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 CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE
DEL NUOVO MARTIROLOGIO ROMANO

 


INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. JORGE ARTURO MEDINA ESTÉVEZ

 

1. La santità nella vita cristiana

La vocazione cristiana è vocazione alla santità. "Siate perfetti come è perfetto il vostro Padre che è nei cieli" (Mt 5, 48).."Siete stati eletti affinché diventaste santi .. ed immacolati" (Ef 1, 4). Il Concilio Vaticano II ha ricordato solennemente questa verità cattolica della vocazione universale alla santità, spiegando come ogni discepolo di Cristo può e deve, con l'aiuto della grazia di Dio, camminare verso la santità, percorrendo la sua esistenza terrena attraverso i differenti stati di vita secondo la vocazione particolare di ciascuno. I santi sono, infatti, i cristiani che sono stati coerenti con il loro battesimo, avendo capito in profondità il senso della vita cristiana.

Recentemente il Santo Padre Giovanni Paolo II ha insistito vigorosamente nella Lettera Apostolica Novo millenio ineunte sull'insegnamento del Concilio Vaticano Il per quanto riguarda la vocazione di tutti i fedeli alla santità. Ecco le sue parole:

"E in primo luogo non esito a dire che la prospettiva in cui deve porsi tutto il cammino pastorale è quella della santità. Non era questo forse il senso ultimo dell'indulgenza giubilare, quale grazia speciale offerta da Cristo perché la vita di ciascun battezzato potesse purificarsi e rinnovarsi profondamente?
Mi auguro che, tra coloro che hanno partecipato al Giubileo, siano stati tanti a godere di tale grazia, con piena coscienza del suo carattere esigente. Finito il Giubileo, ricomincia il cammino ordinario, ma additare la santità resta più che mai un'urgenza della pastorale.
Occorre allora riscoprire, in tutto il suo valore programmatico, il capitolo V della Costituzione sulla Chiesa Lumen gentium, dedicato alla «vocazione universale alla santità». Se i Padri conciliari diedero a questa tematica tanto risalto, non fu per conferire una sorta di tocco spirituale all'ecclesiologia, ma piuttosto per farne emergere una dinamica intrinseca e qualificante. La riscoperta della Chiesa come «mistero», ossia come popolo «adunato dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito», non poteva non comportare anche la riscoperta della sua «santità», intesa nel senso fondamentale dell'appartenenza a Colui che è per antonomasia il Santo, il «tre volte Santo» (cfr. Is 6, 3). Professare la Chiesa come santa significa additare il suo volto di Sposa di Cristo, per la quale egli si è donato, proprio al fine di santificarla (cfr. Ef 5, 25-26). Questo dono di santità, per così dire, oggettiva, è offerto a ciascun battezzato.
Ma il dono si traduce a sua volta in un compito, che deve governare l'intera esistenza cristiana: «Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione» (1 Ts 4, 3). È un impegno che non riguarda solo alcuni cristiani «Tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità»." (NMI, n. 30)

Non è per caso che nei primi tempi della Chiesa, i cristiani venivano chiamati semplicemente, nella letteratura neotestamentaria, "i santi". Quando la Chiesa ricorda i santi e nutre verso di loro un senso di venerazione, non toglie a Dio l'onore a Lui dovuto, ma Gli rende grazie per la vittoria della grazia nei suoi figli che hanno dato testimonianza di santità. L'onore tributato ai santi è in definitiva la riconoscenza dell'azione della grazia, magnifica e splendente, in questi figli del Padre, membra di Cristo e templi dello Spirito Santo. Il culto dovuto ai santi, che mai può essere confuso con l'adorazione, la quale è dovuta solo a Dio Uno e Trino, non deve essere distaccato dal culto offerto a Dio, fonte e origine di ogni bene. Nel venerare i santi non possiamo dimenticare che la loro pienezza cristiana non è frutto di un impegno soltanto umano, ma è un riflesso della santità di Dio e frutto della sua grazia. La Chiesa vede nei santi innanzitutto esempi di fedeltà alla grazia battesimale, e anche validi intercessori dinanzi a Dio che possono aiutarci con le loro preghiere.

 

2. Il Martirologio

Già nei primi tempi della storia cristiana ci fu un particolare impegno per conservare la memoria di quei discepoli di Cristo che avevano sparso il loro sangue nelle persecuzione, come testimonianze della loro fedeltà fino alla morte. Col tempo, nelle chiese particolari furono composti elenchi dei nomi dei martiri morti in quella chiesa, ma non fu raro il caso di uomini o donne morti in altri luoghi il cui martirio ebbe grande risonanza e che per ciò venivano ricordati anche in altre Chiese. In una tappa questi elenchi contenevano soltanto nomi di martiri. Col passare del tempo furono aggiunti nomi di vescovi, monaci e vedove che avevano dato grande esempio di santità e la cui memoria fu conservata in benedizione.

Le Chiese particolari non curavano soltanto la conservazione della memoria dei martiri ed altri santi, ma ben presto il giorno del loro passaggio alla vita eterna, il «dies natalis»; la nascita alla vita definitiva nella casa del Padre fu un'occasione per celebrare la loro memoria, particolarmente nel luogo ove riposavano le loro spoglie.

Si conservano diverse omelie dei santi Padri dell'antichità cristiana pronunciate in occasione dell’annuale ricorrenza del "natalizio" soprattutto dei martiri.

 

3. Dai martirologi al Martirologio

Per parecchi secoli ci furono diversi martirologi particolari corrispondenti alle varie Chiese particolari. Man mano lo svolgimento delle comunicazioni, il senso della cattolicità e la moltiplicazione delle narrazioni sulle vite dei santi condussero alla compilazione di un Martirologio Romano, nel quale trovassero posto tutti i Santi e Beati riconosciuti come tali dall'Autorità della Chiesa. Il primo Martirologio Romano risale al XVI secolo e fu approvato dal Sommo Pontefice Gregorio XIII nell'anno 1586.

La canonizzazione è un atto pontificio che include quattro elementi: il giudizio sulla santità, la convinzione che colui che è dichiarato santo gode della beatitudine del Regno dei cieli, la proposta della sua vita come esempio per gli altri cristiani, sempre da ammirare ma non sempre né in tutto da poter essere imitata, e l'invito ai fedeli di rivolgersi al santo, se così vogliono, per implorare la sua intercessione presso Iddio nelle loro necessità spirituali o materiali. La canonizzazione di un santo non significa che obbligatoriamente sia celebrato dappertutto, ciò che invece accade con i santi la cui memoria viene inserita nel calendario universale del Rito romano. Dal secolo XVII in poi, la "canonizzazione" viene preceduta dalla "beatificazione", la quale è un atto pure pontificio che autorizza il culto del beato limitatamente, ristretto abitualmente al luogo della nascita, dell'apostolato, di prolungata residenza, della morte e della sepoltura. Per i beati religiosi il loro culto è abitualmente concesso a tutta la famiglia religiosa alla quale sono appartenuti. Anche i beati trovano posto nel martirologio, sia quelli che sono stati ufficialmente beatificati, sia quelli che godevano da tempo immemorabile della qualifica di "beati" e venivano onorati con un culto corrispondente.

 

4. L'uso del Martirologio

Per secoli la lettura del Martirologio del giorno seguente fece parte dell'Ufficio di Prima, quando questa parte dell'Ufficio veniva celebrata in coro, sia nei capitoli secolari, sia nei monasteri o conventi. Nelle comunità che non celebravano l'Ufficio Divino in coro, non era raro che il Martirologio venisse letto nel refettorio. Oggi non esiste più l'Ufficio di prima, e dunque il Martirologio va letto nelle comunità che pregano la Liturgia delle Ore in coro, in un momento appropriato. Sarebbe auspicabile che le comunità che non pregano la Liturgia delle Ore in coro, trovino un momento opportuno per la lettura del Martirologio, offrendo così a tutti i membri della comunità la possibilità di ricordare i nostri fratelli eminenti che godono della beatitudine celeste e ci spingono con l'esempio della loro vita.

 

5. Il Martirologio attuale

L'edizione tipica del martirologio Romano che offriamo oggi alla Chiesa è stata preceduta da altre. L 'ultima risaliva all'anno 1956.

Dopo quell'edizione sono avvenute numerosissime beatificazioni e canonizzazioni: soltanto sotto il pontificato di Sua Santità Giovanni Paolo II il numero delle beatificazioni arriva a più di milleduecento e le canonizzazioni superano le quattrocento. Si tratta dunque di un'edizione aggiornata, ma che è ampiamente tributaria delle edizioni anteriori. Nella preparazione di questa edizione la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ha consultato i Bollandisti ed il Pontificio Comitato per le Scienze storiche, oltre ad altre ricerche. Pensiamo che sia un lavoro abbastanza maturo, ma non si può escludere che ulteriori ricerche scientifiche richiedano correzioni nelle edizioni future. La Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ringrazia in anticipo tutte le persone e istanze qualificate che vorranno esaminare la presente edizione del Martirologio Romano ed inviarci le loro osservazioni in vista di successivi miglioramenti.

 

INTERVENTO DI S.E. MONS. FRANCESCO PIO TAMBURRINO

 

Il Martirologio e il Concilio.

La prima edizione tipica post-conciliare del Martirologio Romano è il frutto maturato sul dettato del Concilio Vaticano II (Sacrosanctum Concilium, n° 111). Questa opera monumentale è frutto di un impegno protrattosi per oltre un ventennio e ha comportato il ricorso a un attento esame teologico, storico e pastorale (SC, n° 23) del materiale e l’applicazione di una sana e coerente analisi critica (SC, n° 92, c), perché rispondesse all’esigenza di ripristinare il culto dei santi nella sua più genuina autenticità e potesse fornire così ai fedeli veri e opportuni esempi da imitare.

 

L’interesse per il Martirologio Romano.

Si intuisce, perciò, come il Martirologio sia in grado di catalizzare intorno a sé interessi svariati, non soltanto del mondo dei fedeli, che a questo libro si rivolgono per attingervi i modelli esemplari di spiritualità e di vita cristiana, ma anche del mondo accademico e degli studiosi di liturgia, che in questo testo vedono realizzarsi istanze conciliari non prive di grande attualità, anche alla luce del recentemente dibattuto rapporto tra scienze umane e vita della Chiesa.

Fin dai tempi della sua prima edizione post-tridentina ad opera del Cardinale Cesare Baronio nel 1585, il Martirologio Romano attirò su di sé interessi e critiche, che anzi a quell’epoca ebbero l’effetto di anticiparne addirittura la pubblicazione. Nel corso dei secoli, fino al 1913, esse generarono un susseguirsi di oltre 130 revisioni del testo, che però, eseguite per lo più senza vera cura, né autentico spirito critico, non fecero che moltiplicare nell’opera gli errori, anziché ridurli.

 

L’edizione odierna del Martirologio: limiti e rapporti con l’opera del Baronio.

L’edizione attuale del Martirologio si caratterizza, pertanto, rispetto al passato, per uno sforzo non soltanto di aggiornarne il contenuto con l’aggiunta dei nuovi santi e beati proclamati tra i pontificati di Pio XII e di Giovanni Paolo II, ma anche di trasmettere tradizioni autentiche concernenti il culto dei santi più antichi, eliminando – per quanto possibile – errori inesorabilmente confluiti da martirologi altomedioevali nell’opera del Baronio e nelle sue revisioni. Per quanto concerne le epoche più antiche, nel Martirologio Romano attuale convergono tutti i santi e i beati il cui culto sia stato ufficialmente riconosciuto dalla Chiesa, con esclusione di tutti coloro, sui quali gravino dubbi derivanti da tradizioni spurie, incerte o del tutto leggendarie, e sono inclusi soltanto coloro della cui esistenza si abbia prova empirica attraverso la memoria ab immemorabili di un culto ad essi prestato, trádita dalla presenza del loro nome negli antichi calendari. In totale, 6538 voci. Ma è opportuno ricordare che il Martirologio Romano non mira con ciò in nessun modo a rappresentare l’edizione a stampa di un elenco completo di tutti i santi da Abele il giusto fino ad oggi. La presenza di un santo al suo interno significa semplicemente la certezza che esiste un culto approvato dalla Chiesa; l’assenza, al contrario, denota la mancanza di un culto ufficialmente autorizzato.

 

Correzioni.

L’operazione più poderosa e complessa sul piano redazionale è stata sicuramente la verifica dei dati storici relativi ai santi più antichi, che ha determinato la soppressione di figure di dubbia identità o di rettifica delle date di culto. A tale scopo, si sono resi necessari una scrupolosa consultazione delle fonti liturgiche, tra cui soprattutto calendari e martirologi antichi, e l’accertamento dell’attendibilità dei dati trasmessi dalle varie tradizioni cultuali, con risultati ad ampio raggio, dagli spostamenti di data alla soppressione di singole figure o gruppi di santi, frequentemente sottoposti a rettifiche e ricomposizioni. L’applicazione dei criteri forniti, in merito, dal bollandista Hippolyte Delehaye nei suoi monumentali commentari al Martirologio, ritenuti validi anche dagli attuali studiosi di agiografia, ha costituito il punto di riferimento per le molteplici variazioni apportate, soprattutto sul piano della riscrittura formale del testo risalente al Baronio.

 

Struttura degli elogi.

Per ogni giorno dell’anno il testo attuale presenta l’elenco dei santi, dei quali è nota la data della memoria liturgica, di solito coincidente con il dies natalis, che corrisponde, secondo l’antica tradizione con il giorno emortuale. Il catalogo procede, all’interno del singolo giorno, secondo un ordine cronologico, con la sola eccezione dei santi del Calendario generale di Rito romano, il cui elogio, in virtù della loro importanza universale viene sempre collocato al principio della lista e contraddistinto sul piano grafico da un corpo lettera di maggiore dimensione. La menzione del nome dei santi è accompagnata, secondo tradizione, da una concisa notizia comprendente il luogo di morte, la qualifica di santo o beato, il titolo denotante lo status ecclesiale del personaggio (apostolo, martire, maestro della fede, missionario, confessore, vescovo, presbitero, vergine, coniuge, vedovo, figlio), l’attività e il carisma. Tale notizia, contrassegnata da un numero d’ordine progressivo in cifre arabe, per favorirne attraverso gli indici un più immediato reperimento, cerca di rievocare la figura del santo, tratteggiandone una succinta ed essenziale descrizione, ispirata a quel criterio formale di semplicità consona con la liturgia romana. Quando il numero è seguito da asterisco, esso significa che il santo ha un culto locale.

 

Elogi per i santi del Calendario generale.

Per le figure del Calendario generale, l’ossatura formale degli elogi risponde a criteri strutturali definiti: i vocaboli sollemnitas, festum o memoria posti in testa all’elogio richiamano il corrispondente grado liturgico; nel caso, invece, di memorie ad libitum, gli elogi hanno inizio direttamente con il nome del santo. In questi casi gli elementi geografici e topografici sono dislocati, anziché all’inizio, in altre parti del testo. In generale, comunque, l’esigenza di sottolineare l’esemplarità dei vari santi e rilevare gli aspetti più significativi del loro carisma, ha reso necessaria la riscrittura per la quasi totalità degli elogi del Martirologio.

 

Alcuni accorgimenti.

Tra gli accorgimenti adottati in tal senso, si è anche provveduto a ridurre al minimo ogni tipo di accenno cronologico che menzionasse governatori, sovrani o notabili, sotto cui il vir Dei ha reso la sua testimonianza a Cristo. Se i nomi degli imperatori romani o dei regnanti che avevano autorizzato alcune delle più note persecuzioni sono stati, in generale, conservati, risulteranno invece trascurati quelli di personaggi minori, che non si presterebbero a una immediata comprensione da parte di chi non sia in possesso di una competenza storica specialistica. A questa scelta supplisce, comunque, almeno in parte l’ordine progressivo di disposizione dei santi all’interno del singolo giorno, secondo una successione cronologica, che richiama, per quanto genericamente, l’epoca in cui il santo è vissuto. L’anno di morte è, invece, esplicitamente citato nell’Indice posto in calce al volume.

Per analoghe ragioni si sono soppressi anche i nomi dei Papi, quando citati come puro mezzo di allusione cronologica. Si sono omessi gli elementi circa la gloria postuma dei santi, i miracoli da essi operati o il destino delle loro reliquie. Pertanto, laddove sia noto il dies natalis del santo e sia possibile evitare richiami a circostanze quali l’ordinazione episcopale o sacerdotale, la traslazione o l’invenzione di reliquie, oppure i miracoli ed elementi cultuali – spesso peraltro introdotti da tradizioni tardive – inclusi i cenni alle date di beatificazione o ai decreti di concessione di culto, ogni dato è stato sostituito con elementi riguardanti la forma di santità cristiana vissuta dal santo e il suo significato per la Chiesa.

 

L’indicazione della data del giorno.

Il testo degli elogi è preceduto dalla datazione del giorno, designato in tre modi: con indicazione del giorno e del mese, secondo l’uso moderno; con la scansione dei mesi in calende, none e idi, secondo l’uso romano; e secondo l’uso del calendario lunare. Il computo lunare è stato mantenuto anche in questa edizione tipica per varie ragioni: esso costituisce la base del calendario ebraico, ma anche di alcune Chiese cristiane, come la Copta e l’Etiopica, e anche per il rispetto dovuto alle comunità cristiane che vivono in nazioni ove il computo civile è lunare, come il Viet Nam, la Cina, la Malesia e in parte della Corea. Anche il mondo islamico segue il calendario lunare. Tuttavia, la ragione decisiva è costituita dal fatto che, per il nesso del calendario cristiano con quello ebraico, la Pasqua – perno di tutto l’anno liturgico – è stabilita nella domenica immediatamente successiva al 14 di Nisan, al plenilunio dopo l’equinozio di primavera. E sempre con il computo lunare viene determinata la Quaresima e la Cinquantina pasquale che si conclude con la Pentecoste e influisce anche sul computo delle settimane del tempo ordinario.

 

… la geografia e il respiro universale del Martirologio.

Questa prospettiva di valorizzazione delle culture «diverse» risponde, del resto, appieno alla dimensione universale della santità di cui il Santo Padre si è fatto in questi anni promotore. Proprio in questa chiave si inserisce la particolare cura riservata nel nuovo Martirologio ai nomi geografici, che, d’accordo anche qui con un tradizionale aspetto presente già a partire dai Martirologi «storici» della tarda antichità e del Medioevo, procede con una precisa indicazione dei toponimi legati alla memoria e, in particolare, al luogo di morte del santo, seguiti anche dal nome della regione in cui essi erano situati all’epoca del santo. Tali designazioni toponimiche, aiutano a delineare una autentica «geografia della santità», che assume un respiro cattolico e abbraccia popoli, realtà ed esperienze di tutto il mondo, superando le barriere politiche, ideologiche, culturali e in qualche caso anche confessionali.

 

L’Indice.

Si è stimato, infine, opportuno mantenere al Martirologio Romano il carattere di libro liturgico, circoscrivendo gli strumenti di appendice al solo indice alfabetico dei santi e dei beati nominati nel testo, corredato dal rimando al giorno di commemorazione e dalle indicazioni del numero d’ordine all’interno dell’elenco diario e dell’anno di morte, posto tra parentesi. Un ulteriore sforzo è già in programma, anche in vista della preparazione delle traduzioni in lingua volgare e della possibilità di eventuali aggiunte, per la compilazione di un volume di sussidio, contenente indici più articolati e rinvii complementari, con ordinamento multiplo dei santi e dei beati, per cognome, categorie, titolo liturgico, nonché per mesi, secoli e aree geografiche, sia un inventario topografico dei nomi di luogo e, forse, anche un catalogo delle fonti.

 

Libro liturgico.

Concludendo, è importante rilevare la caratteristica più peculiare del Martirologio Romano: esso non è un repertorio agiografico, né un semplice catalogo di personaggi illustri della Chiesa, bensì un libro liturgico riformato secondo il dettato del Concilio Vaticano II. Esso costituisce la base dei calendari liturgici che ogni anno determinano le feste sia del Signore che del Santorale. Perciò il Martirologio – secondo la tradizione – è stato nuovamente corredato di tutti gli elementi rituali per l’annuncio comunitario dopo un’ora canonica o in altri momenti della giornata: alla mensa o all’officium capituli per le comunità monastiche e canonicali. La lettura liturgica del Martirologio non ha lo scopo di comunicare notizie, ma di celebrare la santità di Cristo e dei suoi santi e annunciare ai cristiani che «non sono più stranieri e ospiti, ma concittadini dei santi e familiari di Dio» (Ef 2, 19), chiamati a proclamare le meraviglie di Cristo nei suoi servi e a imitarne gli esempi.

        

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