A colloquio con l'arcivescovo Oliveira de Azevedo, presidente della Conferenza episcopale Leste2 del Brasile

Vangelo e condivisione
per vincere corruzione e violenza


di Nicola Gori

Un impegno costante nella lotta contro la corruzione a tutti i livelli della società, non per fare concorrenza allo Stato, ma per sollecitarlo ad assumere il ruolo che gli compete nel moralizzare la vita pubblica; una comunità fedele che affonda le sue radici nei primi anni dell'evangelizzazione del Brasile, ricca di tradizioni e di iniziative per la diffusione del Vangelo e per la promozione umana. Sono gli aspetti più significativi della Chiesa presente nella regione Leste2 del Paese messi in rilievo, in un'intervista al nostro giornale, dall'arcivescovo di Belo Horizonte, monsignor Walmor Oliveira de Azevedo, presidente della Conferenza episcopale regionale, in questi giorni in visita ad limina Apostolorum.

La regione Leste2 è considerata il cuore cattolico del Brasile. Cosa comporta dal punto di vista pastorale?

La regione effettivamente comprende un territorio segnato da una forte presenza cattolica:  gli stati di Minas Gerais e di Espíritu Santo. E in realtà non si esagera quando si dice che è il cuore cattolico della Chiesa brasiliana. Ciò è dovuto in particolare alle profonde radici cristiane della popolazione e alla forza della tradizione. Si tratta indubbiamente di un patrimonio cattolico prezioso, che sostiene la Chiesa nel suo cammino. Dal punto di vista pastorale è sicuramente un supporto importante per affrontare le sfide che portano con sé il processo post-moderno di secolarizzazione e la conseguente urbanizzazione rapida e incontrollabile del territorio. Da parte nostra cerchiamo di vegliare su questo patrimonio, alimentandolo costantemente. Anzi da esso attingiamo la forza per affrontare situazioni spinose, come ad esempio quella delle sette.

Cosa  caratterizza  il  vostro  lavoro  pastorale?

A livello di Conferenza episcopale ci siamo posti tre priorità. In primo luogo la Parola di Dio, cioè la sua lettura orante; poi lo sviluppo della rete radiofonica cattolica; infine i giovani, specialmente quelli in situazioni a rischio. In questi ultimi tre anni abbiamo compiuto in questa ottica un cammino molto fecondo, basato soprattutto sulla collaborazione tra vescovi, tra vescovi e sacerdoti delle rispettive Chiese particolari.

Lei ha parlato delle sette. È un fenomeno rilevante?

Quello delle sette è un fenomeno che coinvolge tutta l'America Latina e naturalmente anche le nostre regioni brasiliane. Stiamo cercando un approccio nuovo affinché non debba mai più succedere - come purtroppo spesso è accaduto - che qualcuno abbandoni la Chiesa cattolica per entrare in un gruppo confessionale, attratto da lusinghe e convenevoli ingannevoli. Dobbiamo cioè fare in modo che nessuno possa dire di non essere stato ascoltato o ben accolto nelle nostre comunità. Perciò insistiamo molto sulla necessità di riaffermare la ministerialità della nostra Chiesa, organizzata in una sempre più efficace rete di comunità.

L'Anno sacerdotale appena concluso, ha suscitato un interrogativo sulla formazione dei candidati al sacerdozio, a proposito della sua adeguatezza o meno alla società e alle sfide del nostro tempo. Voi a quali conclusioni siete giunti?

Effettivamente, l'Anno sacerdotale ci ha dato l'occasione per riflettere proprio sulla formazione sacerdotale iniziale e permanente, e sull'azione ministeriale di ogni sacerdote nella Chiesa. È stato un anno difficile in questo senso, per le grandi sfide che siamo stati chiamati ad affrontare. La Chiesa si è dovuta confrontare con l'infedeltà di alcuni sacerdoti, anche se costituiscono una minoranza rispetto a quelli che vivono nella fedeltà, nel lavoro e nella vera libertà sacerdotale. Tutto ciò, come ha detto il Papa, deve portare alla penitenza e alla conversione.

Cosa avete fatto nello specifico per affrontare questa problematica

Come Conferenza episcopale abbiamo deciso di redigere un vademecum sul quale indicare azioni concrete per correggere situazioni distorte e per prendere posizione dinanzi a situazioni irregolari. Un vademecum dunque affinché ogni vescovo, senza temporeggiare, senza voler coprire quanto accaduto, assuma immediatamente posizione, così che possa, in modo definitivo e urgente, sradicare dalla Chiesa azioni e presenze, che provocano turbamento e non  rendono  onore  alla  vita  sacerdotale.
Allo stesso tempo, questa sfida ci ha spinti a concentrare l'attenzione proprio sul processo di formazione. Lo abbiamo già fatto lo scorso anno quando abbiamo approvato le nuove direttive generali per la formazione presbiterale iniziale e permanente della Chiesa in Brasile. Quest'anno, durante l'assemblea svoltasi lo scorso maggio a Brasilia, dopo aver ricevuto indicazioni dalla Congregazione per l'Educazione Cattolica, abbiamo stabilito ulteriori correzioni. La formazione è una sfida costante, soprattutto quella nella spiritualità e nel campo umano e affettivo. C'è ancora un lungo cammino da percorrere giorno dopo giorno. Nelle nostre istituzioni si sta ponendo grande impegno nella formazione presbiterale iniziale e anche nella pastorale presbiterale. Siamo consapevoli di essere di fronte a una grande sfida, ma riponiamo grande fiducia nelle risposte, nelle conquiste e negli investimenti che stiamo facendo ogni giorno per ottenere formatori in grado di migliorare il processo.

Prostituzione infantile e turismo sessuale sono delle vere e proprie piaghe sociali per la vostra regione. Secondo lei come si possono arginare questi scandali?

È un dramma. Un problema grave che per noi costituisce una sfida enorme. Noi possiamo limitarci a un'azione pastorale di sostegno per le famiglie coinvolte e per le giovani vittime di questo turpe mercato. Per quanto ci è possibile cerchiamo di fare pressione sulle autorità civili per trovare insieme una via d'uscita. Il lavoro principale è però quello con le famiglie. Cerchiamo di renderle consapevoli della gravità del problema, invitandole ad agire con coraggio. Bisogna però assolutamente che siano le autorità civili a prendere le misure necessarie.

Il Brasile in questo momento di crisi mondiale viaggia in controtendenza poiché è uno dei pochi Paesi nel quale si registra una crescita economica. Spesso però quando si parla di economia brasiliana il discorso scivola sempre sulla questione ambientale.

Effettivamente, il Brasile fa registrare una certa crescita economica. In particolare Minas Gerais è uno Stato molto ricco. Nella nostra cultura c'è però un senso di rispetto per la natura e la coscienza della necessità di preservare l'ambiente. Anzi ci impegniamo concretamente, in collaborazione con forze e istanze politiche, proprio per far sì che la voracità dell'economia e il desiderio di lucro di tante multinazionali che hanno allungato i loro tentacoli sulle nostre terre non causino disastri. Abbiamo assunto una chiara posizione a difesa dell'ambiente, su temi importanti come l'acqua e le foreste, questioni fondamentali che mostrano la necessità d'investire in un'educazione ecologica per insegnare alle persone a rispettare e convivere con la natura. Penso che abbiamo un nuovo cammino da percorrere visti i disastri e i pregiudizi già esistenti. Siamo comunque profondamente consapevoli del dono che abbiamo ricevuto da Dio. Non dobbiamo inoltre dimenticare quello che il Papa ci ha detto nell'enciclica Caritas in veritate, ossia che lo sviluppo deve essere integrale. Come Chiesa facciamo proposte concrete e avviamo iniziative solidali come ad esempio la promozione della campagna della fraternità, o altre azioni a carattere sociale, per contribuire e partecipare alla crescita economica e creare condizioni di dignità per tutti senza danno per l'ambiente. C'è poi la sfida di superare l'emarginazione in cui vivono ancora molti poveri, ma senza la voracità propria dell'economia che calpesta i principi e le questioni ecologiche.

Al fenomeno dell'urbanizzazione sono legati quello della povertà e quello dell'aumento della criminalità. Un'ulteriore sfida per la vostra Chiesa?

Direi che lo è per tutta la Chiesa. Abbiamo un serio dovere morale:  annunciare in modo chiaro ed esplicito il Vangelo e accompagnare quanti hanno ruoli politici importanti, affinché la società si tuteli contro ogni situazione di ingiustizia, soprattutto contro la corruzione. La Chiesa vuole lavorare con le autorità civili per spingere le stesse ad agire e ad assumere posizione decise. C'è ancora molta strada da percorrere per trovare nuove risposte, pur riconoscendo che ci sono stati grandi passi avanti, grandi e importanti conquiste. Resta tuttavia la piaga dell'emarginazione in un Paese che pure sta vivendo un momento economico molto favorevole. Invitiamo quindi i nostri dirigenti a compiere azioni, non solo palliative, ma strutturali e strategiche, per cambiare questo scenario di povertà. Per quanto riguarda la violenza, si tratta di una sfida enorme, una vera epidemia nella società mondiale, e anche nella società brasiliana. Noi operiamo soprattutto creando comunità fra i più poveri e nei luoghi nei quali si verificano maggiormente episodi di violenza, per rendere una testimonianza di speranza. Quando le persone incontrano Dio, quando incontrano solidarietà, quando si riuniscono in comunità di fede, la violenza diminuisce. Per questo, siamo consapevoli di dover offrire esperienze significative di fede, di solidarietà e di umanità per cercare di cambiare la situazione. Si tratta di una sfida enorme e di un lungo cammino da percorrere, ma noi siamo presenti con speranza e grande gioia.



(©L'Osservatore Romano 19 giugno 2010)
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