A colloquio con dom Pietro Vittorelli, abate di Montecassino

Il Papa nel cuore dell'Europa cristiana


di Nicola Gori

L'attesa, la speranza, la gioia per l'arrivo di Benedetto XVI in visita all'abbazia e alla diocesi di Montecassino, domani domenica 24 maggio, trovano eco nell'intervista dell'abate Pietro Vittorelli rilasciata al nostro giornale.

Benedetto XVI si reca a Montecassino portatore dei suoi forti legami con san Benedetto. Come sono finora emersi questi legami nel suo servizio petrino?

Benedetto XVI ha più volte sottolineato, sin dall'inizio del suo pontificato, un radicamento nella spiritualità benedettina riproponendola nei suoi discorsi e nelle sue catechesi che trovano una mirabile sintesi nel nihil amori Christi praeponere, che san Benedetto inserisce nel quarto capitolo della Regola "Sugli strumenti delle buone opere" (4,21) e che il Santo Padre ha più volte citato quasi come un leitmotiv della sua narrazione teologica. Quando la sera del 19 aprile 2005 dalla Loggia delle benedizioni il cardinale Jorge Arturo Medina Estévez annunciava al mondo che era stato eletto Papa il cardinale Ratzinger e che aveva scelto di chiamarsi Benedetto, oltre alla gioia incontenibile di tutto il mondo monastico che a Montecassino si confondeva con il suono delle campane e l'intasamento delle linee telefoniche e della posta elettronica, ad alcuni monaci non sfuggì l'immediato riferimento alla Regola nelle prime parole che dichiaravano il Papa "un umile operaio nella vigna del Signore". Benché chiaro il riferimento evangelico, non sfuggiva la citazione dell'umiltà cara a Benedetto e l'espressione del Prologo alla sua Regola Et quaerens Dominus, in moltitudine populi cui haec clamat, operarium suum (14). Non è mai mancato nell'infaticabile servizio petrino di Benedetto XVI il riferimento alla importanza delle radici cristiane dell'Europa e il servizio reso alla Chiesa in questo dai monaci e dalle monache di san Benedetto. Il Papa non ha però uno sguardo "archeologico" verso il monachesimo benedettino ma ne coglie tutta la vitalità e le prospettive future. Ricevendo in udienza il Congresso mondiale degli abati lo scorso 20 settembre 2008 ebbe a dire:  "Per costruire un'Europa nuova occorre incominciare dalle nuove generazioni", affermò il Papa, per poi allargare lo sguardo all'intera famiglia umana e sottolineare che "in tante parti del mondo, specialmente dell'Asia e dell'Africa, vi è grande bisogno di spazi vitali d'incontro con il Signore, nei quali attraverso la preghiera e la contemplazione si ricuperino la serenità e la pace con se stessi e con gli altri". Ma il testo che a mio avviso rimarrà il "manifesto benedettino" del pontificato di Papa Ratzinger è il magnifico discorso tenuto al College des bernardins nell'incontro con il mondo della cultura. Introdusse:  "Vorrei parlarvi stasera delle origini della teologia occidentale e delle radici della cultura europea" e con la maestria teologica che gli è propria e con il cuore di monaco ha intessuto il canto più bello sul quaerere Deum.

Il richiamo a san Benedetto attualizza anche la riflessione sull'Europa. Pensa che la visita di Benedetto XVI abbia un significato per l'intero continente alla ricerca delle sue radici cristiane?

La visita di un Papa di nome Benedetto nella culla del monachesimo occidentale, nel luogo che hanno rispecchiato gli occhi di san Benedetto, da dove è partito l'impulso di una nuova evangelizzazione per il continente europeo non potrà non avere un'eco nell'Europa contemporanea. Il Papa riaffermerà l'importanza per l'uomo contemporaneo di riappropriarsi di una ferialità, di una normalità che nella quotidianità benedettina dell'ora et labora et lege può continuare a costruire l'uomo. "Nei vostri monasteri, voi per primi rinnovate e approfondite quotidianamente l'incontro con la persona del Cristo, che avete sempre con voi come ospite, amico e compagno. Per questo i vostri conventi sono luoghi dove uomini e donne, anche nella nostra epoca, accorrono per cercare Dio e imparare a riconoscere i segni della presenza di Cristo, della sua carità, della sua misericordia":  così ebbe a dire nell'ultima udienza concessa agli abati benedettini riuniti in congresso mondiale.

La diocesi di Montecassino è storicamente dipendente dagli abati dell'abbazia. Nello sviluppo della pastorale diocesana ciò comporta delle difficoltà?

La diocesi di Montecassino è Montecassino e Montecassino è la sua diocesi. Il legame indissolubile che ha unito le nostre parrocchie e le nostre popolazioni al monastero e ai suoi abati ha quindici secoli di storia, nasce con l'arrivo di san Benedetto stesso nel vi secolo e nei secoli successivi ha subito modifiche con gli adattamenti che i mutati tempi richiedevano e che la saggezza di tanti abati miei predecessori ha saputo armonizzare. Oggi la nostra diocesi dopo un lungo cammino di Sinodo ha attuato tutte le istanze del Vaticano ii. Le difficoltà ci sono state quando per un lungo periodo si è vissuta con sofferenza l'indecisione sul futuro della stessa abbazia territoriale. Quel periodo creò tanto disagio nel clero per il loro futuro e soprattutto nei fedeli così legati alla loro matrice benedettina. Oggi che la Santa Sede ha confermato una ritrovata stabilità con la nomina di un nuovo abate e ordinario diocesano la vita di questa piccola ma significativa Chiesa diocesana ha ripreso il suo secolare cammino conservando nel suo cuore la forza orante di una comunità monastica e nelle sue membra la testimonianza appassionata di tanti presbiteri cresciuti alla scuola di Benedetto. Il piano pastorale che abbiamo inaugurato lo scorso anno come Chiesa diocesana prevede un percorso quinquennale di riflessione sulla Parola di Dio.

L'abbazia di Montecassino è indiscutibilmente un punto di riferimento per il monachesimo occidentale. Cosa rappresenta oggi per l'Ordine e per la vita contemplativa?

Montecassino rimane la casa madre di tutti i benedettini. Da tutto il mondo è costante il passaggio di monaci e monache sulla tomba dei santi Benedetto e Scolastica e certamente Montecassino rappresenta per tutti il cuore dell'esperienza di san Benedetto. Fu lo stesso Santo Padre che nell'udienza generale del 9 aprile 2008 presentando la figura di san Benedetto ebbe a dire:  "La vita monastica nel nascondimento ha una sua ragion d'essere, ma un monastero ha anche una sua finalità pubblica nella vita della Chiesa e della società, deve dare visibilità alla fede come forza di vita". Così giustificava autorevolmente il passaggio di san Benedetto da Subiaco, che rimane l'altro grande cuore benedettino, a Montecassino, che dell'esperienza di Benedetto è appunto la visibilità della fede come forza di vita.

La spiritualità benedettina influisce sulla vita religiosa dei fedeli della diocesi?

I fedeli della diocesi sono totalmente imbevuti di spiritualità benedettina. Molti dei nostri bravi sacerdoti sono stati formati da monaci quando ancora il seminario era in monastero. L'attenzione alla liturgia, il gusto per il canto corale, il suono della campana all'Angelus tre volte al giorno in ogni nostra parrocchia, il gusto per la Parola di Dio, il pellegrinaggio notturno a Montecassino per la veglia di Pentecoste. Pensi che una piccola diocesi come la nostra conta 25 corali parrocchiali che ogni anno ascoltiamo in una rassegna sempre molto attesa, con una continua riscoperta del canto gregoriano e della tradizione polifonica che agli inizi del '900 ebbe in alcuni nostri monaci dei mirabili promotori:  dom Mariano Iaccarino e dom Luigi De Sario furono maestri per molti. Ogni anno per la festa di san Benedetto del 21 marzo si celebra una vera e propria giornata per l'Europa e proprio per riscoprire le radici benedettine quindici anni fa è stato fondato il corteo storico Terra Sancti Benedicti che ogni anno coinvolge cinquecento persone, per lo più giovani, che rievocano i tempi dell'abate Bernardo Ayglerio tra xIII e xiv secolo, con ricerche storiche e di costume. Abbiamo poi la scuola cattolica san Benedetto che in città i monaci gestiscono insieme alle suore di Carità di santa Giovanna Antida Thouret e che ospita cinquecento alunni, dalla scuola dell'infanzia fino al liceo classico.

Le figure di Benedetto e Scolastica richiamano pellegrini anche di altre fedi?

Spesso abbiamo ospitato monaci buddisti che hanno voluto conoscere la nostra forma di vita. Non sono mancate visite di musulmani anche illustri:  penso alla visita di re Abdullah ii Bin Hussein di Giordania. Suo nonno aveva combattuto qui a Montecassino durante la seconda guerra mondiale e al presidente dell'Iran Khatami. Tanti gli amici ebrei, soprattutto della comunità romana.

Montecassino è anche un luogo che ricorda gli orrori della guerra. I suoi monaci e la diocesi sono impegnati per la pace?

Pochi decenni fa, la morte e la distruzione che sono piombati sull'abbazia e sul territorio hanno devastato migliaia di vite umane qui, attorno a noi. Queste terre hanno risuonato delle grida di dolore e delle lacrime di famiglie e individui disperati. Tutto questo ha determinato monastero e diocesi a un lavoro continuo di costruzione della pace. Un impegno rinnovato ogni anno negli anniversari del bombardamento dell'abbazia e della città con gli inviti ai reduci che ancora quest'anno sono tornati per riaffermare il desiderio di pace.



(©L'Osservatore Romano 24 maggio 2009 2009)
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