specie di "recital" molto bello, sulla lotta tra le tenebre e la luce, sul degrado dei giovani senza fede, senza ideali e quindi sulla necessità, sulla risorsa che la fede è, che la Chiesa è per i giovani, anche in Bielorussia come - credo - per quelli di ogni regione, di ogni continente. D'altra parte, i giovani che vedono e studiano la storia delle loro nazioni, delle loro società hanno bisogno di una iniezione di speranza. Certo, hanno più bisogno di speranza gli adulti, gli anziani che hanno subìto tante delusioni. I giovani sono ancora aperti al futuro, alle cose più belle. Bisogna sostenerli in questa apertura, nell'attesa e nella partecipazione personale alla costruzione di una società che sia a misura degli ideali umani, del progetto della creazione di Dio, e anche a misura delle promesse delle nazioni stesse e della comunità internazionale. I giovani hanno reagito molto positivamente:  ho trovato una presenza continua e cospicua di giovani in tutte le celebrazioni, in tutte le manifestazioni pubbliche.

Qual è l'immagine più significativa che le rimane di questo viaggio in Bielorussia?

Vorrei dire un'immagine di un "grande vecchio", del coraggioso e indomito cardinale Kazimierz Swiatek. Ci sarebbero tante altre immagini, naturalmente, anche immagini di belle famiglie, della bella tradizione bielorussa, di un Paese che accoglie offrendo il pane e il sale. Auguro sempre che non manchi mai il pane della vita e il sale della sapienza, soprattutto ai giovani, ma anche alla nazione, a tutti i membri della nazione. Ma al di sopra di tutte rimane l'immagine di questo "grande vecchio" che ha sofferto tanto nella sua vita e che sta per compiere 94 anni. L'ho incontrato a Pinsk, e continua a lavorare con una forza straordinaria; a lavorare apostolicamente, con un progetto pastorale, con impegno veramente ammirevole. Mi ha raccontato tanti tratti della sua vita, tanti episodi della sua esistenza. Ci eravamo già incontrati parecchie volte, ma vederlo in loco, vederlo nella sua diocesi di Pinsk, e vedere di quale amore, di quale stima è circondato mi ha fortemente colpito. I giovani, nel loro "recital", hanno parlato dei martiri, dei testimoni del passato e dei testimoni viventi, e allora hanno portato un mazzo di fiori, un dono al cardinale Swiatek, come al testimone vivente, incrollabile di una fede che non vacilla, di una storia di fede che continua.

Nei suoi discorsi dei viaggi precedenti ma in particolare in questo in Bielorussia, lei ha molto insistito sul primato della vita spirituale e sulla testimonianza credibile dei laici e specialmente del clero. È stata una scelta occasionale o voluta?

Una scelta voluta, ovviamente; una scelta pensata, per il clero e per i laici. Sia perché sappiamo che la sorgente vera di fedeltà a Cristo e alla Chiesa e anche la sorgente vera di tutte le attività - anche delle attività caritative e solidaristiche - è una vita spirituale ardente, fervorosa. Tra l'altro, proprio il sabato 21 giugno ricorreva la memoria di san Luigi Gonzaga. Ho ricordato ai seminaristi che san Luigi Gonzaga a 12 anni aveva stabilito nel programma della sua giornata di dedicare cinque ore alla preghiera. Ho detto ai giovani che nemmeno noi vescovi e cardinali (forse) dedichiamo cinque ore quotidiane alla preghiera. Però, lì si attinge la forza, nell'amicizia con Cristo. E ciò vale per il clero, vale per i vescovi prima di tutti, ma vale anche per i laici:  c'è la risorsa della vita spirituale che alimenta tutte le altre manifestazioni di autentica carità cristiana e tutte le forme di una esperienza cristiana, vissuta personalmente e comunitariamente. Credo che questo sia stato compreso, anche per non svuotarci in un attivismo pure meritevole:  pensiamo a tutte le iniziative nel sociale, che sono molto apprezzate, ma che non toccano il cuore se non hanno quella linfa vitale che è l'ispirazione dell'amicizia con Cristo e  l'ispirazione  autenticamente  evangelica.

Le tematiche pastorali e religiose sono state prevalenti in questa come in altre sue precedenti visite compiute a nome del Papa. C'è davvero un nuovo corso nella diplomazia vaticana?

Sono convinto - l'abbiamo detto in questi anni - che la diplomazia della Santa Sede cammina per così dire con due ali:  un'ala tipica di impegno pastorale, perché i rappresentanti pontifici nelle diverse nazioni, per statuto, devono essere di aiuto e di sostegno alle Chiese locali; e poi la missione di coltivare, migliorare e intensificare i rapporti con le autorità civili e nazionali. Nei miei viaggi pastorali metto sempre al primo punto la visita alle Conferenze episcopali e alle diocesi. Sottolineo la visita alle diocesi. Naturalmente, nei limiti del possibile, perché non posso visitare tutte le diocesi di una Nazione. Per esempio, in Bielorussia ho visitato le diocesi di Minsk, di Pinsk, di Grodno. Ho tralasciato per ora - chissà, in futuro - la diocesi di Vitebsk. Il vescovo aveva tanto desiderio che andassi anche in quella diocesi, in quella regione che ha dei problemi particolari. La visita alle comunità diocesane è molto attesa e la visita poi del primo collaboratore del Papa in qualche modo rappresenta la vicinanza del Papa, le indicazioni, l'indirizzo che il Papa imprime anche all'attività pastorale, perché naturalmente tutti i miei discorsi hanno come punto di riferimento il magistero di Papa Benedetto XVI, come anche il magistero dei Papi precedenti, in modo particolare di Papa Giovanni Paolo ii. Perciò, prima di tutto, i miei viaggi hanno un accento pastorale:  la visita ai vescovi, alle diocesi, alle comunità locali, ai giovani. Come ho detto, in Bielorussia ho incominciato con la visita a quel Centro Caritas proprio per dare un segno di priorità e di preferenza, che sia conforme all'ispirazione evangelica della nostra vita, anche della vita di un diplomatico, di un rappresentante pontificio. Poi, c'è l'altro aspetto che naturalmente impegna molto, che caratterizza queste visite pastorali:  il rapporto, gli incontri diretti con le autorità civili.

Come si collocano i frequenti viaggi del segretario di Stato nel piano di rinnovamento che Benedetto XVI va proponendo alla Chiesa e alla Curia?

Anzitutto, i viaggi del segretario di Stato sono pienamente concordati con il Santo Padre, il quale li condivide, così come condivide le scelte delle nazioni da visitare, in considerazione delle necessità delle varie nazioni e chiese sparse nel mondo. È il Papa che manda, è il Papa che segue lo svolgimento dei viaggi e che riceve sia dai vescovi, sia dai nunzi apostolici le notizie e le informazioni sui viaggi. Anche al mio ritorno dalla Bielorussia, nella prima udienza che ho avuto con il Santo Padre, il giorno successivo, il Papa stesso ha espresso la gioia di avere ascoltato dalla viva voce dei vescovi i risultati positivi, le nuove strade aperte nei viaggi precedenti. Questo è bello, perché fa vedere l'opportunità, l'efficacia di questi viaggi nelle due linee. Non voglio dimenticare che cerco di incontrare i seminaristi. Essi sono - lo sappiamo - la risorsa della Chiesa del futuro, la vita nuova della Chiesa. In Bielorussia ci sono due bei seminari maggiori che hanno molte vocazioni, credo in tutto circa 200 seminaristi maggiori. Possono crescere, anche trasformarsi in Facoltà di teologia, anche se c'è quella Facoltà di Teologia all'Università statale di Minsk riconosciuta come facoltà vera e propria.
Questo dice anche la finalità:  portare la voce del Papa ai candidati del sacerdozio, ai nuovi sacerdoti, ai professori di teologia, e questo mi sembra un contributo importante per continuare nella scia del magistero del Santo Padre, a indirizzarli nel contesto attuale, quindi tra le sfide del mondo attuale, secondo orientamenti precisi. È in questo spirito che è stata ribadita, confermata la profonda comunione con il Papa e con la Santa Sede, non solo a livello di seminari, ma come atteggiamento convinto e condiviso di tutte le Chiese locali.



(©L'Osservatore Romano 29 giugno 2008)
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