Padre Raniero Cantalamessa sui temi delle prediche d'Avvento in Vaticano

Alla riscoperta della solidarietà
sulle orme di san Paolo


di Nicola Gori

Nella vita dell'uomo ci sono valori più importanti del benessere e della sicurezza materiale. In quest'ottica, anche l'attuale momento di crisi economica può essere l'occasione per aprirsi ai bisogni degli altri e riscoprire la solidarietà, bandendo gli sprechi, evitando le spese inutili, ricordandosi di coloro che hanno difficoltà persino a mangiare ogni giorno. Ma anche, per esempio, invitando i datori di lavoro ad accollarsi sacrifici pur di mantenere il posto ai propri dipendenti. È questo il messaggio che il cappuccino Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, lancia in questo tempo di Avvento, anticipando - in questa intervista al nostro giornale - alcuni spunti delle prediche che terrà da venerdì 5 dicembre in Vaticano, alla presenza di Benedetto XVI, sul tema "Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio nato da donna" (Galati, 4, 4).

Perché la scelta di questo tema?

Innanzitutto, perché è un testo di san Paolo che più direttamente si riferisce al Natale. Nella scelta ho voluto mettere insieme l'interesse per l'Anno paolino con quello liturgico del tempo di Avvento in preparazione al Natale. Le meditazioni saranno centrate sui brani di san Paolo, nei quali egli ci guida alla conoscenza di Cristo e ad approfondire il suo insegnamento. L'apostolo sarà visto secondo l'ottica richiamata da Benedetto XVI nell'omelia con cui ha inaugurato l'Anno paolino:  egli è un dito puntato verso l'Altro.

In questo periodo le preoccupazioni del mondo sembrano essere essenzialmente materiali ed economiche. L'Avvento può dire qualcosa all'uomo di oggi?

Può dargli quello che offre e ha offerto in situazioni anche peggiori, cioè la speranza che non viene dall'uomo ma da Dio. "Dio ha tanto amato il mondo da mandare il suo Figlio" dice il Vangelo di Giovanni. Questa verità relativizza i problemi economici:  non perché non li fa avvertire, ma perché, al contrario, aiuta le persone a donarsi di più, a pensare meno a se stessi e ad aprirsi di più agli altri. Dobbiamo riflettere sulla povertà di Gesù, tenendo conto che Egli, da ricco che era, si è fatto povero per noi. Considerare queste parole dovrebbe stimolare almeno i cristiani a reagire ai momenti di crisi, non considerando solo i propri interessi, ma anche quelli degli altri. Per esempio i datori di lavoro dovrebbero fare sacrifici per non diminuire i posti:  questo è un modo di pensare anche agli altri e non solo al proprio interesse. Credo che la fede vissuta concretamente in tutte le sue esigenze è sempre benefica anche dal punto di vista della convivenza umana e lo sarà anche in questo periodo. Io sono convinto che comunque bisogna evitare gli sprechi nei momenti di crisi. Molti oggi devono fare i conti con la spesa di tutti i giorni. Sarebbe scandaloso a Natale dare lo spettacolo di spese esagerate e superflue. Questo è il momento di ricordare  i  moniti lanciati da Benedetto XVI:  una vita di sobrietà, di uso moderato delle cose, è una delle vie per poter sopravvivere e poter avviare a soluzione tanti problemi del mondo.

Il messaggio di san Francesco sul valore della povertà è ancora attuale?

Come francescano vorrei richiamare soprattutto ai valori della vita. La povertà non è sempre per forza un male:  può anche essere, come lo è stata per Francesco, una testimonianza. Forse oggi si guarda troppo ai problemi sociali ed economici, ma ce ne sono tanti altri molto più gravi agli occhi di Dio. C'è un allontanamento dalla fede, un attacco ad alcuni valori fondamentali della vita. Sono questi i problemi che poi producono le ferite più difficili da rimarginare. Una recessione può durare qualche anno, ma poi si assiste comunque a una ripresa. Invece, certi processi che provocano sgretolamento della famiglia, della vita, dei valori fondamentali dell'uomo sono anche più dolorosi di quelli economici e si ripercuotono sulla serenità, sull'unità dei nuclei familiari, sulla libertà e sulla solidità morale dei figli.

Lei ha celebrato lo scorso 18 ottobre il cinquantesimo di sacerdozio. Può tracciare un bilancio della sua esperienza ministeriale di francescano e di predicatore?

È un bilancio che si può racchiudere nella gratitudine a Dio, che mi ha sempre accompagnato in questi anni. Mi ha dimostrato la sua fiducia offrendomi i sacramenti e la Parola di Dio da distribuire non solo a quelli che compongono la Casa Pontificia, ma anche a tanti che vivono in diverse parti del mondo. Sono tutti doni ricevuti da Lui. Quindi il mio è fondamentalmente un bilancio di gioia. Posso testimoniare che la promessa di Gesù di dare il centuplo in questa vita a coloro che abbandonano tutto per il suo Regno è vera.



(©L'Osservatore Romano 5 dicembre 2008)
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