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CONGREGAZIONE PER L'EVANGELIZZAZIONE DEI POPOLI

ORDINAZIONE SACERDOTALE AGLI ALUNNI
DEL PONTIFICIO COLLEGIO URBANO "DE PROPAGANDA FIDE"

OMELIA DEL CARD. CRESCENZIO SEPE

Basilica Vaticana
Solennità dell'Annunciazione del Signore
Sabato 25 marzo 2006

 

"Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1, 37)

"Sul rotolo del libro di me è scritto di compiere il Tuo volere
Mio Dio, questo desidero" (Salmo 39)

Fratelli e Sorelle,

La risposta di Maria all'angelo Gabriele, inviato da Dio, e le parole del Salmo, ci fanno riflettere sul mistero di Dio che, nel suo infinito amore, si prende cura dell'uomo, sua creatura, affidandogli, anzi quasi mettendo per iscritto ("sul rotolo del libro di me è scritto") un progetto di vita da realizzare nella piena libertà e consapevolezza.

Maria di Nazareth accetta la volontà di Dio e diviene la Madre del Verbo che si incarna in Lei, compiendo, così, il disegno del Padre: "E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" per compiere, come abbiamo letto nella Lettera agli Ebrei, applicando a sé quanto scritto nel Salmo 39: "Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: "Ecco, io vengo - poiché di me sta scritto nel rotolo del libro - per compiere, o Dio, la tua volontà"". Con ciò stesso, continua ancora la lettera agli Ebrei, egli abolisce il primo sacrificio per stabilirne uno nuovo.

Cari ordinandi,

Il rito dell'Ordinazione presbiterale che stiamo per compiere, ci inserisce totalmente nel mistero di Cristo e della Chiesa, facendoci partecipi di quel disegno provvidenziale che, fin dall'eternità, il Padre ha scritto per noi nel libro della vita.

Ma, per realizzare questo suo disegno, Dio ha chiesto la nostra libera adesione. La nostra risposta è stata libera e completa: "Ecco io vengo; mio Dio, questo io desidero: compiere il tuo volere". "Ecco, sono il servo del Signore; avvenga di me quello che hai detto".

Il Sacramento dell'Ordinazione presbiterale, che tra poco riceverete con l'imposizione delle mie mani e con la formula consacratoria, è l'avvenimento che segnerà per sempre la vostra vita, la trasformerà e la consacrerà totalmente al servizio di Dio e dei fratelli. Come Cristo, infatti, sarete consacrati ed inviati nel mondo per "portare il lieto annunzio ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l'anno di misericordia del Signore", come troviamo scritto nel Profeta Isaia, ripreso da Luca (cfr Is 61, 1-2; Lc 4, 18-19).

Cari fratelli,

Questo avvenimento che si compirà in voi, è il dono più grande che Dio può concedere ad una creatura; è un mistero che ci fa partecipi di quella grazia sacramentale che ci verrà data dallo Spirito Santo e ci mette in piena conformità con quell'unico sacerdozio che Cristo ha ricevuto dal Padre e che gli è stato effuso con lo Spirito Paraclito.

A questo immenso dono, che ci è stato dato per puro e gratuito amore da Dio nostro Padre, deve corrispondere, da parte di ognuno di noi, la piena fedeltà al suo disegno provvidenziale nei nostri riguardi. Solo se conformiamo la nostra vita alla volontà del Padre, pregusteremo quella felicità che il Signore Gesù ha promesso ai suoi amici già in questa esistenza terrena. La nostra conformazione al sacerdozio di Cristo ci lega a Lui col vincolo perenne della fedeltà e dell'amicizia.

Lo ha detto lo stesso Gesù ai suoi Apostoli nel momento in cui, durante l'Ultima Cena, ha conferito loro il sacerdozio ministeriale: "Prendete e mangiatene tutti: questo è il mio corpo", "prendete e bevetene tutti: questo è il calice del mio sangue; fate questo in memoria di me". In questo contesto eucaristico-sacerdotale, il Signore svela anche il tipo di rapporto che Egli intende mantenere con i suoi Apostoli e, quindi, con i suoi successori, cioè con tutti coloro che riceveranno il dono del sacerdozio: "Come il Padre ha amato me, anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore" (Gv 15, 9). E soggiunge: "Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio, l'ho fatto conoscere a voi" (Gv 15, 14-15).

"Amici": così Gesù ha chiamato i suoi Apostoli; "amici" chiama oggi Gesù ciascuno di voi. Questa "amicizia", in verità, è l'espressione del totale amore e predilezione di Cristo per ciascuno di voi. Cari ordinandi, vi chiedo, a nome della Chiesa, di vivere questa amicizia nel Signore con passione e totale adesione tutti i giorni della vostra vita. Se Gesù, che è la persona che più ci ama e più ci attira, sarà davvero importante per voi, se la sua presenza riempirà tutti gli spazi del vostro cuore sacerdotale, sarà garantito il vostro futuro di preti. E allora anche voi potrete ripetere con l'Apostolo Paolo: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" (Gal 2, 20); "Per me il vivere è Cristo" (Fil 1, 21). È questa la radicale testimonianza di vita sacerdotale di cui la gente ha diritto e bisogno.

Ma nel contesto dell'istituzione dell'Eucaristia e del dono del Sacerdozio nell'Ultima Cena, Gesù rivolge agli Apostoli un'altra espressione, carica di conseguenze per la nostra vita sacerdotale: "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto, e il vostro frutto rimanga" (Gv 15, 16).

L'amicizia tra Gesù e gli Apostoli ha un risvolto operativo: è la missione. Nella preghiera sacerdotale, Gesù dirà al Padre: "Come tu hai mandato me nel mondo, anch'io li ho mandati nel mondo" (Gv 17, 18). Gli amici di Gesù, dunque, in forza della loro intima e sacramentale comunione con Lui, sono resi idonei e pronti ad essere mandati a tutti gli uomini, per continuare la sua stessa missione di Redentore dell'uomo.

Amici di Gesù e, quindi, come Lui, amici degli uomini. Non è esagerato affermare che il sacerdote rappresenta ed esprime in concreto l'amore di Dio per tutta l'umanità. È per questo che l'Ordinazione presbiterale contiene in sé la chiamata alla missionarietà.

Cari ordinandi,

Voi conoscete il significato profondo di una missione tanto speciale. Voi siete chiamati a portare la salvezza soprannaturale, che coinvolge la destinazione finale della vita, ma che non trascura la sua dimensione terrena. La Chiesa vive "là dove vive l'uomo"; ogni uomo, in qualsiasi situazione si trova; l'uomo povero, abbandonato, infelice, bisognoso di aiuto spirituale e materiale.

A voi che vivete in Paesi con enormi problemi spirituali e materiali, io dico: siate dispensatori, generosi e convinti, della salvezza integrale che Cristo ci ha ottenuto con la sua morte e risurrezione; avvicinate con amore tutti i fratelli, soprattutto quelli che soffrono nel corpo e nello spirito, e diventate per loro messaggeri di speranza, di amore, di pace; siate la concreta manifestazione di quell'amore del nostro Dio che è "ricco di misericordia" (Ef 2, 4) e di perdono.

Per questo, vivete il vostro sacerdozio fieri della vostra identità, forti della verità che è Cristo, e liberi da ogni schieramento, liberi da appartenenze etniche, tribali, castiste; liberi da gruppi sociali o politici; liberi dalle pressioni sociali o familiari, che vorrebbero ridurre il vostro ministero a una funzione per raggiungere traguardi umani o economici. Voi appartenete solo a Cristo e alla Chiesa, Corpo mistico di Cristo.

Al termine di queste riflessioni, come augurio per il vostro futuro, vi ricordo la promessa di felicità che Gesù assicura a tutti i suoi amici che rimarranno fedeli alla sua chiamata e alla sua volontà.
La Vergine Maria, Madre della Chiesa e Stella dell'evangelizzazione, interceda per voi. Vi renda testimoni della Verità; vi conservi fedeli dispensatori dei misteri divini e vi faccia coraggiosi testimoni del Vangelo.

Amen!

     

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