[EN - ES - FR - IT] CONGREGATIO DE CULTU DIVINO ET DISCIPLINA SACRAMENTORUM CORAGGIOSO APOSTOLO DEL VANGELO Con decreto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti datato 25 gennaio, papa Francesco ha stabilito che la memoria di san Paolo VI venga inserita nel Calendario generale della Chiesa di Rito Romano, tenuta presente sia l’importanza universale del suo agire sia l’esempio di santità dato al Popolo di Dio. Giorno celebrativo sarà il 29 maggio, data della sua ordinazione presbiterale nel 1920, essendo il 6 agosto, giorno della sua nascita al cielo, festa della Trasfigurazione del Signore. Se il santo è colui che, facendo fruttificare la divina grazia nelle opere, conforma la propria vita a Cristo, Paolo VI lo ha fatto rispondendo alla vocazione alla santità come battezzato, sacerdote, Vescovo, Sommo Pontefice, e ora contempla Dio faccia a faccia. Ha sempre sottolineato che «soltanto nella ricerca sincera di Dio, fatta con la preghiera, con la penitenza, con la metánoia di tutto l’essere, si possono assicurare i successi veri della vita cristiana e apostolica, e mettere in pratica il primo e sempre vivo appello del Signore alla santità: “Impletum est tempus, et appropinquavit regnum Dei; paenitemini et credite evangelio” (Marc. 1, 15). “Estote ergo vos perfecti sicut et Pater vester caelestis perfectus est”(Matth. 5, 48)» (Discorso al Sacro Collegio per gli auguri onomastici, 21 giugno 1976). Da sacerdote, nel 1931, quando aveva già iniziato il suo servizio per la Santa Sede, dopo aver scritto che non voleva «nessuna regola, nessuna aggiunta straordinaria» che distinguesse la sua vita cristiana dalla forma normale, aggiunse che avrebbe voluto coltivare «un particolare amore a ciò che è essenziale e comune nella vita spirituale cattolica. Così – scriveva – avrò la Chiesa madre di carità: la sua Liturgia sarà la regola preferita per la mia spiritualità religiosa». E meditando sull’«imitamini quod tractatis», dal mistero dell’Eucaristia traeva la conseguente necessità dell’«immolazione della propria vita dovunque», indicandola come «la messa nella vita» unita al «semper gratias agentes» (Appunti per Esercizi spirituali a Montecassino). Uniti al decreto sono pubblicati i testi da aggiungere nei Libri liturgici (Calendario, Messale, Liturgia delle Ore, Martirologio). L’orazione colletta fa risuonare ciò che Dio ha compiuto nel suo fedele servitore: «hai affidato la tua Chiesa alla guida del papa san Paolo VI, coraggioso apostolo del Vangelo del tuo Figlio», e gli chiede: «fa’ che, illuminati dai suoi insegnamenti, possiamo cooperare con te per dilatare nel mondo la civiltà dell’amore». Sono qui sintetizzate le principali caratteristiche del suo pontificato e del suo insegnamento: una Chiesa, che appartiene al Signore (Ecclesiam Suam), dedita all’annuncio del Vangelo, come ricordava nell’Evangelii nuntiandi, chiamata a testimoniare che Dio è amore. Sono anche indicate le letture bibliche per la Messa, scelte dal Comune per i papi, e come lettura per l’Ufficio delle letture alcuni passi dell’omelia tenuta nell’ultima Sessione pubblica del Concilio, il 7 dicembre 1965, sintetizzata dal tema: Per conoscere Dio bisogna conoscere l’uomo. Paolo VI ha vissuto, prima e dopo di essere papa, guardando costantemente a Cristo di cui sentiva e proclamava la necessità per ogni uomo. Lo aveva mostrato con la sua prima Lettera pastorale da Arcivescovo di Milano intitolata, con espressione di sant’Ambrogio: Omnia nobis est Christus. In una riflessione del 5 agosto 1963, un mese e mezzo dopo la sua elezione alla Cattedra di Pietro, scriveva: «Devo ritornare al principio: il rapporto con Cristo... che deve essere fonte di sincerissima umiltà: “allontanati da me; che sono uomo peccatore...”; sia nella disponibilità: “vi farò diventare pescatori...”; sia nella simbiosi della volontà e della grazia: “per me la vita è Cristo...”». L’amore per Cristo è amore per la sua Chiesa. Nel Pensiero alla morte poteva a ragione scrivere: «Prego il Signore che mi dia la grazia di fare della mia prossima morte dono d'amore alla Chiesa. Potrei dire che l'ho sempre amata, e che per essa, e non per altro, mi pare d'aver vissuto». Affascinato dalla figura e attività apostolica di san Paolo, quando lo Spirito Santo lo indicò quale successore di san Pietro, non risparmiò le sue energie a servizio del Vangelo di Cristo, della Chiesa e dell’umanità, vista alla luce del piano divino di salvezza. Difensore della vita umana, della pace e del vero progresso dell’umanità, come mostrano i suoi insegnamenti, volle che la Chiesa, ispirandosi al Concilio e mettendone in pratica i principi normativi, riscoprisse sempre più la sua identità, superando le divisioni del passato e molto attenta ai nuovi tempi: Chiesa di Cristo, che mette al primo posto Dio, l’annuncio del Vangelo, anche quando si prodiga per i fratelli, per costruire quella «civiltà dell’amore» inaugurata dallo Spirito nella Pentecoste. Nelle Note per il mio testamento, Paolo VI aveva scritto: «Niente monumento per me». Anche se nell’ottobre del 1989 un monumento gli fu eretto nel duomo di Milano, il vero monumento Paolo VI se l’è costruito con la sua testimonianza, con le opere, con i viaggi apostolici, con il suo ecumenismo, con il lavoro per la Nova Vulgata, con il rinnovamento liturgico e con i suoi molteplici insegnamenti ed esempi, mostrando così il volto di Cristo, la missione della Chiesa, la vocazione dell'uomo moderno e conciliando il pensiero cristiano con le esigenze dell'ora difficile nella quale ha dovuto guidare, soffrendo molto, la Chiesa. Robert Card. Sarah Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti |