Intervista al presidente di Cipro Demetrios Christofias e al leader turcocipriota Mehemet Ali Talat

La lunga via
verso la riunificazione


di Elisabetta Galeffi

L'ultimo "muro" in Europa è la barriera di 180 chilometri, in muratura o in filo spinato, lungo la "linea verde" che separa le due comunità di Cipro, la grecocipriota, di circa 660.000 abitanti, e la turcocipriota, di circa 180.000. Proprio quest'anno, in aprile, un tratto di quella barriera nella capitale Nicosia è stato però smantellato dai grecociprioti in Ledra Street.
Cipro divenne indipendente dalla Gran Bretagna nel 1960. Presidente fu eletto l'arcivescovo ortodosso di Cipro, Makarios II, e vice presidente il turcocipriota Fazil Küçük. Quattro anni dopo, in seguito a violenze tra le due comunità, il Consiglio di sicurezza dell'Onu decise di sostituire la precedente forza d'interposizione anglo-turco-greca con i caschi blu della United Nations Peacekeeping Force in Cyprus (Unficyp), con un mandato semestrale da allora sempre rinnovato, il che fa della Unficyp la più duratura missione d'interposizione dell'Onu tuttora in atto nel mondo.
Nel 1974, la Grecia - all'epoca guidata dalla dittatura militare dei colonnelli - dichiarò l'annessione dell'isola, deponendo il presidente, che pure era stato uno dei fautori dell'annessione. La Turchia rispose occupando con proprie truppe la parte settentrionale dell'isola, dove tre anni dopo venne proclamata la Repubblica Turca di Cipro del Nord (Rtcn), un'entità che oggi ha come unico riconoscimento quello del Governo di Ankara.
La Repubblica di Cipro, la parte greco-cipriota, dal i° maggio 2004 fa parte dell'Unione europea. Già l'anno prima, comunque, era stata aperta le frontiera tra le due parti, per la prima volta dal 1974. Ormai la maggioranza della popolazione turcocipriota attraversa ogni mattina la "linea verde" per andare a lavorare nella parte grecocipriota. Da molti anni, la tranquilla convivenza non è interrotta da scontri tra le due comunità, anche se tuttora non mancano i motivi di contrasto. Per i grecociprioti questi sono relativi, in particolare, al fatto che non possono ritornare alle loro case e alle proprietà da cui sono stati espulsi nel 1974.
Pochi giorni prima dell'ingresso nell'Ue, il 24 aprile 2004, si era votato su un piano di riunificazione messo a punto dall'allora Segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan. Il piano era stato approvato dalla popolazione turcocipriota, con il 64,90 per cento dei voti, ma era stato bocciato dai grecociprioti, con il 75,83 per cento di voti contrari. Ciò nonostante, le diplomazie internazionali non hanno mai smesso di cercare un accordo tra le due parti per la riunificazione dell'isola. Oggi il dialogo sembra ripreso dopo l'elezione, avvenuta, quest'anno di Demetrios Christofias alla presidenza della Repubblica e con la ripresa degli incontri per l'unificazione con il leader turcocipriota Mehemet Ali Talat. In occasione del recente incontro promosso dalla Comunità di Sant'Egidio sull'isola di Cipro, i due esponenti politici ci hanno concesso due interviste separate, ma gemelle. Il quadro che ne emerge è a tratti sorprendente.

Si dice che rappresentiate la nuova speranza per la riunificazione di Cipro. Siete accordo?

(Christofias) Quando mi sono candidato alla presidenza l'ho fatto proprio perché voglio contribuire alla riunificazione e per questo ho preso l'iniziativa di far ripartire i negoziati. Su questa strada sono facilitato dal fatto che il mio partito e quello di Mehmet Ali Talat sono considerati gemelli, hanno posizioni comuni. In tempi precedenti alla presidenza, il mio partito e quello di Talat hanno fatto alleanze per aiutare i poveri dell'una, e dell'altra parte, con l'unico obiettivo di vita pacifica e in comune. Entrambi siamo però preoccupati che la nostra posizione possa esser messa a rischio dai fondamentalisti dell'una e dell'altra comunità. Il mio partito non ha pregiudizi. Riteniamo anzi che le differenze siano una ricchezza per ogni società.
(Talat) È più preciso dire che è il processo politico in atto nell'isola a costituire una nuova speranza per la riunificazione.

Qual è la ragione principale della divisione di Cipro? Si possono intravedere motivazioni religiose?

(Christofias) La divisione è solo politica. La religione non c'entra niente. Per fortuna né tra i greci né tra i turchi c'è fanatismo religioso. Anche i turchi hanno una cultura prevalentemente laica. Le ragioni di questo disastro sono prima di tutto geopolitiche, poi dovute alla colonizzazione britannica. Alcuni ciprioti fanatici sono stati funzionali a questa politica. È invece necessario riconoscere che non c'è altra possibilità se non quella di vivere in una Cipro unita e pacifica.
(Talat) La divisione dell'isola è principalmente politica. Ma certo il conflitto è stato causato dalla chiesa ortodossa di Cipro in principio. Fin dal mandato britannico, la chiesa ortodossa greca ha forzato per l'annessione di Cipro alla Grecia e ha incitato alla lotta armata. Con il passaggio del tempo questa situazione ha provocato l'opposizione dei turchi e ha dato vita ai conflitti tra le due comunità. Le attuali ragioni della divisione sono ragioni politiche, ma incitate dalla politica della chiesa ortodossa cipriota.

Quanto le potenze straniere interferiscono nel processo di riunificazione di Cipro?

(Christofias) Gli stranieri devono lasciare i ciprioti liberi di decidere del loro destino. Solo così possiamo risolvere i nostri problemi. Oggi dobbiamo ricordare la lezione del passato e non coinvolgere potenze straniere nei nostri accordi. Sono fiducioso che ce la possiamo fare se la Turchia concede a Talat di lavorare esclusivamente per la sua comunità cipriota. Recentemente però Talat ha rilasciato un'intervista alla televisione turca dove ha detto che senza il permesso della Turchia non può neppure aver inizio il processo per l'unificazione. Quindi siamo ancora lontani da una soluzione.
(Talat) È una situazione che cambia continuamente. Ma in realtà anche l'attuale processo di riunificazione è effetto della politica di questi paesi. Considerando la storia di Cipro, Gran Bretagna e Grecia sono sempre stati presenti coi loro interessi sull'isola. E fin al 1974 la Grecia ha sostenuto le lotte dei grecociprioti contro i turcociprioti. Da parte sua, la Turchia non ha mai fatto venir meno il suo aiuto nella ricerca di una soluzione. La Turchia ha provato la sua buona fede durante il negoziato del piano Annan e ha convinto i turcociprioti della bontà di quel piano. La Turchia è favorevole a una soluzione e sostiene il processo di riunificazione. Anche la Grecia agisce nello stesso modo. Mentre la Gran Bretagna sembra più interessata alla parte grecocipriota. La stessa Europa è favorevole a una riunificazione soprattutto da quando la Grecia e la Cipro greca sono membri dell'Unione. Ma come la Gran Bretagna, anche l'Europa deve agire imparzialmente e non solo sostenere la posizione dei grecociprioti. Noi accettiamo l'Europa come fattore d'aiuto allo sviluppo degli accordi.

Su quali basi è oggi possibile la riunificazione di Cipro?

(Christofias) Il problema più grosso è rappresentato dalla violazione dei diritti dei grecociprioti. Io, ad esempio, sono nato a Kyrenia. Con l'invasione turca, nel 1974, sono stato espulso dalla mia casa e dal mio paese e, poco tempo fa, la mia casa e altre venticinque abitazioni vicine alla mia sono state demolite senza neppure chiedere il mio permesso. Il piano Annan non teneva conto dei diritti della comunità grecocipriota e per questo è fallita la riunificazione che si basava sul referendum del 2004. I rifugiati devono avere diritto a tornare alle proprie case e alle loro proprietà senza troppe restrizioni. Il piano Annan prevedeva altre "stranezze" come il voto per la presidenza ogni anno o il diritto di Turchia, Grecia e Gran Bretagna a interferire nella politica interna. Anch'io, che appunto sono conosciuto come "fanatico della soluzione", ho votato "no" al referendum e come me molti grecociprioti che vogliono l'unificazione. Ma non a quei patti.
(Talat) L'ideale è una federazione bizonale che comprenda lo Stato costituzionale turcocipriota e quello grecocipriota. Questo è il quadro generale della soluzione, ma certo ci sono molti dettagli. Per noi la base è costituita dal piano Annan. Non possiamo buttarlo via. Per i turcociprioti il piano Annan sarà la base della soluzione.

Cosa ha da dire sulla questione delle condizioni in cui versano i luoghi di culto cristiani nel nord di Cipro?

(Christofias) Non ha idea di quante chiese sono state distrutte. Nella mia città di Kyrenia ne è rimasta solo una delle tre che esistevano un tempo. I turcociprioti sembrano avere un piano per creare uno stato indipendente, eliminando le memorie del passato, il ricordo della comunità grecocipriota. Ciò è un disastro. Riguardo alle chiese di Famagusta, il mio predecessore Tassos Papadopoulus, propose ai turcociprioti di dare attuazione a una risoluzione delle Nazioni Unite, la 550 del 1984:  ridare la città di Famagusta ai suoi abitanti sotto l'amministrazione dell'Onu. In cambio avrebbero avuto la concessione dell'uso del porto che è forse il più importante di quest'area del mediterraneo, fonte di grande ricchezza se adeguatamente utilizzato, ma la parte turcocipriota non ha mai accettato la proposta.
(Talat) Il problema non è rispettare o non rispettare. Il problema è che ci sono molte chiese nel nord di Cipro in assenza di una comunità cristiana. Così ogni edificio abbandonato diviene fatiscente. Non è una situazione voluta. La divisione politica di Cipro crea problemi di questo tipo e non solo per quanto riguarda lo stato delle chiese cristiane. I grecociprioti rifiutano ogni tipo di aiuto da organizzazioni internazionali come per esempio l'Unesco e altre organizzazioni che tutelano l'eredità culturale comune a tutta l'umanità. Noi conveniamo che le chiese sono un eredità culturale di tutta Cipro e di tutta la comunità internazionale. Il problema esiste non perché noi non rispettiamo le chiese, ma perché spesso non abbiamo possibilità di occuparcene. Si ha forse ragione a sottolineare che è un problema la condizione in cui versano le chiese del nord, ma la stessa cosa accade alle moschee del sud. E non lo dico per trovare una scusa.



(©L'Osservatore Romano 9-10 dicembre 2008)
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