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CONFERENZA TENUTA DALL'ARCIVESCOVO 
ZENON GROCHOLEWSKI, 
PREFETTO DELLA CONGREGAZIONE 
PER L'EDUCAZIONE CATTOLICA IN OCCASIONE 
DELLE CELEBRAZIONI PROMOSSE PER I 300 ANNI 
DEL SEMINARIO MINORE DI SPALATO

Il teologo al servizio dell'Università, della Chiesa e della società

Giovedì, 23 Marzo 2000

È per me una vera gioia esprimervi il grazie più sincero per l'opportunità offertami, in quanto Prefetto della Congregazione per l'Educazione Cattolica, di essere tra voi e di portarvi una parola di apprezzamento, d'augurio e di incoraggiamento da parte della stessa Congregazione, in occasione del terzo centenario del Seminario minore di Split.

Mi piace anzitutto rilevare come la Facoltà Teologica, recentemente eretta (9-VII-1999 [1]) ed inserita nella prestigiosa Università di Split, può considerarsi davvero un frutto maturo di amore alla teologia, seminato in germe in questo Seminario trecento anni or sono.

La mia odierna relazione intende inserirsi all'interno delle celebrazioni per il terzo centenario del Seminario di Split, sottolineando soprattutto il coronamento di un lungo cammino iniziato nel 1700 e giunto oggi ad un prestigioso livello con la Facoltà Teologica.

La riflessione, che desidererei fare e che è rivolta principalmente a quanti insegnano e studiano le scienze sacre, intende toccare brevemente alcune tematiche inerenti alla teologia e al compito del teologo.

I. La teologia nel contesto dell'areopago universitario

1. L'"universitas scientiarum" e il ruolo della teologia

La storia dell'Università ci fa comprendere il ruolo che in essa ha avuto la Facoltà di Teologia.
Il termine universitas potrebbe essere compreso originariamente anche come versus unum o versus unitatem.

Applicato all'Università esprimeva l'unione di docenti e studenti volta ad una comunione di spirito e di condivisione del sapere umano.

L'universitas quale vivace organismo di persone tendeva a dare unità al conoscere umano, in quanto costituiva una grande platea o piattaforma per il mutuo scambio e il reciproco arricchimento tra le diverse scienze e discipline.

In questo contesto si è inserito il compito della Facoltà di Teologia, la quale all'inizio era presente in ogni Università. La sua missione specifica era quella di far convergere gli sforzi del sapere e della ricerca verso la verità più profonda e più completa, e di offrire alla sua luce il senso ultimo circa l'uomo, la vita e il mondo.

Essa svolgeva questo suo compito nella consapevolezza di essere preceduta, illuminata e guidata da Colui che è "via, verità e vita" (Gv 14, 6).

Sotto quest'angolazione e alla luce di questa particolare missione all'interno dell'Università, a ben ragione, la Facoltà di Teologia fu chiamata "l'anima dell'Università".

Oggi l'imponente moltiplicarsi del sapere e l'enorme ramificazione dei campi di ricerca comportano il crescente pericolo di perdere di vista lo sforzo di curare l'interdisciplinarietà delle scienze, l'arricchimento tra di loro e il senso stesso del sapere e della ricerca.

Talvolta si può avere l'impressione che la ricerca sia diventata fine a se stessa, dimenticando il suo oggetto originario e autentico, cioè la verità nella sua oggettività, ossia nella sua connessione con tutta la realtà.

Dalla storia del ruolo e della presenza della teologia nell'Università scaturisce anche oggi un suo compito particolare all'interno dell'universitas scientiarum. La teologia, avendo come oggetto specifico la ricerca della Verità rivelata e riferendosi ai valori trascendenti, aiuta a non perdere di vista questa realtà e a non chiudersi in prospettive puramente immanenti.

Per compiere questa missione, la teologia ha bisogno della mediazione filosofica, particolarmente quella metafisica. A tale proposito, sono da prendersi in attenta considerazione le direttive date dalla Lettera Enciclica Fides et ratio di Giovanni Paolo II (2).

2. Un reciproco arricchimento

Questi brevi accenni storici possono essere utili per evidenziare il ruolo della vostra Facoltà all'interno del sapere coltivato nell'Università.

Essa è chiamata a svolgere una duplice missione, quella di arricchire gli altri saperi o le altre scienze e quella di essere arricchita dagli altri saperi e scienze. Ciò, ovviamente, nel rispetto dell'autonomia propria a ciascuna disciplina.

Mi sia consentito offrire qualche indicazione circa questi due tipi di arricchimento alla luce della legislazione sulle università e facoltà ecclesiastiche della Chiesa e, particolarmente, della Costituzione Apostolica di Giovanni Paolo II Sapientia christiana (3).

a) Per quanto riguarda l'arricchimento che la Facoltà Teologica può dare alle varie discipline, già troviamo un chiaro riferimento nella prima affermazione del menzionato documento:  "La sapienza cristiana, che la Chiesa insegna per mandato divino, è di continuo incitamento ai fedeli perché si sforzino di raccogliere le vicende e le attività umane in un'unica sintesi vitale insieme con i valori religiosi, sotto la cui direzione tutte le cose sono tra loro coordinate per la gloria di Dio e per l'integrale sviluppo dell'uomo, sviluppo che comprende i beni del corpo e quelli dello spirito".

In questa prospettiva, la teologia si inserisce nel molteplice coro delle discipline umane ed alza, per così dire, la sua voce per aiutare a collocare ogni sforzo di ricerca nel contesto del senso da dare al mondo, all'uomo, alla vita e alla storia, nonché per orientarlo verso l'autentico bene della persona umana e della società.

E fa ciò alla luce di quella verità trascendente della fede che essa indaga.

Infatti, un particolare compito che viene affidato alla teologia nei confronti di tutte le altre discipline è la "ricerca del significato"; essa, infatti, le aiuta "ad esaminare in qual modo le rispettive scoperte influiranno sulle persone e sulla società, [...] fornendo anche una prospettiva ed un orientamento che non sono contenuti nelle loro metodologie" (4).

In tal modo la Facoltà Teologica offre un suo contributo specifico anche alla vita pubblica, in quanto il suo lavoro e impegno per la verità in seno all'Università non è soltanto al servizio della Chiesa, ma anche ridonda a beneficio dello Stato e della società intera.

Tuttavia, la teologia, come scienza della fede, ha la sua propria finalità e il suo proprio metodo.
Pertanto, essa, nel promuovere il dialogo con le altre discipline per arricchirle, deve mantenere la propria identità.

La storia sembra insegnarci come le diverse discipline non abbiano potuto sempre ricevere un aiuto dalla teologia, quando questa ha perso di vista il suo scopo e il suo metodo.

Infatti, tale perdita indebolisce la sua capacità di essere da stimolo per le altre discipline affinché esse, senza riserva, si dedichino alla causa della verità e al senso da dare alla vita umana e alla società.

b) Con riferimento all'arricchimento della teologia da parte delle altre scienze, è da ricordare quanto rileva la Costituzione Apostolica Sapientia christiana nel suo proemio:  "Le nuove scienze e i nuovi ritrovati pongono nuovi problemi, che interpellano le discipline sacre e le sollecitano a rispondere. È necessario, quindi, che i cultori delle scienze sacre, mentre adempiono il loro dovere fondamentale di conseguire, mediante la ricerca teologica, una più profonda conoscenza della verità rivelata, si tengano in relazione con gli studiosi delle altre discipline, siano essi credenti o non credenti, e cerchino di ben intendere e valutare le loro affermazioni, e di giudicarle alla luce della verità rivelata" (Proemio, III, cpv. 3).

La medesima Costituzione sottolinea inoltre che:  "La Verità rivelata deve essere considerata anche in connessione con le acquisizioni scientifiche dell'età che si evolve, perché si comprenda chiaramente "come la fede e la ragione si incontrino nell'unica verità", e la sua esposizione sia tale che, senza mutamento della verità, sia adattata alla natura e all'indole di ciascuna cultura, tenendo conto particolarmente della filosofia e della sapienza dei popoli [...]" (art. 68 1).

Dall'influsso e dall'apporto delle altre discipline, quindi, "anche i teologi sono incitati a ricercare il metodo più adatto per comunicare la dottrina agli uomini del proprio tempo, nella varietà delle culture" (Proemio, III, cpv. 4). Infatti, "una cosa è il deposito stesso della fede, ossia le verità che sono contenute nella nostra veneranda dottrina, altra cosa è il modo con cui esse vengono formulate, conservando tuttavia lo stesso senso e lo stesso significato" (ivi).

Questa riflessione sulla missione della teologia all'interno dell'Università ci porta a considerare più da vicino il compito del teologo nel suo lavoro accademico-scientifico.

II. Il teologo servitore della Parola di Dio

1. Il servizio alla Verità

Un prezioso contributo alla comprensione di tale ruolo viene, senza dubbio, dal documento pubblicato nel 1990 dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, intitolato:  Istruzione sulla vocazione ecclesiale del teologo (5).

È indispensabile che chi si dedica alle scienze sacre legga con attenzione questo documento.

Del suo ricco contenuto, che offre preziose direttive in materia, vorrei oggi evidenziare due aspetti riguardanti il lavoro del teologo:  a) esso è risposta all'invito della verità rivelata, nonché b) servizio di amore.

Per quanto riguarda il primo aspetto, il documento afferma che "il lavoro del teologo risponde [...] al dinamismo insito nella fede stessa:  di sua natura la Verità vuole comunicarsi, perché l'uomo è stato creato per percepire la verità, e desidera nel più profondo di se stesso conoscerla per ritrovarsi in essa e per trovarvi la sua salvezza (cfr 1 Tim 2, 4). Per questo il Signore ha inviato i suoi apostoli perché facciano "discepole" tutte le nazioni e perché le ammaestrino (cfr Mt 28, 19s.). La teologia, che ricerca la "ragione della fede" [...] costituisce parte integrante dell'obbedienza a questo comandamento [...] La teologia offre dunque il suo contributo perché la fede divenga comunicabile" (n. 7).

Con riferimento al secondo aspetto, l'Istruzione sottolinea:  "La teologia, che obbedisce all'impulso della verità che tende a comunicarsi, nasce anche dall'amore e dal suo dinamismo:  nell'atto di fede, l'uomo conosce la bontà di Dio e comincia ad amarlo, ma l'amore desidera conoscere sempre meglio colui che ama" (ivi).

"Da questa duplice origine della teologia, iscritta nella vita interna del popolo di Dio e nella sua vocazione missionaria, consegue il modo con cui essa deve essere elaborata per soddisfare alle esigenze della sua natura. Poiché oggetto della teologia è la Verità, il Dio vivo ed il suo disegno di salvezza rivelato in Gesù Cristo, il teologo è chiamato ad intensificare la sua vita di fede e ad unire sempre ricerca scientifica e preghiera.

Sarà così più aperto al "senso soprannaturale della fede" da cui dipende e che gli apparirà come una sicura regola per guidare la sua riflessione e misurare la correttezza delle sue conclusioni" (nn. 7-8).

2. "Affidati alla Parola"

In questa prospettiva, quando penso al compito di coloro che sono impegnati negli studi teologici, mi viene in mente ciò che diceva san Paolo agli anziani di Efeso, al momento di congedarsi da loro.

L'apostolo afferma:  "Io vi affido a Dio e alla Parola della sua grazia che ha il potere di edificare e di concedere l'eredità con tutti i santificati" (Atti 20, 32). Egli affida gli anziani alla Parola di Dio, nella convinzione che essi, prima di essere portatori della Parola, devono essere portati dalla Parola di Dio.

Questo proprio perché, come abbiamo appena ascoltato, la Parola "ha il potere di edificare" e di santificare; perché la Parola "è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede" (Rm 1, 16).

È interessante porsi la domanda:  cosa può significare per il teologo l'espressione "affidati alla Parola di Dio"? Significa che il teologo stesso deve costantemente nutrirsi della Parola (cfr Mt 4, 4), deve essere "terra buona" dove la Parola viene accolta e porta frutti abbondanti (cfr Mt 13, 3-23; Mc 4, 3-20; Lc 8, 5-15).

Significa lasciarsi afferrare, condurre e trasformare dalla Parola. Significa avere fiducia in essa, più che in se stessi.

Se il teologo, nel fare teologia, non si mette in continuo ascolto della Parola, non l'ama, non le è fedele ed obbediente, corre il rischio, con la sua riflessione teologica, di indebolire ed impoverire l'effetto della potenza salvifica della Parola stessa.

Essere affidato alla Parola di Dio costituisce per il teologo un vero e proprio impegno di responsabilità ecclesiale.

Di fronte agli studenti, nelle sue pubblicazioni, egli deve essere il primo credente alla Parola.
Ciò nella piena consapevolezza che il messaggio che egli studia, approfondisce scientificamente e presenta accademicamente è di Cristo e non suo.

Di questa Parola egli non è padrone, ma servitore. Come Paolo, egli è chiamato a dire:  "Noi abbiamo il pensiero di Cristo" (1 Cor 2, 16).

Allo stesso tempo di questa Parola egli è debitore nei confronti del Popolo di Dio e del mondo.

3. Il teologo di fronte al Magistero

Il teologo, però, è servitore della Parola quale essa gli è presentata - per espressa volontà di Cristo - dal Magistero della Chiesa.

Il Concilio Vaticano II evidenzia ciò, nella Costituzione Dogmatica Dei verbum, quando afferma:  "L'ufficio [...] d'interpretare autenticamente la Parola di Dio scritta o trasmessa è stato affidato al solo Magistero vivo della Chiesa, la cui autorità è esercitata nel nome di Gesù Cristo" (n. 10).

In seguito, il medesimo documento conciliare precisa che il Magistero deve essere considerato come autorità e insieme come servizio:  in realtà esso "non è superiore alla Parola di Dio, ma ad essa serve, insegnando soltanto ciò che è stato trasmesso, in quanto, per divino mandato e con l'assistenza dello Spirito Santo, pienamente ascolta, santamente custodisce e fedelmente espone quella Parola, e da questo unico deposito della fede attinge tutto ciò che propone da credere come rivelato da Dio" (ivi).

Si comprende così come ascolto, amore, fedeltà alla Parola, implichi anche ascolto, amore, fedeltà al Magistero. Questo non è un elemento esterno o semplicemente accessorio al lavoro teologico, bensì un elemento interno e ad esso connaturale, un presupposto sine qua non della teologia cattolica. In questa prospettiva, si comprende come prescindere da esso significhi procurare un vulnus allo stesso metodo teologico. In altre parole, l'assenza del riferimento al Magistero della Chiesa snatura il concetto di teologia cattolica come scienza.

La Costituzione Apostolica Sapientia christiana, all'articolo 26 2, stabilisce quindi:  "Coloro [...] che insegnano materie concernenti la fede e la morale, occorre che siano consapevoli che tale compito deve essere svolto in piena comunione col Magistero autentico della Chiesa e, in particolare, del Romano Pontefice" (6).

4. Il teologo e la sua vita cristiana

Tutto quello che veniamo dicendo ci fa comprendere, dunque, come il teologo non può rimanere indifferente di fronte al messaggio divino che, per sua natura, coinvolge l'uomo nel suo essere profondo, in tutta la sua vita, e quindi anche il teologo stesso. La teologia viene studiata, compresa, insegnata, vissuta soltanto quando lo studioso - e con questa parola intendo riferirmi sia al docente che allo studente - ha un rapporto intimo, personale con il Maestro divino; rapporto che si realizza solamente se la vita del teologo è animata e vivificata da una intensa preghiera, da un costante contatto personale con Gesù Cristo.

Studiare la teologia senza mettersi in ascolto di Gesù e lasciarsi trasformare da Lui, non può produrre che risultati aridi e poco significativi.

La teologia, quale scienza della Parola salvifica di Dio, richiede quindi due atteggiamenti fondamentali ed inseparabili, che devono appartenere al teologo:  egli deve studiarla come scienziato e come contemplativo. Proprio l'essere scienziato della Parola di Dio comporta che egli ne sia un contemplativo. L'approfondimento scientifico della Parola con l'acutezza della sua intelligenza e nella rigorosa osservanza del metodo teologico presuppone che egli abbia un'esperienza personale di questa Parola salvifica. Anche per lui può essere valida la testimonianza di san Giovanni, il quale nella sua prima lettera scrive:  "Ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita [...] lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi" (1 Gv 1, 1-3).

Si comprende così come nella storia della teologia i grandi pensatori che hanno influito decisamente nel progresso della ricerca teologica siano stati proprio i teologi santi. Si pensi per esempio ai Padri greci e latini della Chiesa, a sant'Anselmo, a sant'Alberto Magno, a san Tommaso, a san Bonaventura, a san Roberto Bellarmino, a sant'Alfonso.

III. La teologia nella Chiesa e al servizio della Chiesa

1. Il teologo nella Chiesa

Il teologo è al servizio della Parola di Dio, così come viene trasmessa nella Tradizione e garantita dal Magistero. Ora, Parola, Tradizione e Magistero sono elementi costitutivi della natura stessa della Chiesa. Ecco perché di per sé non si può pensare a una ricerca della verità rivelata fuori della Chiesa.

Per sua natura la teologia è radicata nella fede, quale è professata dalla Chiesa. La Chiesa, lungi dal rendere sterile la ricerca teologica, ne è fonte sempre feconda. La teologia è certamente attenta alle questioni del suo tempo, ai nuovi metodi proposti dalle scienze, alle varie scoperte, ma a titolo di intellectus fidei, non cessa di ricevere la fede dalla Chiesa, la quale giustamente viene chiamata Madre e Maestra.

Il Papa Giovanni Paolo II, nel parlare il 18 novembre 1980 ad un gruppo di teologi tedeschi riuniti ad Altötting, sottolineava che "la teologia è una scienza con tutte le possibilità della conoscenza umana, essa è libera nell'applicazione dei suoi metodi e delle sue analisi, però deve curare il suo rapporto con la fede della Chiesa. Non è a noi stessi che noi dobbiamo la fede; essa è "fondata sugli apostoli e sui profeti e Gesù Cristo stesso è pietra angolare" (cfr Ef 2, 20). La teologia deve presupporre la fede. Essa può chiarirla, promuoverla, ma non la può produrre" (7).

La teologia, quindi, è chiamata ad indagare ed approfondire il dato rivelato che è custodito dalla Chiesa, cooperando così allo sviluppo omogeneo della sua comprensione secondo le esigenze della fede (Cfr Dei verbum, n. 8), e alla luce dei segni dei tempi (cfr Gaudium et spes, n. 4).

La storia ci mostra come la fede e la vita della Chiesa hanno avuto una peculiare influenza sulla promozione della ricerca teologica. Si pensi, per esempio, alle prime scuole monastiche o alle scuole cattedrali le quali, assumendo l'eredità del pensiero dei Padri, trasmisero la ricchezza della fede cristiana ed istruirono generazioni di teologi, i quali a loro volta hanno formato il Popolo di Dio nella fede. Non è il caso qui di illustrare come la teologia si sia sviluppata in seno alla fede e alla vita della Chiesa. Ho voluto semplicemente portare questi esempi per mettere in risalto come la fede veniva studiata, approfondita e trasmessa dalla Chiesa e nella Chiesa.

In questo contesto, si fa chiaro l'amore del teologo verso la Chiesa. A tale proposito, vorrei ricordare quanto il Papa Giovanni Paolo II, il 2 dicembre 1994, diceva ai membri della Commissione teologica internazionale:  "L'amore filiale della Chiesa è al centro della vocazione del teologo; esso rende liberi, ma è anche l'intima misura delle ricerche più difficili" (8).

In questa prospettiva si delinea meglio la responsabilità del munus docendi del Vescovo circa la produzione teologica. Alle volte si può avere l'impressione che esso venga ridotto al semplice compito di autenticare, dal punto di vista dell'ortodossia della fede della Chiesa, detta produzione. Invece, il munus docendi comporta per sua natura l'annuncio autorevole delle verità da credere, nonché la promozione e la realizzazione di quelle condizioni ecclesiali necessarie perché la fede sia scientificamente promossa e illustrata. Tutto ciò esige che il Vescovo sia e si senta attivamente coinvolto nella vita della facoltà teologica.

2. La dedizione alla formazione e alla ricerca

È all'interno del rapporto teologia - fede della Chiesa che va concepito il servizio che la teologia deve dare. Essa è chiamata anzitutto a formare accademicamente e scientificamente nella fede della Chiesa i futuri sacerdoti, i religiosi, le religiose e laici qualificati per le varie mansioni apostoliche alle quali saranno chiamati. Al riguardo, la Costituzione Apostolica Sapientia christiana rileva:  "Le facoltà ecclesiastiche - le quali sono ordinate al bene comune della Chiesa e costituiscono perciò qualcosa di prezioso per tutta la comunità ecclesiale - devono avere coscienza della propria importanza per la Chiesa e della partecipazione al suo ministero" (Proemio, IV, cpv. 1). Significative sono anche le parole del Papa Paolo VI:  "l'Ufficio del teologo si esercita in vista dell'edificazione della comunione ecclesiale, affinché il Popolo di Dio cresca nell'esperienza della fede" (9).

La formazione filosofico-teologica dei sacerdoti, dei religiosi, delle religiose e dei laici è diventata oggi più urgente che mai, in una Chiesa in movimento, sempre più attenta alle necessità emergenti al suo interno e alle interpellanze del mondo. In queste circostanze, la solidità teologica costituisce un presupposto indispensabile anche per interpretare i segni dei tempi e per rispondere alle nuove situazioni socio-culturali. È superfluo, poi, rilevare che anche la fede stessa dei sacerdoti, dei religiosi e dei laici esige un alto livello di preparazione teologica (10).

Unitamente alla finalità formativa accademica è da sottolineare la promozione della ricerca scientifica. È grave compito di ogni professore dedicarsi ad una seria ed assidua ricerca nel campo della sua disciplina. Si tratta di un impegno esigito dalla natura stessa di docente universitario; impegno che egli si assume e che le autorità accademiche devono costantemente incoraggiare e sostenere. La vitalità della facoltà deve esprimersi non solamente tramite la ricerca personale, ma anche quella collettiva, vale a dire tramite varie e comuni iniziative in cui siano coinvolti tutti i docenti o gruppi di essi. È ovvio che una facoltà la quale perdesse di vista l'impegno in una seria ricerca scientifica si voterebbe da se stessa alla sua estinzione. In quest'occasione è da augurarsi che tra la giovane facoltà teologica di Split e quella antica e rinomata di Zagabria si instauri un'organica collaborazione scientifica. La Chiesa croata, oggi particolarmente vivace ed attiva, ha bisogno di questo vostro specifico contributo. Occorre rendere ragione della nostra fede (1 Pt 3) davanti al mondo, alla cultura in un modo seriamente scientifico.

IV. La teologia al servizio dell'evangelizzazione

1. La natura missionaria della teologia

La teologia nella Chiesa e a servizio della Chiesa è per sua natura "missionaria", vale a dire è chiamata a dare il suo specifico contributo all'evangelizzazione. È per questo che la Chiesa ha sempre concepito le facoltà teologiche come strettamente collegate alla sua missione evangelizzatrice (11).

Certamente, questa missione evangelizzatrice della teologia si esplica attraverso la preparazione di una leadership accademicamente qualificata a servizio della Chiesa. Di ciò ha parlato il Santo Padre nel suo discorso rivolto ai Vescovi croati in questa città il 4 ottobre 1998:  "In questo periodo di grandi cambiamenti e trasformazioni, la Croazia ha bisogno di uomini e donne di fede viva, che sappiano rendere testimonianza dell'amore di Dio per l'uomo e mostrarsi disponibili a porre le loro energie a servizio del Vangelo. La vostra Nazione ha bisogno di apostoli, che si rechino tra la gente per portare la Buona Novella" (12).

Ma, è da rilevare anche che la teologia è chiamata a contribuire all'evangelizzazione dando il suo apporto accademico-scientifico, per rispondere alle sfide culturali e sociali del nostro tempo. La nostra società è pervasa, infatti, da un secolarismo invadente e del tutto nuovo che incide subdolamente sui vari strati della società, nonché da una mentalità prevalentemente tecnologica che prescinde dalla natura trascendente dell'uomo stesso e dal suo anelito verso il vero, il bene, il bello. Inoltre, lo sviluppo scientifico pone problemi complessi e difficili. L'evangelizzazione, pertanto, deve confrontarsi con sfide che richiedono risposte accademicamente, scientificamente elaborate.

2. L'evangelizzazione delle culture

Particolare attenzione, come ha sottolineato il Concilio Ecumenico Vaticano II (13), dovrà essere data alla promozione del dialogo tra Vangelo e cultura. In merito, nella Costituzione Apostolica Sapientia christiana si legge:  "Difatti, la missione dell'evangelizzazione, che è propria della Chiesa, esige [...] che siano anche permeati della virtù dello stesso Vangelo i modi di pensare, i criteri di giudizio, le norme d'azione; in una parola, è necessario che tutta la cultura dell'uomo sia penetrata dal Vangelo [...] L'ambiente culturale infatti, nel quale l'uomo vive, esercita un notevole influsso sul suo modo di pensare, e conseguentemente sul suo modo di agire; perciò il distacco tra fede e cultura costituisce un grave impedimento all'evangelizzazione, mentre al contrario la cultura informata da spirito cristiano è un valido strumento per la diffusione del Vangelo. Inoltre il Vangelo di Cristo, che è diretto a tutti i popoli di ogni età e regione, non è legato in modo esclusivo ad alcuna cultura particolare, ma è capace di permeare tutte le culture, così da illuminarle con la luce della Rivelazione divina, e purificare e rinnovare in Cristo i costumi degli uomini" (Proemio, I, cpv. 2-4).

La Croazia, nella sua fervente tradizione cattolica, provata anche attraverso le persecuzioni, ha sentito sempre lo slancio di portare il Vangelo dentro il mondo della cultura. Diverse figure potrebbero essere menzionate. Mi limito a ricordare Ivan Merz, pioniere dell'Azione Cattolica in Croazia, il quale ebbe come preoccupazione principale quella di formare cattolicamente l'intellighenzia, curando particolarmente gli universitari e gli intellettuali (14).

Conclusione

Mi sia consentito terminare le mie brevi riflessioni facendo riferimento all'illustre sigillo della famosa Università di Tubinga, in Germania, che essa adopera fin dalla sua costituzione nell'anno 1477. Esso mostra Gesù Cristo che sta su due libri:  l'Antico e il Nuovo Testamento. Nella mano sinistra Egli porta il globo e con la destra compie il gesto di insegnare. Il motto che lo racchiude suona così:  Ego sum via, veritas et vita (Gv 14, 6). A Lui, il vero Maestro - questo è il senso di tale simbolo - devono guardare tutti quelli che operano nell'Università. Spetta particolarmente alla facoltà teologica - il cui lavoro trova fondamento nella Verità rivelata (i due libri presenti nel sigillo) - far sì che tutte le scienze possano guardare a Cristo, il quale dà senso alla vita ed illumina.

È l'augurio più fervido che in quest'occasione così solenne rivolgo a questa facoltà teologica, a nome mio personale e a nome della Congregazione per l'Educazione Cattolica.


1) Cfr Seminarium 39 (1999) 749; Annuario Pontificio 2000, p. 1972.

2) Del 14 settembre 1998, in AAS 91 (1999) 5-88.

3) Del 29 aprile 1979, in AAS 71 (1979) 469-499. Versione italiana in Enchiridion Vaticanum, vol. 6, nn. 1330-1454.

4) Ioannes Paulus II,Cost.Ap. Ex corde Ecclesiaede universitatibus catholicis, 15 augusti 1990, n. 19, in AAS 82 (1990) 1475-1509. Versione italiana in Enchiridion Vaticanum, vol.12, nn. 414-492.

5) Congregatio de Doctrina Fidei, Instructio Donum veritatis de ecclesiali theologi vocatione, 24 maii 1990, in AAS 82 (1990) 1550-1570. Versione italiana in Enchiridion Vaticanum, vol 12, nn. 244-305.

6) Cfr al riguardo anche Conc. Vat. II, Const. dogm. Lumen Gentium de Ecclesia, n. 25, in AAS 57 (1965) 29-31. Versione italiana in Enchiridion Vaticanum, vol. 1, nn. 284-456.

7) "Die Theologie ist eine Wissenschaft mit allen Möglichkeiten menschlicher Erkenntnis. Sie ist in der Anwendung ihrer Methoden und Analysen frei. Gleichwohl muß die Theologie darauf achten, in welchem Verhältnis sie zum Glauben der Kirche steht. Nicht uns selbst verdanken wir den Glauben, er ist vielmehr "auf das Fundament der Apostel und Propheten gebaut, der Schlußstein ist Christus Jesus selbst" (Eph 2, 20). Auch die Theologie muß den Gauben voraussetzen. Sie kann ihn erhellen und fördern, aber sie kann ihn nicht produzieren" (in AAS 73 [1981] 100-105, n. 3).

8) "En effet, l'amour filial de l'Eglise est au coeur de la vocation du théologien:  il rend libre, mais il est aussi la mesure intime des recherches les plus ardues" (AAS 87 [1995] 790-793, n. 2). Continua il testo:  "Certes, le chemin du théologien a quelque chose de paradoxal. La racine de son savoir est l'infallible lumière de la foi; sa réflexion est sujette aux limitations et aux fragilités propres aux choses humaines. Sa fierté est dans le service de la Lumière divine, sa modestie est dans la conscience des limites de la pensée humaine" (ivi, n. 4).

9) "La fonction du théologien s'exerce en vue de l'édification de la communion ecclésiale, afin que le Peuple de Dieu croisse dans l'expérience de la foi" (Lettera al Rettore dell'Università Cattolica di Lovanio, in Insegnamenti di Paolo VI, XIII, 1975, p. 917).

10) Cfr Sacra Congregazione per l'Educazione Cattolica, Formazione teologica dei futuri sacerdoti, 22 febbraio 1976, Tipografia Poliglotta Vaticana 1976, Introduzione, nn. 4-6; idem in Enchiridion Vaticanum, vol. 5, nn. 1766-1911:  1769-1771.

11) Cfr Const. Ap. Sapientia christiana, Proemio, III, nonché artt. 1 e 3 3.

12) In L'Osservatore Romano, lunedì-martedì 5-6 ottobre 1998, p. 7.

13) Cfr Const. Past. Gaudium et spes de Ecclesia in mundo huius temporis, n. 62, in AAS (58) 1966, 1025-1120. Versione italiana in Enchiridion Vaticanum, vol. 1, nn. 1319-1644.

14) Cfr F. Veraja, Ivan Merz. Pioniere dell'Azione Cattolica in Croazia (1896-1928), Libreria Editrice Vaticana, 1998, p. 669.

 

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