A colloquio con il cardinale arcivescovo di Manila in visita "ad limina Apostolorum"

I laici
risorsa della Chiesa filippina


di Nicola Gori

Insegnamento, apostolato, esercizio della carità, attenzione ai poveri, servizio ai più deboli. Sono solo alcuni dei compiti svolti dai laici cattolici nella Chiesa e nella società filippina. Questi ultimi sono spesso il solo canale di collegamento tra i villaggi sperduti nelle montagne e le città. Non solo nelle Filippine il loro ruolo è fondamentale, ma anche all'interno delle comunità di emigrati - che contano circa dieci milioni di persone - sparse per il mondo. È quanto afferma in questa intervista il cardinale Gaudencio B. Rosales, arcivescovo di Manila, che guida il primo gruppo di vescovi filippini in visita ad limina Apostolorum.

In un momento difficile nelle relazioni tra cristiani e musulmani in Medio Oriente la situazione delle Filippine è particolarmente significativa, poiché la maggioranza cattolica cerca la collaborazione e la convivenza con la minoranza musulmana. Può essere un messaggio per tutto il continente asiatico?

La popolazione delle Filippine è a grande maggioranza cattolica, circa l'84 per cento. Tra le minoranze presenti nel Paese vi sono altre confessioni cristiane, religioni tradizionali e i musulmani che sono circa il 4 per cento. La maggioranza dei filippini è favorevole al dialogo, alla fratellanza, alla collaborazione e al rispetto. Ciò può essere un modello? Credo che come accade anche in altri Paesi e non solo nelle Filippine vi siano delle espressioni di violenza e dei fenomeni di intolleranza religiosa. Solo nel sud della nostra nazione riscontriamo alcune tensioni con i musulmani. Ma per larga parte la convivenza è pacifica. Per promuovere la concordia e la conoscenza reciproca tra cattolici e musulmani, la Chiesa ha organizzato degli incontri. A dire il vero, sono stati i vescovi di Mininou a dare vita a questa iniziativa che coinvolge gli ulema musulmani.

Nella vita della Chiesa delle Filippine i laici rivestono un ruolo significativo, in particolare le donne che risultano essere la maggioranza dei laici impegnati. Qual è il loro effettivo contributo?

La partecipazione dei laici alla missione della Chiesa è uno dei buoni frutti del concilio Vaticano ii. Prima di esso, nella vita pubblica della Chiesa, i laici potevano solo partecipare a quanto organizzato dalla gerarchia. Dopo il Concilio, i laici hanno un ruolo molto attivo nella vita della Chiesa e partecipano volentieri alle iniziative promosse. E questo è bellissimo. Uno dei tanti compiti che svolgono è quello di guidare le comunità sparse per i villaggi che si trovano nelle montagne lontane dai centri abitati. Partecipano anche alla formazione e prestano servizio come ministri straordinari dell'Eucaristia. Fanno esattamente quello che dovrebbero fare i diaconi, pur rimanendo laici. Portano aiuto ai bisognosi e sono come un canale che fa giungere gli aiuti dove è necessario. Si può dire che sono il legame tra le città e i villaggi. Certo, le donne hanno un loro ruolo nella Chiesa, insegnano catechismo, educano i bambini, e sostengono i poveri nelle città. Un'altra grande ricchezza della Chiesa nelle Filippine sono i giovani. Spesso sono la maggioranza in molti gruppi ecclesiali e le parrocchie organizzano molte iniziative rivolte proprio a loro. Se avranno la possibilità economica molti di loro parteciperanno alla prossima Giornata mondiale della gioventù a Madrid.

C'è un popolo filippino sparso nel mondo costituito dagli emigrati. La Chiesa nelle Filippine è in grado di seguirli o li affida alle comunità di accoglienza?

Questa è una buona domanda da porsi, perché riguarda la cura pastorale degli emigrati filippini. È un interrogativo molto serio e a questo proposito ricordo che un parroco della costa occidentale degli Stati Uniti d'America con le sue parole mi fece riflettere. Mi indicò alcuni filippini seduti sulle panche della chiesa e mi disse:  "Questo è il suo popolo, sono emigrati filippini che vivono qui, ma rimangono il suo popolo. Deve inviare sacerdoti che si curino di loro". Io chiesi il perché. "Essi - continuò il prete - hanno un modo particolare di occuparsi degli anziani, di pregare, di partecipare alla messa diverso dal nostro. Le garantisco che se non vi occupate di loro nel giro di quindici anni tutti questi valori andranno perduti. Organizzi pertanto un servizio di preti che seguano la pastorale dei filippini emigrati". Rimasi colpito da quelle parole e con la Conferenza episcopale delle filippine abbiamo dato vita alla commissione per i migranti e gli itineranti. Essa ha il compito di seguire i nostri connazionali e prendersi cura di loro, della loro fede, ma anche delle loro vite. Anche qui a Roma c'è è una comunità numerosa di filippini. Alcuni preti del nostro collegio li seguono e celebrano la messa nei vari dialetti del Paese. Basti pensare che tra Stati Uniti d'America, Australia, Nuova Zelanda, Spagna, Italia, e Arabia Saudita ci sono circa dieci milioni di filippini emigrati. Un fenomeno come quello vissuto in Irlanda tra la fine dell'Ottocento e l'inizio Novecento del secolo scorso. Questi laici portano la loro fede ovunque vadano e testimoniano il Vangelo con le loro vite. È questo un fattore da considerare attentamente.

Da  Chiesa di missione a Chiesa missionaria. Cos'ha portato a questa trasformazione?

I cristiani filippini non hanno mai dimenticato che la fede è venuta dai missionari. Questo è un fatto storico. Certo, vi furono alcune difficoltà agli inizi dell'evangelizzazione, ma nessuno può negare che siamo diventati cristiani grazie agli stranieri provenienti dalla Spagna, dal Portogallo, dalla Germania, dalla Francia e dall'Italia. Dobbiamo ringraziare Dio per la grazia di questa missione riservata a noi. Con il concilio Vaticano ii ha preso forma il concetto che la Chiesa è missionaria per sua natura e vocazione. Ogni Chiesa, giovane o anziana, deve essere missionaria. I filippini hanno risposto a questa richiesta di missione:  più di un migliaio di sacerdoti sono in missione, le suore forse sono due o tremila. Questo fa sì che dove ci sono gli emigrati filippini, ci sono anche i loro pastori che permettono di condividere la fede e di partecipare alla messa nella propria lingua.

Da parte dei laici cattolici c'è impegno nella partecipazione alla vita politica del Paese?

I cattolici hanno il desiderio di servire il Paese con un genuino spirito di servizio, in sincerità, onestà, semplicità, compassione e carità. Certamente, ci sono dei cattolici nel governo che dovrebbero mettere in pratica i principi. I più seri tra loro lo fanno, alcuni lo dimenticano e invece di servire arricchiscono loro stessi e fanno esattamente il contrario di quello che i cattolici dovrebbero fare per il loro Paese. Cercano il potere. I politici rispettano la Chiesa nelle Filippine, perché sanno che essa ha influenza sulla gente. Dobbiamo stare attenti, perché essi diventano amici della Chiesa e se ne servono per raggiungere i loro scopi e diranno che la Chiesa non è buona, quando non si presta ai loro obiettivi.

Qual è il ruolo della Chiesa nella politica di riforma agraria del Paese?

La Chiesa è al cento e uno per cento a favore della riforma agraria. Purtroppo, molti ricchi hanno interessi comuni con i politici, perciò l'impatto della legge sulla riforma agraria è stato indebolito. E questo non è un bene. La Chiesa, comunque, è a favore di questa legislazione e la promuove. Io stesso ho mediato tra 140 contadini e una grande società.

L'episcopato conta sulla presenza dei laici per fronteggiare il continuo riproporsi di leggi contrarie alla dignità della vita umana, come nel caso dell'aborto?

Le leggi che attentano alla dignità della vita umana sono già in vigore in vari Paesi e si è tentato anche di imporle nelle Filippine. Al momento, però i cattolici sono uniti e le leggi non sono state approvate. La Conferenza episcopale si oppone e mai coopereremo con i gruppi che portano avanti iniziative contro la vita. Noi difenderemo sempre la dignità della vita umana anche se verranno emanate leggi contrarie a essa.



(©L'Osservatore Romano 28 novembre 2010)
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