Intervista al cardinale Tauran dopo la conclusione del Congresso di Madrid

Partire dai valori comuni
per riconoscere la libertà religiosa


di Marta Lago

L'insufficiente comprensione della libertà religiosa è l'unico punto meno positivo che, secondo il cardinale Jean Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, è emerso fra quelli affrontati nel corso del Congresso sul dialogo interreligioso promosso dal re saudita Abdullah Bin Abdelaziz Al Saùd. Secondo il porporato sono molti altri invece i segnali positivi arrivati dall'incontro di Madrid.
L'islam presentato come religione di pace, la volontà di riunire rappresentanti delle tre religioni monoteistiche dell'ebraismo, del cristianesimo e dell'islamismo, sono certamente - a giudizio del cardinale Tauran, che ha concluso i lavori - i punti positivi dell'importante appuntamento.
Organizzato dalla lega del Mondo islamico, il Congresso sul dialogo interreligioso si è concluso con la pubblicazione di un documento degli stessi promotori, intitolato "Dichiarazione di Madrid", che è apparso espressione del desiderio di proseguire lungo il cammino del dialogo. Al termine del Congresso il cardinale Tauran ha rilasciato a "L'Osservatore Romano" la breve intervista che pubblichiamo.

Quale passo avanti ritiene abbia rappresentato nel dialogo interreligioso il Congresso di Madrid?

Prima di tutto il fatto che si sia trattato di un'iniziativa del re dell'Arabia Saudita - che non è solamente un capo di Stato, ma anche il guardiano delle due Moschee più significative dell'islam - imprime a questo evento una colorazione particolare. È anche molto significativo che il re saudita giudichi non esservi altra alternativa che il dialogo. Si vede dunque che c'è un desiderio di dare un'altra immagine dell'islam e di convincere la base dei fedeli islamici della bontà del dialogo con i cristiani e gli ebrei. Infine il fatto che per la prima volta eravamo presenti tutti e tre insieme.

Può sintetizzare, dalla prospettiva cattolica, quale immagine dell'islam secondo lei si è sviluppata in questo Congresso?

Vedo importante che si è voluto soprattutto sottolineare ciò che unisce i credenti delle tre religioni monoteistiche:  la fede in un Dio unico, la convinzione che siamo chiamati a rispettare e gestire il creato, il valore della famiglia e la necessità di insegnare e trasmettere alle nuove generazioni dei criteri morali, etici. Sono valori che condividiamo e che certamente avranno delle ripercussioni molto positive sul terreno.

In che modo questo atteggiamento di apertura dell'islam può introdurre cambiamenti nello svolgimento della situazione internazionale?

Prima di tutto si vede che l'islam è una religione di pace, certamente un contrappeso all'islam fondamentalista. Quindi è molto importante dimostrare che l'islam è una religione di pace e non una filosofia di terrorismo, che si ha quando ci si serve della religione per scopi peccaminosi. Tutti, anche i musulmani, riconoscono questo. Chi usa l'islam per motivare il terrorismo opera una perversione della religione. Ripeto, tranne una piccola minoranza, tutti lo riconoscono. Nessuno può benedire questo tipo d'azione pervertitrice. E certo, si deve ricordare sempre che il linguaggio delle religioni è la preghiera, la carità, la fraternità.

Lei si aspetta altri cambiamenti, per esempio nell'ambito della libertà religiosa?

Una cosa molto significativa è che nel comunicato finale non c'è un solo accenno alla libertà di religione. Nel mio intervento, invece, l'ho menzionata. Questo vuol dire che ci sono ancora molte difficoltà in alcuni settori a capire la differenza tra libertà di culto e libertà di religione.

Nel suo intervento alla fine del Congresso sul Dialogo interreligioso, Lei ha anche accennato a tre obbiettivi molto concreti, da raggiungere urgentemente:  "Promuovere la conoscenza reciproca; incoraggiare lo studio delle religioni in maniera obiettiva; formare le persone al dialogo interreligioso". Come si possono conseguire?

Imparare a conoscersi meglio, a rispettarsi e a collaborare assieme vuol dire che lo scopo del dialogo è cercare sempre di capire meglio il contenuto della fede dell'altro; non si tratta solamente di amicizia, ma anche di imparare a leggere i testi sacri dell'altro, a leggere i libri di teologia che spiegano la fede dell'altro; dunque c'è questo desiderio di imparare in profondità. Poi, incoraggiare lo studio delle religioni in maniera obiettiva vuol dire cercare di presentare in maniera scientifica il fatto religioso, che si manifesta attraverso una pluralità di religioni; perché c'è un fatto religioso che è innegabil e il credente vive la sua fede sempre in comunità. Queste hanno i loro riti, le loro lingue, le loro usanze, ed è molto importante imparare ad apprezzarlo. Riguardo a formare le persone al dialogo interreligioso, nei seminari, nei noviziati delle suore cattoliche, nelle università cattoliche, abbiamo bisogno di insegnanti di religione che devono essere stati formati a questo dialogo interreligioso, che non si improvvisa. È molto importante la cultura. La cultura è un modo molto significativo per far passare queste idee.

A suo avviso, negli ultimi anni si è progredito dalla tolleranza all'incontro, e dall'incontro al dialogo. Anche rispetto alle religioni diverse dall'islam?

Dopo il Concilio Vaticano ii, con tutte le religioni. Quando cioè si è capito che Dio è all'opera in tutti gli uomini, dunque c'è sempre qualcosa di positivo da scoprire nell'altro. Non si tratta soltanto di andare verso questo altro, ma di fermarsi da lui per capire meglio e fare un pezzo di cammino insieme.

Quale atteggiamento non bisogna mai usare nel dialogo interreligioso?

Mai dare l'impressione o pensare che nel fondo tutte le religioni si rassomigliano o che siano più o meno la stessa cosa. No. Ogni religione ha la sua specificità. Ciò che noi diciamo è che tutti i credenti, tutti i ricercatori di Dio hanno la stessa dignità e per questo devono essere rispettati. Non perché la loro religione è vera o falsa, ma perché sono persone umane.

Quale parola d'ordine si deve avere sempre nella mente quando si sta conducendo un dialogo interreligioso?

"Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te":  la regola d'oro.



(©L'Osservatore Romano 23 luglio 2008)
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