Intervista al primo ministro del Giappone Taro Aso

La crisi economica occasione
per creare un nuovo ordine


di Giuseppe M. Petrone

Il dissesto finanziario internazionale, l'impegno per il disarmo nucleare, la situazione nella penisola coreana, i rapporti con gli Stati Uniti e con il nuovo presidente Barack Obama sono tra i temi trattati nell'intervista concessa in esclusiva a "L'Osservatore Romano" dal primo ministro del Giappone, Taro Aso. Nato nel 1940, in una cittadina vicina a Fukuoka, nel sud del Paese, Taro Aso - di religione cattolica - è stato nominato primo ministro il 24 settembre dello scorso anno, due giorni dopo aver ricevuto l'investitura dal suo partito, il liberale democratico, che detiene la maggioranza. In precedenza, Taro Aso aveva ricoperto l'incarico di ministro degli Interni (2003) e di ministro degli Esteri (2005-2007).

Il mondo si trova davanti a una grave crisi finanziaria. In che modo si potrà affrontare questa sfida in prospettiva globale e nella realtà giapponese?

La situazione finanziaria internazionale sta attraversando una crisi spaventosa. C'è chi dice che si verifichi una sola volta in un secolo. Anche in Giappone si è manifestata una crescente crisi economica, sebbene relativamente moderata se paragonata a quella dell'Europa e degli Stati Uniti. Nella società internazionale, con i suoi flussi di capitale globalizzati, la cosa più importante per affrontare la crisi è mobilitare gli sforzi strategici di ogni Paese con un coordinamento internazionale. Dibattiti importanti sul dissesto finanziario si sono svolti durante il recente vertice di Washington sui mercati finanziari e l'economia mondiale e durante l'incontro dei leader dell'Apec (cooperazione economica Asia-Pacifico). È stato significativo che siano stati raggiunti una serie di accordi sulle contromisure che la comunità internazionale deve mettere in pratica. Credo che il Giappone - che è la seconda potenza economica mondiale e che ha superato il momento difficile legato al rialzo effimero dei prezzi - abbia un ruolo importante da svolgere nell'affrontare la crisi finanziaria. Per questo motivo nel corso del vertice sui mercati finanziari e l'economia mondiale ho espresso chiaramente il mio pensiero a proposito delle politiche a breve termine per stabilizzare i mercati finanziari, degli interventi a medio termine per prevenire un'aggravarsi della crisi finanziaria e, a lungo termine, sul sistema monetario internazionale. Nel corso del summit ho inoltre annunciato il concreto contributo del Giappone, pari a cento miliardi di dollari, al Fondo monetario internazionale sotto forma di prestiti per aiutare i Paesi piccoli e medi in difficoltà e le economie emergenti. La storia indica che, quando si supera una crisi, si può creare un nuovo ordine. Il Giappone è determinato a mettere in pratica con costanza e rapidità gli accordi raggiunti nei vertici in collaborazione con altre nazioni e a esercitare un ruolo guida per uscire dal dissesto finanziario internazionale.

Aumenta il numero di Stati coinvolti nella corsa agli armamenti. In che modo si può interrompere questo processo?

Promuovere il disarmo e la non proliferazione, in particolare in relazione alle armi nucleari e a quelle di distruzione di massa, è una sfida importante che il Giappone e altre nazioni devono affrontare per rendere il mondo più sicuro e pacifico. Il Giappone - fortemente determinato a non permettere che si ripeta mai più la devastazione causata dalle armi nucleari, in quanto unico Stato ad aver subito attacchi con bombe atomiche - ha compiuto vari sforzi, promuovendo il mantenimento e il miglioramento del regime di disarmo e di non proliferazione. Fra le bozze di risoluzione sul disarmo nucleare che il Giappone sottopone ogni anno, dal 1994, all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, quella dello scorso anno è stata adottata con il sostegno di 173 Paesi. Inoltre, il Giappone ha istituito la commissione internazionale sulla non proliferazione nucleare e il disarmo, un'iniziativa congiunta con l'Australia per promuovere dibattiti a livello globale. A proposito delle armi convenzionali, il nostro ministro degli Esteri, Hirofumi Nakasone, ha recentemente firmato a Oslo la convenzione sulle munizioni a grappolo, siglata da ottantotto Stati e ratificata anche dalla Santa Sede. Il Giappone è dunque intenzionato a operare per promuovere questi sforzi nel campo del disarmo e sul diritto umanitario internazionale.

Come si può risolvere il problema nucleare legato alla Corea del Nord anche alla luce dell'accordo raggiunto durante i colloqui a sei tra la stessa Corea del Nord, la Corea del Sud, gli Stati Uniti, il Giappone, la Russia e la Cina?

I colloqui a sei sono il tavolo negoziale più realistico per affrontare la questione nucleare nordcoreana. Con i concetti di "impegno per impegno, azione per azione", il Giappone mira a ottenere la denuclearizzazione verificabile della penisola coreana, il punto d'arrivo dei colloqui a sei. Per raggiungere quest'obiettivo, la verifica del processo di disarmo nordcoreano è della massima importanza. Durante l'incontro dei capi delegazione dei colloqui a sei, svoltosi dall'8 all'11 dicembre 2008, la divergenza sulla costituzione di un efficiente piano di verifica fra la Corea del Nord e gli altri cinque Paesi, incluso il Giappone, non è stata appianata. Il Giappone intende continuare a operare in stretta collaborazione con i Paesi interessati, inclusi gli Stati Uniti, affinché si raggiunga un accordo su un concreto piano di verifica e quest'ultima si possa avviare al più presto.

Progressi nelle relazioni con la Corea del Nord si sono verificati sulla questione del rapimento dei cittadini giapponesi durante la guerra fredda. Si può affermare che questo accordo, negoziato a Shenyang in Cina, prepari il terreno per un miglioramento dei rapporti fra i due Paesi?

L'importante questione dei rapimenti da parte della Corea del Nord riguarda la sovranità nazionale del Giappone e la vita e la sicurezza dei suoi cittadini. Il Giappone è determinato a fare tutto il possibile per il ritorno al più presto di tutti i rapiti. Gli ostaggi sono stati sottratti in Giappone alle proprie famiglie e trattenuti nella Corea del Nord per anni. Nulla si sa della loro incolumità. Come ho affermato lo scorso settembre all'Assemblea generale dell'Onu, la Corea del Nord, che ha rapito cittadini giapponesi, dopo aver sostenuto che avrebbe avviato indagini sui rapimenti, non ha ancora fatto nulla per onorare questo impegno. Cerchiamo di normalizzare le relazioni con la Corea del Nord mediante il superamento del doloroso passato e la risoluzione di problemi gravi che il Giappone ha con Pyongyang, incluse le questioni del nucleare, dei missili e dei rapimenti - sui quali esortiamo ad avviare le indagini al più presto -. Invitiamo la Corea del Nord ad agire.

Che cosa pensa del futuro dei rapporti con la Corea del Sud, ripresi dopo l'elezione del presidente Lee Myung-bak?

Durante il mio mandato quasi biennale come ministro degli Esteri, che è cominciato nel 2005, ho visitato la Corea del Sud quattro volte e ho incontrato le mie controparti undici volte. Nell'ottobre 2008, a Pechino, ho partecipato con il presidente Lee Myung-bak a un vertice, durante il quale abbiamo affermato che avremmo proseguito con la "diplomazia navetta". Il presidente Lee ha visitato il Giappone tre volte l'anno scorso e l'11 gennaio di quest'anno mi sono recato nella Corea del Sud. Il Giappone e la Corea del Sud condividono valori fondamentali come quelli della libertà, della democrazia e dell'economia di mercato e sono nazioni progredite dell'Asia orientale. È anche importante per la stabilità e lo sviluppo della regione e della comunità internazionale che i leader dei due Paesi si incontrino spesso e svolgano colloqui franchi. Attraverso queste consultazioni il Giappone intende avviare con Seoul una collaborazione matura e orientata al futuro.

Lei di recente ha tenuto un discorso enfatizzando l'importanza dell'alleanza fra Giappone e Stati Uniti. Quest'alleanza va ulteriormente rafforzata? E come?

L'alleanza tra Giappone e Stati Uniti è fondamentale per la pace e la prosperità della regione dell'Asia-Pacifico e il suo rafforzamento è l'elemento principale della politica estera giapponese. Per consolidare l'alleanza fra Giappone e Stati Uniti, renderemo più efficienti gli accordi di sicurezza bilaterali che ne sono il nucleo e affronteremo le questioni dell'attuale situazione finanziaria ed economica internazionale, della lotta contro il terrorismo, della situazione in Asia, dei rapimenti e di altri problemi legati alla Corea del Nord, del cambiamento climatico e dell'energia, del disarmo e della non proliferazione, dello sviluppo africano, in stretta cooperazione con gli Stati Uniti. Nel colloquio telefonico che ho avuto con il presidente Barack Obama il 7 novembre dello scorso anno abbiamo concordato sul fatto che ci adopereremo per stabilire un rapporto personale di fiducia e che rafforzeremo l'alleanza fra Giappone e Stati Uniti affrontando tali questioni. Inoltre, intensificheremo la cooperazione nelle aree di scambio intellettuale, scambi di base e relativi all'insegnamento della lingua giapponese.

Lei è un politico cattolico divenuto primo ministro in Giappone. Nella realtà del suo Paese cosa significa essere un cattolico impegnato nel dibattito politico?

In Giappone, la separazione fra Stato e Chiesa è stabilita dalla Costituzione. Essere cattolici, scintoisti o buddisti non cambia la necessità per ognuno di fare tutto il possibile per risolvere le varie questioni che il Giappone deve affrontare a livello sia interno sia internazionale. Credo che bisognerebbe svegliarsi ogni mattina con grandi speranze, impegnarsi diligentemente ogni pomeriggio e andare a dormire ogni sera con gratitudine.



(©L'Osservatore Romano 24 gennaio 2009)
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