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CONGREGAZIONE PER L'EDUCAZIONE CATTOLICA

OMELIA DEL CARDINALE ZENON GROCHOLEWSKI

Basilica di San Pietro, 6 dicembre 2002

 

Durante questa Conferenza internazionale, sul tema complesso e di grande attualità riguardante la globalizzazione, ci siamo lasciati accompagnare ogni giorno e quasi nel momento centrale della giornata dalla Celebrazione Eucaristica.

In questo modo la nostra Conferenza ha assunto uno spiccato carattere ecclesiale e una sua genuina collocazione nel dinamismo operativo cristiano. Infatti, il Catechismo della Chiesa Cattolica - citando il Concilio Vaticano II - ci ricorda che "l'Eucaristia è fonte e apice di tutta la vita cristiana.

Tutti i sacramenti, come pure tutti i ministeri ecclesiastici e le opere di apostolato, sono strettamente uniti alla sacra Eucaristia e ad essa sono ordinati" (n. 1324). Quindi anche questa Conferenza, e in genere l'attività universitaria che svolgiamo, in quanto parte integrante della nostra vita cristiana e inserite nell'opera di apostolato, trovano nell'Eucaristia la "fonte ed apice", e "sono strettamente unite alla sacra Eucaristia ed ad essa sono ordinate".

L'Università cattolica, quindi, volendo perseguire efficacemente la propria preziosa missione cristiana per il bene dell'umanità, non può prescindere dall'Eucaristia. Voglia il Signore, in questa Celebrazione presso la tomba di Pietro, renderci consapevoli di questo.

La fede che ci apre gli occhi

L'Eucaristia - dice ancora il Catechismo - "è il compendio e la somma della nostra fede", e lo dice citando al riguardo le parole di sant'Ireneo di Lione:  "Il nostro modo di pensare è conforme all'Eucaristia, e l'Eucaristia, a sua volta, si accorda con il nostro modo di pensare" (n. 1327).

E il Vangelo di oggi, del venerdì della prima settimana dell'Avvento (Mt 9, 27-31), mette in risalto proprio l'importanza che la fede ha avuto nel miracolo di aprire gli occhi ai due ciechi che imploravano Gesù "abbi pietà di noi". Gesù, infatti, prima provò la loro fede domandando:  "Credete voi che io possa fare questo?", e avuto la risposta affermativa disse:  "Sia fatto a voi secondo la vostra fede".

I biblisti osservano che questo episodio ha una grande importanza nel Vangelo di Matteo:  l'Evangelista, infatti, ancora una volta ripeterà questa scena prima di cominciare il suo racconto della passione (Mt 20, 29-34). Matteo ovviamente presenta questa scena come realizzazione delle promesse messianiche, ossia come realizzazione dei beni che il Messia avrebbe portato, fra i quali viene annoverato l'aprire gli occhi. Una tale promessa si vede anche nella prima lettura che abbiamo ascoltato dal libro del profera Isaia (cfr anche Is 35, 5). I commentatori inoltre rilevano che questa promessa di aprire gli occhi ai ciechi, e quindi anche la scena dell'odierno Vangelo, vanno viste anche nella prospettiva della cecità e della luce spirituale, cioè che la salvezza portata dal Messia, se accolta con fede, porta la luce, apre gli occhi (cfr Is 42, 6-7).

Sì, è la nostra fede - certamente provata di fronte allo stupendo mistero dell'Eucaristia e quindi vissuta in modo del tutto particolare nella reale partecipazione a questo "Sacramento dei sacramenti" (CCC, n. 1330) - che ci apre gli occhi alla dimensione eterna della nostra esistenza e ci permette di guardare tutta la realtà, non limitata soltanto alla dimensione terrena; ci apre gli occhi al mistero dell'uomo e della vita; ci apre gli occhi a Dio, sommo Bene, fonte della Verità e immenso Amore operante; ci apre gli occhi alla Via da seguire per raggiungere la felicità; ci predispone allo stupore della Verità e del Bene.

Come potremmo noi non cercare nella nostra attività universitaria di condividere con gli altri la gioia della nostra fede? Come possiamo noi non cercare di arricchire gli altri con questa gioia? Abbiamo da dare al mondo qualcosa di prezioso in ordine ad aprire gli occhi verso i vasti orizzonti della verità e del bene. Come può la fede non interpellare il nostro impegno?

Per renderci artefici della benefica trasformazione sociale

Non meno illuminante ed incoraggiante per il nostro impegno universitario è la prima lettura, già richiamata, dal profeta Isaia (Is 29, 17-24). Si tratta di versetti che sono un vero respiro messianico, pieno di ottimismo. In questa sua immagine, il profeta non soltanto dice che in quel giorno i sordi udranno, che liberati dall'oscurità gli occhi dei ciechi vedranno, ecc., ma anche delinea una trasformazione sociale:  "il tiranno non sarà più, sparirà il beffardo, saranno eliminati quanti tramano iniquità, quanti con la parola rendono colpevoli gli altri, quanti alla porta tendono tranelli al giudice e rovinano il giusto per un nulla".

L'aprire gli orecchi alla Parola del Signore e aprire con la fede gli occhi della mente e del cuore alla luce della Rivelazione, deve necessariamente renderci artefici delle benefiche trasformazioni sociali, nello spirito di amore, di carità, di rispetto verso ogni persona umana, di giustizia, di pace...
Siamo quindi chiamati non soltanto ad operare per aprire o tenere aperti gli occhi del mondo della scienza e della cultura alla dimensione spirituale e religiosa dell'esistenza umana, alla centralità della persona e non delle cose, alla necessità che il progresso morale accompagni quello tecnico, alla esigenza della ricerca del senso, ecc.; ma siamo anche chiamati a contribuire, con il nostro coerente impegno personale, a liberare il mondo dai tiranni che opprimono l'umanità e si impadroniscono anche del genio umano e delle conquiste della scienza e della tecnica, ossia dalla tirannìa della superbia, della prepotenza, della ingiustizia, della guerra, della morte, dello sfruttamento, dell'uso delle conquiste della scienza e della tecnica per operare l'iniquità.

Conclusione

Facciamo tutto per vivere l'Eucaristia fino in fondo. In contatto con Cristo - realmente presente nell'Eucaristia nell'atto della più grande manifestazione del suo immenso Amore - cerchiamo di rafforzare la nostra fede, per mantenere operante e vigoroso il nostro impegno di universitari cattolici, per convertire, ossia arricchire, il mondo ed avvicinarlo a Dio, fonte di ogni bene, e per non lasciarci - al contrario - pervertire dalla mentalità di questo mondo, e diventare così un sale che ha perso il sapore (cfr Mt 5, 13).

 

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