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OMELIA DEL CARDINALE ZENON GROCHOLEWSKI
DURANTE LA SANTA MESSA
PER L'INAUGURAZIONE DELL'ANNO ACCADEMICO
ALL'ACCADEMIA ALFONSIANA  

ottobre 2003

 

Sono veramente felice di presiedere l'Eucaristia per l'Inaugurazione dell'Anno Accademico di questa Accademia Alfonsiana, soprattutto perché mi rendo conto dell'importanza dello studio e del corretto insegnamento della teologia morale nella realtà odierna, segnata fortemente dal relativismo, dal permissivismo, dall'edonismo. Sono anche consapevole della fiducia che la Santa Sede ha posto nel vostro centro di studi, unico di questo genere, e quindi della grande responsabilità che avete assunto nella Chiesa.

1. Per comprendere le verità divine ci vuole la preghiera

Le letture che abbiamo ascoltato rivolgono la nostra attenzione fra l'altro al fatto che per poter conoscere le verità divine non bastano le nostre forze umane, ma ci vuole l'intervento di Dio, ci vuole quindi da parte nostra la sensibilità alla voce dello Spirito, ci vuole la preghiera. Nella prima lettura (Rm 8, 14-23) San Paolo indica come figli di Dio proprio «quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio», ed afferma che è lo Spirito stesso che attesta ciò al nostro spirito. Nel Vangelo (Gv 15, 26-27.16, 12-15), invece, Gesù in persona dice agli apostoli: «Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera».

In una prospettiva un po' diversa ciò viene ricordato da Giovanni Paolo II nella Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte. Dopo aver citato le parole di Cristo rivolte a Pietro in Cesarea di Filippo: «né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli» (Mt 16, 17), il Santo Padre spiega: «L'espressione “carne e sangue” evoca l'uomo e il modo comune di conoscere.

Questo modo comune, nel caso di Gesù, non basta. È necessaria una grazia di “rivelazione” che viene dal Padre (cfr ibid.). Luca ci offre un'indicazione che va nella stessa direzione, quando annota che questo dialogo con i discepoli si svolse “mentre Gesù si trovava in un luogo appartato a pregare” (Lc 9, 18). Ambedue le indicazioni convergono nel farci prendere coscienza del fatto che alla contemplazione piena del volto del Signore non arriviamo con le sole nostre forze, ma lasciandoci prendere per mano dalla grazia. Solo l'esperienza del silenzio e della preghiera offre l'orizzonte adeguato in cui può maturare e svilupparsi la conoscenza più vera, aderente e coerente» del mistero di Dio (n. 20; cfr anche nn. 27, 33b).

Questo riguarda non solo la comprensione dei misteri divini, ma anche la loro trasmissione in modo da poter realmente trasformare gli uditori nello spirito del Vangelo. In realtà, nella storia in maniera più incisiva hanno contribuito al rinnovamento della fede e della vita cristiana proprio i santi, che hanno vissuto nell'intima comunione con Dio, come per esempio Sant'Agostino, San Tommaso d'Aquino, Sant'Ignazio di Loyola, San Roberto Bellarmino, Sant'Alfonso e tanti altri, e perfino i santi senza grandi studi, come Francesco di Assisi, Giovanni Vianney o Caterina da Siena, che non sapeva né leggere né scrivere ed invece è stata proclamata in modo eloquente Dottore della Chiesa.

Niente di strano, perciò, che Giovanni Paolo II nella Novo Millennio ineunte, tra le priorità pastorali al primo posto ponga la santità basata sulla preghiera (nn. 30ss). Ciò non si può dimenticare nelle Facoltà teologiche. Oggi forse più che mai ci vogliono teologi e professori di teologia santi, che attingano la conoscenza delle verità di Dio non solo dagli studi ma anche dalla contemplazione, dalla profonda unione con Dio.

È quindi di grande significato il fatto che inauguriamo l'anno accademico con l'Eucaristia, non solo per implorare l'aiuto di Dio, ma anche per renderci conto dell'importanza della preghiera, e soprattutto dell'Eucaristia, pure per lo studio e per l'insegnamento.

2. La dimensione ecclesiale dell'Eucaristia

Recentemente la Chiesa ci ha donato la significativa Enciclica proprio sull'Eucaristia (Ecclesia de Eucharistia, 17 - IV - 2003) e, poco prima, ha inserito l'istituzione dell'Eucaristia nella preghiera del Rosario, perché possiamo riflettere, insieme con Maria, anche su questa stupenda realtà (Lettera Apostolica Rosarium Virginis Mariae, 16 - X - 2002, n. 21).

Affinché l'Eucaristia possa essere vissuta da noi sempre meglio, sempre più profondamente, affinché diventi sempre di più la fonte della nostra saggezza e della nostra santità, affinché contribuisca in modo costruttivo al vostro specifico servizio ecclesiale, vorrei soffermarmi sulla menzionata Enciclica, sulle verità ricordate e chiarite in essa.

L'Eucaristia è stata presentata nell'Enciclica soprattutto nella prospettiva ecclesiale. Le principali affermazioni a tale riguardo sono:

— «Dal mistero pasquale nasce la Chiesa» e questo mistero è presente nell'Eucaristia (3a, 5b, 21b);

— «La Chiesa vive dell'Eucaristia» (1a, 6, 7, 12a), si nutre di essa (1b, 7, 9a, 34a), è illuminata da essa (6) e da essa «trae la necessaria forza spirituale per compiere la sua missione» (22b);

— l'Eucaristia edifica, dunque, la Chiesa (cap. II, 21-25), «è al centro del processo di crescita della Chiesa» (21a), consolida l'unità della Chiesa (23a), la santifica (23b);

— sostiene e promuove «sia la comunione con Dio Trinità sia la comunione tra i fedeli» (34a; cfr tutto il cap. IV e 24b), ossia sostiene e promuove la Chiesa come «communio»;

— l'Eucaristia è strettamente legata con l'apostolicità della Chiesa (cap. III);

— essa «racchiude in sintesi il nucleo del mistero della Chiesa» (1a), la Chiesa, dunque, in essa «esprime se stessa» (34a);

— racchiude «tutto il bene spirituale della Chiesa» (1b), «è quanto di più prezioso la Chiesa possa avere nel suo cammino nella storia» (9a); «La Chiesa ha ricevuto l'Eucaristia da Cristo suo Signore non come un dono, pur prezioso fra tanti altri, ma come il dono per eccellenza» (11b);

— Cristo, in essa, manifesta il «suo immenso amore» (1b), «un amore che va fino “all'estremo” (cfr Gv 13, 1), un amore che non conosce misura» (11c);

— l'Eucaristia abbraccia «l'intera storia [...] come destinataria della grazia della redenzione» (5c; cfr 5b), edifica, dunque, la Chiesa dall'evento nel Cenacolo «sino alla fine dei secoli» (21c);

— oltre a questa dimensione storica, essa manifesta anche la dimensione escatologica, perché in essa riceviamo il «pegno della gloria futura» (18); «esprime e rinsalda la comunione con la Chiesa celeste» (19);

— quindi, anche quando «viene celebrata sul piccolo altare di una chiesa di campagna, l'Eucaristia è sempre celebrata, in certo senso, sull'altare del mondo. Essa unisce il cielo e la terra. Comprende e pervade tutto il creato» (8). Di conseguenza, principalmente grazie all'Eucaristia, la Chiesa è sacramento universale di salvezza (22b);

— perciò l'Eucaristia «si pone al centro della vita ecclesiale» (3a, 7), è «fonte e apice di tutta la vita cristiana» (1b), «si pone come fonte e insieme come culmine di tutta l'evangelizzazione» (22b);

— esige, dunque, da parte della Chiesa, una cura particolare per la bellezza e l'accuratezza nella celebrazione (cap. V e 9a);

— e Maria, proprio in quanto Madre e Modello della Chiesa, può guidarci per vivere sempre più pienamente il Mistero eucaristico (cap. VI).

3. La fondamentale verità di fede circa l'Eucaristia

Tutte queste affermazioni, che dimostrano una dimensione ecclesiale molto ricca dell'Eucaristia, in diversi suoi aspetti, trovano il loro fondamento, la motivazione e il chiarimento nella verità dogmatica fondamentale circa questo Santissimo Sacramento, che è l'affermazione base di tutta l'Enciclica, da cui emana tutto il resto. Si tratta della seguente verità di fede:

a. Nell'Eucaristia, «è come raccolto [...] e “concentrato” per sempre» il Triduum paschale, mistero della morte e risurrezione di Cristo (5b). Nel dono dell'Eucaristia, «Cristo ha consegnato alla Chiesa l'attualizzazione perenne del mistero pasquale. Con esso, ha istituito una misteriosa “contemporaneità” tra quel Triduum e lo scorrere di tutti i secoli» (5b).

In altre parole: l'Eucaristia non è solo «l'evocazione» della passione e della morte del Signore, «ma la ri-presentazione sacramentale. È il sacrificio della Croce che si perpetua nei secoli» (11a).

«Questo evento centrale di salvezza è reso realmente presente ed “effettua l'opera della nostra redenzione”» (11c; cfr anche 21a). «Effettua», ciò significa adesso, quando celebriamo l'Eucaristia, perché adesso diventa realmente presente il sacrificio della croce. «Questo sacrificio è talmente decisivo per la salvezza del genere umano che Gesù Cristo l'ha compiuto ed è tornato al Padre soltanto dopo averci lasciato [in questo Sacramento] il mezzo per partecipare [al sacrificio della Sua morte e risurrezione], come se vi fossimo stati presenti. Ogni fedele può così prendervi parte e attingere i frutti inesauribilmente» (11c).

b. Questa presenza del Cristo nell'Eucaristia, presenza nella sua morte e risurrezione, non è soltanto reale (Cristo è presente realmente nella Chiesa anche in altro modo), ma specifica e sostanziale.

L'Enciclica riporta qui la dottrina del Concilio di Trento: «Con la consacrazione del pane e del vino si opera la conversione di tutta la sostanza del pane nella sostanza del Corpo di Cristo [...] e di tutta la sostanza del vino nella sostanza del suo Sangue. Questa conversione in modo conveniente e appropriato è chiamata dalla santa Chiesa cattolica transustanziazione» (15a). Di conseguenza, l'Eucaristia «è mysterium fidei, mistero che sovrasta i nostri pensieri, e può essere accolto solo nella fede» (ivi).

c. Questa presenza di Cristo nell'Eucaristia ha due principali dimensioni operative: essa è il sacrificio e il banchetto. Il Santo Padre esprime un profondo dolore, perché oggi essa talvolta viene «spogliata del suo valore sacrificale» (10b). Cristo, invece, istituendola, «non si limitò a dire “Questo è il mio corpo”, “questo è il mio sangue”, ma aggiunse “dato per voi... versato per voi”, sottolineando, dunque, il valore sacrificale dell'Eucaristia» (12a). La Santa Messa rende sempre presente questo sacrificio (12b-c), sacrificio di Cristo che si offre per i nostri peccati: e perciò l'Eucaristia è «sacrificio in senso proprio» (13a).

È importante notare che, «nel donare alla Chiesa il suo sacrificio, Cristo ha altresì voluto fare suo il sacrificio spirituale della Chiesa, chiamata ad offrire, col sacrificio di Cristo, anche se stessa» (13b; cfr anche 56, e Lumen gentium 11). Non dobbiamo mai venire con mani vuote, ma con il nostro sacrificio per unirlo con quello di Cristo.

Tuttavia, l'Eucaristia è anche «vero banchetto», in cui Cristo si offre come «nutrimento» in senso vero e non metaforico; di ciò ci ha assicurato lo stesso Cristo: «La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda» (Gv 6, 55) (16). Con il dono del suo corpo e del suo sangue, Cristo accresce in noi anche il dono del suo Spirito, dello Spirito Santo (17).

4. Conclusione

Queste affermazioni di base, sull'attualizzazione perenne della passione e della morte di Cristo, sono davvero qualcosa di straordinario. Dal comprendere e dal vivere fino in fondo queste verità di base dipende la qualità della nostra partecipazione all'Eucaristia; dipende la comprensione di tutti gli altri aspetti di questo grande mysterium fidei; dipende in genere la nostra capacità di comprendere le verità di Dio e quindi anche la qualità del nostro specifico servizio ecclesiale.

Il Santo Padre esprime verso queste verità di base «sentimenti di grande e grato stupore» (5c) e desidera ridestare in noi questo stesso «stupore» (6). Scrive che «questo stupore deve invadere sempre la Chiesa raccolta nella Celebrazione eucaristica» (5c).

Preghiamo il Signore che questo più Grande Sacramento non diventi mai per noi qualcosa di abituale, ma sia sempre nuovo e sempre più oggetto del nostro «stupore», fonte dell'autentico e generoso costruire la Chiesa da parte nostra.

  

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