Monsignor Bordin illustra la collezione del museo storico artistico della basilica Vaticana

Chi va a San Pietro
trova un tesoro


di Nicola Gori

I fedeli o i visitatori che entrano in San Pietro trovano all'ingresso un cartello con una scritta che non passa certo inosservata:  "Museo del tesoro". Difficile andare oltre senza prima aver soddisfatto la curiosità di sapere che cos'è questo "tesoro" e cosa ha a vedere con la basilica. Seguendo le indicazioni si giunge nel corridoio che porta alla sagrestia e procedendo in direzione del flusso dei pellegrini ci si ritrova davanti all'ingresso del museo. Si apre così davanti agli occhi un mondo inatteso. È un ambiente che trasuda storia e arte. Si possono ammirare oggetti sacri, arredi, preziosi, croci, quadri, statue, opere artistiche di straordinario valore e bellezza, delle più svariate epoche. A cosa si deve questo "tesoro" della basilica? La risposta è semplice:  la tomba dell'apostolo Pietro, poche decine di metri più in là. È in suo onore che papi, re, principi, governanti, ma anche migliaia di semplici fedeli, hanno donato nel corso dei secoli queste meraviglie dell'arte orafa, pittorica, plastica. Il tutto raccolto pazientemente dal Capitolo vaticano ed esposto con cura per soddisfare l'interesse dei visitatori. Abbiamo chiesto a monsignor Giuseppe Bordin, camerlengo del Capitolo e responsabile del museo, di accompagnarci nella visita e di illustrarci le caratteristiche principali di questa singolare collezione.

Cosa si intende per "tesoro"?

Con questo termine si intende l'insieme degli oggetti preziosi, raccolti nel corso dei secoli, che costituiscono la ricchezza di una chiesa. Dobbiamo risalire ai primi anni del iv secolo per trovare il primo donatore:  l'imperatore romano Costantino. Negli anni che vanno dal 319 al 337 fece costruire una basilica sul luogo del martirio dell'apostolo Pietro. Volle arricchirne la sepoltura offrendo una croce d'oro pesante 150 libbre, recante impressa l'iscrizione dei lavori compiuti alla Confessione. Donò anche un altare d'argento ornato di gemme, corone, candelabri, pietre preziose e vasi intarsiati.

E dopo Costantino?

Nel corso dei secoli, papi, imperatori, re, cardinali e persone appartenenti a ogni ceto sociale mantennero viva la tradizione di donare degli oggetti alla basilica di San Pietro. Purtroppo, accanto a tanti donatori, la storia vide anche l'affacciarsi di tanti predatori, a cominciare dai saccheggi compiuti dai visigoti di Alarico, nel 410, e dai vandali di Genserico nel 455. Altre donazioni supplirono a queste prime razzie, ma nuove se ne presentarono all'orizzonte, come quella dei goti di Totila nel 545. Seguirono generosi donativi nei secoli seguenti:  basti ricordare Clodoveo, che regalò una corona votiva con gemme preziose, per testimoniare la conversione sua e del suo popolo a Cristo, o Carlo Magno, il quale donò numerosi calici, patene e vasi in occasione dell'incoronazione imperiale del Natale dell'800. Anni dopo, però, il saccheggio per mano dei saraceni dell'846 fece molto scalpore, perché venne violato il sepolcro dell'apostolo e asportato l'altare. Per evitare ulteriori episodi del genere, Leone iv fece costruire una cinta muraria per difendere il colle Vaticano e per riparare all'offesa. Benedetto iii fece poi ricoprire la tomba di Pietro con una lastra d'oro. Per alcuni secoli non si ebbero grandi perdite del tesoro, ma nel 1084 i normanni di Roberto il Guiscardo razziarono numerosi oggetti.

Furono presi ulteriori provvedimenti per tutelare l'integrità del tesoro?

I papi cercarono di farlo comminando pene e scomuniche a chiunque avesse asportato o alienato oggetti appartenenti a esso. Urbano vi nel 1387 lanciò perfino una scomunica contro quanti - anche se cardinali, re o imperatori - avessero alienato o acquistato beni del tesoro. Con l'indizione del primo Anno santo, nel 1300, le donazioni crebbero notevolmente per l'afflusso di molti pellegrini da ogni parte d'Europa. Il sacco di Roma del 5 maggio 1527 assestò un colpo tremendo all'integrità del tesoro. Infatti, nonostante i tentativi dei canonici di salvare gli oggetti, la gran parte di essi venne dispersa, venduta e barattata. Si pensi che i canonici riuscirono a salvare il busto reliquiario di san Luca nascondendolo nel pozzo della sagrestia. Altri oggetti vennero riscattati dai lanzichenecchi a suon di scudi. Terminata la tragedia del sacco, le donazioni ripresero fino al grande ricatto operato da Napoleone, il quale con il trattato di Tolentino del 1797 impose a Pio vi il pagamento di 15 milioni di lire tornesi di Francia per evitare l'occupazione militare di Roma. Lo Stato pontificio non disponeva di tale somma e allora il Pontefice ordinò di raccogliere nelle varie chiese e monasteri degli argenti e preziosi. Per coniare le lire richieste da Napoleone occorsero ben tremila chili di oggetti in argento e quindi anche il tesoro dovette fare la sua parte. Ma i francesi non rispettarono gli accordi e agli inizi del 1798, Roma venne occupata. Si pensi che ai canonici non vennero lasciati neppure i candelieri per la festa di san Pietro. Secondo calcoli attendibili, se il tesoro fosse scampato ai continui saccheggi e ruberie oggi sarebbe cento volte più grande. Nonostante ciò, esso rimane il segno tangibile dell'amore e della devozione dei fedeli nei confronti dell'apostolo Pietro.

Come è nata l'idea di aprire un museo del tesoro?

In ogni famiglia ci sono sempre dei ricordi che servono per rievocarne la storia. Così è per la basilica, i cui ricordi sono nel museo del tesoro. Non c'è stata una istituzione formale. Si è cominciato a raccogliere i doni che i fedeli regalavano al Capitolo vaticano e alla basilica. Questi doni, con l'andare del tempo, diventati numerosi, crearono l'esigenza di trovare una soluzione per la loro sistemazione. In genere, tutto ciò che era liturgico - calici, candelieri, tovaglie - veniva usato per la sagrestia. Gli altri oggetti erano messi da parte in qualche locale vicino alla sagrestia e conservati senza un criterio logico. Chi voleva vedere questi oggetti doveva chiedere il permesso al Capitolo vaticano, al quale era stato demandato dai papi il compito di amministrare il patrimonio artistico della basilica. Fino a tutto il xix secolo, la possibilità di vedere gli oggetti del tesoro rimase un privilegio per pochi visitatori. La situazione cambiò radicalmente nel 1909 quando il Capitolo decise di fare qualcosa. Vennero utilizzate due grandi sale destinate ai beneficiati e il 1° novembre di quell'anno venne aperto il primo nucleo del museo del tesoro.

Chi sono i capitolari?

Il museo è del Capitolo vaticano, che è composto dal cardinale arciprete, dai canonici e dai coadiutori. Anticamente i coadiutori erano composti dai beneficiati e dai chierici beneficiati il cui compito era di aiutare nello svolgimento delle celebrazioni liturgiche che avvenivano in basilica. Tanto i canonici come i beneficiati e i chierici beneficiati avevano la loro cappella.

E chi è il responsabile del museo?

Il Capitolo si serve del proprio camerlengo per la gestione. Avendo egli anche altre responsabilità si avvale di un sovrastante, che a sua volta è aiutato da due assistenti, in maniera che il museo non è mai senza un responsabile.

Tornando alla storia del museo, come venne realizzata la prima esposizione degli oggetti?

Vennero utilizzati criteri essenzialmente devozionali, mettendo in evidenza gli oggetti che più colpivano la sensibilità dei fedeli. Nel 1949 si pensò di ampliare il museo utilizzando la terza sala dei beneficiati. Venne compiuto un inventario a cura di Angelo Lipinsky, ma l'allestimento non seguì criteri storico-artistici. Anche questa terza sala venne dotata di grandi armadi chiusi da vetrine di cristallo, dentro i quali gli oggetti erano illuminati da luci elettriche.

Quando si è arrivati a costituire un vero proprio museo del tesoro?

Si deve attendere fino agli anni Settanta, quando il Capitolo vaticano affidò i lavori di allestimento e ampliamento dei locali a Franco Minissi. Il celebre architetto mise le sale in comunicazione tra loro e creò un itinerario "a senso unico" con due centri fondamentali nelle sale di maggior interesse:  la sagrestia dei beneficiati e la sagrestia dei chierici beneficiati. In quest'ultima realizzò una galleria pensile per salire e vedere dall'alto il monumento funebre bronzeo di Sisto iv. Per dare maggior risalto agli oggetti esposti, il Minissi mantenne nel suo aspetto originario la sala dei beneficiati, cioè la prima del percorso, ma tappezzò le altre con una moquette color grigio scuro. Vennero installate due tipi di luci:  una diretta e mirata sugli oggetti, e una indiretta e soffusa lungo il percorso. Furono poste delle vetrine isolate al centro delle sale, in modo da facilitare la visione degli oggetti dai quattro lati. Nel 2000 si iniziò ad effettuare dei lavori che dettero nuovo impulso al museo. La necessità di non chiudere il museo impone dei ritmi molto lenti, nel programma di restauro. Un lavoro eseguito è stato intorno alle pareti della "galleria" della prima sala, dove abbiamo sistemato delle opere d'arte contemporanea.

Qual è il rapporto del museo con i papi?

Il rapporto con i Pontefici è stato sempre cordiale. Sono stati i primi benefattori della basilica e hanno sempre continuato a donare in segno di omaggio all'apostolo Pietro. I papi hanno anche contribuito alla conservazione delle cose preziose che il Capitolo vaticano poi faceva proprie. L'ultimo Pontefice che ha visitato il museo, inaugurando le sue sette sale dopo i lavori di sistemazione, è stato Paolo vi il 29 dicembre 1974. Papa Montini regalò l'urna dell'acqua santa in argento e bronzo, opera di Pericle Fazzini e lo stupendo "polittico bizantino". Giovanni Paolo ii ha lasciato dei paramenti sacri. Tanta generosità da parte dei papi ha impresso un incremento notevole alla qualità dei reperti conservati nel museo.

Quali sono gli oggetti più significativi conservati nel museo?

Oltre agli oggetti sacri e liturgici, alcuni molto preziosi, possiamo ricordare il quadro dei santi Pietro e Paolo, risalente al xiv secolo e attribuito alla scuola di Giotto, che è stato esposto anche alla mostra del Vittoriano. Va ricordato anche uno dei tre esemplari della bolla originale del primo giubileo del 1300 indetto da Bonifacio viii. O ancora, il celebre sarcofago di Giunio Basso del iv secolo, proveniente dalle Grotte Vaticane, e la Croce di Giustino.

Tante opere d'arte hanno bisogno di continui restauri. Come siete organizzati in tal senso?

Il museo dispone di un servizio interno di restauro, per evitare che le opere siano portate all'esterno. Abbiamo adattato dei locali nel sottosuolo del Palazzo dei canonici, dopo averli dotati di impianto di climatizzazione e deumidificazione. Alcuni li abbiamo trasformati in magazzino per depositare gli oggetti in vendita nel negozio di souvenir che si trova all'interno dei museo. Uno l'abbiamo destinato ai restauri, l'altro a laboratorio fotografico. In questo modo, i restauratori possono lavorare in loco, senza portare via gli oggetti dal palazzo del Capitolo. Il monumento funebre di Sisto iv è stato restaurato sul posto, nelle sale dei beneficiati, perché era difficile spostarlo. La croce di Giustino ii del vi secolo, proveniente da Bisanzio, invece, è stata restaurata nei locali predisposti. Riguardo a questa preziosissima opera d'arte orafa - in argento dorato e pietre preziose - donata dall'imperatore d'Oriente Giustino ii a Papa Giovanni iii, abbiamo un progetto. Vorremmo riprodurla in scala, per metterla a disposizione dei collezionisti in tiratura numerata e limitata.

Come si accede al museo e quali sono gli orari di apertura?

La sede del museo è stata ricavata da locali già esistenti, quindi non si è potuto cambiare molto. L'ingresso ufficiale è dall'interno della basilica di San Pietro. Nei lavori abbiamo provveduto ad aprire le uscite di sicurezza per mettere i locali a norma. Si può accedere al museo anche dalla sagrestia. I visitatori sono ogni anno circa 400.000. Il prezzo del biglietto d'ingresso è 6 euro. Vi sono riduzioni per gli studenti minori di 26 anni in possesso di documento scolastico, per le scuole che presentano domanda su carte intestata dell'istituto e per i ragazzi dai 7 ai 12 anni. Per i disabili l'ingresso è gratuito, anche per l'accompagnatore. Vi è la possibilità di prendere un'audioguida che accompagna il visitatore per tutto il percorso museale. L'orario di apertura è dalle ore 8 alle ore 18.30, dal 1° ottobre al 31 marzo, e dalle 8 alle 19, dal 1° aprile al 30 settembre. Siamo aperti sette giorni su sette, escluso i giorni di Natale e di Pasqua e il mercoledì mattina, quando si tiene l'udienza generale in piazza San Pietro. Per prenotazioni e informazioni è possibile chiamare il numero 06.69881840. Ci stiamo organizzando anche per allestire un sito internet, in modo da poter offrire la possibilità di acquistare i biglietti da casa.



(©L'Osservatore Romano 27 agosto 2010)
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