Intervista a Giorgio Israel

Teste piene contro il degrado della scienza


di Raffaele Alessandrini

La scienza nella società contemporanea ha un ruolo di assoluta centralità. Uno sguardo non superficiale sul mondo circostante rivela come a quasi tutti gli oggetti, gli atti e le operazioni, che popolano l'esistenza umana, corrispondano altrettanti concetti scientifici o tecnologici. Se tale fatto, per la scienza, rappresenta senza dubbio una posizione di forza, si deve subito osservare come all'opposto faccia da stridente riscontro una condizione di debolezza, derivante quest'ultima non soltanto dalla qualità e dall'entità della diffusione culturale in senso scientifico e tecnologico, quanto dalla scarsa propensione all'informazione e allo studio. A vantaggio dell'approssimazione, della distorsione e dell'ignoranza.
Questo dimostra il libro Chi sono i nemici della scienza? (Torino, Lindau, 2008, pagine 352, euro 21, 50) di Giorgio Israel, ordinario di Matematiche complementari all'università di Roma La Sapienza. Membro dell'Académie Internationale d'Histoire des Sciences e già docente presso l'École des Hautes Études en Sciences sociales di Parigi, Israel ha scritto oltre duecento articoli scientifici e diversi volumi, tra cui La macchina vivente. Contro le visioni meccaniciste dell'uomo (2004), Liberarsi dai demoni. Odio di sé, scientismo e relativismo (2006) e Il mondo come gioco matematico. La vita e le idee di John von Neumann (Torino, Bollati Boringhieri, 2008, pagine 273, euro 22), scritto con Ana Millán Gasca. Chi sono i nemici della scienza? Viene presentato il 27 agosto al Meeting di Rimini. Qui abbiamo raggiunto l'autore, che illustra al nostro giornale le motivazioni e la natura di questo studio il cui titolo netto è accompagnato da un sottotitolo molto eloquente:  "Riflessioni su un disastro educativo e culturale e documenti di malascienza".

Professor Israel, prima di ogni altra cosa:  come nasce questo studio?

Da alcune convinzioni che ho maturate attraverso gli anni sulla divulgazione scientifica. Argomenti dimostrabili attraverso una nutritissima serie di esempi documentati dai quali emergono due ordini diversi di pregiudizi:  l'uno di natura ideologica, l'altro d'impronta tecnicistica e scientista.

La divulgazione scientifica lascia dunque a desiderare. Può spiegare meglio?

Mi riferisco anzitutto a quella impostazione ideologica pregiudizialmente atea che pretende di strumentalizzare la scienza per stabilire quale sia la verità:  una verità che coinciderebbe sempre e comunque con visioni puramente materialistiche. Ma la scienza non ha nulla a che vedere con tutto questo. La seconda prospettiva è quella scientista, con quell'atteggiamento che letteralmente deifica la scienza. Si vuole portare avanti una pedagogia in tal senso, peraltro con scarsi risultati. Il vero problema è l'insegnamento. Non si è più capaci di suscitare interesse per la scienza. Assistiamo così a una decadenza crescente dell'educazione.

Mi chiedo se il discorso non chiami in causa anche la comunicazione...

Certamente! Pensiamo a che cosa si è ridotta la cultura; una divulgazione a misura di "evento" o di "spettacolo", che è tipica di certe manifestazioni di massa montate dalla propaganda ideologica, e con dispendio notevole di risorse e di denaro pubblico.

Herbert Marshall Mc Luhan ripeteva che il mezzo è il messaggio. Oggi, che i più anziani toccano con mano ogni giorno la diversità d'impatto provocata da uno stesso messaggio a seconda che compaia sulla carta stampata o che sia trasmesso in audio e video, ci si trova a fare i conti con lo stereotipo giovanile dei nostri tempi:  colui che sembra disinteressarsi di tutto, che non si guarda intorno, assorto com'è in mezzo alla folla nelle strade o nei mezzi pubblici con le cuffie alle orecchie. Qual è il giudizio di uno scienziato su tutto questo?

Proprio ieri, giungendo qui a Rimini, ho trascorso quasi quattro ore di treno di fronte a due bambini che erano totalmente persi sui loro videogiochi. Andando avanti negli anni finiranno naturalmente attaccati al computer o alla playstation. Leggeranno sempre di meno fino a non avere più alcun rapporto con la carta stampata o affidandosi a frammenti d'informazione pessima, di stampo wikipediano, ricavata cioè dalla rete in modo acritico. Sì, lei ha ragione:  il mezzo di comunicazione, da strumento che doveva essere, è divenuto fine a se stesso. E, ripeto, si legge sempre di meno. E quando un bambino non riesce a leggere, neppure i fumetti, quello è un grave segnale.

Ricapitolando:  chi sono i nemici della scienza?

La cattiva divulgazione, la tecnoscienza ideologizzata, lo scientismo pedagogistico. E di fronte a quanti auspicano per le generazioni future teste "ben fatte" - ma vorrei comprendere appieno il senso della locuzione che sembra portatrice di un'eco totalitaria - preferisco augurarmi soprattutto teste piene.



(©L'Osservatore Romano 28 agosto 2008)
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