Il prossimo campionato di calcio all'ombra del Cupolone:  pronostici e pagelle dell'organizzatore Sergio Valci

Lo scudetto vaticano? Ai Gendarmi
E per gli Svizzeri «zero tituli»


di Giampaolo Mattei

La prima partita di calcio in Vaticano è stata giocata nel cortile del Belvedere, alla presenza di Papa Leone X, il 7 gennaio 1521. Pare sia l'unica non organizzata da Sergio Valci che da quasi quarant'anni per i dipendenti vaticani rappresenta il calcio, soprattutto perché si è sempre rivelato molto più che un bravo organizzatore di tornei. Per la sua professione di funzionario del Fondo assistenza sanitaria (Fas) si è confrontato ogni giorno con la realtà della malattia, mai freddo burocrate, sempre pronto a risolvere piccoli e grandi problemi di quanti, in quarantatré anni di servizio, hanno bussato alla sua porta. Con lo stesso stile continua a fare il dirigente sportivo, organizzando ufficialmente il campionato di calcio in Vaticano, anche se non è più al Fas dal 2004. "Confesso che qualche volta - dice - è servita anche un'opera discreta di mediazione con i superiori per coniugare lavoro e sport. L'obiettivo è sempre stato chiaro:  stare insieme per divertirsi a giocare a pallone. L'esperienza ci dice che abbiamo stretto belle amicizie allargandole alle famiglie".
In questa intervista a «L'Osservatore Romano» Valci ripercorre le vicende calcistiche vaticane senza dribblare retroscena inediti. Assegna anche il pallone d'oro al miglior calciatore dei campionati vaticani dal 1973 a oggi e stila per la prima volta le sue classifiche di portieri, allenatori e arbitri.

A metà ottobre inizierà il campionato di calcio. Chi vincerà lo scudetto 2009-2010?

La squadra dei Gendarmi è favorita, ha vinto l'ultimo torneo. Ma attenti ai Musei che si sono portati a casa coppa e supercoppa. E occhio alle sorprese. Gli Svizzeri sono sempre alla ricerca del loro primo titolo. E in giro ci sono fior di squadre:  nell'ambito della Direzione delle telecomunicazioni ne sta nascendo una proprio adesso, che potrebbe capovolgere i pronostici.

Si dice che una caratteristica delle partite del campionato vaticano sia il terzo tempo, come nel rugby, che si gioca a tavola in qualche pizzeria...

È vero, accade spesso che ci sia questo terzo tempo. Davanti a un buon piatto si prendono le rivincite più amichevoli dopo i due tempi sudati in campo. La voglia di ritrovarsi insieme, fuori dagli orari di lavoro, per giocare a pallone è la prima regola del nostro campionato. Conta più del risultato.

Della prima partita si sa che venne giocata nel 1521 con le regole del calcio fiorentino. E si sa anche che con le stesse regole nel Settecento si contendevano il primato cittadino - quasi anticipando il derby Roma-Lazio - Belvedere e Rospigliosi. Una giocava nel cortile vaticano, l'altra al Quirinale. A quando la prima partita di calcio moderno tra i dipendenti del Papa?

Le prime partite ufficiali si sono giocate nel 1947. Venne organizzato un quadrangolare e a onor del vero la finale non si discostò molto dal ruvido sistema di gioco del calcio fiorentino:  la gara tra i dipendenti delle Ville pontificie e della Fabbrica di San Pietro venne infatti sospesa per... incomprensioni reciproche. Poi per vent'anni si sono giocate solo partite tra amici. Nessun torneo vero e proprio, con tanto di regolamenti e classifiche.

Quando è iniziata in Vaticano l'attività agonistica, anche se pur sempre amatoriale?

La prima squadra è nata nel giugno 1966 nei corridoi dei Musei. A formarla ci pensarono custodi, restauratori e inservienti che scelsero di chiamarla Hermes. Nome originale e spiegazione curiosa:  molti di loro in quel periodo prestavano servizio nel Cortile Ottagono del Museo Pio Clementino dove c'è la copia della statua di Prassitele raffigurante proprio il mitologico messaggero degli dei.

Finalmente nel 1973 si è giocato il primo campionato vaticano. E a lei venne subito affidata l'organizzazione.

Parteciparono sette squadre e vinse «L'Osservatore Romano». Il progetto - emblematico il titolo "coppa dell'amicizia" - era sostenuto dal cardinale Sergio Guerri, allora presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano, che volle contribuire di tasca propria alle spese della manifestazione. Mi venne chiesto di provvedere all'organizzazione, forse perché non ho mai nascosto la passione per il calcio. Partito in sordina, il torneo ha ben presto attirato la curiosità della stampa internazionale. Siamo stati così incoraggiati a proseguire questa prima attività sociale, dopolavoristica, per i dipendenti del Vaticano, confidando che alcune esagerazioni giornalistiche che parlavano persino di calcio-mercato si sarebbero sgonfiate da sole. Così è stato.

Proprio «L'Osservatore Romano» vinse il primo campionato nel 1973.

Ricordo che era una bella squadra, con tre tipografi immarcabili. Il giornale ha vinto altre tre volte. Nell'albo d'oro si sono succeduti un po' tutti, ad eccezione della Guardia Svizzera:  Governatorato, Musei, Gendarmeria, Poste, Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, Associazione Santi Pietro e Paolo, Servizi tecnici, Servizi economici... Dal 1985 si disputa anche la coppa vaticana e dal 2007 la supercoppa.

Niente sponsor?

L'attività si svolge sotto il patrocinio del Governatorato che copre gli eventuali disavanzi di bilancio. Le entrate sono le quote di iscrizione dei partecipanti e qualche piccola sponsorizzazione di istituzioni vicine al Vaticano, come quella di Stefan Falez, un diplomatico che ci ha sempre generosamente sostenuti. Respingiamo gentilmente sponsorizzazioni più importanti per non snaturare il senso del torneo. Tutto va avanti con il volontariato di appassionati della prima ora, alcuni dei quali ancora in sella come Bruno Luti, Enrico Ottaviani, Giancarlo Taraglio, Domenico Ruggiero e Renato Aubert.

Resta solo una fantasia - come ha detto il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone - una squadra professionistica che partecipi alle competizioni internazionali, una sorta di nazionale vaticana?

Non c'è nessuna possibilità di organizzare una squadra del genere perché non è istituzionalmente prevista, per quanto possa essere divertente l'idea. Non c'è una nazionale vaticana, ma una selezione di dipendenti che di tanto in tanto gioca partite amichevoli. La nostra rappresentativa non è iscritta alla Fifa né all'Uefa. Ma qualche soddisfazione ce la siamo tolta. L'esordio risale al 1985:  3-0 a una rappresentativa di giornalisti austriaci. A Torino abbiamo pareggiato 3-3 con una selezione di funzionari dell'Onu. Ma la primavera della Roma, allenata da Benetti, ce ne ha fatti nove e il migliore in campo risultò il nostro portiere...

Come si gioca al calcio sotto le finestre del Papa?

Non giochiamo proprio sotto le sue finestre, non ci sono campi di calcio all'interno delle mura. Le partite si disputano nel vicinissimo Oratorio di San Pietro. Un ambiente molto familiare. Forse anche questo ci aiuta a non perdere di vista la natura del nostro calcio. Faccio mia la riflessione che il cardinale Bertone, grande conoscitore di sport, ha proposto il 18 dicembre 2006 alla premiazione del triangolare per i cinquecento anni di Guardia svizzera, Fabbrica di San Pietro e Musei. Per il cardinale, il calcio può essere una scuola di vita umana e cristiana. Il nostro campionato amatoriale non conosce eccessi economici o agonistici e ha come regole la lealtà, il rispetto per l'avversario, il saper vincere e il saper perdere, l'importanza dei ruoli, la rinuncia a individualismi per un più proficuo gioco di squadra.

A chi assegnerebbe il pallone d'oro vaticano tra i giocatori che sono scesi in campo dal 1973 a oggi?

Il più bravo che ho visto giocare è Bruno Mariotti, dipendente delle Poste. Anche oggi che viaggia verso i cinquant'anni è un valido attaccante. Forse non ha più la velocità di quando era giovane, ma ricordo che infilava i difensori partendo sul filo del fuorigioco.

Sul podio dei migliori chi farebbe salire?

Guardando al passato la medaglia d'argento va a Gino Di Manno, centravanti difficile da marcare che da ragazzo ha giocato nella primavera della Roma. Figuriamoci gli sfracelli che ha fatto nel campionato vaticano. Sempre guardando al passato, Luzi, Olivetto e Giulietti hanno lasciato il segno alla pari del trio di prim'ordine del Centro Televisivo Vaticano:  Cuppone, Stinellis e Coali. «L'Osservatore Romano» ha avuto eccellenti giocatori come Umberto Mastrangeli, una mezzala alla Rivera, Gaetano Vallini - "Tuttosport" nel 1987 lo ha definito regista tecnico "dal tiro secco e improvviso alla Giannini" - e Saverio Di Pofi che, dopo aver militato da giovane in squadre professionistiche, è oggi l'allenatore della selezione dei dipendenti vaticani. Guardando ai campionati di oggi, i big sono Alessandro Quarta dei Musei e due gendarmi, Andrea Cinque e Massimo Illuminati.

In porta chi metterebbe nella sua formazione ideale?

Il numero uno è Antonello Belli, lo Zoff della squadra delle Poste. Si è fatto le ossa nella primavera della Lazio. Portieri molto bravi sono stati Gianfranco Guadagnoli delle Poste e Adriano Vitali della Radio Vaticana.

È vero che nel campionato vaticano è ammesso uno "straniero" per squadra e solo nel ruolo di portiere?

Sì, abbiamo concesso alle squadre di schierare tra i pali un giocatore che può anche non essere dipendente vaticano. Il motivo è presto detto:  ci siamo resi conto che le partite finivano con punteggi tennistici perché non in tutti gli uffici c'è uno bravo in porta.
Ha fatto solo nomi di dipendenti laici. A chi va il pallone d'oro per il miglior calciatore tra gli ecclesiastici?
Il titolo se lo contendono monsignor Fortunato Frezza, sotto-segretario del Sinodo dei vescovi, monsignor Gabriele Caccia, già assessore della Segreteria di Stato ora arcivescovo eletto e nunzio apostolico in Libano, e don Stefano Occelli, segretario del cardinale Deskur. Tre giocatori rocciosi, centrocampisti di quantità con lampi di qualità.

Chi è il Trapattoni del Vaticano?

Sulle panchine del nostro campionato si sono seduti fior di allenatori. Dino Da Costa, l'oriundo brasiliano che ha giocato con la Roma e con la maglia azzurra; De Angelis, alfiere del Genoa e della nazionale; Mattioli, in serie A con la Lazio. Tra i mister "interni" Franco Adamoli ha allenato le Poste con lo stile di Arrigo Sacchi.

Il fischietto più bravo?

Enrico Ottaviani ci ha messo tutta la sua esperienza maturata come arbitro nei campi delle categorie minori e guardalinee in serie A. Ottimo fischietto anche Enzo Bernacchia. Ricordo poi il compianto Franco Rubini che è stato arbitro ma anche giocatore e dirigente della squadra dei Musei. Da due anni a dirigere le partite vengono sette giovani arbitri ufficiali della sezione di Civitavecchia. Comunque i nostri match sono sempre corretti anche quando gli animi si accendono per la passione del gioco.

Che cosa le ha dato questa lunghissima esperienza di dirigente sportivo?

Un tesoro umano di inestimabile valore. Mi ha fatto incontrare tanti amici con cui ho condiviso la passione per il calcio. La soddisfazione più grande l'ho avuta quando è stato organizzato un incontro di festa che hanno subito chiamato "Valci day". Era il 13 maggio 2004 e da pochi mesi ero in pensione. Figlio di un dipendente vaticano, ho sempre lavorato nella sanità - anche al Bambino Gesù e al Fatebenefratelli - e oggi sono nel consiglio di amministrazione del comitato esecutivo del Fondo pensioni vaticano. Queste esperienze professionali mi hanno confermato che l'attività sportiva da dopolavoro è un servizio utile per chi gioca e per gli uffici stessi.



(©L'Osservatore Romano 23 agosto 2009)
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