CONGREGAZIONE PER L'EDUCAZIONE CATTOLICA CONGREGAZIONE PER IL CLERO
NORME FONDAMENTALI PER LA FORMAZIONE DEI
DIACONI PERMANENTI
DIRETTORIO PER IL MINISTERO E LA VITA DEI
DIACONI PERMANENTI
LIBRERIA EDITRICE VATICANA CITTÀ DEL VATICANO 1998
INDICE
DICHIARAZIONE CONGIUNTA E INTRODUZIONE
Dichiarazione congiunta
Introduzione
I. Il ministero ordinato
II. L'ordine del diaconato
III. Il diaconato permanente
NORME FONDAMENTALI PER LA FORMAZIONE DEI DIACONI PERMANENTI
Introduzione
1. Gli itinerari formativi
2. Il riferimento ad una sicura teologia del diaconato
3. Il ministero del diacono nei diversi contesti pastorali
4. La spiritualitā diaconale
5. Il compito delle Conferenze Episcopali
6. Responsabilitā dei Vescovi
7. Il diaconato permanente negli Istituti di vita consacrata e nelle Societā
di vita apostolica
I. I Protagonisti della formazione dei diaconi permanenti
1. La Chiesa e il Vescovo
2. Gli incaricati della formazione
3. I professori
4. La comunitā di formazione dei diaconi permanenti
5. Le comunitā di provenienza
6. L'aspirante e il candidato
II. Profilo dei candidati al diaconato permanente
1. Requisiti generali
2. Requisiti rispondenti allo stato di vita dei candidati
a) Celibi
b) Sposati
c) Vedovi
d) Membri di Istituti di vita consacrata e di Societā di vita
apostolica
III. L'itinerario della formazione al diaconato permanente
1. La presentazione degli aspiranti
2. Il periodo propedeutico
3. Il rito liturgico di ammissione tra i candidati all'ordine del diaconato
4. Il tempo della formazione
5. Il conferimento dei ministeri del lettorato e dell'accolitato
6. L'ordinazione diaconale
IV. Le dimensioni della formazione dei diaconi permanenti
1. Formazione umana
2. Formazione spirituale
3. Formazione dottrinale
4. Formazione pastorale
Conclusione
DIRETTORIO PER IL MINISTERO E LA VITA DEI DIACONI PERMANENTI
1. Lo statuto giuridico del diacono
Il diacono ministro sacro
L'incardinazione
Fraternitā sacramentale
Obblighi e diritti
Sostentamento e previdenza
Perdita dello stato di diacono
2. Ministero del diacono
Funzioni diaconali
Diaconía della Parola
Diaconía della liturgia
Diaconía della caritā
La missione canonica dei diaconi permanenti
3. Spiritualitā del diacono
Contesto storico attuale
Vocazione alla santitā
Rapporti dell'Ordine sacro
Mezzi di vita spirituale
Spiritualitā del diacono e stati di vita
4. Formazione permanente del diacono
Caratteristiche
Motivazioni
Soggetti
Specificitā
Ambiti
Organizzazione e mezzi
Preghiera a Maria Santissima
CONGREGAZIONE PER L'EDUCAZIONE CATTOLICA CONGREGAZIONE PER IL CLERO
DICHIARAZIONE CONGIUNTA E INTRODUZIONE
DICHIARAZIONE CONGIUNTA
Il Diaconato permanente, ripristinato dal Concilio Vaticano II in armonica
continuità con l'antica Tradizione e con i voti specifici del Concilio
Ecumenico di Trento, in questi ultimi decenni ha conosciuto, in numerosi luoghi,
forte impulso e ha prodotto frutti promettenti, a tutto vantaggio dell'urgente
opera missionaria di nuova evangelizzazione. La Santa Sede e numerosi Episcopati
non hanno mancato di offrire elementi normativi e riferimenti di vita e di
formazione diaconale, favorendo una esperienza ecclesiale che, per il suo
incremento, necessita oggi di unitarietà di indirizzi, di ulteriori
elementi chiarificatori e, sul piano operativo, di stimoli e precisazioni
pastorali. È l'intera realtà diaconale (visione dottrinale
fondamentale, conseguente discernimento vocazionale e preparazione, vita,
ministero, spiritualità e formazione permanente) che postula oggi una
revisione del cammino fin qui percorso, per giungere ad una chiarificazione
globale, indispensabile per un nuovo impulso di questo grado dell'Ordine sacro,
in corrispondenza con i voti e le intenzioni del Concilio Ecumenico Vaticano II.
Le Congregazioni per l'Educazione Cattolica e per il Clero, dopo la
pubblicazione rispettivamente della Ratio fundamentalis institutionis
sacerdotalis per la formazione al sacerdozio e del Direttorio per il
ministero e la vita dei presbiteri, hanno sentito la necessità di
riservare speciali attenzioni alla tematica del diaconato permanente, anche per
completare la trattazione di quanto attiene ai primi due gradi dell'Ordine
sacro, oggetto delle loro competenze. Di conseguenza, dopo aver ascoltato
l'Episcopato universale e numerosi esperti, le due Congregazioni hanno dedicato
a questo tema le loro Assemblee Plenarie del novembre 1995. Quanto ascoltato,
unitamente alle numerosissime esperienze pervenute, è stato oggetto di
attento studio da parte degli Eminentissimi ed Eccellentissimi Membri, quindi,
le due Congregazioni hanno elaborato le presenti redazioni finali della Ratio
fundamentalis institutionis diaconorum permanentium e del Direttorio per
il ministero e la vita dei diaconi permanenti che riproducono fedelmente
istanze, indicazioni e proposte provenienti da tutte le aree geografiche,
rappresentate a così alto livello. I lavori delle due Assemblee Plenarie
hanno fatto emergere numerosi elementi di convergenza e quella necessità,
sempre più avvertita nel nostro tempo, di una concertata armonia, a
vantaggio dell'unitarietà di formazione e dell'efficacia pastorale del
sacro ministero, innanzi alle sfide del Terzo Millennio ormai alle soglie.
Pertanto, gli stessi Padri hanno chiesto che i due Dicasteri curassero la
redazione sincrona dei due documenti, pubblicandoli simultaneamente, preceduti
da una sola introduzione comprensiva degli elementi fondamentali.
La Ratio fundamentalis institutionis diaconorum permanentium, preparata
dalla Congregazione per l'Educazione Cattolica, intende non soltanto offrire
alcuni princìpi di orientamento circa la formazione dei diaconi
permanenti, ma anche dare alcune direttive che devono essere tenute in conto
dalle Conferenze Episcopali nell'elaborazione della rispettiva « Ratio »
nazionale. La Congregazione ha pensato di offrire agli Episcopati questo
sussidio, analogo alla Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis,
per aiutarli ad adempiere in modo adeguato le prescrizioni del can. 236, CIC, al
fine di garantire alla Chiesa l'unità, la serietà e la completezza
della formazione dei diaconi permanenti.
Per quanto riguarda il Direttorio per il ministero e la vita dei diaconi
permanenti, esso ha valore non soltanto esortativo ma, come anche il
precedente per i presbiteri, riveste pure carattere giuridicamente vincolante
laddove le sue norme « ricordano uguali norme disciplinari del Codice di
Diritto Canonico », o « determinano i modi di esecuzione delle leggi
universali della Chiesa, esplicitano le loro ragioni dottrinali e ne inculcano o
sollecitano la loro fedele osservanza ».(1) In questi precisi casi, esso va
considerato come formale Decreto generale esecutorio (cf can. 32).
Pur conservando la loro identità propria e lo specifico valore
giuridico, i due documenti, che vengono ora pubblicati, ciascuno per autorità
del rispettivo Dicastero, si richiamano e si integrano vicendevolmente, in forza
della loro logica continuità, e si auspica vivamente che siano
presentati, accolti ed applicati dappertutto nella loro completezza.
L'introduzione, punto di riferimento e di ispirazione dell'intera normativa, qui
pubblicata congiuntamente, rimane indissolubilmente legata ai singoli documenti.
Essa si attiene agli aspetti storici e pastorali del diaconato permanente,
con specifico riferimento alla dimensione pratica della formazione e del
ministero. Gli elementi dottrinali che sostengono le argomentazioni sono quelli
della dottrina espressa nei documenti del Concilio Vaticano II e nel successivo
Magistero pontificio.
I documenti rispondono ad una necessità largamente avvertita di
chiarificare e regolamentare la diversità di impostazione degli
esperimenti fin qui condotti, sia a livello di discernimento e di preparazione,
sia a livello di attuazione ministeriale e di formazione permanente. In questo
modo si potrà assicurare quella stabilità di indirizzi che non
mancherà di garantire alla legittima pluralità l'indispensabile
unità, con la conseguente fecondità di un ministero che ha già
prodotto buoni frutti e promette un valido contributo alla nuova
evangelizzazione, alle soglie del Terzo Millennio.
Le direttive, contenute nei due documenti, riguardano i diaconi permanenti
del clero secolare diocesano, sebbene di molte, con i dovuti adattamenti,
debbano tener conto anche i diaconi permanenti membri di Istituti di vita
consacrata e di Società di vita apostolica.
INTRODUZIONE(2)
I. Il ministero ordinato
1. « Cristo Signore, per pascere e sempre più accrescere il
Popolo di Dio, ha stabilito nella sua Chiesa vari ministeri, che tendono al bene
di tutto il Corpo. I ministri, infatti, che sono rivestiti di sacra potestà,
servono i loro fratelli, perché tutti coloro che appartengono al Popolo
di Dio, e perciò, hanno una vera dignità cristiana, tendano
liberamente e ordinatamente allo stesso fine e arrivino alla salvezza ».(3)
Il sacramento dell'ordine « configura a Cristo in forza di una grazia
speciale dello Spirito Santo, allo scopo di servire da strumento di Cristo per
la sua Chiesa. Per mezzo dell'ordinazione si viene abilitati ad agire come
rappresentanti di Cristo, Capo della Chiesa, nella sua triplice funzione di
sacerdote, profeta e re ».(4)
Grazie al sacramento dell'ordine la missione affidata da Cristo ai suoi
Apostoli continua ad essere esercitata nella Chiesa fino alla fine dei tempi:
esso è, dunque, il sacramento del ministero apostolico.(5) L'atto
sacramentale dell'ordinazione va al di là di una semplice elezione,
designazione, delega o istituzione da parte della comunità, poiché
conferisce un dono dello Spirito Santo, che permette di esercitare una potestà
sacra, che può venire soltanto da Cristo, mediante la sua Chiesa.(6) «
L'inviato del Signore parla e agisce non per autorità propria, ma in
forza dell'autorità di Cristo; non come membro della comunità, ma
parlando ad essa in nome di Cristo. Nessuno può conferire a se stesso la
grazia, essa deve essere data e offerta. Ciò suppone che vi siano
ministri della grazia, autorizzati e abilitati da Cristo ».(7)
Il sacramento del ministero apostolico comporta tre gradi. Infatti « il
ministero ecclesiastico di istituzione divina viene esercitato in diversi
ordini, da quelli che già anticamente sono chiamati vescovi, presbiteri,
diaconi ».(8) Insieme ai presbiteri e ai diaconi, che prestano il loro
aiuto, i vescovi hanno ricevuto il ministero pastorale nella comunità e
presiedono in luogo di Dio al gregge di cui sono i pastori, quali maestri di
dottrina, sacerdoti del sacro culto e ministri di governo.(9)
La natura sacramentale del ministero ecclesiale fa sì che ad esso sia
« intrinsecamente legato il carattere di servizio. I ministri,
infatti, in quanto dipendono interamente da Cristo, il quale conferisce missione
e
autorità, sono veramente "servi di Cristo" (cf Rm
1, 11), ad immagine di lui che ha assunto liberamente per noi "la
condizione di servo" (Fil 2, 7) ».(10)
Il sacro ministero ha, altresì, carattere collegiale(11) e
carattere personale,(12) per cui « il ministero sacramentale nella
Chiesa è, ad un tempo, un servizio collegiale e personale, esercitato in
nome di Cristo ».(13)
II. L'ordine del diaconato
2. Il servizio dei diaconi nella Chiesa è documentato fin dai tempi
apostolici. Una consolidata tradizione, attestata già da sant'Ireneo e
confluita nella liturgia di ordinazione, ha visto l'inizio del diaconato
nell'evento dell'istituzione dei « sette », di cui parlano gli Atti
degli Apostoli (6, 1-6). Nel grado iniziale della sacra gerarchia stanno quindi
i diaconi, il cui ministero è stato sempre tenuto in grande onore nella
Chiesa.(14) San Paolo li saluta assieme ai vescovi nell'esordio della Lettera
ai Filippesi (cf Fil 1, 1) e nella Prima Lettera a Timoteo
recensisce le qualità e le virtù di cui devono essere ornati per
compiere degnamente il loro ministero (cf 1 Tm 3, 8-13).(15)
La letteratura patristica attesta fin dal principio questa struttura
gerarchica e ministeriale della Chiesa, comprensiva del diaconato. Per
sant'Ignazio di Antiochia(16) una Chiesa particolare senza vescovo, presbitero e
diacono sembra impensabile. Egli sottolinea come il ministero del diacono non è
altro che « il ministero di Gesù Cristo, il quale prima dei secoli
era presso il Padre ed è apparso alla fine dei tempi ». « Non
sono, infatti, diaconi per cibi o bevande, ma ministri della Chiesa di Dio ».
La Didascalia Apostolorum(17) e i Padri dei secoli successivi, come pure
i diversi Concili(18) e la prassi ecclesiastica(19) testimoniano della continuità
e dello sviluppo di tale dato rivelato.
L'istituzione diaconale fu fiorente, nella Chiesa d'Occidente, fino al V
secolo; poi, per varie ragioni, essa conobbe un lento declino, finendo con il
rimanere solo come tappa intermedia per i candidati all'ordinazione sacerdotale.
Il Concilio di Trento dispose che il diaconato permanente venisse
ripristinato, come era anticamente, secondo la sua propria natura, quale
originaria funzione nella Chiesa.(20) Ma tale prescrizione non trovò
concreta attuazione.
Fu il Concilio Vaticano II a stabilire che il diaconato potesse « in
futuro essere restaurato come grado proprio e permanente della gerarchia...,
(ed) essere conferito a uomini di età matura, anche sposati, così
pure a giovani idonei, per i quali però deve rimanere in vigore la legge
del celibato », secondo la costante tradizione.(21) Le ragioni che hanno
determinato questa scelta furono sostanzialmente tre: a) il desiderio di
arricchire la Chiesa con le funzioni del ministero diaconale che altrimenti, in
molte regioni, avrebbero potuto difficilmente essere esercitate; b) l'intenzione
di rafforzare con la grazia dell'ordinazione diaconale coloro che già
esercitavano di fatto funzioni diaconali; c) la preoccupazione di provvedere di
ministri sacri quelle regioni che soffrivano di scarsità di clero. Queste
ragioni mettono in evidenza come la restaurazione del diaconato permanente non
intendesse minimamente pregiudicare il significato, il ruolo e la fioritura del
sacerdozio ministeriale, che sempre deve essere generosamente perseguita anche
in ragione della sua insostituibilità.
Paolo VI, per dare attuazione alle indicazioni conciliari, stabilì,
con la Lettera apostolica Sacrum diaconatus ordinem (18 giugno
1967),(22) le regole generali per la restaurazione del diaconato permanente
nella Chiesa latina. L'anno successivo, con la Costituzione apostolica Pontificalis
romani recognitio (18 giugno 1968),(23) approvò il nuovo rito per il
conferimento dei sacri ordini dell'episcopato, del presbiterato e del diaconato,
definendo altresì la materia e la forma delle medesime ordinazioni, e,
finalmente, con la Lettera apostolica Ad pascendum (15 agosto 1972),(24)
precisò le condizioni per l'ammissione e l'ordinazione dei candidati al
diaconato. Gli elementi essenziali di questa normativa furono recepiti tra le
norme del Codice di diritto canonico, promulgato dal papa Giovanni Paolo II il
25 gennaio 1983.(25)
Sulla scia della legislazione universale, molte Conferenze Episcopali
procedettero e tuttavia procedono, previa l'approvazione della Santa Sede, alla
restaurazione del diaconato permanente nelle loro Nazioni e alla stesura di
norme complementari al riguardo.
III. Il diaconato permanente
3. L'esperienza plurisecolare della Chiesa ha suggerito la norma, secondo
cui l'ordine del presbiterato è conferito soltanto a colui che prima ha
ricevuto il diaconato e l'ha opportunamente esercitato.(26) Tuttavia l'ordine
del diaconato « non deve essere considerato come un puro e semplice grado
di accesso al sacerdozio ».(27)
« È stato uno dei frutti del Concilio Ecumenico Vaticano II
quello di voler restituire il diaconato come proprio e permanente grado della
gerarchia ».(28) Sulla base di « motivazioni legate alle circostanze
storiche e alle prospettive pastorali » accolte dai Padri conciliari, in
verità « operava misteriosamente lo Spirito Santo, protagonista
della vita della Chiesa, portando ad una nuova attuazione del quadro completo
della gerarchia, tradizionalmente composta di vescovi, sacerdoti e diaconi. Si
promuoveva in tal modo una rivitalizzazione delle comunità cristiane,
rese più conformi a quelle uscite dalle mani degli Apostoli e fiorite nei
primi secoli, sempre sotto l'impulso del Paraclito, come attestano gli Atti
».(29)
Il diaconato permanente costituisce un importante arricchimento per
la missione della Chiesa.(30) Poiché i munera che competono ai
diaconi sono necessari alla vita della Chiesa,(31) è conveniente e utile
che, soprattutto nei territori di missione,(32) gli uomini che nella Chiesa sono
chiamati ad un ministero veramente diaconale, sia nella vita liturgica e
pastorale, sia nelle opere sociali e caritative « siano fortificati per
mezzo dell'imposizione delle mani, trasmessa dal tempo degli Apostoli, e siano
più strettamente uniti all'altare, per poter esplicare più
fruttuosamente il loro ministero con l'aiuto della grazia sacramentale del
diaconato ».(33)
Città del Vaticano, 22 febbraio 1998, festa della Cattedra di S.
Pietro, Apostolo.
Congregazione per l'Educazione Cattolica PIO CARD. LAGHI Prefetto
+ José Saraiva Martins Arciv. tit. di Tuburnica Segretario
Congregazione per il Clero DARÍO CASTRILLÓN HOYOS
Prefetto
+ Csaba Ternyák Arciv. tit. di Eminenziana Segretario
NOTE
(1) Cf Pontificio Consiglio per l'Interpretazione dei Testi Legislativi,
Chiarimenti circa il valore vincolante dell'art. 66 del Direttorio per il
Ministero e la Vita dei Presbiteri (22 ottobre 1994), in Rivista « Sacrum
Ministerium », 2 (1995), p. 263.
(2) Questa parte introduttoria è comune alla « Ratio » e
al « Direttorio ». Nel caso di pubblicazioni disgiunte dei due
documenti, essi dovranno comunque riportarla.
(3) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 18.
(4) Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1581.
(5) Cf ibidem, n. 1536.
(6) Cf ibidem, n. 1538.
(7) Ibidem, n. 875.
(8) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 28.
(9) Cf ibidem, 20; C.I.C., can. 375, § 1.
(10) Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 876.
(11) Cf ibidem, n. 877.
(12) Cf ibidem, n. 878.
(13) Ibidem, n. 879.
(14) Cf Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 29; Paolo
VI, Lett. ap. Ad pascendum (15 agosto 1972): AAS 64 (1972), p. 534.
(15) Inoltre, tra i 60 collaboratori che appaiono nelle sue lettere, alcuni
sono indicati come diaconi: Timoteo (1 Ts 3, 2), Epafra (Col
1, 7), Tichico (Col 4, 7; Ef 6, 2).
(16) Cf Epist. ad Philadelphenses, 4; Epist. ad Smyrnaeos,
12, 2; Epist. ad Magnesios, 6, 1: F. X. Funk (ed.), Patres
Apostolici, Tubingale 1901, pp. 266-267; 286-287; 234-235.
(17) Cf Didascalia Apostolorum (Siriaca), capp. III, XI: A. Vööbus
(ed.), The « Didascalia Apostolorum » in Syriae (testo
originale e traduzione in inglese), CSCO, vol. I, n. 402 (tomo 176), pp. 29-30;
vol. II, n. 408 (tomo 180), pp. 120-129; Didascalia Apostolorum, III, 13
(19), 1-7: F. X. Funk (ed.), Didascalia et Constitutiones Apostolorum,
Paderbornae 1906, I, pp. 212-216.
(18) Cf i Canoni 32 e 33 del Concilio di Elvira (Eliberitanum, a. 300303):
PL 84, 305; i canoni 16 (15), 18, 21 del Concilio di Arles I (Arelatense
I, a. 314); CCL, 148, pp. 12-13, e i canoni 15, 16, 18 del Concilio di
Nicea I (Nicaenum I, a. 325): Conciliorum Oecumenicorum Decreta, ed.
bilingue, a cura di G. Alberigo G. L. Dossetti - Cl. Leonardi - P. Prodi,
cons. di H. Jedin, Ed. Dehoniane, Bologna 1991, pp. 1315.
(19) Ogni Chiesa locale, nei primi tempi del cristianesimo, doveva avere i
suoi diaconi in numero proporzionato a quello dei membri della Chiesa, perché
possano conoscere ed aiutare ognuno (cf Didascalia Apostolorum, III, 12
(16): F. X. Funk, ed. cit., I, p. 208). A Roma, il Papa san Fabiano (236-250)
aveva diviso la città in sette zone (« regiones », più
tardi chiamate « diaconie ») cui era preposto un diacono («
regionarius ») per la promozione della carità e l'assistenza ai
bisognosi. Analoga era l'organizzazione « diaconale » in molte città
orientali e occidentali nei secoli terzo e quarto.
(20) Cf Conc. Ecum. di Trento, Sessione XXIII, Decreta De
reformatione, can. 17: Conciliorum Oecumenicorum Decreta, ed.
bilingue cit., p. 750.
(21) Cost. dogm. Lumen gentium, 29.
(22) AAS 59 (1967), 697-704.
(23) AAS 60 (1968), 369-373.
(24) AAS 64 (1972), 534-540.
(25) I canoni che parlano esplicitamente dei diaconi permanenti sono una
diecina: 236; 276, § 2,3o; 281, § 3; 288; 1031, §§ 2-3;
1032, § 3; 1035, § 1; 1037; 1042, 1o; 1050, 3o.
(26) Cf C.I.C., can. 1031, § 1.
(27) Paolo VI, Lett. ap. Sacrum Diaconatus Ordinem (18 giugno 1969):
AAS 59 (1967), p. 698.
(28) Cf Conc. Ecum. Vat. II. Cost. dogm. Lumen gentium, 29; Decr.
Ad gentes, 16; Decr. Orientalium Ecclesiarum, 17; Giovanni Paolo
II, Allocuzione (16 marzo 1985), n. 1: Insegnamenti, VIII, 1 (1985), p.
648.
(29) Giovanni Paolo II, Catechesi nell'Udienza generale (6 ottobre
1993), n. 5: Insegnamenti, XVI, 2 (1993), p. 954.
(30) « Una esigenza particolarmente sentita nella decisione del
ristabilimento del diaconato permanente era ed è quella della maggiore e
più diretta presenza di ministri della Chiesa nei vari ambienti di
famiglia, di lavoro, di scuola ecc., oltre che nelle strutture pastorali
costituite » (Giovanni Paolo II, Catechesi nell'Udienza generale (6
ottobre 1993), n. 6: Insegnamenti, XVI, 2 (1993), p. 954.
(31) Cf Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 29b.
(32) Cf ibidem, Decr. Ad gentes, 16.
(33) Ibidem, Decr. Ad gentes, 16. Cf Catechismo della
Chiesa Cattolica, n. 1571.
CONGREGAZIONE PER L'EDUCAZIONE CATTOLICA
RATIO FUNDAMENTALIS INSTITUTIONIS DIACONORUM
PERMANENTIUM
NORME FONDAMENTALI PER LA FORMAZIONE DEI DIACONI
PERMANENTI
INTRODUZIONE
1. Gli itinerari formativi
1. Circa la formazione dei diaconi permanenti, le prime indicazioni furono
date dalla Lettera apostolica Sacrum diaconatus ordinem.(1)
Esse sono state poi riprese e precisate nella Lettera circolare della Sacra
Congregazione per l'Educazione Cattolica del 16 luglio 1969, Come è a
conoscenza, con cui si prevedevano « diversi tipi di formazione »
a seconda dei « diversi tipi di diaconato » (per celibi, sposati, «
destinati a luoghi di missione o a paesi ancora in via di sviluppo »,
chiamati ad « esplicare la loro funzione in Nazioni di una certa civiltà
e con una cultura abbastanza elevata »). Per la formazione dottrinale, si
specificava che essa doveva essere al di sopra di quella di un semplice
catechista e, in qualche modo, analoga a quella del sacerdote. Si elencavano
poi, le materie che dovevano essere prese in considerazione per l'elaborazione
del programma di studi.(2)
La successiva Lettera apostolica Ad pascendum precisò che «
per quanto riguarda il corso degli studi teologici, che deve precedere
l'ordinazione dei diaconi permanenti, è compito delle Conferenze
Episcopali emanare, in base alle circostanze di luogo, le norme opportune, e
sottoporle per l'approvazione alla Sacra Congregazione per l'Educazione
Cattolica ».(3)
Il nuovo Codice di Diritto Canonico integrò gli elementi
essenziali di questa normativa nel can. 236.
2. Dopo circa trent'anni dalle prime indicazioni, e con gli apporti delle
esperienze successive, si è ritenuto ora opportuno elaborare la presente
Ratio fundamentalis institutionis diaconorum permanentium. Suo scopo è
quello di porsi come strumento per orientare ed armonizzare, nel rispetto delle
legittime diversità, i programmi educativi tracciati dalle Conferenze
Episcopali e dalle diocesi, che a volte risultano essere molto diversi tra di
loro.
2. Il riferimento ad una sicura teologia del diaconato
3. L'efficacia della formazione dei diaconi permanenti dipende in gran parte
dalla concezione teologica sul diaconato che la sottende. Essa infatti offre le
coordinate per determinare e orientare l'itinerario formativo e, allo stesso
tempo, traccia la meta verso cui tendere.
La quasi totale scomparsa del diaconato permanente nella Chiesa d'Occidente
per più di un millennio ha reso certamente più difficile la
comprensione della profonda realtà di questo ministero. Tuttavia, non si
può dire per ciò stesso che la teologia del diaconato sia senza
alcun riferimento autorevole, in completa balìa delle differenti opinioni
teologiche. I riferimenti esistono, e sono molto chiari, anche se esigono di
essere ulteriormente sviluppati e approfonditi. Qui di seguito ne vengono
richiamati alcuni ritenuti più importanti, senza avere per questo alcuna
pretesa di completezza.
4. Innanzitutto bisogna considerare il diaconato, come ogni altra identità
cristiana, all'interno della Chiesa, intesa come mistero di comunione trinitaria
in tensione missionaria. È questo un riferimento necessario nella
definizione dell'identità di ogni ministro ordinato, anche se non
prioritario, in quanto la sua verità piena consiste nell'essere una
partecipazione specifica ed una ripresentazione del ministero di Cristo.(4) È
per questo che il diacono riceve l'imposizione delle mani ed è sostenuto
da una specifica grazia sacramentale che lo innesta nel sacramento
dell'ordine.(5)
5. Il diaconato viene conferito mediante una speciale effusione dello
Spirito (ordinazione), che realizza in chi la riceve una specifica
conformazione a Cristo, Signore e servo di tutti. Nella Lumen gentium,
n. 29, si precisa, citando un testo delle Constitutiones Ecclesiae
Aegyptiacae, che l'imposizione delle mani al diacono non è « ad
sacerdotium sed ad ministerium »,(6) cioè, non per la celebrazione
eucaristica, ma per il servizio. Questa indicazione, insieme al monito di san
Policarpo, pure ripreso dalla Lumen gentium, n. 29,(7), Patres
Apostolici, I, Tubingae 1901, pp. 300-302).] delinea l'identità
teologica specifica del diacono: egli, come partecipazione dell'unico ministero
ecclesiastico, è nella Chiesa segno sacramentale specifico di Cristo
servo. Suo compito è di essere « interprete delle necessità e
dei desideri delle comunità cristiane » e « animatore del
servizio, ossia della diakonia »,(8) che è parte essenziale
della missione della Chiesa.
6. Materia dell'ordinazione diaconale è l'imposizione delle
mani del Vescovo; la forma è costituita dalle parole della
preghiera di ordinazione, che si articola nei tre passaggi dell'anamnesi,
dell'epiclesi e dell'intercessione.(9) L'anamnesi (che ripercorre la storia
della salvezza incentrata in Cristo) si rifà ai « leviti »,
richiamando il culto, e ai « sette » degli Atti degli Apostoli,
richiamando la carità. L'epiclesi invoca la forza dei sette doni dello
Spirito perché l'ordinando sia in grado di imitare Cristo come «
diacono ». L'intercessione esorta a una vita generosa e casta.
La forma essenziale per il sacramento è l'epiclesi, che
consiste nelle parole: « Ti supplichiamo, o Signore, effondi in loro lo
Spirito Santo, che li fortifichi con i sette doni della tua grazia, perché
compiano fedelmente l'opera del ministero ». I sette doni hanno origine da
un passo di Isaia 11, 2, recepito dalla versione ampliata che ne hanno
dato i Settanta. Si tratta dei doni dello Spirito dati al Messia, che
vengono partecipati ai nuovi ordinati.
7. In quanto grado dell'ordine sacro, il diaconato imprime il carattere e
comunica una grazia sacramentale specifica. Il carattere diaconale è il
segno configurativo-distintivo impresso indelebilmente nell'anima che configura
chi è ordinato a Cristo, il quale si è fatto diacono, cioè
servo di tutti.(10) Esso porta con sé una specifica grazia sacramentale,
che è forza, vigor specialis, dono per vivere la nuova realtà
operata dal sacramento. « Quanto ai diaconi, la grazia sacramentale dà
loro la forza necessaria per servire il Popolo di Dio nella diaconia
della Liturgia, della Parola e della carità, in comunione con il Vescovo
ed il suo presbiterio ».(11) Come in tutti i sacramenti che imprimono il
carattere, la grazia ha una virtualità permanente. Fiorisce e rifiorisce
nella misura in cui è accolta e riaccolta nella fede.
8. Nell'esercizio della loro potestà, i diaconi, essendo partecipi ad
un grado inferiore del ministero ecclesiastico, dipendono necessariamente dai
Vescovi, che hanno la pienezza del sacramento dell'ordine. Inoltre, essi sono
posti in una speciale relazione con i presbiteri, in comunione con i quali sono
chiamati a servire il popolo di Dio.(12)
Da un punto di vista disciplinare, con l'ordinazione diaconale, il diacono è
incardinato nella Chiesa particolare o nella Prelatura personale al cui servizio
è stato ammesso, oppure, come chierico, in un Istituto religioso di
vita consacrata o in una Società clericale di vita apostolica.(13)
L'istituto dell'incardinazione non rappresenta un fatto più o meno
accidentale, ma si caratterizza come legame costante di servizio ad una concreta
porzione di popolo di Dio. Esso implica l'appartenenza ecclesiale a livello
giuridico, affettivo e spirituale e l'obbligo del servizio ministeriale.
3. Il ministero del diacono nei diversi contesti pastorali
9. Il ministero del diacono si caratterizza per l'esercizio dei tre munera
propri del ministero ordinato, secondo la prospettiva specifica della diaconia.
In riferimento al munus docendi, il diacono è chiamato a
proclamare la Scrittura e istruire ed esortare il popolo.(14) Ciò è
espresso dalla consegna del libro dei Vangeli, prevista nel rito stesso
dell'ordinazione.(15)
Il munus sanctificandi del diacono si esplica nella preghiera,
nell'amministrazione solenne del battesimo, nella conservazione e distribuzione
dell'Eucaristia, nell'assistenza e benedizione del matrimonio, nella presidenza
del rito del funerale e della sepoltura e nell'amministrazione dei
sacramentali.(16) Ciò evidenzia come il ministero diaconale abbia il suo
punto di partenza e di arrivo nell'Eucaristia, e non possa esaurirsi in un
semplice servizio sociale.
Infine, il munus regendi si esercita nella dedizione alle opere di
carità e di assistenza(17) e nell'animazione di comunità o settori
della vita ecclesiale, specie per quanto riguarda la carità. È
questo il ministero più tipico del diacono.
10. Le linee della ministerialità nativa del diaconato sono dunque,
come si evince dall'antica prassi diaconale e dalle indicazioni conciliari,
molto ben definite. Tuttavia, se tale nativa ministerialità è
unica, sono però diversi i modelli concreti del suo esercizio, che
dovranno essere suggeriti di volta in volta dalle diverse situazioni pastorali
delle singole Chiese. Nella precisazione dell'iter formativo, non si potrà
ovviamente non tenerne conto.
4. La spiritualità diaconale
11. Dall'identità teologica del diacono, scaturiscono con chiarezza i
lineamenti della sua specifica spiritualità, che si presenta
essenzialmente come spiritualità del servizio.
Il modello per eccellenza è il Cristo servo, vissuto totalmente al
servizio di Dio, per il bene degli uomini. Egli si è riconosciuto
annunciato nel servo del primo carme del Libro di Isaia (cf Lc 4,
18-19), ha qualificato espressamente la sua azione come diaconia (cf Mt
20, 28; Lc 22, 27; Gv 13, 1-17; Fil 2, 7-8; 1 Pt
2, 21-25) ed ha raccomandato ai suoi discepoli di fare altrettanto (cf Gv
13, 34-35; Lc 12, 37).
La spiritualità del servizio è una spiritualità di
tutta la Chiesa, in quanto tutta la Chiesa, ad immagine di Maria, è la «
serva del Signore » (Lc 1, 28), a servizio della salvezza del
mondo. Proprio perché tutta la Chiesa possa meglio vivere questa
spiritualità di servizio, il Signore le dona un segno vivente e personale
del suo stesso essere servo. Perciò, in modo specifico, essa è la
spiritualità del diacono. Egli, infatti, con la sacra ordinazione, è
costituito nella Chiesa icona vivente di Cristo servo. Il Leitmotiv
della sua vita spirituale sarà dunque il servizio; la sua santità
consisterà nel farsi servitore generoso e fedele di Dio e degli uomini,
specie dei più poveri e sofferenti; il suo impegno ascetico sarà
volto ad acquisire quelle virtù che sono richieste dall'esercizio del suo
ministero.
12. Ovviamente tale spiritualità dovrà integrarsi
armonicamente di volta in volta con la spiritualità legata allo stato di
vita. Per cui, la medesima spiritualità diaconale acquisirà
connotazioni diverse a seconda che sia vissuta da uno sposato, da un vedovo, da
un celibe, da un religioso, da un consacrato nel mondo. L'itinerario formativo
dovrà tener conto di queste modulazioni diverse e offrire, a seconda dei
tipi di candidati, percorsi spirituali differenziati.
5. Il compito delle Conferenze Episcopali
13. « È compito delle legittime assemblee dei Vescovi o
Conferenze Episcopali, deliberare, con l'assenso del Sommo Pontefice, se e dove,
in vista del bene dei fedeli, sia da istituire il diaconato come proprio e
permanente grado della gerarchia ».(18)
Alle Conferenze Episcopali il Codice di Diritto Canonico attribuisce
altresì la competenza a specificare mediante disposizioni complementari
la disciplina riguardante la recita della liturgia delle ore,(19) l'età
richiesta per l'ammissione(20) e la formazione, cui è dedicato il can.
236. Questo canone stabilisce che siano le Conferenze Episcopali ad emanare, in
base alle circostanze di luogo, le norme opportune perché i candidati al
diaconato permanente, sia giovani sia di età più matura, sia
celibi sia coniugati, « siano formati a condurre una vita evangelica e
siano preparati a compiere nel debito modo i doveri propri dell'ordine ».
14. Per aiutare le Conferenze Episcopali a tracciare itinerari formativi
che, pur attenti alle diverse situazioni particolari, siano tuttavia in sintonia
con il cammino universale della Chiesa, la Congregazione per l'Educazione
Cattolica ha preparato la presente Ratio fundamentalis institutionis
diaconorum permanentium, che intende offrire un punto di riferimento per
precisare i criteri del discernimento vocazionale e i vari aspetti della
formazione. Tale documento come è nella sua stessa natura
stabilisce soltanto alcune linee fondamentali di carattere generale, che
costituiscono la norma cui dovranno riferirsi le Conferenze Episcopali per
l'elaborazione o l'eventuale perfezionamento delle loro rispettive rationes
nazionali. In tal modo, senza mortificare la creatività e l'originalità
delle Chiese particolari, vengono indicati i princìpi e i criteri, sulla
base dei quali la formazione dei diaconi permanenti può essere
programmata con sicurezza e in armonia con le altre Chiese.
15. Analogamente poi a quanto lo stesso Concilio Vaticano II ha stabilito
per le rationes institutionis sacerdotalis,(21) con il presente
documento si richiede alle Conferenze Episcopali che hanno restaurato il
diaconato permanente di sottoporre le loro rispettive rationes institutionis
diaconorum permanentium all'esame e all'approvazione della Santa Sede.
Questa le approverà, dapprima ad experimentum, e poi per un
determinato numero di anni, in modo che siano garantite periodiche revisioni.
6. Responsabilità dei Vescovi
16. La restaurazione del diaconato permanente in una Nazione non implica
l'obbligo della sua restaurazione in tutte le diocesi. Sarà il Vescovo
diocesano che, dopo aver prudentemente sentito il parere del Consiglio
presbiterale e, se esiste, del Consiglio pastorale, procederà o meno al
riguardo, tenendo conto delle necessità concrete e della situazione
specifica della sua Chiesa particolare.
Nel caso egli opti per la restaurazione del diaconato permanente, sarà
sua cura promuovere un'opportuna catechesi al riguardo, sia tra i laici che tra
i sacerdoti e i religiosi, in modo che il ministero diaconale sia compreso in
tutta la sua profondità. Inoltre, egli provvederà ad erigere le
strutture necessarie all'opera formativa ed a nominare dei collaboratori idonei
che lo coadiuvino come responsabili diretti della formazione, oppure, a seconda
delle circostanze, si impegnerà a valorizzare le strutture formative di
altre diocesi, o quelle regionali o nazionali.
Il Vescovo poi si preoccuperà che, sulla base della ratio
nazionale e dell'esperienza in atto, sia redatto e periodicamente aggiornato un
apposito regolamento diocesano.
7. Il diaconato permanente negli Istituti di vita consacrata e
nelle Società di vita apostolica
17. L'istituzione del diaconato permanente tra i membri degli Istituti di
vita consacrata e delle Società di vita apostolica è regolata
dalle norme della Lettera apostolica Sacrum diaconatus ordinem. Essa
stabilisce che « istituire il diaconato permanente tra i religiosi è
diritto riservato alla Santa Sede, alla quale soltanto spetta di esaminare e
approvare i voti dei capitoli generali in materia ».(22) Quanto si è
detto continua il documento « deve pure intendersi come
riferito anche ai membri degli altri istituti che professano i consigli
evangelici ».(23)
Ogni Istituto o Società che abbia ottenuto il diritto di ripristinare
al suo interno il diaconato permanente assume la responsabilità di
garantire la formazione umana, spirituale, intellettuale e pastorale dei suoi
candidati. Tale Istituto o Società si dovrà impegnare perciò
a predisporre un proprio programma formativo che recepisca il carisma e la
spiritualità propri dell'Istituto o della Società e, allo stesso
tempo, sia in sintonia con la presente Ratio fundamentalis, specie per
quanto riguarda la formazione intellettuale e pastorale.
Il programma di ogni Istituto o Società dovrà essere
sottoposto all'esame e all'approvazione della Congregazione per gli Istituti di
vita consacrata e le Società di vita apostolica o della
Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli e della Congregazione per le
Chiese Orientali per i territori di loro competenza. La Congregazione
competente, sentito il parere della Congregazione per l'Educazione Cattolica per
quanto riguarda la formazione intellettuale, lo approverà, dapprima ad
experimentum, e poi per un determinato numero di anni, in modo che siano
garantite periodiche revisioni.
I
I PROTAGONISTI DELLA FORMAZIONE DEI DIACONI PERMANENTI
1. La Chiesa e il Vescovo
18. La formazione dei diaconi, come del resto degli altri ministri e di
tutti i battezzati, è un compito che coinvolge tutta la Chiesa. Essa,
salutata dall'apostolo Paolo come « la Gerusalemme di lassù » e
« la nostra madre » (Gal 4, 26), a somiglianza di Maria «
mediante la predicazione e il battesimo, genera alla vita nuova e immortale i
figli che sono stati concepiti ad opera dello Spirito Santo e sono nati da Dio ».(24)
Non solo: essa, imitando la maternità di Maria, accompagna i suoi figli
con amore materno e si prende cura di tutti perché tutti arrivino alla
pienezza della loro vocazione.
La cura della Chiesa per i suoi figli si esprime nell'offerta della Parola e
dei sacramenti, nell'amore e nella solidarietà, nella preghiera e nella
sollecitudine dei vari ministri. Ma in questa cura, per così dire
visibile, si fa presente la cura dello Spirito di Cristo. Infatti, «
l'organismo sociale della Chiesa serve allo Spirito vivificante di Cristo come
mezzo per far crescere il corpo »,(25) sia nella sua globalità, come
nella singolarità dei suoi membri.
Nella cura della Chiesa per i suoi figli, il primo protagonista è
dunque lo Spirito di Cristo. È Lui che li chiama, che li accompagna e che
plasma i loro cuori perché possano riconoscere la sua grazia e
corrispondervi generosamente. La Chiesa deve essere ben cosciente di questo
spessore sacramentale della sua opera educativa.
19. Nella formazione dei diaconi permanenti, il primo segno e strumento
dello Spirito di Cristo è il Vescovo proprio (o il Superiore maggiore
competente).(26), art. I, § 1; art. II, § 1: AAS 78 [1986],
pp. 482; 483).] È lui il responsabile ultimo del loro discernimento e
della loro formazione.(27) Egli, pur esercitando ordinariamente tale compito
tramite i collaboratori che si è scelto, nondimeno si impegnerà,
nei limiti del possibile, di conoscere personalmente quanti si preparano al
diaconato.
2. Gli incaricati della formazione
20. Le persone che, in dipendenza dal Vescovo (o dal Superiore maggiore
competente) e in stretta collaborazione con la comunità diaconale, hanno
una speciale responsabilità nella formazione dei candidati al diaconato
permanente sono: il direttore per la formazione, il tutore (dove il numero lo
richiede), il direttore spirituale e il parroco (o il ministro cui il candidato
è affidato per il tirocinio diaconale).
21. Il direttore per la formazione, nominato dal Vescovo (o dal Superiore
maggiore competente) ha il compito di coordinare le varie persone impegnate
nella formazione, di presiedere e animare tutta l'opera educativa nelle sue
varie dimensioni, e di tenere i contatti con le famiglie degli aspiranti e dei
candidati coniugati e con le loro comunità di provenienza. Inoltre, egli
ha la responsabilità di presentare al Vescovo (o al Superiore maggiore
competente), dopo aver sentito il parere degli altri formatori,(28) escluso il
direttore spirituale, il giudizio di idoneità sugli aspiranti per la loro
ammissione tra i candidati, e sui candidati per la loro promozione all'ordine
del diaconato.
Per i suoi compiti decisivi e delicati, il direttore per la formazione dovrà
essere scelto con molta cura. Dovrà essere uomo di fede viva e di forte
senso ecclesiale, aver avuto un'ampia esperienza pastorale e aver dato prova di
saggezza, equilibrio e capacità di comunione; dovrà inoltre aver
acquisito una solida competenza teologica e pedagogica.
Egli potrà essere un presbitero o un diacono e, preferibilmente, non
essere allo stesso tempo anche il responsabile per i diaconi ordinati. Infatti,
sarebbe auspicabile che questa responsabilità rimanesse distinta da
quella per la formazione degli aspiranti e dei candidati.
22. Il tutore, designato dal direttore per la formazione tra i diaconi o tra
i presbiteri di provata esperienza e nominato dal Vescovo (o dal Superiore
maggiore competente), è l'accompagnatore diretto di ogni aspirante e di
ogni candidato. Egli è incaricato di seguire da vicino il cammino di
ciascuno, offrendo il suo sostegno e il suo consiglio per la soluzione degli
eventuali problemi e per la personalizzazione dei vari momenti formativi. È
inoltre chiamato a collaborare con il direttore per la formazione nella
programmazione delle diverse attività formative e nell'elaborazione
del giudizio di idoneità da presentare al Vescovo (o al Superiore
maggiore competente). A seconda delle circostanze, il tutore avrà la
responsabilità di una sola persona o di un piccolo gruppo.
23. Il direttore spirituale è scelto da ogni aspirante o candidato e
dovrà essere approvato dal Vescovo o dal Superiore maggiore. Il suo
compito è di discernere l'opera interiore che lo Spirito compie
nell'anima dei chiamati e, allo stesso tempo, di accompagnare e sostenere la
loro continua conversione; dovrà inoltre dare concreti suggerimenti per
la maturazione di un'autentica spiritualità diaconale e offrire stimoli
efficaci per l'acquisizione delle virtù che vi sono connesse. Per tutto
ciò, gli aspiranti e i candidati siano invitati ad affidarsi per la
direzione spirituale solo a sacerdoti di provata virtù, dotati di buona
cultura teologica, di profonda esperienza spirituale, di spiccato senso
pedagogico, di forte e squisita sensibilità ministeriale.
24. Il parroco (o altro ministro) è scelto dal direttore per la
formazione d'accordo con l'équipe formativa e tenendo conto delle diverse
situazioni dei candidati. Egli è chiamato ad offrire a colui che gli è
stato affidato una viva comunione ministeriale e ad iniziarlo ed accompagnarlo
nelle attività pastorali che riterrà più idonee; inoltre,
avrà cura di fare una periodica verifica del lavoro fatto con il
candidato stesso e di comunicare l'andamento del tirocinio al direttore per la
formazione.
3. I professori
25. I professori concorrono in modo rilevante alla formazione dei futuri
diaconi. Essi infatti, attraverso l'insegnamento del sacrum depositum
custodito dalla Chiesa, alimentano la fede dei candidati e li abilitano al
compito di maestri del popolo di Dio. Per tale ragione, essi devono preoccuparsi
non solo di acquisire la necessaria competenza scientifica e una sufficiente
capacità pedagogica, ma anche di testimoniare con la vita la Verità
che insegnano.
Per poter armonizzare il loro specifico contributo con le altre dimensioni
della formazione, è importante che essi siano disponibili, a seconda
delle circostanze, a collaborare e confrontarsi con le altre persone impegnate
nella formazione. Contribuiranno così ad offrire ai candidati una
formazione unitaria e li faciliteranno nella necessaria opera di sintesi.
4. La comunità di formazione dei diaconi permanenti
26. Gli aspiranti e i candidati al diaconato permanente costituiscono per
forza di cose un ambiente originale, una specifica comunità ecclesiale
che influisce profondamente sulla dinamica formativa.
Gli incaricati della formazione dovranno preoccuparsi che tale comunità
sia caratterizzata da profonda spiritualità, senso di appartenenza,
spirito di servizio e slancio missionario, e abbia un ben preciso ritmo di
incontri e di preghiera.
La comunità di formazione dei diaconi permanenti potrà così
essere per gli aspiranti e i candidati al diaconato un prezioso sostegno nel
discernimento della loro vocazione, nella maturazione umana, nell'iniziazione
alla vita spirituale, nello studio teologico e nell'esperienza pastorale.
5. Le comunità di provenienza
27. Le comunità di provenienza degli aspiranti e dei candidati al
diaconato possono esercitare un influsso non indifferente sulla loro formazione.
Per gli aspiranti e i candidati più giovani, la famiglia può
costituire un aiuto straordinario. Essa dovrà essere invitata ad «
accompagnare il cammino formativo con la preghiera, il rispetto, il buon esempio
delle virtù domestiche e l'aiuto spirituale e materiale, soprattutto nei
momenti difficili... Anche nel caso di genitori e familiari indifferenti e
contrari alla scelta vocazionale, il confronto chiaro e sereno con la loro
posizione e gli stimoli che ne derivano possono essere di grande aiuto, perché
la vocazione... maturi in modo più consapevole e determinato ».(29)
Per quanto attiene gli aspiranti e i candidati sposati, ci si dovrà
impegnare per far sì che la comunione coniugale contribuisca validamente
a confortare il loro cammino di formazione verso il traguardo del diaconato.
La comunità parrocchiale è chiamata ad accompagnare
l'itinerario di ogni suo membro verso il diaconato con il sostegno della
preghiera e un adeguato cammino di catechesi che, mentre sensibilizza i fedeli
verso questo ministero, dà al candidato un valido aiuto per il suo
discernimento vocazionale.
Anche quelle aggregazioni ecclesiali dalle quali provengono aspiranti e
candidati al diaconato possono continuare ad essere per loro fonte di aiuto e di
sostegno, di luce e di calore. Ma, allo stesso tempo, esse devono mostrare
rispetto per la chiamata ministeriale dei loro membri non ostacolando, bensì
promovendo in loro la maturazione di una spiritualità e di una
disponibilità autenticamente diaconali.
6. L'aspirante e il candidato
28. Infine, colui che si prepara al diaconato « deve dirsi protagonista
necessario e insostituibile della sua formazione: ogni formazione... è
ultimamente un'autoformazione ».(30)
Autoformazione non significa isolamento, chiusura o indipendenza dai
formatori, ma responsabilità e dinamismo nel rispondere con generosità
alla chiamata di Dio, valorizzando al massimo le persone e gli strumenti che la
Provvidenza mette a disposizione.
L'autoformazione ha la sua radice in una ferma determinazione a crescere
nella vita secondo lo Spirito in conformità alla vocazione ricevuta e si
alimenta nell'umile disponibilità a riconoscere i propri limiti e i
propri doni.
II
PROFILO DEI CANDIDATI AL DIACONATO PERMANENTE
29. « La storia di ogni vocazione sacerdotale, come peraltro di ogni
vocazione cristiana, è la storia di un ineffabile dialogo tra Dio e
l'uomo, tra l'amore di Dio che chiama e la libertà dell'uomo che
nell'amore risponde a Dio ».(31) Ma, accanto alla chiamata di Dio e alla
risposta dell'uomo, c'è un altro elemento costitutivo della vocazione e
particolarmente della vocazione ministeriale: la chiamata pubblica della Chiesa.
« Vocari a Deo dicuntur qui a legitimis Ecclesiae ministris
vocantur ».(32) L'espressione non si deve intendere in senso
prevalentemente giuridico, come se fosse l'autorità che chiama a
determinare la vocazione, ma in senso sacramentale, che considera
l'autorità che chiama come il segno e lo strumento dell'intervento
personale di Dio, che si attua con l'imposizione delle mani. In questa
prospettiva, ogni elezione regolare traduce una ispirazione e
rappresenta una scelta di Dio. Il discernimento della Chiesa è dunque
decisivo per la scelta della vocazione; tanto più, a motivo del suo
significato ecclesiale, per la scelta di una vocazione al ministero ordinato.
Tale discernimento deve essere condotto sulla base di criteri oggettivi, che
facciano tesoro dell'antica tradizione della Chiesa e tengano conto delle
attuali necessità pastorali. Per il discernimento delle vocazioni al
diaconato permanente sono da tener presenti alcuni requisiti di ordine generale
e altri rispondenti al particolare stato di vita dei chiamati.
1. Requisiti generali
30. Il primo profilo diaconale è tracciato nella Prima Lettera di
S. Paolo a Timoteo: « Allo stesso modo i diaconi siano dignitosi, non
doppi nel parlare, non dediti a molto vino né avidi di guadagno
disonesto, e conservino il mistero della fede in una coscienza pura. Perciò
siano prima sottoposti a una prova e poi, se trovati irreprensibili, siano
ammessi al loro servizio... I diaconi non siano sposati che una sola volta,
sappiano dirigere bene i propri figli e le proprie famiglie. Coloro infatti che
avranno ben servito, si acquisteranno un grado onorifico e una grande sicurezza
nella fede in Cristo Gesù » (1 Tm 3, 8-10.12-13).
Le qualità elencate da Paolo sono prevalentemente umane, quasi a dire
che i diaconi potranno svolgere il loro ministero solo se saranno dei modelli
anche umanamente apprezzati. Del richiamo di Paolo troviamo eco in altri testi
dei Padri Apostolici, specialmente nella Didachè e in san
Policarpo. La Didachè esorta: « Eleggetevi dunque vescovi e
diaconi degni del Signore, uomini mansueti, non amanti del denaro, veritieri e
provati »,(33) e san Policarpo consiglia: « Così i diaconi
debbono essere senza macchia al cospetto della sua giustizia, come ministri di
Dio e di Cristo, e non di uomini; non calunniatori, non doppi di parola, non
amanti del denaro; tolleranti in ogni cosa, misericordiosi, attivi; camminino
nella verità del Signore il quale si è fatto servo di tutti ».(34)
31. La tradizione della Chiesa ha poi ulteriormente completato e precisato i
requisiti che sostengono l'autenticità di una chiamata al diaconato. Essi
sono prima di tutto quelli che valgono per gli ordini in generale: « Siano
promossi agli ordini soltanto quelli che... hanno fede integra, sono mossi da
retta intenzione, posseggono la scienza debita, godono buona stima, sono di
integri costumi e di provate virtù e sono dotati di tutte quelle altre
qualità fisiche e psichiche congruenti con l'ordine che deve essere
ricevuto ».(35)
32. Il profilo dei candidati si completa poi con alcune specifiche qualità
umane e virtù evangeliche esigite dalla diaconia. Tra le qualità
umane sono da segnalare: la maturità psichica, la capacità di
dialogo e di comunicazione, il senso di responsabilità, la laboriosità,
l'equilibrio e la prudenza. Tra le virtù evangeliche hanno particolare
rilevanza: la preghiera, la pietà eucaristica e mariana, un senso
della Chiesa umile e spiccato, l'amore alla Chiesa e alla sua missione, lo
spirito di povertà, la capacità di obbedienza e di comunione
fraterna, lo zelo apostolico, la disponibilità al servizio,(36) la carità
verso i fratelli.
33. Inoltre, i candidati al diaconato devono essere vitalmente inseriti in
una comunità cristiana e aver già esercitato con lodevole impegno
le opere di apostolato.
34. Essi possono provenire da tutti gli ambiti sociali ed esercitare
qualsiasi attività lavorativa o professionale purché essa non sia,
secondo le norme della Chiesa e il prudente giudizio del Vescovo, sconveniente
con lo stato diaconale.(37) Inoltre, tale attività deve essere
praticamente conciliabile con gli impegni di formazione e l'effettivo esercizio
del ministero.
35. Quanto all'età minima, il Codice di Diritto Canonico
stabilisce che « il candidato al diaconato permanente, che non è
sposato, non vi sia ammesso se non dopo aver compiuto almeno i 25 anni di età;
colui che è sposato, se non dopo aver compiuto i 35 anni di età ».(38)
I candidati, infine, devono essere liberi da irregolarità e
impedimenti.(39)
2. Requisiti rispondenti allo stato di vita dei candidati
a) Celibi
36. « Per legge della Chiesa, confermata dallo stesso Concilio
ecumenico, coloro che da giovani sono chiamati al diaconato sono obbligati ad
osservare la legge del celibato ».(40) È questa una legge
particolarmente conveniente per il sacro ministero, cui liberamente si
sottopongono coloro che ne hanno ricevuto il carisma.
Il diaconato permanente vissuto nel celibato dà al ministero alcune
singolari accentuazioni. L'identificazione sacramentale con Cristo infatti viene
collocata nel contesto del cuore indiviso, cioè di una scelta sponsale,
esclusiva, perenne e totale dell'unico e sommo Amore; il servizio alla Chiesa può
contare su di una piena disponibilità; l'annuncio del Regno è
suffragato dalla testimonianza coraggiosa di chi per quel Regno ha lasciato
anche i beni più cari.
b) Sposati
37. « Quando si tratti di uomini coniugati, occorre fare attenzione a
che siano promossi al diaconato quanti, già da molti anni vivendo in
matrimonio, abbiano dimostrato di saper dirigere la propria casa ed abbiano
moglie e figli che conducano una vita veramente cristiana e si distinguano per
l'onesta reputazione ».(41)
Non solo. Oltre alla stabilità della vita familiare, i candidati
sposati non possono essere ammessi « se prima non consti non soltanto del
consenso della moglie, ma anche della sua cristiana probità e della
presenza in lei di naturali qualità che non siano di impedimento né
di disdoro per il ministero del marito ».(42)
c) Vedovi
38. « Ricevuta l'ordinazione, i diaconi, anche quelli promossi in età
più matura, sono inabili a contrarre matrimonio in virtù della
tradizionale disciplina ecclesiastica ».(43) Lo stesso principio vale per i
diaconi rimasti vedovi.(44) Essi sono chiamati a dare prova di solidità
umana e spirituale nella loro condizione di vita.
Inoltre, condizione perché i candidati vedovi possano essere accolti è
che essi abbiano già provveduto o dimostrino di essere in grado di
provvedere adeguatamente alla cura umana e cristiana dei loro figli.
d) Membri di Istituti di vita consacrata e di Società di vita
apostolica
39. I diaconi permanenti appartenenti a Istituti di vita consacrata o a
Società di vita apostolica(45) sono chiamati ad arricchire il loro
ministero con il particolare carisma ricevuto. La loro azione pastorale,
infatti, pur essendo sotto la giurisdizione dell'Ordinario del luogo,(46) è
tuttavia caratterizzata dai tratti peculiari del loro stato di vita religioso o
consacrato. Essi si impegneranno perciò ad armonizzare la vocazione
religiosa o consacrata con quella ministeriale e ad offrire il loro originale
contributo alla missione della Chiesa.
III
L'ITINERARIO DELLA FORMAZIONE AL DIACONATO PERMANENTE
1. La presentazione degli aspiranti
40. La decisione di intraprendere l'itinerario della formazione diaconale
può avvenire o per iniziativa dell'aspirante stesso o per una esplicita
proposta della comunità cui l'aspirante appartiene. In ogni caso, tale
decisione deve essere accolta e condivisa dalla comunità.
A nome della comunità, è il parroco (o il superiore, nei
casi di religiosi) che deve presentare al Vescovo (o al Superiore maggiore
competente) l'aspirante al diaconato. Egli lo farà accompagnando la
candidatura con l'illustrazione delle motivazioni che la sostengono e con un
curriculum vitae e pastorale dell'aspirante.
Il Vescovo (o il Superiore maggiore competente), dopo aver consultato il
direttore per la formazione e l'équipe educativa, deciderà se
ammettere o meno l'aspirante al periodo propedeutico.
2. Il periodo propedeutico
41. Con l'ammissione tra gli aspiranti al diaconato inizia un periodo
propedeutico, che dovrà avere una congrua durata. È un periodo in
cui gli aspiranti saranno introdotti ad una più approfondita conoscenza
della teologia, della spiritualità e del ministero diaconali e saranno
invitati ad un più attento discernimento della loro chiamata.
42. Responsabile del periodo propedeutico è il direttore per la
formazione che, a seconda dei casi, potrà affidare gli aspiranti ad uno o
più tutori. È auspicabile che, dove le circostanze lo permettono,
gli aspiranti formino una loro comunità, con un proprio ritmo di incontri
e di preghiera che preveda anche momenti comuni con la comunità dei
candidati.
Il direttore per la formazione verificherà che ogni aspirante sia
accompagnato da un direttore spirituale approvato e prenderà contatti con
il parroco di ciascuno (o altro sacerdote) per programmare il tirocinio
pastorale. Inoltre, avrà cura di prendere contatti con le famiglie degli
aspiranti coniugati per sincerarsi della loro disponibilità ad accettare,
condividere ed accompagnare la vocazione del loro congiunto.
43. Il programma del periodo propedeutico, di norma, non dovrebbe prevedere
lezioni scolastiche, ma incontri di preghiera, istruzioni, momenti di
riflessione e di confronto orientati a favorire l'obiettività del
discernimento vocazionale, secondo un piano ben strutturato.
Già in questo periodo si abbia cura di coinvolgere, per quanto
possibile, anche le spose degli aspiranti.
44. Gli aspiranti, sulla base dei requisiti richiesti per il ministero
diaconale, siano invitati ad operare un discernimento libero e consapevole,
senza lasciarsi condizionare da interessi personali o pressioni esterne di
qualsiasi tipo.(47)
Alla fine del periodo propedeutico, il direttore per la formazione, dopo
aver consultato l'équipe educativa e tenendo conto di tutti gli elementi
in suo possesso, presenterà al Vescovo proprio (o al Superiore maggiore
competente) un attestato che tracci il profilo della personalità degli
aspiranti e, su richiesta, anche un giudizio di idoneità.
Da parte sua, il Vescovo (o il Superiore maggiore competente) ascriverà
tra i candidati al diaconato solo coloro per i quali avrà raggiunto, sia
in forza della sua conoscenza personale, sia per le informazioni ricevute dagli
educatori, la certezza morale dell'idoneità.
3. Il rito liturgico di ammissione tra i candidati all'ordine del
diaconato
45. L'ammissione tra i candidati all'ordine del diaconato avviene attraverso
un apposito rito liturgico, « grazie al quale colui che aspira al diaconato
o al presbiterato manifesta pubblicamente la sua volontà di offrirsi a
Dio ed alla Chiesa per esercitare l'ordine sacro; la Chiesa, da parte sua,
ricevendo questa offerta, lo sceglie e lo chiama perché si prepari a
ricevere l'ordine sacro, e sia in tal modo regolarmente ammesso tra i candidati
al diaconato ».(48)
46. Il Superiore competente per questa accettazione è il Vescovo
proprio o, per i membri di un Istituto religioso clericale di diritto pontificio
o di una Società clericale di vita apostolica di diritto pontificio, il
Superiore maggiore.(49)
47. Per il suo carattere pubblico e il suo significato ecclesiale, il rito
sia adeguatamente valorizzato, e celebrato preferibilmente in giorno festivo.
L'aspirante vi si prepari con un ritiro spirituale.
48. Il rito liturgico di ammissione deve essere preceduto da una domanda di
ascrizione tra i candidati, che deve essere redatta e firmata per mano dello
stesso aspirante e accettata per iscritto dal Vescovo proprio o Superiore
maggiore cui è rivolta.(50)
L'ascrizione tra i candidati al diaconato non costituisce alcun diritto a
ricevere necessariamente l'ordinazione diaconale. Essa è un primo
riconoscimento ufficiale dei segni positivi della vocazione al diaconato, che
deve essere confermato nei successivi anni della formazione.
4. Il tempo della formazione
49. Il programma formativo deve durare almeno tre anni, oltre al periodo
propedeutico, per tutti i candidati.(51)
I candidati giovani
50. Il Codice di Diritto Canonico prescrive che i candidati giovani
ricevano la loro formazione « dimorando per tre anni in una casa specifica,
a meno che per gravi ragioni il Vescovo diocesano non abbia disposto
diversamente ».(52) Per la creazione di tale istituto, « i Vescovi
dello stesso Paese o, se sarà necessario, anche di più Paesi,
secondo la diversità delle circostanze, uniscano i loro sforzi. Scelgano,
quindi, per la guida di esso, superiori particolarmente idonei e stabiliscano
accuratissime norme relative alla disciplina ed all'ordinamento degli studi ».(53)
Si abbia cura che questi candidati siano in relazione con i diaconi della loro
diocesi di appartenenza.
51. Per i candidati di età più matura, sia celibi sia
coniugati, il Codice di Diritto Canonico prescrive che essi ricevano la
loro formazione « mediante un progetto formativo della durata di tre anni,
determinato dalla Conferenza Episcopale ».(54) Esso deve essere attivato,
dove le circostanze lo permettono, nel contesto di una viva partecipazione alla
comunità dei candidati, che avrà un proprio calendario di incontri
di preghiera e di formazione e prevederà anche momenti comuni con la
comunità degli aspiranti.
Per questi candidati sono possibili diversi modelli di organizzazione della
formazione. A motivo degli impegni lavorativi e familiari, i modelli più
comuni prevedono gli incontri formativi e scolastici nelle ore serali, durante i
fine settimana, nel tempo delle ferie o secondo una combinazione delle varie
possibilità. Dove i fattori geografici si presentassero particolarmente
difficili, si dovrà pensare ad altri modelli, distesi in un arco di tempo
più lungo o facenti uso dei mezzi moderni di comunicazione.
52. Per i candidati appartenenti a Istituti di vita consacrata o a Società
di vita apostolica, la formazione venga fatta secondo le direttive
dell'eventuale ratio del proprio Istituto o della propria Società,
oppure utilizzando le strutture della diocesi in cui i candidati si trovano.
53. Nei casi in cui i percorsi sopra indicati non fossero attivati o fossero
impraticabili, « l'aspirante venga affidato per l'educazione a qualche
sacerdote di eminente virtù che si prenda cura di lui, lo istruisca e
possa testimoniare, quindi, della di lui prudenza e maturità. Sempre ed
attentamente, però, occorre vigilare affinché soltanto uomini
idonei e sperimentati siano annoverati nel sacro ordine ».(55)
54. In tutti i casi, il direttore per la formazione (o il sacerdote
incaricato) verifichi che durante tutto il tempo della formazione ogni candidato
continui l'impegno di direzione spirituale con il proprio direttore spirituale
approvato. Inoltre, egli provveda ad accompagnare, valutare ed eventualmente
modificare il tirocinio pastorale di ciascuno.
55. Il programma della formazione, di cui nel prossimo capitolo verrà
data qualche linea generale, dovrà integrare armonicamente le diverse
dimensioni formative (umana, spirituale, teologica e pastorale), essere
teologicamente ben fondato, avere una specifica finalizzazione pastorale ed
essere adattato alle necessità e ai programmi pastorali locali.
56. Vi si dovranno coinvolgere, nelle forme che si riterranno opportune, le
mogli e i figli dei candidati coniugati e così pure le loro comunità
di appartenenza. In particolare, si preveda per le mogli dei candidati anche un
programma di formazione specifico per loro, che le prepari alla loro futura
missione di accompagnamento e di sostegno del ministero del marito.
5. Il conferimento dei ministeri del lettorato e dell'accolitato
57. « Prima che uno venga promosso al diaconato sia permanente sia
transeunte, si richiede che abbia ricevuto i ministeri di lettore e accolito e
li abbia esercitati per un tempo conveniente »,(56) « al fine di
disporsi meglio ai futuri servizi della parola e dell'altare ».(57) La
Chiesa, infatti, « ritiene molto opportuno che i candidati agli ordini
sacri, tanto con lo studio quanto con l'esercizio graduale del ministero della
parola e dell'altare, conoscano e meditino per un intimo contatto questo duplice
aspetto della funzione sacerdotale. E così l'autenticità del loro
ministero risalterà con la più grande efficacia. I candidati
allora si accosteranno agli ordini sacri, pienamente consapevoli della loro
vocazione, "ferventi nello spirito, pronti nel servire il Signore,
perseveranti nella preghiera, solleciti per le necessità dei santi"
(Rm 12, 11-13) ».(58)
L'identità di questi ministeri e la loro rilevanza pastorale sono
illustrati nella Lettera apostolica Ministeria quaedam, cui si rimanda.
58. Gli aspiranti al lettorato e all'accolitato, su invito del direttore per
la formazione, faranno una domanda di ammissione, liberamente compilata e
sottoscritta, all'Ordinario (il Vescovo o il Superiore maggiore), cui spetta
l'accettazione.(59) Avvenuta l'accettazione, il Vescovo o il Superiore maggiore
procederà al conferimento dei ministeri, secondo il rito del Pontificale
Romano.(60)
59. Fra il conferimento del lettorato e dell'accolitato, è opportuno
che trascorra un certo periodo di tempo in modo che il candidato possa
esercitare il ministero ricevuto.(61) « Tra il conferimento dell'accolitato
e del diaconato intercorra un periodo di almeno sei mesi ».(62)
6. L'ordinazione diaconale
60. Alla fine dell'itinerario formativo, il candidato che, d'accordo con il
direttore per la formazione, ritenga di avere i requisiti necessari per essere
ordinato, può indirizzare al Vescovo proprio o al Superiore maggiore
competente « una dichiarazione, redatta e firmata di suo pugno, nella quale
attesta che intende ricevere il sacro ordine spontaneamente e liberamente e si
dedicherà per sempre al ministero ecclesiastico, e nella quale chiede
simultaneamente di essere ammesso all'ordine da ricevere ».(63)
61. A questa richiesta il candidato deve allegare il certificato di
battesimo e di confermazione e dell'avvenuta ricezione dei ministeri di cui al
can. 1035 e il certificato degli studi regolarmente compiuti a norma del can.
1032.(64) Se l'ordinando che deve essere promosso è sposato, deve
presentare il certificato di matrimonio e il consenso scritto della moglie.(65)
62. Ricevuta la richiesta dell'ordinando, il Vescovo (o il Superiore
maggiore competente) valuterà la sua idoneità attraverso un
attento scrutinio. Innanzitutto, egli esaminerà l'attestato che il
direttore per la formazione è tenuto a presentargli « sulle qualità
richieste (nell'ordinando) per ricevere l'ordine, vale a dire la sua retta
dottrina, la pietà genuina, i buoni costumi, l'attitudine ad esercitare
il ministero; ed inoltre, dopo una diligente indagine, un documento sul suo
stato di salute sia fisica sia psichica ».(66) Il Vescovo diocesano o
il Superiore maggiore « perché lo scrutinio sia fatto nel modo
dovuto può avvalersi di altri mezzi che gli sembrino utili, a seconda
delle circostanze di tempo e di luogo, quali le lettere testimoniali, le
pubblicazioni o altre informazioni ».(67)
Il Vescovo o il Superiore maggiore competente, dopo aver verificata
l'idoneità del candidato ed essersi assicurato che egli è
consapevole dei nuovi obblighi che si assume,(68) lo promuoverà
all'ordine del diaconato.
63. Prima dell'ordinazione, il candidato celibe deve assumere pubblicamente
l'obbligo del celibato, mediante il rito prescritto;(69) a ciò è
tenuto anche il candidato appartenente ad un Istituto di vita consacrata o ad
una Società di vita apostolica che abbia emesso i voti perpetui, o altre
forme di impegno definitivo, nel suo Istituto o Società.(70) Tutti i
candidati sono tenuti ad emettere personalmente, prima dell'ordinazione, la
professione di fede e il giuramento di fedeltà, secondo le formule
approvate dalla Sede Apostolica, alla presenza dell'Ordinario del luogo o di un
suo delegato.(71)
64. « Ogni promovendo sia ordinato... al diaconato dal Vescovo proprio
o con le sue legittime lettere dimissorie ».(72) Se il promovendo
appartiene ad un Istituto religioso clericale di diritto pontificio o ad una
Società clericale di vita apostolica di diritto pontificio spetta al suo
Superiore maggiore concedergli le lettere dimissorie.(73)
65. L'ordinazione, compiuta secondo il rito del Pontificale Romano,(74)
si celebri durante la Messa solenne, preferibilmente in giorno di domenica o in
una festa di precetto e generalmente nella Chiesa cattedrale.(75) Gli ordinandi
vi si preparino « attendendo agli esercizi spirituali per almeno
cinque giorni, nel luogo e nel modo stabiliti dall'Ordinario ».(76) Durante
il rito si dia un rilievo speciale alla partecipazione delle spose e dei figli
degli ordinandi coniugati.
IV
LE DIMENSIONI DELLA FORMAZIONE DEI DIACONI PERMANENTI
1. Formazione umana
66. La formazione umana ha come scopo di plasmare la personalità dei
sacri ministri in modo che diventino « ponte e non ostacolo per gli altri
nell'incontro con Gesù Cristo Redentore dell'uomo ».(77) Essi devono
perciò essere educati ad acquisire e perfezionare una serie di qualità
umane che permettano loro di godere la fiducia della comunità, di
impegnarsi con serenità nel servizio pastorale, di facilitare l'incontro
e il dialogo.
Analogamente a quanto la Pastores dabo vobis indica per la
formazione dei presbiteri, anche i candidati al diaconato dovranno essere
educati « all'amore per la verità, alla lealtà, al rispetto
per ogni persona, al senso della giustizia, alla fedeltà alla parola
data, alla vera compassione, alla coerenza e, in particolare,
all'equilibrio di giudizio e di comportamento ».(78)
67. Di particolare importanza per i diaconi, chiamati ad essere uomini di
comunione e di servizio, è la capacità di relazione con gli altri.
Ciò esige che essi siano affabili, ospitali, sinceri nelle parole e nel
cuore, prudenti e discreti, generosi e disponibili al servizio, capaci di
offrire personalmente, e di suscitare in tutti, rapporti schietti e fraterni,
pronti a comprendere, perdonare e consolare.(79) Un candidato che fosse
eccessivamente chiuso in se stesso, scontroso e incapace di stabilire relazioni
significative e serene con gli altri, dovrebbe fare una profonda conversione
prima di poter avviarsi decisamente sulla strada del servizio ministeriale.
68. Alla radice della capacità di relazione con gli altri, c'è
la maturità affettiva, che deve essere raggiunta con un ampio margine di
sicurezza sia nel candidato celibe come in quello sposato. Tale maturità
suppone in entrambi i tipi di candidati la scoperta della centralità
dell'amore nella propria esistenza e la lotta vittoriosa contro il proprio
egoismo. In realtà, come ha scritto il Papa Giovanni Paolo II
nell'Enciclica Redemptor hominis, « l'uomo non può vivere
senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è
priva di senso, se non gli viene rivelato l'amore, se non s'incontra con
l'amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente
».(80) Si tratta di un amore spiega il Papa nella Pastores dabo
vobis che coinvolge tutte le dimensioni della persona, fisiche,
psichiche e spirituali e che pertanto esige un pieno dominio della sessualità,
che deve diventare veramente e pienamente personale.(81)
Per i candidati celibi, vivere l'amore significa offrire la totalità
del proprio essere, delle proprie energie e della propria sollecitudine a Cristo
e alla Chiesa. È una vocazione impegnativa, che deve fare i conti con le
inclinazioni dell'affettività e le pulsioni dell'istinto e che perciò
necessita di rinuncia e vigilanza, di preghiera, e di fedeltà ad una ben
precisa regola di vita. Un aiuto determinante può venire dalla presenza
di vere amicizie, che rappresentano un prezioso aiuto e un provvidenziale
sostegno nel vivere la propria vocazione.(82)
Per i candidati coniugati, vivere l'amore significa offrire se stessi alle
proprie spose, in un'appartenenza reciproca, con un legame totale, fedele e
indissolubile, ad immagine dell'amore di Cristo per la sua Chiesa; significa
allo stesso tempo accogliere i figli, amarli ed educarli e irradiare la
comunione familiare a tutta la Chiesa e la società. È una
vocazione messa oggi duramente alla prova dalla preoccupante degradazione di
alcuni valori fondamentali e dall'esaltazione dell'edonismo e di una falsa
concezione di libertà. Per essere vissuta nella sua pienezza, la
vocazione alla vita familiare esige di essere alimentata dalla preghiera, dalla
liturgia e da una quotidiana offerta di sé.(83)
69. Condizione per un'autentica maturità umana è l'educazione
alla libertà, che si configura come obbedienza alla verità del
proprio essere. « Così intesa, la libertà esige che la
persona sia veramente padrona di se stessa, decisa a combattere e superare le
diverse forme di egoismo e di individualismo che insidiano la vita di ciascuno,
pronta ad aprirsi agli altri, generosa nella dedizione e nel servizio al
prossimo ».(84) La formazione alla libertà include anche
l'educazione alla coscienza morale, che allena all'ascolto della voce di Dio nel
profondo del proprio cuore e alla sua ferma adesione.
70. Questi molteplici aspetti della maturità umana qualità
umane, capacità di relazione, maturità affettiva, educazione alla
libertà e alla coscienza morale dovranno essere presi in
considerazione tenendo conto dell'età e della precedente formazione
dei candidati e pianificati con programmi personalizzati. Il direttore per la
formazione e il tutore interverranno per la parte di loro competenza; il
direttore spirituale non mancherà di prendere in considerazione questi
aspetti e di verificarli nei colloqui di direzione spirituale. Sono utili poi
incontri e conferenze che aiutino la revisione e diano qualche stimolo per la
maturazione. La vita comunitaria nelle varie forme in cui potrà
essere programmata costituirà un ambito privilegiato per la
verifica e la correzione fraterna. Nei casi nei quali, a giudizio dei formatori,
fosse necessario, si potrà ricorrere, col consenso degli interessati, ad
una consulenza psicologica.
2. Formazione spirituale
71. La formazione umana si apre e si completa nella formazione spirituale,
che costituisce il cuore e il centro unificante di ogni formazione cristiana.
Suo fine è di tendere allo sviluppo della vita nuova ricevuta nel
Battesimo.
Quando un candidato inizia il cammino di formazione diaconale, generalmente
ha già avuto una certa esperienza di vita spirituale come, per esempio,
il riconoscimento dell'azione dello Spirito, l'ascolto e la meditazione della
Parola di Dio, il gusto della preghiera, l'impegno al servizio dei fratelli, la
disponibilità al sacrificio, il senso della Chiesa, lo zelo apostolico. A
seconda poi del suo stato di vita, egli ha già maturato una certa
spiritualità ben precisa: familiare, di consacrazione nel mondo o di
consacrazione nella vita religiosa. La formazione spirituale del futuro diacono,
pertanto, non potrà ignorare quest'esperienza già acquisita, ma
dovrà verificarla e rafforzarla, per innestare su di essa i tratti
specifici della spiritualità diaconale.
72. L'elemento maggiormente caratterizzante la spiritualità diaconale
è la scoperta e la condivisione dell'amore di Cristo servo, che venne non
per essere servito, ma per servire. Il candidato dovrà perciò
essere aiutato ad acquisire progressivamente quegli atteggiamenti che, pur non
esclusivamente, sono tuttavia specificamente diaconali, quali la semplicità
di cuore, il dono totale e disinteressato di sé, l'amore umile e
servizievole verso i fratelli, soprattutto i più poveri, sofferenti e
bisognosi, la scelta di uno stile di condivisione e di povertà. Maria, la
serva del Signore, sia presente in questo cammino e sia invocata, con la
recita quotidiana del Rosario, come madre e ausiliatrice.
73. La fonte di questa nuova capacità di amore è l'Eucaristia,
che non a caso caratterizza il ministero del diacono. Il servizio ai poveri
infatti è la logica prosecuzione del servizio all'altare. Il candidato
perciò sarà invitato a partecipare ogni giorno, o almeno
frequentemente, nei limiti dei propri impegni familiari e professionali, alla
celebrazione eucaristica e sarà aiutato a penetrarne sempre di più
il mistero. Nell'orizzonte di questa spiritualità eucaristica si abbia
cura di valorizzare adeguatamente il sacramento della Penitenza.
74. Altro elemento caratterizzante la spiritualità diaconale è
la Parola di Dio, di cui il diacono è chiamato ad essere autorevole
annunciatore, credendo ciò che proclama, insegnando ciò che crede,
vivendo ciò che insegna.(85) Il candidato dovrà perciò
imparare a conoscere la Parola di Dio sempre più profondamente e a
cercare in essa l'alimento costante della sua vita spirituale, attraverso lo
studio accurato e amoroso e l'esercizio quotidiano della lectio divina.
75. Non dovrà mancare poi l'introduzione al senso della preghiera
della Chiesa. Pregare infatti a nome della Chiesa e per la Chiesa fa parte del
ministero del diacono. Ciò esige una riflessione sull'originalità
della preghiera cristiana e sul senso della Liturgia delle Ore, ma soprattutto
la pratica iniziazione ad essa. A tal fine, è importante che in tutti gli
incontri tra i futuri diaconi vi sia il tempo consacrato a questa preghiera.
76. Il diacono, infine, incarna il carisma del servizio come partecipazione
del ministero ecclesiastico. Ciò ha risvolti importanti sulla sua vita
spirituale, che dovrà essere caratterizzata dalle note dell'obbedienza e
della comunione fraterna. Un'autentica educazione all'obbedienza, anziché
mortificare i doni ricevuti con la grazia dell'ordinazione, garantirà
allo slancio apostolico l'autenticità ecclesiale. La comunione con i
confratelli ordinati, presbiteri e diaconi, a sua volta, è un balsamo che
sostiene e stimola la generosità nel ministero. Il candidato dovrà
perciò essere educato al senso di appartenenza al corpo dei ministri
ordinati, alla collaborazione fraterna con loro e alla condivisione spirituale.
77. Mezzi di questa formazione sono i ritiri mensili e gli esercizi
spirituali annuali; le istruzioni, da programmarsi secondo un piano organico e
progressivo, che tenga conto delle varie tappe della formazione;
l'accompagnamento spirituale, che deve poter essere assiduo. È compito
particolare del direttore spirituale aiutare il candidato a discernere i segni
della sua vocazione, a porsi in un atteggiamento di continua conversione, a
maturare i tratti propri della spiritualità diaconale, attingendo dagli
scritti della spiritualità classica e dall'esempio dei santi, ad operare
una sintesi armonica tra lo stato di vita, la professione e il ministero.
78. Si provveda inoltre perché le mogli dei candidati coniugati
crescano nella consapevolezza della vocazione del marito e della propria
missione accanto a lui. Siano invitate perciò a partecipare regolarmente
agli incontri di formazione spirituale.
Anche ai figli si rivolgano opportune iniziative di sensibilizzazione al
ministero diaconale.
3. Formazione dottrinale
79. La formazione intellettuale è una dimensione necessaria della
formazione diaconale, in quanto offre al diacono un sostanzioso alimento per la
sua vita spirituale e un prezioso strumento per il suo ministero. Essa è
particolarmente urgente oggi, di fronte alla sfida della nuova evangelizzazione
cui la Chiesa è chiamata in questo difficile trapasso di millennio.
L'indifferenza religiosa, l'offuscamento dei valori, la perdita di convergenza
etica, il pluralismo culturale esigono che coloro che sono impegnati nel
ministero ordinato abbiano una formazione intellettuale completa e seria.
Nella Lettera circolare del 1969, Come è a conoscenza, la
Congregazione per l'Educazione Cattolica invitava le Conferenze Episcopali a
predisporre una formazione dottrinale per i candidati al diaconato che tenesse
conto delle diverse situazioni personali ed ecclesiali, ma che allo stesso tempo
escludesse assolutamente « una preparazione affrettata o superficiale,
perché i compiti dei Diaconi, secondo quanto è stabilito nella
Cost. Lumen gentium (n. 29) e nel Motu proprio (n. 22),(86) sono di tale
importanza da esigere una formazione solida ed efficiente ».
80. I criteri che si devono seguire nel predisporre tale formazione sono:
a) la necessità che il diacono sia capace di rendere conto
della sua fede e maturi una viva coscienza ecclesiale;
b) l'attenzione che egli sia formato ai compiti specifici del suo
ministero;
c) l'importanza che acquisisca la capacità di lettura della
situazione e di un'adeguata inculturazione del Vangelo;
d) l'utilità che conosca tecniche di comunicazione e di
animazione delle riunioni, come pure che sappia parlare in pubblico, che sia in
grado di guidare e consigliare.
81. Tenendo conto di questi criteri, i contenuti che si dovranno prendere in
considerazione sono:(87)
a) l'introduzione alla Sacra Scrittura e alla sua retta
interpretazione; la teologia dell'Antico e del Nuovo Testamento;
l'interrelazione tra Scrittura e Tradizione; l'uso della Scrittura nella
predicazione, nella catechesi e nell'attività pastorale in genere;
b) l'iniziazione allo studio dei Padri della Chiesa e una prima
conoscenza della storia della Chiesa;
c) la teologia fondamentale, con l'illustrazione delle fonti, dei
temi e dei metodi della teologia, la presentazione delle questioni relative alla
Rivelazione e l'impostazione del rapporto tra fede e ragione, che abilita i
futuri diaconi ad esprimere la ragionevolezza della fede;
d) la teologia dogmatica, con i suoi diversi trattati: trinitaria,
creazione, cristologia, ecclesiologia ed ecumenismo, mariologia, antropologia
cristiana, sacramenti (specialmente la teologia del ministero ordinato),
escatologia;
e) la morale cristiana, nelle sue dimensioni personali e sociali, e
in particolare la dottrina sociale della Chiesa;
f) la teologia spirituale;
g) la liturgia;
h) il diritto canonico.
A seconda delle situazioni e delle necessità, si integrerà il
programma degli studi con altre discipline, quali lo studio delle altre
religioni, il complesso delle questioni filosofiche, l'approfondimento di certi
problemi economici e politici.(88)
82. Per la formazione teologica ci si avvalga, dove è possibile,
degli istituti di scienze religiose che già esistono o di altri istituti
di formazione teologica. Dove si devono istituire scuole apposite per la
formazione teologica dei diaconi, si faccia in modo che il numero delle ore
delle lezioni e dei seminari non sia inferiore a un migliaio nell'arco del
triennio. Almeno i corsi fondamentali si concludano con un esame e, alla fine
del triennio, si preveda un esame complessivo finale.
83. Per l'accesso a questo programma di formazione si richieda una previa
preparazione di base, da determinarsi a seconda della situazione culturale del
Paese.
84. I candidati siano predisposti a continuare la loro formazione anche dopo
l'ordinazione. A tal fine, siano orientati a formarsi una piccola biblioteca
personale di indirizzo teologico-pastorale e ad essere disponibili ai programmi
di formazione permanente.
4. Formazione pastorale
85. In senso lato, la formazione pastorale coincide con quella spirituale: è
la formazione all'identificazione sempre più piena con la diaconia di
Cristo. Tale atteggiamento deve presiedere l'articolazione delle diverse
dimensioni formative, integrandole nella prospettiva unitaria della vocazione
diaconale, che consiste nell'essere sacramento di Cristo, servo del Padre.
In senso stretto, la formazione pastorale si sviluppa attraverso una
disciplina teologica specifica e un tirocinio pratico.
86. La disciplina teologica si chiama teologia pastorale. È
questa « una riflessione scientifica sulla Chiesa nel suo edificarsi
quotidiano, con la forza dello Spirito, dentro la storia; sulla Chiesa, quindi,
come "sacramento universale di salvezza", come segno e strumento vivo
della salvezza di Gesù Cristo nella Parola, nei Sacramenti e nel servizio
della Carità ».(89) Scopo di questa disciplina è dunque la
presentazione dei principi, dei criteri e dei metodi che orientano l'azione
apostolico-missionaria della Chiesa nella storia.
La teologia pastorale programmata per i diaconi avrà
un'attenzione particolare ai campi eminentemente diaconali, quali:
a) la prassi liturgica: l'amministrazione dei sacramenti e dei
sacramentali, il servizio all'altare;
b) la proclamazione della Parola nei vari contesti del servizio
ministeriale: kerigma, catechesi, preparazione ai sacramenti, omelia;
c) l'impegno della Chiesa per la giustizia sociale e la carità;
d) la vita della comunità, in particolare l'animazione di équipes
familiari, piccole comunità, gruppi e movimenti, ecc.
Potranno risultare utili anche certi insegnamenti tecnici, che preparano i
candidati a specifiche attività ministeriali, come la psicologia, la
pedagogia catechistica, l'omiletica, il canto sacro, l'amministrazione
ecclesiastica, l'informatica, ecc.(90)
87. In concomitanza (e possibilmente in collegamento) con l'insegnamento
della teologia pastorale si deve prevedere per ogni candidato un tirocinio
pratico, che gli permetta di avere un riscontro sul campo di quanto appreso
nello studio. Esso deve essere graduale, differenziato e continuamente
verificato. Per la scelta delle attività si tenga conto del conferimento
dei ministeri istituiti e si valorizzi il loro esercizio.
Si abbia cura che i candidati siano attivamente inseriti nell'attività
pastorale diocesana e abbiano periodici scambi di esperienze con i diaconi
impegnati nel vivo del ministero.
88. Inoltre, ci si preoccupi che i futuri diaconi maturino una forte
sensibilità missionaria. Anch'essi, infatti, analogamente ai presbiteri,
ricevono con la sacra ordinazione un dono spirituale che li prepara ad una
missione universale, fino agli estremi confini della terra (cf At 1,
8).(91) Siano dunque aiutati a prendere viva coscienza di questa loro identità
missionaria e preparati a farsi carico dell'annuncio della verità anche
ai non cristiani, specialmente a quelli che appartengono al loro popolo. Ma non
manchi neppure la prospettiva della missione ad gentes, qualora le
circostanze lo richiedessero e lo permettessero.
CONCLUSIONE
89. La Didascalia Apostolorum raccomanda ai diaconi dei primi
secoli: « Come il nostro Salvatore e Maestro ha detto nel Vangelo: colui
che vorrà diventare grande fra voi, si farà vostro servo, appunto
come il Figlio dell'Uomo che non è venuto per essere servito ma per
servire e dare la sua vita in riscatto per molti, voi, diaconi, dovete fare
lo stesso, anche se ciò comporti il dare la vita per i vostri fratelli,
per il servizio che siete tenuti a compiere ».(92) È questo un
invito attualissimo anche per quelli che sono chiamati oggi al diaconato, che li
interpella a prepararsi con grande impegno al loro futuro ministero.
90. Le Conferenze Episcopali e gli Ordinari di tutto il mondo, cui viene
consegnato il presente documento, provvedano a farne oggetto di attenta
riflessione in comunione con i loro presbiteri e le loro comunità. Esso
sarà un importante punto di riferimento per quelle Chiese in cui il
diaconato permanente è una realtà viva e operante; per le altre,
sarà un efficace invito a valorizzare quel prezioso dono dello Spirito
che è il servizio diaconale.
Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II ha approvato e ordinato di
pubblicare questa « Ratio fundamentalis institutionis diaconorum
permanentium ».
Roma, dal Palazzo delle Congregazioni, il 22 febbraio, festa della
Cattedra di S. Pietro, dell'anno 1998.
Pio Card. Laghi Prefetto
José Saraiva Martins Arciv. tit. di Tuburnica Segretario
NOTE
(1) Cf Paolo VI, Lett. ap. Sacrum diaconatus ordinem (18 giugno
1967): AAS 59 (1967), pp. 697-704. La Lettera apostolica, al cap. II,
dedicato ai candidati giovani, prescrive: « 6. I giovani candidati
all'ufficio diaconale vengano accolti in uno speciale istituto ove siano messi
alla prova, educati a vivere una vita veramente evangelica e preparati a
svolgere utilmente le proprie specifiche funzioni. 9. Il vero e proprio
tirocinio diaconale si protragga almeno per la durata di tre anni; l'ordine
degli studi, inoltre, sia regolato in modo che i candidati a grado a grado,
progressivamente vengano disposti ad attendere con perizia ed utilità ai
vari uffici diaconali. Nel suo complesso, poi, il ciclo degli studi potrà
essere ordinato in modo tale che nel corso dell'ultimo anno venga data una
specifica preparazione ai diversi uffici ai quali i diaconi, di preferenza,
attenderanno. 10. A ciò si aggiungano le esercitazioni pratiche
riguardanti l'insegnamento degli elementi della religione cristiana ai fanciulli
e ad altri fedeli, la direzione e la divulgazione del canto sacro, la lettura
dei libri divini della Scrittura nelle assemblee dei fedeli, la predicazione e
l'esortazione al popolo, l'amministrazione dei sacramenti che competono ai
diaconi, la visita agli ammalati e, in genere, l'adempimento di quei servizi che
ad essi possono essere commessi ». La medesima Lettera apostolica, al cap.
III, dedicato ai candidati di età più matura, prescrive: «
14. È auspicabile che anche tali diaconi siano provvisti di non mediocre
dottrina, secondo quanto è stato detto ai nn. 8, 9, 10, o che almeno essi
abbiano credito per quella preparazione intellettuale che, a giudizio della
conferenza episcopale, sarà loro indispensabile per il compimento delle
proprie specifiche funzioni. Siano perciò ammessi, per un certo tempo, in
uno speciale istituto ove possano apprendere tutto ciò di cui avranno
bisogno per attendere degnamente all'ufficio diaconale. 15. Che se ciò
non possa farsi, l'aspirante venga affidato per l'educazione a qualche sacerdote
di eminente virtù che si prenda cura di lui, lo istruisca e possa
testimoniare, quindi, della di lui prudenza e maturità ».
(2) La Lettera circolare della Congregazione indicava che i corsi dovevano
prendere in considerazione lo studio della Sacra Scrittura, del Dogma, della
Morale, del Diritto Canonico, della Liturgia, di « insegnamenti tecnici,
che preparino i candidati a certe attività di ministero, quali la
psicologia, pedagogia catechistica, eloquenza, canto sacro, impostazione di
organizzazioni cattoliche, amministrazione ecclesiastica, modo di tenere
aggiornati i registri di battesimo, cresima, matrimoni, defunti, ecc. ».
(3) Paolo VI, Lett. ap. Ad pascendum (15 agosto 1972), VII b):
AAS 64 (1972), p. 540.
(4) Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis
(25 marzo 1992), 12: AAS 84 (1992), pp. 675-676.
(5) Cf Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 28; 29.
(6) Il Pontificale Romanum De Ordinatione Episcopi,
Presbyterorum et Diaconorum, Editio typica altera, Typis Polyglottis
Vaticanis 1990, p. 101, cita al n. 179 dei « Praenotanda », relativi
all'ordinazione dei diaconi, l'espressione « in ministerio Episcopi
ordinantur » tratta dalla Traditio apostolica, 8 (SCh,
11bis, pp. 58-59), ripresa dalle Constitutiones Ecclesiae Aegyptiacae
III, 2: F. X. Funk (ed.), Didascalia et Constitutiones Apostolorum, II,
Paderbornae 1905, p. 103.
(7) « Siano misericordiosi, attivi; camminino nella verità del
Signore il quale si è fatto servo di tutti » (S. Policarpo, Epist.
ad Philippenses, 5, 2: F. X. Funk $[ed.$
(8) Paolo VI, Lett. ap. Ad pascendum, Introduzione: l.
c., pp. 534-538.
(9) Cf Pontificale Romanum De Ordinatione Episcopi,
Presbyterorum et Diaconorum, n. 207: ed. cit., pp. 115-122.
(10) Cf Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1570.
(11) Ibidem, n. 1588.
(12) Cf Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Christus Dominus, 15.
(13) Cf C.I.C., can. 266.
(14) Cf Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 29.
(15) Cf Pontificale Romanum De Ordinatione Episcopi,
Presbyterorum et Diaconorum, n. 210: ed. cit., p. 125.
(16) Cf Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 29.
(17) Cf ibidem.
(18) Paolo VI, Lett. ap. Sacrum diaconatus ordinem, I, 1: l. c.,
p. 699.
(19) Cf C.I.C., can. 276, § 2, 3o.
(20) Cf ibidem, can. 1031, § 3.
(21) Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Optatam totius, 1.
(22) Paolo VI, Lett. ap. Sacrum diaconatus ordinem, VII, 32: l.
c., p. 703.
(23) Ibidem, VII, 35: l. c., p. 704.
(24) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 64.
(25) Ibidem, 8.
(26) Al Vescovo diocesano sono equiparati in merito coloro ai quali sono
affidate la prelatura territoriale, l'abbazia territoriale, il vicariato
apostolico, la prefettura apostolica e l'amministrazione apostolica stabilmente
eretta (cf C.I.C., cann. 368; 381, § 2) nonché la prelatura
personale (cf C.I.C., cann. 266, § 1; 295) e l'ordinariato militare
(cf Giovanni Paolo II, Cost. ap. Spirituali militum curae $[21 aprile
1986$
(27) Cf C.I.C., cann. 1025; 1029.
(28) Si intende anche il direttore della casa specifica di formazione,
qualora esistesse (cf C.I.C., can. 236, 1o).
(29) Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis,
68: l. c., pp. 775-776.
(30) Ibidem, 69: l. c., p. 778.
(31) Ibidem, 36: l. c., pp. 715-716.
(32) Catechismus ex decreto Concilii Tridentini ad Parochos, pars
II, c. 7, n. 3, Torino 1914, p. 288.
(33) Didachè, 15, 1: F. X. Funk (ed.), Patres Apostolici,
I, o. c., pp. 32-35.
(34) S. Policarpo, Epist. ad Philippenses, 5, 1-2: F. X. Funk
(ed.), Patres Apostolici, I, o. c., pp. 300-302.
(35) C.I.C., can. 1029. Cf can. 1051, 1o.
(36) Cf Paolo VI, Lett. ap. Sacrum diaconatus ordinem, II, 8: l.
c., p. 700.
(37) Cf C.I.C., cann. 285, §§ 1-2; 289; Paolo VI, Lett.
ap. Sacrum diaconatus ordinem, III, 17: l. c., p. 701.
(38) C.I.C., can. 1031, § 2. Cf Paolo VI, Lett. ap. Sacrum
diaconatus ordinem, II, 5; III, 12: l. c., pp. 699; 700. Il can.
1031, § 3 prescrive che « è diritto delle Conferenze Episcopali
stabilire una norma con cui si richieda un'età più avanzata ».
(39) Cf C.I.C., cann. 1040-1042. Le irregolarità
(impedimenti perpetui) elencate dal can. 1041 sono: 1) una qualche forma di pazzia
o altra infermità psichica, per la quale, consultati i periti,
risulta l'inabilità a svolgere nel modo appropriato il ministero; 2) i
delitti di apostasia, eresia, e scisma; 3) l'attentato
matrimonio, anche soltanto civile; 4) l'omicidio volontario o il
procurato aborto, ottenuto l'effetto; 5) la mutilazione grave,
personale o altrui, e il tentato suicidio; 6) l'illecito compimento
di atti di ordine. Gli impedimenti semplici, elencati dal can. 1042, sono:
1) l'esercizio di un'attività sconveniente o aliena allo stato
clericale; 2) lo stato di neofita (salvo il giudizio diverso
dell'Ordinario).
(40) Paolo VI, Lett. ap. Sacrum diaconatus ordinem, II, 4: l.
c., p. 699. Cf Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium,
29.
(41) Paolo VI, Lett. ap. Sacrum diaconatus ordinem, III, 13: l.
c., p. 700.
(42) Ibidem, III, 11: l. c., p. 700. Cf C.I.C.,
cann. 1031, § 2; 1050, 3o.
(43) Paolo VI, Lett. ap. Sacrum diaconatus ordinem, 16: l. c.,
p. 701; Lett. ap. Ad pascendum, VI: l. c., p. 539; C.I.C.,
can. 1087.
(44) La Lettera circolare Prot. N. 26397 del 6 giugno 1997 della
Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti prevede che sia
sufficiente una sola delle seguenti condizioni per ottenere la dispensa
dall'impedimento di cui al can. 1087: la grande e provata utilità del
ministero del diacono per la diocesi di appartenenza; la presenza di figli in
tenera età, bisognosi di cura materna; la presenza di genitori o suoceri
anziani, bisognosi di assistenza.
(45) Cf Paolo VI, Lett. ap. Sacrum diaconatus ordinem, VII, 32-35:
l. c., pp. 703-704.
(46) Cf Idem, Lett. ap. Ecclesiae sanctae (6 agosto 1966), I, 25, §
1: AAS 58 (1966), p. 770.
(47) Cf C.I.C., can. 1026.
(48) Paolo VI, Lett. ap. Ad pascendum, Introduzione; cf I a): l.
c., pp. 537-538. Cf C.I.C., can. 1034, § 1. Il rito di
ammissione tra i candidati all'Ordine sacro si trova nel Pontificale Romanum
De Ordinatione Episcopi, Presbyterorum et Diaconorum, Appendix, II:
ed. cit., pp. 232ss.
(49) Cf C.I.C., cann. 1016; 1019.
(50) Cf ibidem, can. 1034, § 1; Paolo VI, Lett. ap. Ad
pascendum, I a): l. c., p. 538.
(51) Cf C.I.C., can. 236 e articoli 41-44 della presente Ratio.
(52) C.I.C., can. 236, 1o. Cf Paolo VI, Lett. ap. Sacrum
diaconatus ordinem, II, 6: l. c., p. 699.
(53) Ibidem, II, 7: l. c., p. 699.
(54) C.I.C., can. 236, 2o.
(55) Paolo VI, Lett. ap. Sacrum diaconatus ordinem, III, 15: l.
c., p. 701.
(56) C.I.C., can. 1035, § 1.
(57) Paolo VI, Lett. ap. Ad pascendum, II: l. c., p. 539;
Lett. ap. Ministeria quaedam (15 agosto 1972), XI: AAS 64
(1972), p. 533.
(58) Idem, Lett. ap. Ad pascendum, Introduzione: l. c., p.
538.
(59) Cf Idem, Lett. ap. Ministeria quaedam, VIII a): l. c.,
p. 533.
(60) Cf Pontificale Romanum De Institutione Lectorum et
Acolythorum, Editio typica, Typis Polyglottis Vaticanis 1972.
(61) Cf Paolo VI, Lett. ap. Ministeria quaedam, X: l. c.,
p. 533; Lett. ap. Ad pascendum, IV: l. c., p. 539.
(62) C.I.C., can. 1035, § 2.
(63) Ibidem, can. 1036. Cf Paolo VI, Lett. ap. Ad pascendum,
V: l. c., p. 539.
(64) Cf C.I.C., can. 1050.
(65) Cf ibidem, cann. 1050, 3o; 1031, § 2.
(66) Ibidem, can. 1051, 1o.
(67) Ibidem, can. 1051, 2o.
(68) Cf ibidem, can. 1028. Per gli obblighi che gli ordinandi si
assumono con il diaconato, cf i canoni 273-289. Per i diaconi coniugati si deve
aggiungere l'impedimento a contrarre nuove nozze (cf can. 1087).
(69) Cf ibidem, can. 1037; Paolo VI, Lett. ap. Ad pascendum,
VI: l. c., p. 539.
(70) Cf Pontificale Romanum De Ordinatione Episcopi,
Presbyterorum et Diaconorum, n. 177: ed. cit., p. 101.
(71) Cf C.I.C., can. 833, 6o; Congregazione per la Dottrina della
Fede, Professio fidei et Iusiurandum fidelitatis in suscipiendo officio
nomine Ecclesiae exercendo: AAS 81 (1989), pp. 104-106; 1169.
(72) C.I.C., can. 1015, § 1.
(73) Cf ibidem, can. 1019.
(74) Pontificale Romanum De Ordinatione Episcopi, Presbyterorum
et Diaconorum, cap. III, De Ordinatione Diaconorum: ed. cit.,
pp. 100-142.
(75) Cf C.I.C., cann. 1010-1011.
(76) Ibidem, can. 1039.
(77) Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis,
43: l. c., p. 732.
(78) Ibidem: l. c., pp. 732-733.
(79) Cf ibidem: l. c., p. 733.
(80) Idem, Lett. enc. Redemptor hominis (4 marzo 1979), 10: AAS
71 (1979), p. 274.
(81) Cf Idem, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 44:
l. c., p. 734.
(82) Cf ibidem: l. c., pp. 734-735.
(83) Cf Idem, Esort. ap. Familiaris consortio (22 novembre 1981):
AAS 74 (1982), pp. 81-191.
(84) Idem, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 44: l.
c., p. 735.
(85) Cf la consegna del libro dei Vangeli, in Pontificale Romanum
De Ordinatione Episcopi, Presbyterorum et Diaconorum, n. 210: ed. cit.,
p. 125.
(86) Si tratta della Lett. ap. di Paolo VI, Sacrum diaconatus ordinem,
n. 22: l. c., pp. 701-702.
(87) Cf Congregazione per l'Educazione Cattolica, Lett. circ. Come è
a conoscenza (16 luglio 1969), p. 2.
(88) Cf ibidem, p. 3.
(89) Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis,
57: l. c., p. 758.
(90) Cf Congregazione per l'Educazione Cattolica, Lett. circ. Come è
a conoscenza, p. 3.
(91) Cf Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Presbyterorum ordinis, 10; Decr.
Ad gentes, 20.
(92) Didascalia Apostolorum, III, 13 (19), 3: F. X. Funk (ed.),
Didascalia et Constitutiones Apostolorum, I, o. c., pp. 214-215.
CONGREGAZIONE PER IL CLERO
DIRECTORIUM PRO MINISTERIO ET VITA DIACONORUM
PERMANENTIUM
DIRETTORIO PER IL MINISTERO E LA VITA DEI DIACONI
PERMANENTI
1
LO STATUTO GIURIDICO DEL DIACONO
Il diacono ministro sacro
1. Il diaconato ha la sua sorgente nella consacrazione e nella missione di
Cristo, delle quali il diacono viene chiamato a partecipare.(1) Mediante
l'imposizione delle mani e la preghiera consacratoria egli viene costituito
ministro sacro, membro della gerarchia. Questa condizione determina il suo stato
teologico e giuridico nella Chiesa.
L'incardinazione
2. Al momento dell'ammissione tutti i candidati dovranno esprimere
chiaramente e per iscritto l'intenzione di servire la Chiesa(2) per tutta la
vita in una determinata circoscrizione territoriale o personale oppure in un
Istituto di Vita consacrata, in una Società di Vita apostolica, che
abbiano facoltà di incardinare.(3) L'accettazione scritta di tale
richiesta è riservata a chi ha la facoltà di incardinare, e
determina chi è l'Ordinario del candidato.(4)
L'incardinazione è un vincolo giuridico che ha valore ecclesiologico
e spirituale in quanto esprime la dedicazione ministeriale del diacono alla
Chiesa.
3. Un diacono, già incardinato in una circoscrizione ecclesiastica,
può essere incardinato in un'altra circoscrizione a norma del diritto.(5)
Il diacono, che, per giusti motivi, desidera esercitare il ministero in una
diocesi diversa da quella di incardinazione, deve ottenere l'autorizzazione
scritta dei due vescovi.
I vescovi favoriscano i diaconi della loro diocesi che intendono mettersi a
disposizione delle Chiese che soffrono per scarsità di clero, sia in
forma definitiva, sia a tempo determinato, e, in particolare, quelli che
chiedono di dedicarsi, premessa una specifica accurata preparazione, alla
missione ad gentes. I necessari rapporti saranno regolati, con idonea
convenzione, tra i vescovi interessati.(6)
È dovere del vescovo seguire con particolare sollecitudine i diaconi
della sua diocesi.(7) Egli vi provvederà personalmente o tramite un
sacerdote suo delegato, rivolgendosi con premura speciale verso coloro che, per
la loro situazione di vita, si trovano in particolari difficoltà.
4. Il diacono incardinato in un Istituto di Vita Consacrata o in una Società
di Vita Apostolica, eserciterà il suo ministero sotto la potestà
del vescovo in tutto ciò che riguarda la cura pastorale e l'esercizio
pubblico del culto divino e le opere di apostolato, restando anche soggetto ai
propri superiori, secondo le loro competenze e mantenendosi fedele alla
disciplina della comunità di riferimento.(8) In caso di trasferimento ad
altra comunità di diversa diocesi, il superiore dovrà presentare
il diacono all'Ordinario per avere da questi la licenza all'esercizio del
ministero, secondo le modalità che essi stessi determineranno con
sapiente accordo.
5. La vocazione specifica del diacono permanente suppone la stabilità
in quest'ordine. Pertanto, un eventuale passaggio al presbiterato di diaconi
permanenti non uxorati o rimasti vedovi sarà sempre una rarissima
eccezione, possibile soltanto quando speciali e gravi ragioni lo suggeriscono.
La decisione di ammissione all'Ordine del Presbiterato spetta al proprio Vescovo
diocesano, se non ci sono altri impedimenti riservati alla Santa Sede.(9) Data
però l'eccezionalità del caso, è opportuno che egli
consulti previamente la Congregazione per l'Educazione Cattolica per ciò
che riguarda il programma di preparazione intellettuale e teologica del
candidato e la Congregazione per il Clero, circa il programma di preparazione
pastorale e le attitudini del diacono al ministero presbiterale.
Fraternità sacramentale
6. I diaconi, in virtù dell'ordine ricevuto, sono uniti tra loro da
fraternità sacramentale. Essi operano tutti per la stessa causa:
l'edificazione del Corpo di Cristo, sotto l'autorità del Vescovo, in
comunione con il Sommo Pontefice.(10) Ciascun diacono si senta legato ai
confratelli con il vincolo della carità, della preghiera, dell'obbedienza
attorno al proprio Vescovo, dello zelo ministeriale e della collaborazione.
È bene che i diaconi, con l'assenso del Vescovo e in presenza del
Vescovo stesso o del suo delegato, si riuniscano periodicamente per verificare
l'esercizio del proprio ministero, scambiarsi esperienze, proseguire la
formazione, stimolarsi vicendevolmente nella fedeltà.
I suddetti incontri fra diaconi permanenti possono costituire un punto di
riferimento anche per i candidati all'ordinazione diaconale.
Spetta al Vescovo del luogo alimentare nei diaconi operanti in diocesi uno «
spirito di comunione », evitando il formarsi di quel « corporativismo »,
che influì nella scomparsa del diaconato permanente nei secoli passati.
Obblighi e diritti
7. Lo statuto del diacono comporta anche un insieme di obblighi e diritti
specifici, a tenore dei cann. 273-283 del Codice di Diritto Canonico,
riguardanti gli obblighi e i diritti dei chierici, con le peculiarità ivi
previste per i diaconi.
8. Il Rito dell'ordinazione del diacono prevede la promessa di obbedienza al
Vescovo: « Prometti a me e ai miei successori filiale rispetto e
obbedienza? ».(11)
Il diacono, promettendo obbedienza al Vescovo, assume come modello Gesù,
l'uomo obbediente per eccellenza (cf Fil 2, 5-11), sul cui esempio
caratterizzerà la propria obbedienza nell'ascolto (cf Eb 10, 5ss;
Gv 4, 34) e nella radicale disponibilità (cf Lc 9, 54ss;
10, 1ss).
Egli, perciò, si impegna anzitutto con Dio ad agire in piena
conformità alla volontà del Padre; nello stesso tempo si impegna
anche con la Chiesa, che ha bisogno di persone pienamente disponibili.(12) Nella
preghiera e nello spirito di orazione di cui deve essere intriso, il diacono
approfondirà quotidianamente il dono totale di sé, come ha fatto
il Signore « fino alla morte e alla morte di croce » (Fil 2,
8).
Questa visione dell'obbedienza predispone nell'accoglimento delle concrete
specificazioni dell'obbligo assunto dal diacono con la promessa fatta
nell'ordinazione, secondo quanto previsto dalla legge della Chiesa: « I
chierici, se non sono scusati da un impedimento legittimo, sono tenuti ad
accettare e adempiere fedelmente l'incarico loro affidato dal proprio Ordinario
».(13)
Il fondamento dell'obbligo sta nella partecipazione stessa al ministero
episcopale, conferita dal sacramento dell'Ordine e dalla missione canonica.
L'ambito dell'obbedienza e della disponibilità è determinato dallo
stesso ministero diaconale e da tutto ciò che ha relazione oggettiva,
diretta e immediata con esso.
Al diacono, nel decreto di conferimento dell'ufficio, il Vescovo attribuirà
compiti corrispondenti alle capacità personali, alla condizione
celibataria o familiare, alla formazione, all'età, alle aspirazioni
riconosciute come spiritualmente valide. Saranno anche definiti l'ambito
territoriale o le persone alle quali sarà indirizzato il servizio
apostolico; sarà, pure, specificato se l'ufficio è a tempo pieno o
parziale, e quale presbitero sarà responsabile della « cura animarum
» pertinente all'ambito dell'ufficio.
9. Dovere dei chierici è vivere nel vincolo della fraternità e
della preghiera, impegnandosi nella collaborazione tra loro e con il Vescovo,
riconoscendo e promuovendo anche la missione dei fedeli laici nella Chiesa e nel
mondo,(14) conducendo uno stile di vita sobrio e semplice, che si apra alla «
cultura del dare » e favorisca una generosa condivisione fraterna.(15)
10. I diaconi permanenti non sono tenuti a portare l'abito ecclesiastico,
come, invece, lo sono i diaconi candidati al presbiterato,(16) per i quali
valgono le stesse norme previste ovunque per i presbiteri.(17)
I membri degli Istituti di Vita consacrata e le Società di Vita
apostolica si atterranno a quanto disposto per loro dal Codice di Diritto
Canonico.(18)
11. La Chiesa riconosce nel proprio ordinamento canonico il diritto dei
diaconi ad associarsi fra di loro, per favorire la loro vita spirituale, per
esercitare opere di carità e di pietà e per conseguire altri fini,
in piena conformità con la loro consacrazione sacramentale e la loro
missione.(19)
Ai diaconi, come agli altri chierici, non è consentita la fondazione,
l'adesione e la partecipazione ad associazioni, o raggruppamenti di qualsiasi
genere, anche civili, incompatibili con lo stato clericale, o che ostacolino il
diligente compimento del loro ministero. Eviteranno anche tutte quelle
associazioni che, per loro natura, finalità e metodi di azione sono di
nocumento alla piena comunione gerarchica della Chiesa; quelle, ancora, che
arrecano danno all'identità diaconale e all'adempimento dei doveri, che i
diaconi esercitano a servizio del popolo di Dio; quelle, infine, che complottano
contro la Chiesa.(20)
Sarebbero del tutto inconciliabili con lo stato diaconale quelle
associazioni che intendessero riunire i diaconi, con una pretesa di
rappresentatività, in una specie di corporazione, o disindacato
o, comunque, in gruppi di pressione, riducendo, di fatto, il loro sacro
ministero a professione o mestiere, paragonabili a funzioni di carattere
profano. Inoltre, sarebbero incompatibili associazioni che, in qualche modo,
snaturassero il rapporto diretto e immediato che ogni diacono ha con il proprio
Vescovo.
Tali associazioni sono vietate perché risultano dannose all'esercizio
del sacro ministero diaconale, che rischia di essere considerato come
prestazione subordinata, e introducono, così, un atteggiamento di
contrapposizione ai sacri pastori, considerati unicamente come datori di
lavoro.(21)
Si tenga presente che nessuna associazione privata può essere
riconosciuta come ecclesiale senza la previa recognitio degli statuti da
parte della competente autorità ecclesiastica;(22) che la stessa autorità
ha il diritto-dovere di vigilanza sulla vita delle associazioni e sul
conseguimento delle finalità statutarie.(23)
I diaconi, provenienti da associazioni o movimenti ecclesiali, non siano
privati delle ricchezze spirituali di tali aggregazioni, nelle quali possono
continuare a trovare aiuto e sostegno per la loro missione a servizio della
Chiesa particolare.
12. L'eventuale attività professionale o lavorativa del diacono ha un
significato diverso da quella del fedele laico.(24) Nei diaconi permanenti il
lavoro rimane collegato al ministero; essi, pertanto, terranno presente che i
fedeli laici, per loro missione specifica, sono « particolarmente chiamati
a rendere presente e operosa la Chiesa in quei luoghi e in quelle circostanze,
in cui essa non può diventare sale della terra se non per loro mezzo ».(25)
La vigente disciplina della Chiesa non proibisce ai diaconi permanenti di
assumere ed esercitare una professione con esercizio di potere civile, né
di impegnarsi nell'amministrazione di beni temporali ed esercitare uffici
secolari con obbligo di rendiconto, in deroga a quanto previsto per gli altri
chierici.(26) Poiché tale deroga può risultare non opportuna, è
previsto che il diritto particolare possa determinare diversamente.
Nell'esercizio delle attività commerciali e degli affari(27)
consentito ai diaconi se non ci sono diverse quanto opportune previsioni del
diritto particolare sarà dovere dei diaconi dare buona
testimonianza di onestà e di correttezza deontologica, anche
nell'osservanza degli obblighi di giustizia e delle leggi civili che non siano
in opposizione al diritto naturale, al Magistero, alle leggi della Chiesa e alla
sua libertà.(28)
Questa deroga non si applica ai diaconi appartenenti ad Istituti di vita
consacrata e Società di vita apostolica.(29)
I diaconi permanenti, comunque, avranno sempre cura di valutare ogni cosa
con prudenza, chiedendo consiglio al proprio Vescovo, soprattutto nelle
situazioni e nei casi più complessi. Talune professioni, pur oneste e
utili alla comunità se esercitate da un diacono permanente
potrebbero risultare, in determinate situazioni, difficilmente compatibili con
le responsabilità pastorali proprie del suo ministero. L'autorità
competente, pertanto, tenendo presente le esigenze della comunione ecclesiale e
la fruttuosità dell'azione pastorale al servizio di essa, valuti
prudentemente i singoli casi, anche quando si verifichi un cambiamento di
professione dopo l'ordinazione diaconale.
In casi di conflitto di coscienza, i diaconi non possono non agire, seppur
con grave sacrificio, in conformità alla dottrina e alla disciplina della
Chiesa.
13. I diaconi, in quanto ministri sacri, devono dare priorità al
ministero e alla carità pastorale, favorendo « in sommo grado il
mantenimento, fra gli uomini, della pace e della concordia ».(30)
L'impegno di militanza attiva nei partiti politici e nei sindacati può
essere consentito in situazioni di particolare rilevanza per « la difesa
dei diritti della Chiesa o la promozione del bene comune »,(31) secondo le
disposizioni emanate dalle Conferenze Episcopali;(32) rimane, comunque,
fermamente proibita, in ogni caso, la collaborazione a partiti e forze
sindacali, che si fondano su ideologie, prassi e coalizioni incompatibili con la
dottrina cattolica.
14. Il diacono, di norma, per allontanarsi dalla diocesi « per un tempo
notevole », secondo le specificazioni del diritto particolare, dovrà
avere l'autorizzazione del proprio Ordinario o Superiore maggiore.(33)
Sostentamento e previdenza
15. I diaconi impegnati in attività professionali devono mantenersi
con gli utili da esse derivanti.(34)
È del tutto legittimo che quanti si dedicano pienamente al servizio
di Dio nello svolgimento di uffici ecclesiastici(35) siano equamente remunerati,
dato che « l'operaio è degno della sua mercede » (Lc
10, 7) e che « il Signore ha disposto che quelli che annunziano il Vangelo
vivano del Vangelo » (1 Cor 9, 14). Ciò non esclude che,
come già faceva l'apostolo Paolo (cf 1 Cor 9, 12), non si possa
rinunciare a questo diritto e provvedere diversamente al proprio sostentamento.
Non è facile fissare norme generali e vincolanti per tutti riguardo
al sostentamento, data la grande varietà di situazioni che si hanno tra i
diaconi, nelle diverse Chiese particolari e nei diversi paesi. In questa
materia, inoltre, vanno tenuti presenti anche gli eventuali accordi stipulati
dalla Santa Sede e dalle Conferenze Episcopali con i governi delle nazioni. Si
rinvia, perciò, al diritto particolare per le opportune determinazioni.
16. I chierici, in quanto dedicati in modo attivo e concreto al ministero
ecclesiastico, hanno diritto al sostentamento, che comprende « una
rimunerazione adeguata »(36) e l'assistenza sociale.(37)
In riferimento ai diaconi coniugati il Codice di Diritto Canonico
così dispone: « I diaconi coniugati, che si dedicano a tempo pieno
al ministero ecclesiastico, siano rimunerati in modo da essere in grado di
provvedere al proprio sostentamento e a quello della famiglia; quanti ricevono
una rimunerazione per la professione civile che esercitano o hanno esercitato,
provvedano ai loro bisogni e a quelli della propria famiglia con i redditi
provenienti da tale rimunerazione ».(38) Nello stabilire che la
rimunerazione deve essere « adeguata », sono anche enunciati i
parametri per determinare e valutare la misura della rimunerazione: condizione
della persona, natura dell'ufficio esercitato, circostanze di luogo e di tempo,
necessità della vita del ministro (comprese quelle della sua famiglia, se
coniugato), giusta retribuzione per le persone che, eventualmente, fossero al
suo servizio. Si tratta di criteri generali, che si applicano a tutti i
chierici.
Per provvedere al « sostentamento dei chierici che prestano servizio a
favore della diocesi », in ogni Chiesa particolare deve essere costituito
un istituto speciale, che a tale scopo « raccolga i beni e le offerte ».(39)
L'assistenza sociale in favore dei chierici, se non è stato
provveduto diversamente, è affidata ad altro apposito istituto.(40)
17. I diaconi celibi, dediti al ministero ecclesiastico in favore della
diocesi a tempo pieno, se non godono di altra fonte di sostentamento, hanno
diritto essi pure alla remunerazione, secondo il principio generale.(41)
18. I diaconi sposati, che si dedicano a tempo pieno al ministero
ecclesiastico senza percepire da altra fonte alcun compenso economico, devono
essere remunerati in modo da essere in grado di provvedere al proprio
sostentamento e a quello della famiglia,(42) in conformità al suddetto
principio generale.
19. I diaconi sposati, che si dedicano a tempo pieno o a tempo parziale al
ministero ecclesiastico, se ricevono una remunerazione per la professione
civile, che esercitano o hanno esercitato, sono tenuti a provvedere ai loro
bisogni e a quelli della propria famiglia con i redditi provenienti da tale
remunerazione.(43)
20. Spetta al diritto particolare regolare con opportune norme altri aspetti
della complessa materia, stabilendo, ad esempio, che gli enti e le parrocchie,
che beneficiano del ministero di un diacono, hanno l'obbligo di rimborsare le
spese vive, da questi sostenute, per lo svolgimento del ministero.
Il diritto particolare può, inoltre, definire quale onere debba
assumersi la diocesi nei confronti del diacono che, senza colpa, venisse a
trovarsi privo di lavoro civile. Parimenti, sarà opportuno precisare le
eventuali obbligazioni economiche della diocesi nei confronti della moglie e dei
figli del diacono sposato deceduto. Dov'è possibile, è opportuno
che il diacono aderisca, prima dell'ordinazione, ad una mutua che preveda questi
casi.
Perdita dello stato di diacono
21. Il diacono è chiamato a vivere con generosa dedizione e sempre
rinnovata perseveranza l'ordine ricevuto, fiducioso nella perenne fedeltà
di Dio. La sacra ordinazione, una volta validamente ricevuta, mai diviene nulla.
Tuttavia, la perdita dello stato clericale avviene in conformità a quanto
previsto dalla normativa canonica.(44)
2
MINISTERO DEL DIACONO
Funzioni diaconali
22. Il ministero del diacono è sintetizzato dal Concilio Vaticano II
con la triade « diaconía della liturgia, della parola e della carità
».(45) In questo modo si esprime la partecipazione diaconale all'unico e
triplice munus di Cristo nel ministero ordinato. Il diacono « è maestro,
in quanto proclama e illustra la Parola di Dio; è santificatore,
in quanto amministra il sacramento del Battesimo, dell'Eucaristia e i
Sacramentali, partecipa alla celebrazione della S. Messa, in veste di "ministro
del Sangue", conserva e distribuisce l'Eucarestia; è guida,
in quanto è animatore di comunità o settori della vita ecclesiale ».(46)
Così il diacono assiste e serve i Vescovi e i presbiteri, che presiedono
ogni liturgia, vigilano sulla dottrina e guidano il Popolo di Dio.
Il ministero dei diaconi, nel servizio alla comunità dei fedeli, deve
« collaborare alla costruzione dell'unità dei cristiani senza
pregiudizi e senza iniziative inopportune »,(47) coltivando quelle «
qualità umane che rendono una persona accetta agli altri e credibile,
vigilante sul proprio linguaggio e sulle proprie capacità di dialogo, per
acquisire un'attitudine autenticamente ecumenica ».(48)
Diaconía della Parola
23. Il Vescovo, durante l'ordinazione, consegna al diacono il libro dei
Vangeli con queste parole: « Ricevi il Vangelo di Cristo del quale sei
divenuto l'annunziatore ».(49) Come i sacerdoti, i diaconi si dedicano a
tutti gli uomini, sia con la loro buona condotta, sia con la predicazione aperta
del mistero di Cristo, sia nel trasmettere l'insegnamento cristiano o nello
studiare i problemi del tempo. Funzione principale del diacono è, quindi,
collaborare con il Vescovo e i presbiteri nell'esercizio del ministero(50), non
della propria sapienza, ma della Parola di Dio, invitando tutti alla conversione
e alla santità.(51) Per compiere questa missione i diaconi sono tenuti a
prepararsi, prima di tutto, con lo studio accurato della Sacra Scrittura, della
Tradizione, della liturgia e della vita della Chiesa.(52) Sono tenuti, inoltre,
nell'interpretazione e applicazione del sacro deposito, a lasciarsi guidare
docilmente dal Magistero di coloro che sono « testimoni della verità
divina e cattolica »,(53) il Romano Pontefice e i Vescovi in comunione con
lui,(54) in modo da proporre « integralmente e fedelmente il mistero di
Cristo ».(55)
È necessario, infine, che imparino l'arte di comunicare la fede
all'uomo moderno in maniera efficace e integrale, nelle svariate situazioni
culturali e nelle diverse tappe della vita.(56)
24. È proprio del diacono proclamare il Vangelo e predicare la Parola
di Dio.(57) I diaconi godono della facoltà di predicare ovunque, alle
condizioni previste dal diritto.(58) Questa facoltà nasce dal sacramento
e deve essere esercitata col consenso, almeno tacito, del rettore della Chiesa,
con l'umiltà di chi è ministro e non padrone della Parola di Dio.
Per questo motivo è sempre attuale l'avvertimento dell'Apostolo: «
Investiti di questo ministero per la misericordia che ci è stata usata,
non ci perdiamo d'animo; al contrario, rifiutando le dissimulazioni vergognose,
senza comportarci con astuzia né falsificando la Parola di Dio, ma
annunziando apertamente la verità, ci presentiamo davanti a ogni
coscienza, al cospetto di Dio » (2 Cor 4, 1-2).(59)
25. Nei casi in cui presiedono una celebrazione liturgica o quando, secondo
le vigenti norme,(60) ne saranno incaricati, i diaconi diano grande importanza
all'omelia in quanto « annunzio delle meraviglie compiute da Dio nel
mistero di Cristo, presente e operante soprattutto nelle celebrazioni liturgiche
».(61) Sappiano, perciò, prepararla con cura particolare nella
preghiera, nello studio dei testi sacri, nella piena sintonia con il Magistero e
nella riflessione sulle attese dei destinatari.
Accordino pure solerte attenzione alla catechesi dei fedeli nelle diverse
tappe dell'esistenza cristiana, così da aiutarli a conoscere la fede in
Cristo, rafforzarla con la ricezione dei sacramenti ed esprimerla nella loro
vita personale, familiare, professionale e sociale.(62) Questa catechesi oggi è
tanto più urgente e tanto più deve essere completa, fedele, chiara
e aliena da problematicismi, quanto più la società è
secolarizzata e più grandi sono le sfide che la vita moderna pone
all'uomo e al Vangelo.
26. A questa società è destinata la nuova evangelizzazione.
Essa esige il più generoso sforzo da parte dei ministri ordinati. Per
promuoverla, « alimentati dalla preghiera e soprattutto dall'amore
all'Eucarestia »,(63) i diaconi, oltre alla loro partecipazione ai
programmi diocesani o parrocchiali di catechesi, evangelizzazione, preparazione
ai sacramenti, trasmettano la Parola nell'eventuale ambito professionale, sia
con una parola esplicita, sia con la loro sola presenza attiva nei luoghi dove
si forma l'opinione pubblica o dove si applicano le norme etiche (come i servizi
sociali, i servizi a favore dei diritti della famiglia, della vita, ecc.);
abbiano anche in considerazione le grandi possibilità che offrono al
ministero della Parola l'insegnamento della religione e della morale nelle
scuole,(64) l'insegnamento nelle università cattoliche e anche in quelle
civili(65) e l'uso adeguato dei moderni mezzi di comunicazione.(66)
Questi nuovi areopaghi esigono certamente, oltre all'indispensabile
sana dottrina, una accurata preparazione specifica; tuttavia, costituiscono
altrettanti mezzi efficaci per portare il Vangelo agli uomini del nostro tempo e
alla stessa società.(67)
Infine, i diaconi terranno presente che occorre sottoporre al giudizio
dell'Ordinario, prima della loro pubblicazione, gli scritti concernenti fede e
costumi(68) e che è necessaria la licenza dell'Ordinario del luogo per
scrivere sulle pubblicazioni, che sono solite attaccare la religione cattolica o
i buoni costumi. Per le trasmissioni radiotelevisive, si atterranno a quanto
stabilito dalla Conferenza Episcopale.(69)
In ogni caso, essi tengano sempre presente l'esigenza primaria ed
irrinunciabile di non scendere mai ad alcun compromesso nell'esposizione della
verità.
27. I diaconi ricordino che la Chiesa è per natura sua
missionaria,(70) sia perché ha avuto origine dalla missione del Figlio e
dalla missione dello Spirito Santo secondo il piano del Padre, sia ancora perché
ha ricevuto dal Signore risorto il mandato esplicito di predicare ad ogni
creatura il Vangelo e di battezzare coloro che crederanno (cf Mc 16,
15-16; Mt 28, 19). Di questa Chiesa i diaconi sono ministri e, perciò,
anche se incardinati in una Chiesa particolare, essi non possono sottrarsi al
compito missionario della Chiesa universale e devono, quindi, rimanere sempre
aperti anche alla missio ad gentes, nel modo e nella misura
consentiti dai loro obblighi familiari se coniugati e
professionali.(71)
La dimensione del servizio è legata alla dimensione
missionaria della Chiesa; ovvero lo sforzo missionario del diacono
abbraccia il servizio della Parola, della liturgia e della carità,
che a loro volta si prolungano nella vita quotidiana. La missione si
estende alla testimonianza di Cristo anche nell'eventuale esercizio di una
professione laicale.
Diaconía della liturgia
28. Il rito dell'ordinazione mette in risalto un altro aspetto del ministero
diaconale: il servizio dell'altare.(72)
Il diacono riceve il sacramento dell'Ordine per servire in veste di ministro
alla santificazione della comunità cristiana, in comunione gerarchica con
il Vescovo e con i presbiteri. Al ministero del Vescovo e, subordinatamente, a
quello dei presbiteri, il diacono presta un aiuto sacramentale, quindi
intrinseco, organico, inconfondibile.
Risulta chiaro che la sua diaconía presso l'altare, perché
originata dal sacramento dell'Ordine, differisce essenzialmente da qualsiasi
ministero liturgico che i pastori possano affidare ai fedeli non ordinati. Il
ministero liturgico del diacono differisce anche dallo stesso ministero ordinato
sacerdotale.(73)
Ne consegue che nell'offerta del Sacrificio eucaristico, il diacono non è
in grado di compiere il mistero ma, da un lato, rappresenta effettivamente il
popolo fedele, lo aiuta in modo specifico ad unire l'oblazione della sua vita
all'offerta di Cristo; e dall'altro serve, a nome di Cristo stesso, a fare
partecipe la Chiesa dei frutti del suo sacrificio.
Siccome « la liturgia è il culmine verso cui tende l'azione
della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù »,(74)
questa prerogativa della consacrazione diaconale è anche fonte di una
grazia sacramentale indirizzata a fecondare tutto il ministero; a tale grazia si
deve corrispondere anche con un'accurata e profonda preparazione teologica e
liturgica per poter partecipare degnamente alla celebrazione dei sacramenti e
dei sacramentali.
29. Nel suo ministero il diacono terrà sempre viva la consapevolezza
che « ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo sommo ed
eterno sacerdote e del suo Corpo, che è la Chiesa, è azione sacra
per eccellenza, e nessun'altra azione della Chiesa, allo stesso titolo e allo
stesso grado, ne uguaglia l'efficacia ».(75) La liturgia è fonte di
grazia e di santificazione. La sua efficacia deriva da Cristo redentore e non
poggia sulla santità del ministro. Questa certezza renderà umile
il diacono, che non potrà mai compromettere l'opera di Cristo e, allo
stesso tempo, lo spingerà ad una vita santa per esserne degno ministro.
Le azioni liturgiche, quindi, non sono riducibili ad azioni private o sociali
che ognuno può celebrare a suo modo ma appartengono al Corpo universale
della Chiesa.(76) I diaconi devono osservare le norme celebrative proprie dei
santi misteri con tale devozione da coinvolgere i fedeli in una cosciente
partecipazione, che fortifichi la loro fede, renda culto a Dio e santifichi la
Chiesa.(77)
30. Secondo la tradizione della Chiesa e quanto stabilito dal diritto,(78)
compete ai diaconi « aiutare il vescovo e i presbiteri nella celebrazione
dei divini misteri ».(79) Quindi essi si adopereranno per promuovere
celebrazioni che coinvolgano tutta l'assemblea, curando la partecipazione
interiore di tutti e l'esercizio dei vari ministeri.(80)
Abbiano presente la pur importante dimensione estetica, che fa sentire
all'uomo intero la bellezza di quanto si celebra. La musica e il canto, anche se
poveri e semplici, la parola predicata, la comunione dei fedeli che vivono la
pace e il perdono di Cristo, sono un bene prezioso che il diacono, per parte
sua, farà in modo che venga incrementato.
Siano sempre fedeli a quanto è richiesto dai libri liturgici, senza
aggiungere, togliere o mutare alcunché di propria iniziativa.(81)
Manipolare la liturgia equivale a privarla della ricchezza del mistero di Cristo
che c'è in essa e potrebbe essere segno di una qualche presunzione nei
confronti di quanto stabilito dalla sapienza della Chiesa. Si limitino, perciò
a compiere tutto e soltanto ciò che è di loro competenza.(82)
Indossino dignitosamente le prescritte vesti liturgiche.(83) La dalmatica, nei
diversi ed appropriati colori liturgici, indossata sull'alba, il cingolo e la
stola, « costituisce l'abito proprio del diacono ».(84)
Il servizio dei diaconi si estende alla preparazione dei fedeli ai
sacramenti, e anche alla loro cura pastorale dopo l'avvenuta celebrazione.
31. Il diacono, con il Vescovo e il presbitero, è ministro ordinario
del battesimo.(85) L'esercizio di tale facoltà richiede o la licenza ad
agire concessa dal parroco, al quale compete in modo speciale battezzare i suoi
parrocchiani,(86) o che si configuri il caso di necessità.(87) È
di particolare importanza il ministero dei diaconi nella preparazione a questo
sacramento.
32. Nella celebrazione dell'Eucaristia, il diacono assiste e aiuta coloro
che presiedono l'assemblea e consacrano il Corpo e il Sangue del Signore, cioè
il Vescovo e i presbiteri,(88) secondo quanto stabilito dall'Institutio
Generalis del Messale Romano,(89) e manifesta così Cristo Servitore:
sta accanto al sacerdote e lo aiuta, in particolare assiste nella celebrazione
della S. Messa un sacerdote cieco o affetto da altra infermità;(90)
all'altare svolge il servizio al calice e al libro; propone ai fedeli le
intenzioni della preghiera e li invita allo scambio del segno della pace; in
assenza di altri ministri, egli stesso ne compie, secondo le necessità,
gli uffici.
Non è compito suo pronunciare le parole della preghiera eucaristica e
le orazioni; né compiere le azioni e i gesti che, unicamente, spettano a
chi presiede e consacra.(91)
È proprio del diacono proclamare i libri della divina Scrittura.(92)
In quanto ministro ordinario della sacra comunione,(93) la distribuisce
durante la celebrazione, oppure fuori di essa, e la reca agli infermi anche in
forma di viatico.(94) Il diacono è pure ministro ordinario
dell'esposizione del Santissimo Sacramento e della benedizione eucaristica.(95)
Tocca a lui presiedere eventuali celebrazioni domenicali in assenza del
presbitero.(96)
33. Ai diaconi può venire affidata la cura della pastorale familiare,
di cui il primo responsabile è il Vescovo. Tale responsabilità si
estende ai problemi morali, liturgici, ma anche a quelli di carattere personale
e sociale, per sostenere la famiglia nelle sue difficoltà e
sofferenze.(97) Una tale responsabilità può venire esercitata a
livello diocesano o, sotto l'autorità di un parroco, a livello locale,
nella catechesi sul matrimonio cristiano, nella preparazione personale dei
futuri sposi, nella fruttuosa celebrazione del sacramento e nell'aiuto offerto
agli sposi dopo il matrimonio.(98)
I diaconi sposati possono essere di grande aiuto nel proporre la buona
notizia circa l'amore coniugale, le virtù che lo tutelano e
nell'esercizio di una paternità cristianamente e umanamente responsabile.
Tocca anche al diacono, se ne riceve la facoltà da parte del parroco
o dell'Ordinario del luogo, presiedere la celebrazione del matrimonio extra
Missam e impartire la benedizione nuziale in nome della Chiesa.(99) La
delega data al diacono può essere anche in forma generale, alle
condizioni previste, (100) e può essere suddelegata esclusivamente nei
modi precisati dal Codice di Diritto Canonico. (101)
34. È dottrina definita (102) che il conferimento del sacramento
dell'unzione degli infermi è riservato al Vescovo e ai presbiteri, in
relazione con la dipendenza di detto sacramento con il perdono dei peccati e la
degna recezione dell'Eucarestia.
La cura pastorale degli infermi può essere affidata ai diaconi.
L'operoso servizio per soccorrerli nel dolore, la catechesi che prepara a
ricevere il sacramento dell'unzione, la supplenza al sacerdote nella
preparazione dei fedeli alla morte e l'amministrazione del Viatico con il rito
proprio, sono mezzi con cui i diaconi rendono presente ai fedeli la carità
della Chiesa. (103)
35. I diaconi hanno l'obbligo stabilito dalla Chiesa di celebrare la
Liturgia delle Ore, con cui tutto il Corpo Mistico si unisce alla preghiera che
Cristo Capo eleva al Padre. Consapevoli di questa responsabilità,
celebreranno tale Liturgia, ogni giorno, secondo i libri liturgici approvati e
nei modi determinati dalla Conferenza Episcopale. (104) Cercheranno, inoltre, di
promuovere la partecipazione della comunità cristiana a questa Liturgia,
che non è mai azione privata ma sempre atto proprio di tutta la Chiesa,
(105) anche quando la celebrazione è individuale.
36. Il diacono è ministro dei sacramentali, cioè di quei «
segni sacri per mezzo dei quali, con una certa imitazione dei sacramenti, sono
significati e, per impetrazione della Chiesa, vengono ottenuti effetti
soprattutto spirituali ». (106)
Il diacono può, quindi, impartire le benedizioni più
strettamente legate alla vita ecclesiale e sacramentale, che gli sono
espressamente consentite dal diritto (107) e spetta a lui, inoltre, presiedere
le esequie celebrate senza la S. Messa e il rito della sepoltura. (108)
Tuttavia, quando è presente e disponibile un sacerdote, deve essere
affidato a lui il compito di presiedere. (109)
Diaconía della carità
37. Per il sacramento dell'Ordine il diacono, in comunione con il Vescovo e
il presbiterio della diocesi, partecipa anche delle stesse funzioni pastorali,
(110) ma le esercita in modo diverso, servendo e aiutando il Vescovo e i
presbiteri. Questa partecipazione, in quanto operata dal sacramento, fa sì
che i diaconi servano il Popolo di Dio in nome di Cristo. Ma proprio per questo
motivo devono esercitarla con umile carità e, secondo le parole di San
Policarpo, devono mostrarsi sempre « misericordiosi, attivi, progredienti
nella verità del Signore, il quale si è fatto servo di tutti ».
(111) La loro autorità, quindi, esercitata in comunione gerarchica con il
Vescovo e con i presbiteri, come lo esige la stessa unità di
consacrazione e di missione, (112) è servizio di carità e ha lo
scopo di aiutare e di promuovere tutti i membri della Chiesa particolare,
affinché possano partecipare, in spirito di comunione e secondo i loro
carismi, alla vita e alla missione della Chiesa.
38. Nel ministero della carità i diaconi devono configurarsi a
Cristo-Servo, che rappresentano, ed essere soprattutto « dediti agli uffici
di carità e di amministrazione ». (113) Perciò, nella
preghiera di ordinazione, il Vescovo chiede per loro a Dio Padre: « Siano
pieni di ogni virtù: sinceri nella carità, premurosi verso i
poveri e i deboli, umili nel loro servizio... siano immagine del tuo Figlio, che
non venne per essere servito ma per servire ». (114) Con l'esempio e la
parola, essi devono adoperarsi affinché tutti i fedeli, seguendo il
modello di Cristo, si pongano in costante servizio dei fratelli.
Le opere di carità, diocesane o parrocchiali, che sono tra i primi
doveri del Vescovo e dei presbiteri, sono da questi, secondo la testimonianza
della Tradizione della Chiesa, trasmesse ai servitori nel ministero
ecclesiastico, cioè ai diaconi; (115) così pure il servizio di
carità nell'area dell'educazione cristiana; l'animazione degli oratori,
dei gruppi ecclesiali giovanili e delle professioni laicali; la promozione della
vita in ogni sua fase e della trasformazione del mondo secondo l'ordine
cristiano. (116) In questi campi il loro servizio è particolarmente
prezioso perché, nelle attuali circostanze, le necessità
spirituali e materiali degli uomini, a cui la Chiesa è chiamata a dare
risposte, sono molto diversificate. Essi, perciò, cerchino di servire
tutti senza discriminazioni, prestando particolare attenzione ai più
sofferenti e ai peccatori. Come ministri di Cristo e della Chiesa, sappiano
superare qualsiasi ideologia e interesse di parte, per non svuotare la missione
della Chiesa della sua forza, che è la carità di Cristo. La
diaconia, infatti, deve far sperimentare all'uomo l'amore di Dio e indurlo alla
conversione, ad aprire il suo cuore alla grazia.
La funzione caritativa dei diaconi « comporta anche un opportuno
servizio nell'amministrazione dei beni e nelle opere di carità della
Chiesa. I diaconi hanno in questo campo la funzione di « esercitare, in
nome della gerarchia, i doveri della carità e dell'amministrazione, nonché
le opere di servizio sociale » ». (117) Perciò, opportunamente
essi possono essere assunti all'ufficio di economo diocesano, (118) o essere
cooptati nel consiglio diocesano per gli affari economici. (119)
La missione canonica dei diaconi permanenti
39. I tre ambiti del ministero diaconale, a seconda delle circostanze,
potranno certamente, l'uno o l'altro, assorbire una percentuale più o
meno grande dell'attività di ogni diacono, ma insieme costituiscono una
unità nel servizio al piano divino della Redenzione: il ministero della
Parola conduce al ministero dell'altare, il quale, a sua volta, spinge a
tradurre la liturgia in vita, che sboccia nella carità: « Se
consideriamo la profonda natura spirituale di questa diaconía, allora
possiamo apprezzare meglio l'interrelazione fra le tre aree del ministero
tradizionalmente associate con il diaconato, cioè il ministero della
Parola, il ministero dell'altare e il ministero della carità. A seconda
delle circostanze l'una o l'altra di queste può assumere particolare
importanza nel lavoro individuale di un diacono, ma questi tre ministeri sono
inseparabilmente uniti nel servizio del piano redentore di Dio ».
(120)
40. Lungo la storia il servizio dei diaconi ha assunto modalità
molteplici per poter risolvere le diverse necessità della comunità
cristiana e permettere a questa di esercitare la sua missione di carità.
Spetta soltanto ai Vescovi, (121) i quali reggono e hanno cura delle Chiese
particolari « come vicari e legati di Cristo », (122) conferire a
ognuno dei diaconi l'ufficio ecclesiastico a norma del diritto. Nel conferire
l'ufficio è necessario valutare attentamente sia le necessità
pastorali che, eventualmente, la situazione personale, familiare se si
tratta di uxorati e professionale dei diaconi permanenti. In ogni caso,
però, è di grandissima importanza che i diaconi possano svolgere,
a seconda delle loro possibilità, il proprio ministero in pienezza, nella
predicazione, nella liturgia e nella carità, e non vengano relegati a
impegni marginali, a funzioni meramente supplettive, o a impegni che possono
essere ordinariamente compiuti dai fedeli non ordinati. Solo così i
diaconi permanenti appariranno nella loro vera identità di ministri di
Cristo e non come laici particolarmente impegnati nella vita della Chiesa.
Per il bene del diacono stesso e perché non ci si abbandoni
all'improvvisazione, è necessario che l'ordinazione si accompagni ad una
chiara investitura di responsabilità pastorale.
41. Il ministero diaconale trova ordinariamente nei vari settori della
pastorale diocesana e nella parrocchia il proprio ambito di esercizio, assumendo
forme diverse.
Il Vescovo può conferire ai diaconi l'incarico di cooperare alla cura
pastorale di una parrocchia affidata ad un solo parroco, (123) oppure alla cura
pastorale delle parrocchie, affidate in solidum, ad uno o più
presbiteri. (124)
Quando si tratta di partecipare all'esercizio della cura pastorale di una
parrocchia nei casi in cui essa, per scarsità di presbiteri, non
potesse avvalersi della cura immediata di un parroco (125) i diaconi
permanenti hanno sempre la precedenza sui fedeli non ordinati. In tali casi, si
deve precisare che il moderatore è un sacerdote, poiché soltanto
lui è il « pastore proprio » e può ricevere l'incarico
della « cura animarum », per la quale il diacono è cooperatore.
Parimenti, i diaconi possono essere destinati alla guida, in nome del
parroco o del Vescovo, delle comunità cristiane disperse. (126) « È
una funzione missionaria da svolgere nei territori, negli ambienti, negli strati
sociali, nei gruppi, dove manchi o non sia facilmente reperibile il presbitero.
Specialmente nei luoghi dove nessun sacerdote sia disponibile per celebrare
l'Eucaristia, il diacono riunisce e dirige la comunità in una
celebrazione della Parola con distribuzione delle sacre Specie, debitamente
conservate. (127) È una funzione di supplenza che il diacono svolge per
mandato ecclesiale quando si tratta di rimediare alla scarsità di
sacerdoti ». (128) In tali celebrazioni, non si mancherà mai di
pregare anche per l'incremento delle vocazioni sacerdotali, debitamente
illustrate come indispensabili. In presenza di un diacono, la partecipazione
all'esercizio della cura pastorale non può essere affidata ad un fedele
laico, né ad una comunità di persone; così pure la
presidenza di una celebrazione domenicale.
In ogni caso, le competenze del diacono devono essere accuratamente definite
per iscritto nel momento del conferimento dell'ufficio.
Tra i diaconi e i diversi soggetti della pastorale si dovranno perseguire,
con generosità e convinzione, le forme di una costruttiva e paziente
collaborazione. Se è dovere dei diaconi rispettare sempre l'ufficio del
parroco e operare in comunione con tutti coloro che ne condividono la cura
pastorale, è anche loro diritto essere accettati e pienamente
riconosciuti da tutti. Nel caso in cui il Vescovo decida l'istituzione dei
consigli pastorali parrocchiali, i diaconi, che hanno ricevuto una
partecipazione alla cura pastorale della parrocchia, ne sono membri di diritto.
(129) Ad ogni modo, prevalga sempre la carità sincera, che riconosce in
ogni ministero un dono dello Spirito per l'edificazione del Corpo di Cristo.
42. L'ambito diocesano offre numerose opportunità per il fruttuoso
ministero dei diaconi.
Infatti, in presenza dei requisiti previsti, possono essere membri degli
organismi diocesani di partecipazione; in particolare, del consiglio pastorale
(130) e, come detto, del consiglio diocesano per gli affari economici; possono
anche partecipare al sinodo diocesano. (131)
Non possono, però, essere membri del consiglio presbiterale, in
quanto esso rappresenta esclusivamente il presbiterio. (132)
Nelle curie possono essere chiamati a ricoprire, se in possesso dei
requisiti espressamente previsti, l'ufficio di cancelliere, (133) di giudice,
(134) di assessore, (135) di uditore, (136) di promotore di giustizia e
difensore del vincolo, (137) di notaio. (138)
Non possono, invece, essere costituiti vicari giudiziali, né vicari
giudiziali aggiunti, né decani, in quanto questi uffici sono riservati ai
sacerdoti. (139)
Altri campi aperti al ministero dei diaconi sono gli organismi o commissioni
diocesane, la pastorale in ambienti sociali specifici, in particolare la
pastorale della famiglia, o per settori della popolazione che richiedono
speciale cura pastorale, come, per esempio, i gruppi etnici.
Nell'espletamento dei suddetti uffici, il diacono terrà sempre ben
presente che ogni azione nella Chiesa deve essere segno di carità e di
servizio ai fratelli. Nell'azione giudiziaria, amministrativa ed organizzativa
cercherà, dunque, di evitare ogni forma di burocratizzazione per non
privare il proprio ministero di senso e valore pastorale. Pertanto, per
salvaguardare l'integrità del ministero diaconale, chi è chiamato
a svolgere questi uffici, sia messo, comunque, in condizione di svolgere il
servizio tipico e proprio del diacono.
3
SPIRITUALITÀ DEL DIACONO
Contesto storico attuale
43. La Chiesa, adunata da Cristo e guidata dallo Spirito Santo secondo il
disegno di Dio Padre, « presente nel mondo e, tuttavia, pellegrina »
(140) verso la pienezza del Regno, (141) vive e annunzia il Vangelo nelle
concrete circostanze storiche. « Il mondo che essa ha presente è
perciò quello degli uomini, ossia l'intera famiglia umana nel contesto di
tutte quelle realtà entro le quali essa vive; il mondo che è
teatro della storia del genere umano e reca i segni degli sforzi suoi, delle sue
sconfitte e delle sue vittorie; il mondo che i cristiani credono creato e
conservato in esistenza dall'amore del Creatore; mondo certamente posto sotto la
schiavitù del peccato, ma dal Cristo crocifisso e risorto, con la
sconfitta del maligno, liberato e destinato, secondo il proposito divino, a
trasformarsi e a giungere al suo compimento ». (142)
Il diacono, membro e ministro della Chiesa, deve tener conto, nella sua vita
e nel suo ministero, di questa realtà; deve conoscere le culture, le
aspirazioni e i problemi del suo tempo. Infatti, egli è chiamato in
questo contesto ad essere segno vivo di Cristo Servo e, nello stesso tempo, è
chiamato ad assumere il compito della Chiesa « di scrutare i segni dei
tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in modo adatto
a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini
sul senso della vita presente e futura e sul loro reciproco rapporto ».
(143)
Vocazione alla santità
44. L'universale vocazione alla santità ha la sua fonte nel «
battesimo della fede », nel quale tutti siamo stati « fatti veramente
figli di Dio e compartecipi della natura divina, e, perciò, realmente
santi ». (144)
Il sacramento dell'Ordine conferisce ai diaconi « una nuova
consacrazione a Dio », mediante la quale « sono consacrati
dall'unzione dello Spirito e mandati da Cristo » (145) a servizio del
Popolo di Dio, « al fine di edificare il Corpo di Cristo » (Ef
4, 12).
« Scaturisce da qui la spiritualità diaconale, che ha la
sua sorgente in quella che il Concilio Vaticano II chiama « grazia
sacramentale del diaconato ». (146) Oltre ad essere un aiuto prezioso nel
compimento delle varie funzioni, essa incide profondamente nell'animo del
diacono, impegnandolo all'offerta, alla donazione di tutta la persona a servizio
del Regno di Dio nella Chiesa. Come è indicato dal termine stesso di
diaconato, ciò che caratterizza l'intimo sentire e volere di chi riceve
il sacramento è lo spirito di servizio. Col diaconato si tende a
realizzare ciò che Gesù ha dichiarato in merito alla sua missione:
« Il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per
servire e dare la sua vita in riscatto per molti » ». (147) Così
il diacono vive, per mezzo e nel seno del suo ministero, la virtù
dell'obbedienza: quando esegue fedelmente gli incarichi che gli vengono
affidati, serve l'episcopato ed il presbiterato nei « munera » della
missione di Cristo. E ciò che esegue è il ministero pastorale
stesso, per il bene degli uomini.
45. Da ciò deriva la necessità che il diacono accolga con
gratitudine l'invito alla sequela di Cristo Servo e dedichi la propria
attenzione ad esservi fedele nelle diverse circostanze della vita. Il carattere
ricevuto nell'ordinazione produce una configurazione a Cristo alla quale il
soggetto deve aderire e che deve fare crescere in tutta la sua vita.
La santificazione, doverosa per ogni fedele, (148) trova per il diacono
ulteriore fondamento nella speciale consacrazione ricevuta. (149) Comporta la
pratica delle virtù cristiane e dei diversi precetti e consigli di
origine evangelica secondo il proprio stato di vita. Il diacono è
chiamato a vivere santamente, perché lo Spirito Santo lo ha fatto santo
col sacramento del Battesimo e dell'Ordine e lo ha costituito ministro
dell'opera con cui la Chiesa di Cristo serve e santifica l'uomo. (150)
In particolare, per i diaconi la vocazione alla santità significa «
sequela di Gesù in questo atteggiamento di umile servizio, che non
s'esprime soltanto nelle opere di carità, ma investe e modella tutto il
modo di pensare e di agire », (151) per cui, « se il loro ministero è
coerente con questo spirito, essi mettono maggiormente in luce quel tratto
qualificante del volto di Cristo: il servizio », (152) per essere non solo «
servi di Dio », ma anche servi di Dio nei propri fratelli. (153)
Rapporti dell'Ordine sacro
46. L'Ordine sacro conferisce al diacono, mediante gli specifici doni
sacramentali, una speciale partecipazione alla consacrazione e missione di Colui
che si è fatto servo del Padre nella redenzione dell'uomo e lo inserisce,
in modo nuovo e specifico, nel mistero di Cristo, della Chiesa e della salvezza
di tutti gli uomini. Per questo motivo, la vita spirituale del diacono deve
approfondire e sviluppare questa triplice relazione, nella linea di una
spiritualità comunitaria in cui si tenda a testimoniare la natura
comunionale della Chiesa.
47. La prima e più fondamentale relazione è con Cristo che ha
assunto la condizione di servo per amore del Padre e dei suoi fratelli, gli
uomini. (154) Il diacono in virtù della sua ordinazione è davvero
chiamato ad agire in conformità a Cristo Servo.
Il Figlio eterno di Dio, « spogliò se stesso assumendo la
condizione di servo » (Fil 2, 7) e visse questa condizione
nell'obbedienza al Padre (cf Gv 4, 34) e nell'umile servizio ai fratelli
(cf Gv 13, 4-15). In quanto servo del Padre nell'opera della redenzione
degli uomini, Cristo costituisce la via, la verità e la vita di ogni
diacono nella Chiesa.
Tutta l'attività ministeriale avrà un senso se aiuterà
a meglio conoscere, amare e seguire Cristo nella sua diaconia. È
necessario, quindi, che i diaconi si adoperino per conformare la loro vita a
Cristo, che con la sua obbedienza al Padre « fino alla morte e alla morte
di croce » (Fil 2, 8), ha redento l'umanità.
48. A questa relazione fondamentale è inscindibilmente associata la
Chiesa, (155) che Cristo ama, purifica, nutre e cura (cf Ef 5, 25-29).
Il diacono non potrebbe vivere fedelmente la sua configurazione a Cristo, senza
partecipare del suo amore per la Chiesa, « per la quale non può non
nutrire un profondo attaccamento, a motivo della sua missione e della sua
istituzione divina ». (156)
Il Rito dell'ordinazione mette in luce il legame che viene ad instaurarsi
tra il Vescovo e il diacono: soltanto il Vescovo impone le mani all'eletto,
invocando su di lui l'effusione dello Spirito Santo. Ogni diacono, perciò,
trova il riferimento del proprio ministero nella comunione gerarchica con il
Vescovo. (157)
L'ordinazione diaconale, inoltre, pone in risalto un altro aspetto
ecclesiale: comunica una partecipazione da ministro alla diaconia di Cristo con
cui il Popolo di Dio, guidato dal Successore di Pietro e dagli altri Vescovi in
comunione con lui, e con la cooperazione dei presbiteri, continua a servire
l'opera della redenzione degli uomini. Il diacono, quindi, è chiamato a
nutrire il suo spirito e il suo ministero con un amore ardente e operoso per la
Chiesa, e con una sincera volontà di comunione con il Santo Padre, con il
proprio Vescovo e con i presbiteri della diocesi.
49. Bisogna ricordare, infine, che la diaconia di Cristo ha come
destinatario l'uomo, ogni uomo (158) che nel suo spirito e nel suo corpo porta
le tracce del peccato, ma è chiamato alla comunione con Dio. « Dio
infatti ha amato tanto il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché
chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna » (Gv 3,
16). Di questo piano d'amore Cristo si è fatto servo, assumendo la nostra
carne; e di questa sua diaconia la Chiesa è segno e strumento nella
storia.
Il diacono, dunque, per il sacramento, è destinato a servire i suoi
fratelli bisognosi di salvezza. E se in Cristo Servo, nelle sue parole e azioni,
l'uomo può vedere in pienezza l'amore con cui il Padre lo salva, anche
nella vita del diacono deve poter trovare questa stessa carità. Crescere
nell'imitazione dell'amore di Cristo per l'uomo, che supera i limiti di ogni
ideologia umana, sarà, quindi, compito essenziale della vita spirituale
del diacono.
In coloro che desiderano essere ammessi al tirocinio diaconale, si richiede «
una naturale propensione dello spirito al servizio della sacra gerarchia e della
comunità cristiana », (159) da non intendere « nel senso di una
semplice spontaneità delle disposizioni naturali... Si tratta di una
propensione della natura animata dalla grazia, con uno spirito di servizio che
conforma il comportamento umano a quello di Cristo. Il sacramento del diaconato
sviluppa questa propensione: rende il soggetto più intimamente partecipe
dello spirito di servizio di Cristo, ne penetra la volontà con una
speciale grazia, facendo sì che egli, in tutto il suo comportamento, sia
animato da una propensione nuova al servizio dei fratelli ». (160)
Mezzi di vita spirituale
50. I suddetti riferimenti evidenziano il primato della vita spirituale. Il
diacono, perciò, deve ricordare che vivere la diaconia del Signore supera
ogni capacità naturale e, quindi, ha bisogno di assecondare, in piena
coscienza e libertà, l'invito di Gesù: « Rimanete in me e io
in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane
nella vite, così anche voi se non rimanete in me » (Gv 15,
4).
La sequela di Cristo nel ministero diaconale è impresa affascinante
ma ardua, piena di soddisfazioni e di frutti, ma anche esposta, talvolta, alle
difficoltà e alle fatiche dei veri seguaci del Signore Gesù
Cristo. Per realizzarla, il diacono ha bisogno di stare con Cristo affinché
sia Lui a portare la responsabilità del ministero, di riservare il
primato alla vita spirituale, di vivere con generosità la diaconia, di
organizzare il ministero e i suoi obblighi familiari se coniugato
o professionali in modo da progredire nell'adesione alla persona e alla missione
di Cristo Servo.
51. Fonte primaria del progresso nella vita spirituale è senza dubbio
l'adempimento fedele e instancabile del ministero in un motivato e sempre
perseguito contesto di unità di vita. (161) Questo, esemplarmente
adempiuto, non solo non ostacola la vita spirituale, ma favorisce le virtù
teologali, accresce la propria volontà di donazione e servizio ai
fratelli e promuove la comunione gerarchica. Opportunamente adattato, vale anche
per i diaconi quanto affermato per i presbiteri: « sono ordinati alla
perfezione della vita in forza delle stesse azioni sacre che svolgono
quotidianamente, come anche di tutto il loro ministero... ma la stessa santità...
a sua volta, contribuisce non poco al compimento efficace del loro ministero ».
(162)
52. Il diacono tenga sempre ben presente l'esortazione della liturgia di
ordinazione: « Ricevi il Vangelo di Cristo del quale sei diventato
l'annunziatore: credi sempre a ciò che proclami, insegna ciò che
credi, vivi ciò che insegni ». (163)
Per proclamare degnamente e fruttuosamente la Parola di Dio, il diacono deve
realizzare « un contatto continuo con le Scritture, mediante la sacra
lettura assidua e lo studio accurato, affinché non diventi « vano
predicatore della Parola di Dio all'esterno colui che non l'ascolta di dentro »,
(164) mentre deve partecipare ai fedeli a lui affidati le sovrabbondanti
ricchezze della Parola divina, specialmente nella sacra Liturgia ». (165)
Dovrà, inoltre, approfondire questa stessa Parola, sotto la guida di
coloro che nella Chiesa sono maestri autentici della verità divina e
cattolica, (166) per sentirne il richiamo e la potenza salvifica (cf Rom
1, 16). La sua santità si fonda sulla sua consacrazione e missione anche
nei confronti della Parola: prenderà coscienza di esserne ministro. Come
membro della gerarchia i suoi atti e le sue dichiarazioni impegnano la Chiesa;
perciò è essenziale alla sua carità pastorale verificare
l'autenticità del proprio insegnamento, la propria comunione effettiva e
chiara con il Sommo Pontefice, con l'ordine episcopale e con il proprio Vescovo,
non solo circa il simbolo della fede, ma anche circa l'insegnamento del
Magistero ordinario e circa la disciplina, nello spirito della professione di
fede, previa all'ordinazione, e del giuramento di fedeltà. (167) Infatti,
« nella Parola di Dio è insita tanta efficacia e potenza, da essere
sostegno e vigore della Chiesa, e per i figli della Chiesa saldezza della fede,
cibo dell'anima, sorgente pura e perenne della vita spirituale ». (168)
Quanto più si accosterà alla Parola divina, perciò, tanto
più fortemente sentirà il desiderio di comunicarla ai fratelli.
Nella Scrittura è Dio che parla all'uomo; (169) nella predicazione il
ministro sacro favorisce questo incontro salvifico. Egli, quindi, dedicherà
le sue più attente cure a predicarla instancabilmente, affinché i
fedeli non ne siano privati per l'ignoranza o per la pigrizia del ministro e sarà
intimamente convinto del fatto che l'esercizio del ministero della Parola non si
esaurisce nella sola predicazione.
53. Ugualmente, quando battezza, quando distribuisce il Corpo e il Sangue
del Signore o serve nella celebrazione degli altri sacramenti e dei
sacramentali, il diacono verifica la sua identità nella vita della
Chiesa: è ministro del Corpo di Cristo, corpo mistico e corpo ecclesiale;
ricordi che queste azioni della Chiesa, se vissute con fede e riverenza,
contribuiscono alla crescita della sua vita spirituale e all'edificazione della
comunità cristiana. (170)
54. Nella loro vita spirituale i diaconi diano la dovuta importanza ai
sacramenti della grazia, che « sono ordinati alla santificazione degli
uomini, alla edificazione del Corpo di Cristo, e, infine, a rendere culto a Dio
». (171)
Soprattutto, partecipino con particolare fede alla celebrazione quotidiana
del sacrificio eucaristico, (172) possibilmente esercitando il proprio munus
liturgico, e adorino con assiduità il Signore presente nel sacramento,
(173) giacché nell'Eucaristia, fonte e culmine di tutta
l'evangelizzazione, « è racchiuso tutto il bene spirituale della
Chiesa ». (174) Nell'Eucaristia incontreranno veramente Cristo, che, per
amore dell'uomo, si fa vittima di espiazione, cibo di vita eterna, amico vicino
ad ogni sofferenza.
Consapevoli della propria debolezza e fiduciosi nella misericordia divina,
si accostino con regolare frequenza al sacramento della riconciliazione, (175)
in cui l'uomo peccatore incontra Cristo redentore, riceve il perdono delle sue
colpe ed è spinto verso la pienezza della carità.
55. Infine, nell'esercizio delle opere di carità, che il Vescovo gli
affiderà, si lasci guidare sempre dall'amore di Cristo per tutti gli
uomini e non dagli interessi personali o dalle ideologie, che ledono
l'universalità della salvezza o negano la vocazione trascendente
dell'uomo. Il diacono ricordi, pure, che la diaconia della carità conduce
necessariamente a promuovere la comunione all'interno della Chiesa particolare.
La carità è, infatti, l'anima della comunione ecclesiale.
Favorisca, quindi, con impegno la fraternità, la cooperazione con i
presbiteri e la sincera comunione con il Vescovo.
56. I diaconi sappiano sempre, in ogni contesto e circostanza, rimanere
fedeli al mandato del Signore: « Vegliate e pregate in ogni momento, perché
abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere e di comparire
davanti al Figlio dell'uomo » (Lc 21, 26; cf Fil 4, 6-7).
La preghiera, dialogo personale con Dio, conferirà loro la luce e la
forza necessarie per seguire Cristo e per servire i fratelli nelle diverse
vicissitudini. Fondati su questa certezza, cerchino di lasciarsi modellare dalle
diverse forme di preghiera: la celebrazione della Liturgia delle Ore, nelle
modalità stabilite dalla Conferenza Episcopale, (176) caratterizza tutta
la loro vita di preghiera; in quanto ministri, intercedano per tutta la Chiesa.
Tale preghiera prosegue nella lectio divina, nell'orazione mentale
assidua, nella partecipazione ai ritiri spirituali secondo le disposizioni del
diritto particolare. (177)
Abbiano altresì a cuore la virtù della penitenza e gli altri
mezzi di santificazione, che tanto favoriscono l'incontro personale con Dio.
(178)
57. La partecipazione al mistero di Cristo Servo indirizza necessariamente
il cuore del diacono verso la Chiesa e verso Colei che è la sua Madre
santissima. Infatti, non si può separare Cristo dalla Chiesa suo Corpo.
La verità dell'unione con il Capo susciterà un vero amore per il
Corpo. E questo amore farà sì che il diacono collabori
operosamente all'edificazione della Chiesa con la dedizione ai doveri
ministeriali, la fraternità e la comunione gerarchica con il proprio
Vescovo e il presbiterio. Tutta la Chiesa deve essere nel cuore del diacono: la
Chiesa universale, della cui unità il Romano Pontefice, quale successore
di Pietro, è principio e fondamento perpetuo e visibile, (179) e la
Chiesa particolare, che, « aderendo al suo pastore e da lui riunita nello
Spirito Santo mediante il Vangelo e l'Eucaristia [rende] veramente presente e
operante la Chiesa di Cristo una, santa, cattolica e apostolica ». (180)
L'amore a Cristo e alla Chiesa è profondamente legato alla Beata
Vergine, l'umile serva del Signore, che, con l'irrepetibile e ammirevole titolo
di madre, è stata socia generosa della diaconia del suo Figlio divino (cf
Gv 19, 25-27). L'amore alla Madre del Signore, fondato sulla fede ed
espresso nella quotidiana preghiera del santo rosario, nell'imitazione delle sue
virtù e nel fiducioso affidamento a Lei, darà senso a
manifestazioni di vera e filiale devozione. (181)
A Maria guarderà con venerazione ed affetto profondo ogni diacono;
infatti « la Vergine Madre è stata la creatura che più di
tutte ha vissuto la piena verità della vocazione, perché nessuno
come Lei ha risposto con un amore così grande all'amore immenso di Dio ».
(182) Quest'amore particolare alla Vergine, Serva del Signore, nato dalla Parola
e tutto radicato nella Parola, si farà imitazione della sua vita. Sarà
questo un modo per introdurre nella Chiesa quella dimensione mariana che molto
si addice alla vocazione del diacono. (183)
58. Sarà, infine, di grandissima utilità per il diacono la
direzione spirituale regolare. L'esperienza mostra quanto contribuisca il
dialogo, sincero e umile, con un saggio direttore, non solo a risolvere i dubbi
e i problemi, che inevitabilmente sorgono durante la vita, ma a operare il
necessario discernimento, a realizzare una migliore conoscenza di se stessi e a
progredire nella fedele sequela di Cristo.
Spiritualità del diacono e stati di vita
59. A differenza di quanto richiesto per il presbiterato, al diaconato
permanente possono essere ammessi anzitutto uomini celibi, ma anche uomini
viventi nel sacramento del matrimonio, e uomini vedovi. (184)
60. La Chiesa riconosce con gratitudine il magnifico dono del celibato
concesso da Dio a taluni dei suoi membri e in modi diversi lo ha collegato, sia
in Oriente che in Occidente, con il ministero ordinato, al quale è sempre
mirabilmente consono. (185) La Chiesa sa pure che questo carisma, accettato e
vissuto per amore al Regno dei cieli (cf Mt 19, 12), indirizza l'intera
persona del diacono verso Cristo, che, nella verginità, dedicò se
stesso per il servizio del Padre e per condurre gli uomini alla pienezza del
Regno. Amare Dio e servire i fratelli in questa scelta di totalità, lungi
dal contraddire lo sviluppo personale dei diaconi, lo favorisce, poiché
la vera perfezione di ogni uomo è la carità. Infatti, nel
celibato, l'amore si qualifica come segno di consacrazione totale a Cristo con
cuore indiviso e di più libera dedicazione al servizio di Dio e degli
uomini, (186) proprio perché la scelta celibataria non è disprezzo
del matrimonio, né fuga dal mondo, ma piuttosto è modo
privilegiato di servire gli uomini e il mondo.
Gli uomini del nostro tempo, sommersi tante volte nell'effimero, sono
specialmente sensibili alla testimonianza di coloro che proclamano l'eterno con
la propria vita. I diaconi, quindi, non mancheranno di offrire ai fratelli
questa testimonianza con la fedeltà al loro celibato, così da
stimolarli a cercare quei valori che manifestano la vocazione dell'uomo alla
trascendenza. « Il celibato « per il regno » non è
soltanto un segno escatologico, ma ha anche un grande significato sociale, nella
vita presente, per il servizio al popolo di Dio ». (187)
Per meglio custodire durante tutta la vita il dono ricevuto da Dio per il
bene della Chiesa intera, i diaconi non confidino eccessivamente sulle proprie
risorse, ma abbiano sempre spirito di umile prudenza e vigilanza, ricordando che
« lo spirito è pronto, ma la carne è debole » (Mt
26, 41); siano fedeli, altresì, alla vita di preghiera e ai doveri
ministeriali.
Si comportino con prudenza nei rapporti con persone la cui familiarità
possa mettere in pericolo la continenza oppure suscitare scandalo. (188)
Siano, infine, consapevoli che l'attuale società pluralista obbliga
ad attento discernimento circa l'uso degli strumenti della comunicazione
sociale.
61. Anche il sacramento del matrimonio, che santifica l'amore dei coniugi e
lo costituisce segno efficace dell'amore con cui Cristo si dona alla Chiesa (cf
Ef 5, 25), è un dono di Dio e deve alimentare la vita spirituale
del diacono sposato. Poiché la vita coniugale e familiare e il lavoro
professionale riducono inevitabilmente il tempo da dedicare al ministero, si
richiede un particolare impegno per raggiungere la necessaria unità,
anche attraverso la preghiera in comune. Nel matrimonio l'amore si fa donazione
interpersonale, mutua fedeltà, sorgente di vita nuova, sostegno nei
momenti di gioia e di dolore; in una parola, l'amore si fa servizio. Vissuto
nella fede, questo servizio familiare è, per gli altri fedeli,
esempio di amore in Cristo e il diacono coniugato lo deve usare anche come
stimolo della sua diaconia nella Chiesa.
Il diacono sposato deve sentirsi particolarmente responsabilizzato
nell'offrire una chiara testimonianza della santità del matrimonio e
della famiglia. Quanto più cresceranno nel mutuo amore, tanto più
forte diventerà la loro donazione ai figli e tanto più
significativo sarà il loro esempio per la comunità cristiana. «
L'arricchimento e l'approfondimento dell'amore sacrificale e reciproco tra
marito e moglie costituisce forse il più significativo coinvolgimento
della moglie del diacono nel ministero pubblico del proprio marito nella Chiesa
». (189) Questo amore cresce grazie alla virtù di castità, la
quale fiorisce sempre, anche mediante l'esercizio della paternità
responsabile, con l'apprendimento del rispetto per il coniuge e con la pratica
di una certa continenza. Tale virtù favorisce questa donazione matura che
si manifesta presto nel ministero, fuggendo gli atteggiamenti possessivi,
l'idolatria della riuscita professionale, l'incapacità ad organizzare il
tempo, favorendo invece relazioni interpersonali autentiche, la delicatezza e la
capacità di dare ad ogni cosa il suo giusto posto.
Siano curate opportune iniziative di sensibilizzazione al ministero
diaconale, rivolte a tutta la famiglia. La sposa del diacono, che ha dato il suo
consenso alla scelta del marito, (190) sia aiutata e sorretta perché viva
il proprio ruolo con gioia e discrezione, ed apprezzi tutto ciò che
riguarda la Chiesa, in particolare i compiti affidati al marito. Per questo
motivo è opportuno che sia informata delle attività del marito,
evitando tuttavia ogni indebita invasione, in modo da concordare e realizzare un
equilibrato ed armonico rapporto tra la vita familiare, professionale ed
ecclesiale. Anche i figli del diacono, se adeguatamente preparati, potranno
apprezzare la scelta del padre ed impegnarsi con particolare attenzione
nell'apostolato e nella coerente testimonianza di vita.
In conclusione, la famiglia del diacono sposato, come, per altro, ogni
famiglia cristiana, è chiamata a prendere parte viva e responsabile alla
missione della Chiesa nelle circostanze del mondo attuale. « Il diacono e
sua moglie devono essere un esempio di fedeltà e indissolubilità
del matrimonio cristiano dinanzi al mondo che avverte un profondo bisogno di
questi segni. Affrontando con spirito di fede le sfide della vita
matrimoniale e le esigenze della vita quotidiana, esse rafforzano la vita
familiare non solo della comunità ecclesiale ma dell'intera società.
Esse mostrano anche come gli obblighi della famiglia, del lavoro e del ministero
possano armonizzarsi nel servizio della missione della Chiesa. I
diaconi, le loro mogli e i figli possono essere di grande incoraggiamento per
tutti coloro che sono impegnati a promuovere la vita familiare ». (191)
62. Occorre riflettere sulla situazione, determinata dalla morte della sposa
di un diacono. È un momento dell'esistenza che domanda di essere vissuto
nella fede e nella speranza cristiana. La vedovanza non deve distruggere la
dedizione ai figli, se ci sono; neppure dovrebbe indurre alla tristezza senza
speranza. Questa tappa della vita, anche se dolorosa, costituisce una chiamata
alla purificazione interiore e uno stimolo a crescere nella carità e nel
servizio ai propri cari e a tutti i membri della Chiesa. È anche una
chiamata a crescere nella speranza, giacché l'adempimento fedele del
ministero è una via per raggiungere Cristo e le persone care nella gloria
del Padre.
Bisogna riconoscere, tuttavia, che questo evento introduce nella vita
quotidiana della famiglia una situazione nuova, che influisce sui rapporti
personali e determina, in non pochi casi, problemi economici. Per tale motivo,
il diacono rimasto vedovo dovrà essere aiutato con grande carità a
discernere e ad accettare la sua nuova situazione personale; a non trascurare
l'impegno educativo nei confronti degli eventuali figli, nonché le nuove
necessità della famiglia.
In particolare, il diacono vedovo dovrà essere seguito
nell'adempimento dell'obbligo di osservare la continenza perfetta e perpetua
(192) e sorretto nella comprensione delle profonde motivazioni ecclesiali che
rendono impossibile il passaggio a nuove nozze (cf 1 Tm 3, 12), in
conformità alla costante disciplina della Chiesa, sia d'Oriente che
d'Occidente. (193) Ciò potrà essere realizzato con una
intensificazione della propria dedizione agli altri, per amore di Dio, nel
ministero. In questi casi sarà di grande conforto per i diaconi l'aiuto
fraterno degli altri ministri, dei fedeli e la vicinanza del Vescovo.
Se è la moglie del diacono a restare vedova, essa, secondo le
possibilità, non sia mai trascurata dai ministri e dai fedeli nelle sue
necessità.
4
FORMAZIONE PERMANENTE DEL DIACONO
Caratteristiche
63. La formazione permanente dei diaconi è un'esigenza umana, che si
pone in continuità con la chiamata soprannaturale per servire
ministerialmente la Chiesa e con l'iniziale formazione al ministero, al punto da
considerare i due momenti come appartenenti all'unico organico percorso di vita
cristiana e diaconale. (194) Infatti, « per chi riceve il diaconato vi è
un obbligo di formazione dottrinale permanente, che perfezioni e attualizzi
sempre più quella richiesta prima dell'ordinazione », (195) in modo
che la vocazione « al » diaconato continui e si riesprima come
vocazione « nel » diaconato, attraverso la periodica rinnovazione del «
sì, lo voglio » pronunciato il giorno dell'ordinazione.
Deve essere dunque considerata sia da parte della Chiesa, che la
impartisce, sia da parte dei diaconi, che la ricevono come un mutuo
diritto-dovere fondato sulla verità dell'impegno vocazionale assunto.
Il fatto di dover continuare sempre ad offrire e ricevere l'adeguata
formazione integrale costituisce, per i Vescovi e per i diaconi, un obbligo non
trascurabile.
Le caratteristiche di obbligatorietà, globalità,
interdisciplinarietà, profondità, scientificità e
propedeuticità alla vita apostolica di tale formazione permanente sono
costantemente richiamate dalla normativa ecclesiastica (196) e sono ancor più
necessarie se la formazione iniziale non fosse stata conseguita secondo il
modello ordinario.
Tale formazione assume i caratteri della « fedeltà » a
Cristo e alla Chiesa e della « continua conversione », frutto della
grazia sacramentale vissuta nella dinamica della carità pastorale propria
di ogni articolazione del ministero ordinato. Essa si configura come scelta
fondamentale, che esige di riaffermarsi e di riesprimersi lungo gli anni del
diaconato permanente, attraverso una lunga serie di risposte coerenti, radicate
e vivificate dal « sì » iniziale. (197)
Motivazioni
64. Traendo ispirazione dalla preghiera di ordinazione, la formazione
permanente si fonda sulla necessità per il diacono di un amore per Gesù
Cristo che spinge all'imitazione (« siano immagine del tuo Figlio »);
tende a confermarlo nella fedeltà indiscussa alla personale vocazione al
ministero (« compiano fedelmente l'opera del ministero »); propone la
sequela di Cristo Servo con radicalità e franchezza (« l'esempio
della loro vita sia un richiamo costante al Vangelo... siano sinceri...
premurosi... vigilanti... »).
La formazione permanente trova, dunque, « il suo fondamento proprio e
la sua motivazione originale nel dinamismo stesso dell'ordine ricevuto »
(198) e trae il suo alimento primordiale dall'Eucaristia, compendio del mistero
cristiano, sorgente inesauribile di ogni energia spirituale. Anche al diacono si
può, in qualche modo, applicare l'esortazione dell'apostolo Paolo a
Timoteo: « Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te »
(2 Tim 1, 6; cf 1 Tim 4, 14-16). Le esigenze teologiche della
sua chiamata ad una singolare missione di servizio ecclesiale richiedono dal
diacono un amore crescente per la Chiesa e per i suoi fratelli, manifestato nel
fedele adempimento dei propri compiti e delle proprie funzioni. Scelto da Dio
per essere santo, servendo la Chiesa e tutti gli uomini, il diacono deve
crescere nella coscienza della propria ministerialità in modo continuo,
equilibrato, responsabile, sollecito e sempre gioioso.
Soggetti
65. Considerata dalla prospettiva del diacono, primo responsabile e
protagonista, la formazione permanente rappresenta, quindi, prima di tutto, un
perenne processo di conversione, che interessa l'essere del diacono come tale,
vale a dire, tutta la sua persona consacrata dal sacramento dell'Ordine e messa
al servizio della Chiesa e ne sviluppa tutte le potenzialità, al fine di
fargli vivere in pienezza i doni ministeriali ricevuti, in ogni periodo e
condizione di vita e nelle diverse responsabilità conferitegli dal
Vescovo. (199)
La sollecitudine della Chiesa per la formazione permanente dei diaconi
sarebbe perciò inefficace senza l'impegno di ciascuno di essi. Tale
formazione non può pertanto venir ridotta alla sola partecipazione ai
corsi, alle giornate di studio, ecc., ma richiede che ogni diacono, consapevole
di questa necessità, la coltivi con interesse e con un certo spirito di
sana iniziativa. Il diacono curi la lettura di libri scelti con criteri
ecclesiali, non manchi di seguire qualche pubblicazione periodica di provata
fedeltà al magistero e non trascuri la meditazione quotidiana. Formarsi
sempre di più per servire sempre meglio e di più è una
parte importante del servizio che gli viene richiesto.
66. Considerata dalla prospettiva del Vescovo, (200) e dei presbiteri,
cooperatori dell'ordine episcopale, che portano la responsabilità e il
peso del suo espletamento, la formazione permanente consiste nell'aiutare i
diaconi a superare qualsiasi dualismo o rottura fra spiritualità e
ministerialità ma, prima ancora, a superare ogni rottura fra la propria
eventuale professione civile e la spiritualità diaconale, « a
rispondere generosamente all'impegno richiesto dalla dignità e dalla
responsabilità che Dio ha conferito loro per mezzo del sacramento
dell'Ordine; nel custodire, difendere e sviluppare la loro specifica identità
e vocazione; nel santificare se stessi e gli altri mediante l'esercizio del
ministero ». (201)
Le due prospettive sono complementari e si richiamano reciprocamente in
quanto fondate, con l'aiuto dei doni soprannaturali, nell'unità interiore
della persona.
L'aiuto che i formatori sono chiamati ad offrire sarà tanto più
efficace quanto più rispondente alle necessità personali di
ciascun diacono, poiché ognuno vive il proprio ministero nella Chiesa
come persona irrepetibile e nelle proprie circostanze.
Tale accompagnamento personalizzato, farà anche sentire ai diaconi
l'amore con cui la madre Chiesa è vicina al loro impegno per vivere la
grazia del sacramento nella fedeltà. È quindi di somma importanza
che i diaconi abbiano modo di scegliere un direttore spirituale, approvato dal
Vescovo, con il quale avere regolari e frequenti colloqui.
Per altro, l'intera comunità diocesana è, in qualche modo,
coinvolta nella formazione dei diaconi (202) e, in particolare, lo è il
parroco, o altro sacerdote a ciò designato, che presterà il
proprio sostegno con fraterna sollecitudine.
Specificità
67. La cura e l'impegno personale nella formazione permanente sono segni
inequivocabili di una risposta coerente alla vocazione divina, di un amore
sincero alla Chiesa e di una preoccupazione pastorale autentica nei confronti
dei fedeli cristiani e di tutti gli uomini. Si può estendere ai diaconi
quanto affermato per i presbiteri: « La formazione permanente si presenta
come un mezzo necessario ... per raggiungere il fine della sua vocazione, che è
il servizio di Dio e del suo popolo ». (203)
La formazione permanente è veramente un'esigenza, che si pone in
continuità con la formazione iniziale, con la quale condivide ragioni di
finalità e di significato e, nei confronti della quale, compie una
funzione di integrazione, di custodia e di approfondimento.
L'essenziale disponibilità del diacono nei confronti degli altri
costituisce una espressione pratica della configurazione sacramentale a Cristo
Servo, ricevuta mediante l'Ordine sacro e impressa nell'anima con il carattere:
è un traguardo e un richiamo permanente per il ministero e la vita dei
diaconi. In tale prospettiva, la formazione permanente non può ridursi ad
un semplice impegno di completamento culturale o pratico per un maggiore o un
migliore fare. La formazione permanente non deve aspirare soltanto a
garantire l'aggiornamento, ma deve tendere a facilitare una progressiva
conformazione pratica dell'intera esistenza del diacono con Cristo che tutti ama
e tutti serve.
Ambiti
68. La formazione permanente deve comprendere e armonizzare tutte le
dimensioni della vita e del ministero del diacono. Pertanto, come per i
presbiteri, deve essere completa, sistematica e personalizzata, nelle sue
diverse dimensioni: umana, spirituale, intellettuale, pastorale. (204)
69. Curare i diversi aspetti della formazione umana dei diaconi costituisce,
oggi, come nel passato, un compito importante dei Pastori. Il diacono,
consapevole di essere stato scelto come uomo tra gli uomini, per mettersi al
servizio della salvezza di tutti gli uomini, deve essere pronto a lasciarsi
aiutare nell'opera di miglioramento delle proprie qualità umane
strumenti preziosi per il suo servizio ecclesiale e a perfezionare tutti
quegli aspetti della sua personalità, che possano rendere più
efficace il suo ministero.
Per realizzare quindi utilmente la sua vocazione alla santità e la
sua peculiare missione ecclesiale, egli con gli occhi fissi a Colui che è
perfetto Dio e perfetto uomo si deve applicare anzitutto nella pratica
delle virtù naturali e soprannaturali, che lo renderanno più
simile all'immagine di Cristo e più degno della stima dei suoi fratelli.
(205) In particolare, dovrà curare, nel suo ministero e nella sua vita
quotidiana, la bontà del cuore, la pazienza, l'amabilità, la forza
d'animo, l'amore per la giustizia, la fedeltà alla parola data, lo
spirito di sacrificio, la coerenza con gli impegni liberamente assunti, lo
spirito di servizio, ecc.
La pratica di queste virtù aiuterà i diaconi a diventare
uomini di personalità equilibrata, maturi nell'agire e nel discernere
fatti e circostanze.
È altresì importante che il diacono, conscio della dimensione
di esemplarità del suo comportamento sociale, rifletta sulla importanza
della capacità di dialogo, sulla correttezza delle varie forme di
relazioni umane, sulle attitudini al discernimento delle culture, sul valore
dell'amicizia, sulla signorilità del tratto. (206)
70. La formazione spirituale permanente è in stretta connessione con
la spiritualità diaconale, che deve alimentare e far progredire, e con il
ministero, sostenuto da « un vero incontro personale con Gesù, da un
fiducioso colloquio con il Padre, da una profonda esperienza dello Spirito ».
(207) I diaconi vanno quindi specialmente incoraggiati e sostenuti dai Pastori a
coltivare responsabilmente la propria vita spirituale, dalla quale sorge con
abbondanza la carità che sostiene e rende fecondo il loro ministero,
evitando il pericolo di cadere nell'attivismo o in una mentalità «
burocratica » nell'esercizio del diaconato.
In particolare, la formazione spirituale dovrà sviluppare nei diaconi
atteggiamenti collegati con la triplice diaconia della parola, della liturgia e
della carità.
La meditazione assidua della S. Scrittura realizzerà familiarità
e dialogo adorante con il Dio vivente, favorendo una assimilazione di tutta la
Parola rivelata.
La conoscenza profonda della Tradizione e dei libri liturgici aiuterà
il diacono a riscoprire continuamente le ricchezze inesauribili dei divini
misteri per essere ministro degno.
La sollecitudine fraterna nella carità avvierà il diacono a
diventare animatore e coordinatore delle iniziative di misericordia spirituale e
corporale, quasi segno vivente della carità della Chiesa.
Tutto ciò richiede una programmazione accurata e realistica dei mezzi
e dei tempi, cercando sempre di evitare le improvvisazioni. Oltre a stimolare la
direzione spirituale, si devono prevedere corsi e sessioni speciali di studio su
questioni appartenenti alla grande tradizione teologica spirituale cristiana,
periodi particolarmente intensi di spiritualità, visite a luoghi
spiritualmente significativi.
In occasione degli esercizi spirituali, ai quali dovrebbe partecipare almeno
ogni due anni, (208) il diacono non mancherà di tracciare un concreto
progetto di vita, da verificare periodicamente con il proprio direttore
spirituale. In esso non dovrebbero mancare i tempi dedicati quotidianamente alla
fervida devozione eucaristica, alla filiale pietà mariana e alle pratiche
ascetiche abituali, oltre che alla preghiera liturgica e alla meditazione
personale.
Il centro unificatore di questo itinerario spirituale è l'Eucaristia.
Essa costituisce il criterio orientativo, la dimensione permanente di tutta la
vita e l'azione diaconale, il mezzo indispensabile per una consapevole
perseveranza, per ogni autentico rinnovamento e per giungere così ad una
sintesi equilibrata della propria vita. In tale ottica, la formazione spirituale
del diacono riscopre l'Eucaristia come Pasqua, nella sua articolazione annuale
(la Settimana Santa), settimanale (la Domenica), quotidiana (la Messa feriale).
71. L'inserimento dei diaconi nel mistero della Chiesa, in virtù del
loro battesimo e del primo grado del sacramento dell'Ordine, rende necessario
che la formazione permanente rafforzi in essi la coscienza e la volontà
di vivere in motivata, operosa e matura comunione con i presbiteri e con il
proprio Vescovo, nonché con il Sommo Pontefice, che è il
fondamento visibile dell'unità di tutta la Chiesa.
Così formati, i diaconi, nel loro ministero, si proporranno pure come
animatori di comunione. In particolare, laddove si verificassero tensioni, non
mancheranno di promuovere la pacificazione per il bene della Chiesa.
72. Occorre organizzare opportune iniziative (giornate di studio, corsi di
aggiornamento, frequenza di corsi o seminari presso istituzioni accademiche) per
approfondire la dottrina della fede. Sarà particolarmente utile, in
questo senso, fomentare lo studio attento, approfondito e sistematico del Catechismo
della Chiesa Cattolica.
È indispensabile verificare la corretta conoscenza del sacramento
dell'Ordine, dell'Eucarestia e dei sacramenti più consuetamente affidati
ai diaconi, come il Battesimo ed il Matrimonio. È necessario anche
approfondire ambiti o tematiche della filosofia, dell'ecclesiologia, della
teologia dogmatica, della Sacra Scrittura e del diritto canonico più
utili per l'adempimento del loro ministero.
Oltre che favorire un sano aggiornamento, tali incontri dovrebbero condurre
alla preghiera, ad una maggiore comunione e ad un'azione pastorale sempre più
incisiva, quale risposta alle urgenti necessità della nuova
evangelizzazione.
Si devono approfondire in forma comunitaria e con guida autorevole anche i
documenti del Magistero, specialmente quelli che esprimono la posizione della
Chiesa riguardo a problemi dottrinali e morali maggiormente sentiti, mirando
sempre al ministero pastorale. Così facendo si potrà esprimere e
realizzare la dovuta obbedienza al Pastore universale della Chiesa e ai Pastori
diocesani, rafforzando anche la fedeltà alla dottrina e alla disciplina
della Chiesa in un rinsaldato vincolo di comunione.
È del massimo interesse e di grande attualità, inoltre,
studiare, approfondire e diffondere la dottrina sociale della Chiesa.
L'inserimento di buona parte dei diaconi nelle professioni, nel lavoro e nella
famiglia, infatti, consentirà di elaborare mediazioni efficaci per la
conoscenza e l'attuazione dell'insegnamento sociale cristiano.
Coloro che ne hanno le capacità possono essere indirizzati dal
Vescovo alla specializzazione in una disciplina teologica, conseguendo
possibilmente i gradi accademici presso centri accademici pontifici o
riconosciuti dalla Sede Apostolica, che assicurino una formazione dottrinalmente
corretta.
Infine, abbiano sempre a cuore lo studio sistematico, non solo per
perfezionare il loro sapere teologico, ma anche per rivitalizzare continuamente
il loro ministero, rendendolo sempre adeguato alle necessità della
comunità ecclesiale.
73. Accanto all'approfondimento doveroso delle scienze sacre, va curata una
adeguata acquisizione delle metodologie pastorali (209) per un efficace
ministero.
La formazione pastorale permanente consiste, in primo luogo, nel promuovere
continuamente l'impegno del diacono a perfezionare l'efficacia del proprio
ministero, di rendere presente nella Chiesa e nella società l'amore e il
servizio di Cristo a tutti gli uomini senza distinzioni, specialmente ai più
deboli e bisognosi. Infatti, è dalla carità pastorale di Gesù
che il diacono attinge la forza e il modello del suo agire. Questa stessa carità
spinge e stimola il diacono, collaborando con il Vescovo e i presbiteri, a
promuovere la missione propria dei fedeli laici nel mondo. Egli è perciò
stimolato « a conoscere sempre meglio la condizione reale degli uomini, ai
quali è mandato, a discernere nelle circostanze storiche nelle quali è
inserito gli appelli dello Spirito, a ricercare i metodi più adatti e le
forme più utili per esercitare oggi il suo ministero » (210) in
leale e convinta comunione con il Sommo Pontefice e con il proprio Vescovo.
Tra queste forme, l'apostolato odierno richiede anche il lavoro in gruppo,
che, per essere fruttuoso, esige di sapere rispettare e difendere, in sintonia
con la natura organica della comunione ecclesiale, la diversità e
complementarità dei doni e delle funzioni rispettive dei presbiteri, dei
diaconi e di tutti gli altri fedeli.
Organizzazione e mezzi
74. La varietà di situazioni, presenti nelle Chiese particolari,
rende arduo definire un quadro esauriente sulla organizzazione e sui mezzi
idonei per una congrua formazione permanente dei diaconi. È necessario
scegliere gli strumenti formativi sempre in un contesto di chiarezza teologica e
pastorale.
Sembra più opportuno, perciò, offrire soltanto alcune
indicazioni di carattere generale, facilmente traducibili nelle diverse
situazioni concrete.
75. Luogo primo della formazione permanente dei diaconi è lo stesso
ministero. Attraverso il suo esercizio il diacono matura, focalizzando sempre più
la propria vocazione personale alla santità nell'adempimento dei propri
doveri sociali ed ecclesiali, in particolare, delle funzioni e responsabilità
ministeriali. La coscienza di ministerialità costituisce quindi lo scopo
preferenziale della specifica formazione che viene impartita.
76. L'itinerario di formazione permanente deve svilupparsi sulla base di un
preciso e accurato progetto stabilito e verificato dall'autorità
competente, con la caratteristica dell'unitarietà, scandita con
progressione per tappe, in piena sintonia col Magistero ecclesiastico. È
opportuno stabilire un minimo indispensabile per tutti, da non confondere con
gli itinerari di approfondimento.
Questo progetto deve prendere in considerazione due livelli formativi
strettamente collegati fra di loro: quello diocesano, che ha come referente il
Vescovo o un suo delegato; quello della comunità, in cui il diacono
esercita il proprio ministero, che ha come referente il parroco o altro
sacerdote.
77. La prima nomina del diacono in una comunità o in un ambito
pastorale rappresenta un momento delicato. La sua presentazione ai responsabili
della comunità (parroco, sacerdoti, ecc.) e di questa allo stesso
diacono, oltre che favorire la reciproca conoscenza, contribuirà a
improntare subito la collaborazione sulla base della stima e del dialogo
rispettoso, in uno spirito di fede e di carità. Può risultare
proficuamente formativa la propria comunità cristiana, quando il diacono
vi si inserisce con l'animo di chi sa rispettare le sane tradizioni, sa
ascoltare, discernere, servire ed amare così come farebbe il Signore Gesù.
L'esperienza pastorale iniziale sarà seguita con particolare
attenzione da un esemplare sacerdote responsabile, incaricato dal Vescovo.
78. Saranno garantiti ai diaconi incontri periodici di contenuto liturgico,
di spiritualità, di aggiornamento, di verifica e di studio a livello
diocesano o sovradiocesano.
Sarà bene prevedere, sotto l'autorità del Vescovo e senza
moltiplicare strutture, raduni periodici tra sacerdoti, diaconi, religiose,
religiosi e laici impegnati nell'esercizio della cura pastorale, sia per
superare l'isolamento di piccoli gruppi, sia per garantire l'unità di
vedute e di azione di fronte ai diversi modelli pastorali.
Il Vescovo seguirà con sollecitudine i diaconi suoi collaboratori,
presenziando agli incontri, secondo le sue possibilità e, se impedito,
non mancherà di farsi rappresentare.
79. Con l'approvazione del Vescovo deve essere elaborato un piano di
formazione permanente realistico e realizzabile, conforme alle presenti
disposizioni, che tenga conto dell'età e delle specifiche situazioni dei
diaconi, insieme alle esigenze del loro ministero pastorale.
A tale scopo, il Vescovo potrà costituire un gruppo di idonei
formatori o, eventualmente, richiedere la collaborazione delle diocesi vicine.
80. È auspicabile che il Vescovo istituisca un organismo di
coordinamento dei diaconi, per programmare, coordinare e verificare il
ministero diaconale: dal discernimento vocazionale, (211) alla formazione e
all'esercizio del ministero, compresa la formazione permanente.
Faranno parte di tale organismo lo stesso Vescovo, che lo presiederà,
o un sacerdote suo delegato, insieme ad un proporzionato numero di diaconi.
Detto organismo non mancherà di tenere i dovuti collegamenti con gli
altri organismi diocesani.
Norme proprie, emanate dal Vescovo, regoleranno tutto ciò che
riguarda la vita e il funzionamento di tale organismo.
81. Per i diaconi coniugati saranno programmate, oltre alle altre,
iniziative e attività di formazione permanente, che, secondo l'opportunità,
coinvolgano, in qualche modo, anche le mogli e l'intera famiglia, tenendo sempre
presente l'essenziale distinzione di ruoli e la chiara indipendenza del
ministero.
82. I diaconi valorizzeranno tutte quelle iniziative che, abitualmente, le
Conferenze Episcopali o le diocesi promuovono per la formazione permanente del
clero: ritiri spirituali, conferenze, giornate di studio, convegni, corsi
integrativi a carattere teologico-pastorale.
Essi avranno anche cura di non mancare a quelle iniziative che più
segnatamente riguarderanno il loro ministero di evangelizzazione, liturgico e di
carità.
Il Sommo Pontefice, Giovanni Paolo II, ha approvato il presente
Direttorio e ne ha ordinato la pubblicazione.
Roma, dal Palazzo delle Congregazioni, il 22 febbraio, festa della Cattedra
di S. Pietro, dell'anno 1998.
Darío Card. Castrillón Hoyos Prefetto
Csaba Ternyák Arcivescovo titolare di Eminenziana Segretario
NOTE
(1) Cf Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 28a.
(2) Cf C.I.C., can. 1034, § 1; Paolo VI, Lett. ap. Ad
pascendum, I, a: l.c., 538.
(3) Cf ibidem, cann. 265-266.
(4) Cf ibidem, cann. 1034, § 1, 1016, 1019; Cost. ap. Spirituali
militum curae, VI, §§ 3-4; C.I.C., can. 295, § 1.
(5) Cf ibidem, cann. 267-268 § 1.
(6) Cf ibidem, can. 271.
(7) Cf Paolo VI, Lett. ap. Sacrum Diaconatus Ordinem, VI, 30: l.c.,
703.
(8) Cf C.I.C., can. 678 §§ 1-3; 715; 738; cf anche Paolo
VI, Lett. ap. Sacrum Diaconatus Ordinem, VII, 3335: l.c., 704.
(9) Cf Segreteria di Stato, Lettera al Cardinale Prefetto della Sacra
Congregazione per i Sacramenti e il Culto Divino, Prot. N. 122.735, del 3
gennaio 1984.
(10) Cf Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Christus Dominus, n. 15; Paolo
VI, Lett. ap. Sacrum Diaconatus Ordinem, 23: l.c., 702.
(11) Pontificale Romanum De Ordinatione Episcopi, Presbyterorum
et Diaconorum, n. 201, Editio typica altera, Typis Polyglottis Vaticanis
1990, p. 110; cf anche C.I.C., can. 273.
(12) « ... Chi fosse dominato da una mentalità di
contestazione, o di opposizione all'autorità, non potrebbe adempiere
adeguatamente alle funzioni diaconali. Il diaconato non può essere
conferito che a coloro che credono al valore della missione pastorale del
vescovo e del presbitero, e all'assistenza dello Spirito Santo che li guida
nella loro attività e nelle loro decisioni. In particolare va ripetuto
che il diacono deve « professare al vescovo riverenza ed obbedienza »...
Il servizio del diacono è rivolto, poi, alla propria comunità
cristiana e a tutta la Chiesa, per la quale non può non nutrire un
profondo attaccamento, a motivo della sua missione e della sua istituzione
divina » (Giovanni Paolo II, Catechesi nell'Udienza generale $[20
ottobre 1993$
(13) C.I.C., can. 274, § 2.
(14) « ...tra i compiti del diacono vi è quello di «
promuovere e sostenere le attività apostoliche dei laici ». In
quanto presente e inserito più del sacerdote negli ambiti e nelle
strutture secolari, egli si devesentire incoraggiato a favorire l'avvicinamento
tra il ministero ordinato e le attività dei laici, nel comune servizio al
Regno di Dio » (Giovanni Paolo II, Catechesi nell'Udienza generale
$[13 ottobre 1993$
(15) Cf C.I.C., can. 282.
(16) Cf ibidem, can. 288, in riferimento al can. 284.
(17) Cf ibidem, can. 284; Congregazione per il Clero, Direttorio
per il ministero e la vita dei presbiteri Tota Ecclesia (31 gennaio
1994), n. 66, Libreria Editrice Vaticana, 1994, pp. 67-68; Pontificio Consiglio
per l'Interpretazione dei Testi Legislativi, chiarimento circa il valore
vincolante dell'art. 66 (22 ottobre 1994): Rivista « Sacrum Ministerium »,
2 (1995), p. 263.
(18) Cf C.I.C., can. 669.
(19) Cf ibidem, can. 278, §§ 1-2, in esplicitazione del
can. 215.
(20) Cf ibidem, can. 278, § 3 e can. 1374; ed anche Conferenza
Episcopale Tedesca, Dichiar. « Chiesa cattolica e massoneria », 28
febbraio 1980.
(21) Cf Congregazione per il Clero, Dichiar. Quidam Episcopi (8
marzo 1982), IV: AAS 74 (1982), pp. 642-645.
(22) Cf C.I.C., can. 299, § 3; can. 304.
(23) Cf ibidem, can. 305.
(24) Cf Giovanni Paolo II, Allocuzione ai Vescovi dello Zaïre in
Visita « ad Limina » (30 aprile 1983), n. 4: Insegnamenti, VI,
1 (1983), pp. 1112-1113; Allocuzione ai Diaconi permanenti (16 marzo 1985): Insegnamenti,
VIII, 1 (1985), pp. 648-650; cf anche Allocuzione per l'ordinazione di otto
nuovi Vescovi a Kinshasa (4 maggio 1980), 3-5: Insegnamenti, III, 1
(1980), pp. 1111-1114; Catechesi nell'udienza generale (6 ottobre 1993): Insegnamenti,
XVI, 2 (1993), pp. 951-955.
(25) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 33; cf anche
C.I.C., can. 225.
(26) Cf C.I.C., can. 288, in riferimento al can. 285, §§
3-4.
(27) Cf ibidem, can. 288, in riferimento al can. 286.
(28) Cf ibidem, can. 222, § 2 ed anche can. 225, § 2.
(29) Cf ibidem, can. 672.
(30) Ibidem, can. 287, § 1.
(31) Ibidem, can. 287, § 2.
(32) Ibidem, can. 288.
(33) Cf ibidem, can. 283.
(34) Cf Paolo VI, Lett. ap. Sacrum Diaconatus Ordinem, 21: l.c.,
701.
(35) Cf C.I.C., can. 281.
(36) « Ai chierici, in quanto si dedicano al ministero ecclesiastico,
spetta una rimunerazione adeguata alla loro condizione, tenendo presente sia la
natura dell'ufficio, sia le circostanze di luogo e di tempo, perché con
essa possano provvedere alle necessità della propria vita e alla giusta
retribuzione di chi è al loro servizio » (C.I.C., can. 281, §
1).
(37) « Così pure occorre fare in modo che usufruiscano della
previdenza sociale con cui sia possibile provvedere convenientemente alle loro
necessità in caso di malattia, di invalidità o di vecchiaia »
(C.I.C., can. 281, § 2).
(38) C.I.C., can. 281, § 3. Con il termine rimunerazione nel
diritto canonico si vuole indicare, a differenza dal diritto civile, più
che lo stipendio in senso tecnico, il compenso atto a consentire un onesto e
congruo sostentamento del ministro, quando tale compenso è dovuto per
giustizia.
(39) Ibidem, can. 1274, § 1.
(40) Ibidem, can. 1274, § 2.
(41) Cf ibidem, can. 281, § 1.
(42) Cf ibidem, can. 281, § 3.
(43) Cf ibidem, can. 281, § 3.
(44) Cf ibidem, cann. 290-293.
(45) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 29.
(46) Giovanni Paolo II, Allocuzione ai Diaconi Permanenti (16 marzo 1985),
n. 2: Insegnamenti, VIII, 1 (1985), p. 649; cf Conc. Ecum. Vat. II,
Cost. dogm. Lumen gentium, 29; C.I.C., can. 1008.
(47) Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei
Cristiani, Direttorio per l'applicazione dei Princìpi e delle Norme
sull'Ecumenismo (25 marzo 1993), 71: AAS 85 (1993), p. 1069; Cf
Congregazione per la Dottrina della Fede, Lett. Communionis notio (28
maii 1992): AAS 85 (1993), pp. 838 ss.
(48) Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani,
Direttorio per l'applicazione dei Princìpi e delle Norme
sull'Ecumenismo (25 marzo 1993), 70: l.c., 1068.
(49) Pontificale Romanum De Ordinatione Episcopi, Presbyterorum
et Diaconorum, n. 210: ed. cit., p. 125: « Accipe Evangelium
Christi, cuius praeco effectus es; et vide, ut quod legeris credas, quod
credideris doceas, quod docueris imiteris ».
(50) Cf Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 29. «
Spetta anche ai diaconi servire il Popolo di Dio nel ministero della Parola, in
comunione con il vescovo e il suo presbiterio » (C.I.C., can. 757);
« Nella predicazione, i diaconi partecipano al ministero dei sacerdoti »
(Giovanni Paolo II, Allocuzione ai Sacerdoti, Diaconi, Religiosi e Seminaristi
nella Basilica dell'Oratorio di St. Joseph Montréal, Canada $[11
settembre 1984$
(51) Cf Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 4.
(52) Cf ibidem, Cost. dogm. Dei verbum, 25; Congregazione
per l'Educazione Cattolica, Lett. circ. Come è a conoscenza; C.I.C.,
can. 760.
(53) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 25a; Cost.
dogm. Dei Verbum, 10a.
(54) Cf C.I.C., can. 753.
(55) Ibidem, can. 760.
(56) Cf ibidem, can. 769.
(57) Cf Institutio Generalis Missalis Romani, n. 61; Missale
Romanum, Ordo lectionis Missae Praenotanda, n. 8, 24 e 50: ed.
typica altera, 1981.
(58) Cf C.I.C., can. 764.
(59) Cf Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita
dei presbiteri Tota Ecclesia (31 gennaio 1994), nn. 45-47: l.c., 43-48.
(60) Cf Institutio Generalis Missalis Romani, nn. 42, 61; cf
Congregazione per il Clero, Pontificio Consiglio per i Laici, Congregazione per
la Dottrina della Fede, Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei
Sacramenti, Congregazione per i Vescovi, Congregazione per l'Evangelizzazione
dei Popoli, Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società
di Vita Apostolica, Pontificio Consiglio per l'Interpretazione dei Testi
Legislativi, Istruzione su alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli
laici al ministero dei sacerdoti Ecclesiae de mysterio (15 agosto 1997),
art. 3.
(61) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 35; cf 52;
C.I.C., can. 767, § 1.
(62) Cf C.I.C., can. 779.
(63) Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975):
AAS 68 (1976), pp. 5-76.
(64) Cf C.I.C., cann. 804-805.
(65) Cf ibidem, can. 810.
(66) Cf ibidem, can. 761.
(67) Cf ibidem, can. 822.
(68) Cf ibidem, can. 823, § 1.
(69) Ibidem, 831, §§ 1-2.
(70) Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Ad gentes, 2a.
(71) Cf C.I.C., cann. 784, 786.
(72) Cf Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Ad gentes, 16; Pontificale
Romanum De Ordinatione Episcopi, Presbyterorum et Diaconorum, n. 207:
ed. cit., p. 122 (Prex Ordinationis).
(73) Cf Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Dogm. Lumen gentium, 29.
(74) Ibidem, Cost. Sacrosanctum Concilium, 10.
(75) Ibidem, 7d.
(76) Cf ibidem, 22, 3; C.I.C., cann. 841, 846.
(77) Cf C.I.C., can. 840.
(78) « I diaconi partecipano alla celebrazione del culto divino, a
norma delle disposizioni di diritto » (C.I.C., can. 835, § 3).
(79) Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1570; cf Caeremoniale
Episcoporum, n. 23-26.
(80) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 26-27.
(81) Cf C.I.C., can. 846, § 1.
(82) Cf Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 28.
(83) Cf C.I.C., can. 929.
(84) Cf Institutio generalis Missalis Romani, nn. 81b, 300, 302;
Institutio generalis Liturgiae Horarum, n. 255; Pontificale Romanum
- Ordo dedicationis ecclesiae et altaris, nn. 23, 24, 28, 29, Editio typica,
Typis Polyglottis Vaticanis 1977, pp. 29 et 90; Rituale Romanum - De
Benedictionibus, n. 36, Editio typica, Typis Polyglottis Vaticanis 1985, p.
18; Ordo coronandi imaginem beatae Mariae Virginis, n. 12, Editio
typica, Typis Polyglottis Vaticanis 1981, p. 10; Congregazione per il Culto
Divino, Direttorio per le celebrazioni in assenza del presbitero Christi
Ecclesia, n. 38: Notitiae 24 (1988), pp. 388-389; Pontificale
Romanum De Ordinatione Episcopi, Presbyterorum et Diaconorum, nn.
188: (« Immediate post Precem Ordinationis, Ordinati stola diaconali et
dalmatica induuntur, quo eorum ministerium abhinc in liturgia peragendum
manifestetur ») e 190: ed. cit., pp. 102. 103; Caeremoniale
Episcoporum, n. 67, Editio typica, Libreria Editrice Vaticana 1995, pp.
28-29.
(85) C.I.C., can. 861, § 1.
(86) Cf ibidem, can. 530, 1o.
(87) Cf ibidem, can. 862.
(88) Cf Paolo VI, Lett. ap. Sacrum Diaconatus Ordinem, V, 22, 1:
l.c., 701.
(89) Cf Institutio generalis Missalis Romani, nn. 61, 127-141.
(90) Cf C.I.C., can. 930, § 2.
(91) Cf ibidem, can. 907; Congregazione per il Clero, ecc.
Istruzione Ecclesiae de mysterio (15 agosto 1997), art. 6.
(92) Cf Paolo VI, Lett. ap. Sacrum Diaconatus Ordinem, V, 22, 6:
l.c., 702.
(93) Cf C.I.C., can. 910, § 1.
(94) Cf ibidem, can. 911, § 2.
(95) Cf ibidem, can. 943 ed anche Paolo VI, Lett. ap. Sacrum
Diaconatus Ordinem, V, 22, 3: l.c., 702.
(96) Cf Congregazione per il Culto Divino, Direttorio per le celebrazioni
in assenza del presbitero Christi Ecclesia, n. 38: l.c.,
388-389; Congregazione per il Clero, ecc. Istruzione Ecclesiae de mysterio
(15 agosto 1997), art. 7.
(97) Cf Giovanni Paolo II, Esort. Ap. post-sinodale Familiaris
consortio, 73: AAS 74 (1982), pp. 170-171.
(98) Cf C.I.C., can. 1063.
(99) Cf Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Lumen gentium, 29; C.I.C.,
can. 1108, §§ 1-2; Ordo celebrandi Matrimonium, Ed. typica
altera 1991, 21.
(100) Cf C.I.C., can. 1111, §§ 1-2.
(101) Cf ibidem, can. 227, §§ 3-4.
(102) Cf Conc. Ecum. di Firenze, Bolla Exsultate Deo (DS 1325);
Conc. Ecum. di Trento, Doctrina de sacramento extremae unctionis, cap. 3
(DS 1697) e can. 4 de extrema unctione (DS 1719).
(103) Cf Paolo VI, Lett. ap. Sacrum Diaconatus Ordinem, II, 10: l.c.,
699; Congregazione per il Clero, ecc. Istruzione Ecclesiae de mysterio
(15 agosto 1997), art. 9.
(104) Cf C.I.C., can. 276, § 2, n. 3.
(105) Cf Institutio generalis Liturgiae Horarum, nn. 20; 255-256.
(106) Cf Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 60; C.I.C.,
can. 1166 e can. 1168; Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1667.
(107) Cf C.I.C., can. 1169, § 3.
(108) Cf Paolo VI, Lett. ap. Sacrum Diaconatus Ordinem, V, 22, 5:
l.c., 702, ed anche Ordo exsequiarum, 19; Congregazione per il
Clero, ecc. Istruzione Ecclesiae de mysterio (15 agosto 1997), art. 12.
(109) Cf Rituale Romanum De Benedictionibus, n. 18c: ed.
cit., p. 14.
(110) Cf C.I.C., can. 129, § 1.
(111) S. Policarpo, Epist. ad Philippenses, 5, 2: SC 10 bis, p. 182;
citato in Lumen gentium, 29a.
(112) Cf Paolo VI, Lett. ap. Sacrum Diaconatus Ordinem, l.c., 698.
(113) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 29.
(114) Pontificale Romanum De Ordinatione Episcopi, Presbyterorum
et Diaconorum, n. 207: ed. cit., p. 122 (Prex Ordinationis).
(115) Cf Ippolito, Traditio Apostolica, 8, 24; S. Ch. 11
bis, pp. 58-63; 98-99; Didascalia Apostolorum (Siriaca), capp. III, XI:
A. Vööbus (ed.) The « Didascalia Apostolorum » in Syriae
(testo originale in siriaco e trad. in inglese), CSCO, vol. I, n. 402 (tomo
176), pp. 29-30; vol. II, n. 408 (tomo 180), pp. 120-129; Didascalia
Apostolorum, III, 13 (19), 1-7: F. X. Funk (ed.), Didascalia et
Constitutiones Apostolorum, Paderbornae 1906, I, pp. 212-216; Conc. Ecum.
Vat. II, Decr. Christus Dominus, 13.
(116) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, 40-45.
(117) Paolo VI, Lett. ap. Sacrum Diaconatus Ordinem, V, 22, 9: l.c.,
702. Cf Giovanni Paolo II, Catechesi nell'Udienza generale (13 ottobre
1993), n. 5: Insegnamenti XVI, 2 (1993), pp. 1000-1004.
(118) Cf C.I.C., can. 494.
(119) Cf ibidem, can. 493.
(120) Cf Giovanni Paolo II, Allocuzione ai diaconi permanenti degli USA,
Detroit (19 settembre 1987), n. 3: Insegnamenti, X, 3 (1987), p.
656.
(121) Cf C.I.C., can. 157.
(122) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 27a.
(123) Cf C.I.C., can. 519.
(124) Cf ibidem, can. 517, § 1.
(125) Cf ibidem, can. 517, § 2.
(126) Cf Paolo VI, Lett. ap. Sacrum Diaconatus Ordinem, V, 22, 10:
l.c., 702.
(127) Cf C.I.C., can. 1248, § 2; Congregazione per il Culto
Divino, Direttorio per le celebrazioni in assenza del presbitero Christi
Ecclesia, n. 29: l.c., 386.
(128) Giovanni Paolo II, Catechesi nell'Udienza generale (13 ottobre
1993), n. 4: Insegnamenti XVI, 2 (1993), p. 1002.
(129) Cf Paolo VI, Lett. ap. Sacrum Diaconatus Ordinem, V, 24 : l.c.,
702; C.I.C., can. 536.
(130) Cf Paolo VI, Lett. ap. Sacrum Diaconatus Ordinem, V, 24 :
l.c., 702; C.I.C., can. 512, § 1.
(131) Cf C.I.C., can. 463, § 2.
(132) Cf Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 28;
Decr. Christus Dominus, 27; Decr. Presbyterorum Ordinis, 7;
C.I.C., can. 495, § 1.
(133) Cf C.I.C., can. 482.
(134) Cf ibidem, can. 1421, § 1.
(135) Cf ibidem, can. 1424.
(136) Cf ibidem, can. 1428, § 2.
(137) Cf ibidem, can. 1435.
(138) Cf ibidem, can. 483, § 1.
(139) Cf ibidem, can. 1420, § 4.
(140) 3 Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 2.
(141) Ibidem, Cost. dogm. Lumen gentium 5.
(142) Ibidem, Cost. past. Gaudium et spes, 2b.
(143) Ibidem, Cost. past. Gaudium et spes, 4a.
(144) Ibidem, Cost. dogm. Lumen gentium, 40.
(145) Ibidem, Decr. Presbyterorum Ordinis, 12a.
(146) Ibidem, Decr. Ad gentes, 16.
(147) Giovanni Paolo II, Catechesi nell'Udienza generale (20 ottobre
1993), n. 1: Insegnamenti, XVI, 2 (1993), p. 1053.
(148) « Tutti i fedeli, secondo la propria condizione, devono dedicare
le proprie energie al fine di condurre una vita santa e di promuovere la
crescita della Chiesa e la sua continua santificazione » (C.I.C., can.
210).
(149) Essi « essendo al servizio dei misteri di Cristo e della Chiesa,
devono mantenersi puri da ogni vizio e piacere a Dio e studiarsi di fare ogni
genere di opere buone davanti agli uomini (cf 1 Tim 3, 8-10 e 12-13) »:
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 41. Cf anche Paolo VI,
Lett. ap. Sacrum Diaconatus Ordinem, VI, 25: l.c., 702.
(150) « Nella loro condotta di vita i chierici sono tenuti in modo
peculiare a tendere alla santità, in quanto, consacrati a Dio per un
nuovo titolo mediante l'ordinazione, sono dispensatori dei misteri di Dio al
servizio del Suo popolo » (C.I.C., can. 276, § 1).
(151) Giovanni Paolo II, Catechesi nell'Udienza generale (20 ottobre
1993), n. 2: Insegnamenti, XVI, 2 (1993), p. 1054.
(152) Ibidem, n. 1: Insegnamenti, XVI, 2 (1993), p. 1054.
(153) Cf Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Apostolicam actuositatem, 4, 8;
Cost. Gaudium et spes, 27, 93.
(154) Cf Giovanni Paolo II, Allocuzione (16 marzo 1985), n. 2: Insegnamenti,
VIII, 1 (1985), p. 649; Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis
3; 21: l.c., 661; 688.
(155) Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis
16: l.c., 681.
(156) Giovanni Paolo II, Catechesi nell'Udienza generale (20 ottobre
1993), n. 2: Insegnamenti XVI, 2 (1993), p. 1055.
(157) Cf Paolo VI, Lett. ap. Sacrum Diaconatus Ordinem, V, 23: l.c.,
702.
(158) Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor hominis (4 marzo
1979), nn. 13-17: AAS 71 (1979), pp. 282-300.
(159) Paolo VI, Lett. ap. Sacrum Diaconatus Ordinem, II, 8: l.c.,
700.
(160) Giovanni Paolo II, Catechesi nell'Udienza generale (20 ottobre
1993), n. 2: Insegnamenti, XVI, 2 (1993), p. 1054.
(161) Cf Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, nn. 14 e
15; C.I.C., can. 276, § 2, 1o.
(162) Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 12.
(163) Pontificale Romanum De Ordinatione Episcopi, Presbyterorum
et Diaconorum, n. 210: ed. cit., p. 125.
(164) S. Agostino, Serm. 179, 1: PL 38, 966.
(165) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Dei Verbum, 25; cf Paolo VI,
Lett. ap. Sacrum Diaconatus Ordinem, VI, 26, 1: l.c., 703; C.I.C.,
can. 276, § 2, 2o.
(166) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 25a.
(167) Cf C.I.C., can. 833; Congregazione per la Dottrina della Fede,
Professio fidei et iusiurandum fidelitatis in suscipiendo officio nomine
Ecclesiae exercendo: AAS 81 (1989), pp. 104-106 e 1169.
(168) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Dei Verbum, 21.
(169) Cf ibidem, Cost. Sacrosanctum Concilium, 7.
(170) Cf ibidem, Cost. Sacrosanctum Concilium, 7.
(171) Ibidem, Cost. litur. Sacrosanctum Concilium, 59a.
(172) Cf C.I.C., can. 276, § 2, n. 2o; Paolo VI, Lett. ap. Sacrum
Diaconatus Ordinem, VI, 26, 2: l.c., 703.
(173) Cf Paolo VI, Lett. ap. Sacrum Diaconatus Ordinem, VI, 26, 2:
l.c., 703.
(174) Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 5b.
(175) Cf C.I.C., can. 276, § 2, n. 5o; cf Paolo VI, Lett. ap.
Sacrum Diaconatus Ordinem, VI, 26, 3: l.c., 703.
(176) Cf C.I.C., can. 276 § 2, 3o.
(177) Cf ibidem, can. 276 § 2, 4o.
(178) Cf ibidem, can. 276, § 2, n. 5.
(179) Cf Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 23a.
(180) Ibidem, Decr. Christus Dominus, 11; C.I.C., can.
369.
(181) Cf C.I.C., can. 276, § 2, n. 5; cf Paolo VI, Lett. ap.
Sacrum Diaconatus Ordinem, VI, 26, 4: l.c., 703.
(182) Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis,
36, in cui Sua Santità cita la Propositio 5 dei Padri Sinodali:l.c.,
718.
(183) Cf Giovanni Paolo II, Allocuzione alla Curia Romana (22 dic. 1987):
AAS 80 (1988), pp. 1025-1034; Lett. ap. Mulieris dignitatem, 27:
AAS 80 (1988), p. 1718.
(184) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 29b.
(185) « His rationibus in mysteriis Christi Eiusque missione fundatis,
coelibatus... omnibus ad Ordinem sacrum promovendis lege impositum est »:
Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Presyterorum Ordinis, 16; cf C.I.C., can.
247, § 1; can. 277, § 1; can. 1037.
(186) Cf C.I.C., can. 277, § 1; Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Optatam
totius, 10.
(187) Giovanni Paolo II, Lettera ai Sacerdoti per il Giovedì Santo
Novo incipiente (8 aprile 1979), 8: AAS 71 (1979), p. 408.
(188) Cf C.I.C., can. 277, § 2.
(189) Giovanni Paolo II, Allocuzione ai diaconi permanenti degli U.S.A. a
Detroit (19 settembre 1987), n. 5: Insegnamenti, X, 3 (1987), p.
658.
(190) Cf C.I.C., can. 1031, § 2.
(191) Giovanni Paolo II, Allocuzione ai diaconi permanenti degli U.S.A. a
Detroit (19 settembre 1987), n. 5: Insegnamenti, X, 3 (1987), pp.
658-659.
(192) Cf C.I.C., can. 277, § 1.
(193) Cf Paolo VI, Lett. ap. Sacrum Diaconatus Ordinem, III, 16:
l.c., 701; Lett. ap. Ad pascendum, VI: l.c., 539; C.I.C.,
can. 1087. Eventuali eccezioni sono regolate dalla Lettera Circolare della
Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, agli Ordinari
Diocesani e ai Superiori Generali degli Istituti di Vita Consacrata e delle
Società di Vita Apostolica, N. 26397, del 6 giugno 1997, n. 8.
(194) Giovanni Paolo II, Esort. Ap. Post-sinodale Pastores dabo vobis,
n. 42.
(195) Giovanni Paolo II, Catechesi nell'Udienza generale (20 ottobre
1993), n. 4: Insegnamenti, XVI, 2 (1993), p. 1056.
(196) Cf Paolo VI, Lett. ap. Sacrum Diaconatus Ordinem, II, 8-10;
III, 14-15: l.c., 699-701; Lett. ap. Ad pascendum, VII: l.c.,
540; C.I.C., can. 236, can. 1027, can. 1032, § 3.
(197) Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo
vobis, 70: l.c., 780.
(198) Ibidem, 70: l.c., 779.
(199) Ibidem, 76; 79: l.c., 793; 796.
(200) Cf Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Christus Dominus, 15; Giovanni
Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 79: l.c.,
797.
(201) Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei
presbiteri Tota Ecclesia (31 gennaio 1994), n. 71: ed. cit., p.
73.
(202) Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo
vobis, 78: l.c., 795.
(203) Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei
presbiteri Tota Ecclesia, 71: ed. cit., p. 72.
(204) Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo
vobis, 71: l.c., 783; Congregazione per il Clero, Direttorio per il
ministero e la vita dei presbiteri Tota Ecclesia, n. 74: ed. cit.,
p. 75.
(205) Cf S. Ignazio di Antiochia: « Bisogna che i diaconi, che sono
ministri dei misteri di Cristo Gesù, siano in ogni maniera accetti a
tutti. Non sono infatti diaconi di cibi e di bevande ma ministri della Chiesa di
Dio » (Epist. ad Trallianos, 2, 3: F. X. Funk, o.c., I, pp.
244-245).
(206) Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis
72: l.c., 783; Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e
la vita dei presbiteri Tota Ecclesia, n. 75: ed. cit., pp.
75-76.
(207) Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis
72: l.c., 785.
(208) Cf Paolo VI, Lett. ap. Sacrum Diaconatus Ordinem, VI, 28: l.c.,
703; C.I.C., can. 276, § 4.
(209) Cf C.I.C., can. 279.
(210) Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis,
72: l.c., 783.
(211) Cf C.I.C., can. 1029.
PREGHIERA A MARIA SANTISSIMA
MARIA,
Maestra di fede, che con la tua obbedienza alla Parola di Dio hai
collaborato in modo esimio all'opera della Redenzione, rendi fruttuoso il
ministero dei diaconi, insegnando loro ad ascoltare e ad annunciare con fede la
Parola.
MARIA,
Maestra di carità, che con la tua piena disponibilità alla
chiamata di Dio, hai cooperato alla nascita dei fedeli nella Chiesa, rendi
fecondi il ministero e la vita dei diaconi, insegnando loro a donarsi nel
servizio del Popolo di Dio.
MARIA,
Maestra di preghiera, che con la tua materna intercessione hai sorretto e
aiutato la Chiesa nascente, rendi i diaconi sempre attenti alle necessità
dei fedeli, insegnando loro a scoprire il valore della preghiera.
MARIA,
Maestra di umiltà, che per la tua profonda consapevolezza di essere
la Serva del Signore sei stata colmata dallo Spirito Santo, rendi i diaconi
docili strumenti della redenzione di Cristo, insegnando loro la grandezza di
farsi piccoli.
MARIA,
Maestra del servizio nascosto, che con la tua vita normale e ordinaria,
piena di amore hai saputo assecondare in maniera esemplare il piano salvifico di
Dio, rendi i diaconi servi buoni e fedeli, insegnando loro la gioia di servire
nella Chiesa con ardente amore.
Amen.
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