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RISPOSTA DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE
AD UN DUBBIO CIRCA LA VALIDITÀ DEL BATTESIMO CONFERITO
NELLA
CHIESA DI GESÙ CRISTO DEI SANTI DELL’ULTIMO GIORNO
*

Card. URBANO NAVARRETE, S.I.

 

1. Persistenza del dubbio

La Congregazione per la Dottrina della Fede ha dato risposta negativa al dubbio se il battesimo conferito nella Chiesa di Gesù Cristo dei Santi dell’ultimo giorno, conosciuti come Mormoni, sia da ritenersi valido.

La risposta suppone che c’era una prassi pastorale e amministrativa da parte della Chiesa cattolica non chiara e unitaria al riguardo.

In un precedente articolo (L. LADARIA, «La questione della validità del battesimo conferito nella Chiesa di Gesù Cristo dei Santi dell’ultimo giorno», L’Osservatore Romano, 16-17 luglio 2001) sono già state esposte le ragioni storico-dottrinali che fondano detta risposta. Pertanto mi limito ad illustrare gli effetti pastorali, amministrativi e giudiziari che possono derivare nella Chiesa cattolica, specialmente nel campo matrimoniale.

2. Effetti pastorali e giuridici della «Risposta»

La Risposta, a prescindere da altre considerazioni, ha una valenza pastorale e canonica di grande portata.

Innanzitutto va rilevato che la decisione è finalizzata soprattutto a dare unità alla prassi pastorale, amministrativa e giudiziaria nella Chiesa nei confronti dei Mormoni, specialmente in caso di domanda di ammissione nella Chiesa cattolica oppure in caso di richiesta di matrimonio con un cattolico. Proprio per gli effetti canonici che essa comporta, la sua applicazione riveste carattere strettamente obbligatorio per tutti coloro che hanno responsabilità amministrativa o giudiziaria nella Chiesa.

Non si tratta, infatti, di una decisione soltanto dottrinale, ma di un provvedimento di grande rilievo canonico, specialmente nel campo matrimoniale. Va rilevato che la decisione della Congregazione per la Dottrina della Fede non stabilisce una presunzione, nel senso tecnico del termine, secondo cui «praesumptio est rei incertae probabilis coniectura» (can. 1584); ma afferma una verità certa che devereggere l’attività amministrativa e giudiziaria in tutta la Chiesa nelle fattispecie in cui sia da tener presente il battesimo dei Mormoni in relazione alla Chiesa. Basta che consti con certezza che un battesimo è stato amministrato nella Chiesa di Gesù Cristo dei Santi dell’ultimo giorno, per ritenerlo invalido a tutti gli effetti, senza ulteriori ricerche. Perciò d’ora in poi, nella problematica riguardante il battesimo dei Mormoni, il dubbio sul battesimo può versare soltanto sul fatto di essere stato amministrato nella Chiesa di Gesù Cristo dei Santi dell’ultimo giorno, non però sull’invalidità del medesimo, se consta che è stato in essa amministrato.

3. Catecumenato e sacramenti dell’iniziazione

La Risposta suppone che i Mormoni a tutti gli effetti della prassi pastorale, amministrativa e giudiziaria della Chiesa non vanno considerati come appartenenti ad una “comunità ecclesiale non in piena comunione con la Chiesa cattolica”, ma semplicemente come non battezzati. Quindi se un mormone vuole farsi cattolico non possono essergli applicate le norme che reggono l’ammissione alla Chiesa dei cristiani non cattolici; ma semplicemente le norme riguardanti i non battezzati in assoluto che chiedono il battesimo nella Chiesa e si preparano per riceverlo, cioè le norme dei catecumeni (cf. canoni 606, 788, 1183, § 1).

Da rilevare però che la catechesi in questo caso deve essere molto più intensa e accurata, in quanto si tratta in primo luogo di correggere e sradicare gli errori, molto gravi, che sottostanno agli stessi termini che la Chiesa adopera. Se la Conferenza Episcopale, a norma del can. 788 § 3, ha emanato statuti con cui ordinare il catecumenato, sarà necessario adattarli pastoralmente ai catecumeni provenienti dai Mormoni, in quanto è del tutto necessaria per loro una catechesi molto specifica che tenga conto degli equivoci dottrinali in cui il catecumeno potrebbe incorrere. Ovviamente il catecumenato ben fatto prepara comunque alla recezione dei sacramenti, specialmente ai sacramenti dell’iniziazione (cann. 851, 1°, 866).

Proprio perché secondo la Risposta i Mormoni sono da considerare non battezzati, essi non godono del favore che il diritto concede agli appartenenti ad una comunità ecclesiale non cattolica di poter assistere al battesimo, insieme con un padrino cattolico, in qualità di testimone del battesimo (can. 874, § 2). Per lo stesso motivo non si possono applicare ai Mormoni i canoni che regolano la communicatio in sacrisriguardo ai sacramenti della penitenza, dell’eucaristia e dell’unzione degli infermi con i cristiani non cattolici (cann. 844-845), dato che i Mormoni vanno considerati come non battezzati.

4. Matrimonio

a) Questione previa

Nell’ambito del matrimonio, la decisione della Congregazione per la Dottrina della Fede ha una grande importanza, sia nel campo amministrativo sia in quello giudiziario. Proprio per tale motivo si pone una questione previa: questa decisione si applica anche ai matrimoni celebrati prima della sua pubblicazione oppure soltanto ai matrimoni che verranno celebrati dopo? La Risposta certamente non è una legge né un’interpretazione autentica di una legge positiva dubbia, che riguarderebbe soltanto il futuro (cann. 9 e 16). Si tratta invece di una decisione che presuppone un dubbio riguardante la dottrina sul valore del battesimo dei Mormoni. Ora il battesimo era lo stesso sia prima che dopo la Risposta. Gli studi condotti al riguardo hanno portato alla certezza morale che tale battesimo non è valido, anche se la materia remota e prossima e le parole della forma prese materialmente sono quelle della Chiesa. Perciò la Risposta si applica ai matrimoni celebrati dai Mormoni sia prima che dopo la sua pubblicazione.

b) Ammissione al matrimonio

Ciò premesso, la prima conseguenza che va sottolineata è che il matrimonio dei Mormoni contratto fra di loro o con altra persona validamente battezzata non è matrimonio sacramento (can. 1055), e quindi le proprietà essenziali del matrimonio, l’unità e l’indissolubilità, non conseguono quella “peculiare stabilità in ragione del sacramento” che è propria del matrimonio cristiano (can. 1056). In altre parole, il matrimonio contratto fra appartenenti alla Chiesa di Gesù Cristo dei Santi dell’ultimo giorno o con una parte battezzata non è matrimonio rato né quindi rato e consumato, anche «se i coniugi hanno compiuto, in modo umano, l’atto per se idoneo alla generazione della prole, al quale il matrimonio è ordinato per sua natura» (cf. can. 1061).

Per celebrare il matrimonio di un cattolico con un mormone, il parroco dovrà stare particolarmente attento a non applicare le norme dei matrimoni misti, relative al matrimonio «fra due persone battezzate delle quali una sia stata battezzata nella Chiesa cattolica o in essa accolta dopo il battesimo e non separata dalla medesima con atto formale, l’altra invece sia iscritta a una Chiesa o comunità ecclesiale non in piena comunione con la Chiesa cattolica» (can. 1124). Il matrimonio di cui in questo canone è certamente vietato senza la licenza dell’Ordinario del luogo, il quale, adempiute le condizioni prescritte, la può concedere se vi è una giusta e ragionevole causa; ma il matrimonio sarebbe valido anche se celebrato senza tale licenza dato che la proibizione non costituisce una legge invalidante (cf. cann. 1125-1126).

Debbono, invece, essere applicate le norme che reggono i matrimoni ai quali si oppone l’impedimento di disparità di culto, di cui al can. 1086: «E invalido il matrimonio tra due persone, di cui una sia battezzata nella Chiesa cattolica o in essa accolta e non separata dalla medesima con atto formale, e l’altra non battezzata» (§ 1). I Mormoni sono da considerare non battezzati, quindi il matrimonio di uno di loro con un cattolico senza la dispensa dall’impedimento, concessa dall’autorità competente – l’Ordinario del luogo – è invalido, non solo illecito. L’Ordinario del luogo non deve concedere la dispensa se non consta dell’adempimento delle condizioni di cui ai cann. 1125-1126; tuttavia l’omissione di questo requisito previo non rende nulla la concessione della licenza (§ 2). Va rilevato inoltre che in forza dellaRisposta non ha applicazione ai Mormoni il caso previsto nel § 3: «Se al tempo della celebrazione del matrimonio una parte era ritenuta comunemente battezzata o era dubbio il suo battesimo, si deve presumere a norma del can. 1060 la validità del matrimonio finché non sia provato con certezza che una parte era battezzata e l’altra invece non battezzata». Oggi non c’è dubbio sulla non validità del battesimo dei Mormoni, quindi il caso previsto in questa norma di per sé non si pone quando si tratta di un matrimonio fra un cattolico e un mormone.

c) Forma di celebrazione

Presupposta la dispensa dall’impedimento di disparità di culto, particolarmente delicata può diventare la celebrazione di un tale matrimonio per quanto concerne la forma canonica e liturgica.

Da una parte non c’è dubbio che la forma canonica è obbligatoria per la validità del matrimonio fra un cattolico e un mormone (can. 1117); tuttavia l’Ordinario del luogo può dispensare, osservando le condizioni prescritte dal can. 1127 § 2. Dovrà però tener ben presente che, benché socialmente i Mormoni forse possano essere considerati cristiani, nel foro ecclesiastico sono da considerare non battezzati e quindi per la dispensa della forma canonica si dovranno applicare i criteri che la Conferenza Episcopale abbia stabilito per la dispensa della forma nei matrimoni fra un cattolico e uno non battezzato (cann. 1128 e 1127 § 2).

Per quanto riguarda la forma liturgica, bisogna tener ben presenti le differenze che sia il can. 1118 sia i libri liturgici stabiliscono fra il matrimonio di un cattolico con un battezzato non cattolico, e il matrimonio di un cattolico con un non battezzato. Secondo il can. 1118 il matrimonio tra cattolici o tra una parte cattolica e un’altra non cattolica battezzata deve essere celebrato nella chiesa parrocchiale; con il permesso dell’Ordinario del luogo o del parroco potrà essere celebrato in altra chiesa o oratorio (§ 1); tuttavia l’Ordinario del luogo può permettere che il matrimonio sia celebrato in altro luogo conveniente (§ 2); invece la celebrazione in chiesa non è obbligatoria, ma soltanto permessa, se si tratta di un matrimonio fra cattolico e non battezzato (§ 3). Quindi al matrimonio di un cattolico con un mormone, a prescindere dalla prassi che sia stata seguita prima, dopo la Risposta della Congregazione per la Dottrina della Fede deve essere applicata la norma del § 3 del can. 1118.

d) Privilegio paolino

È dottrina cattolica che «il matrimonio rato e consumato non può essere sciolto da nessuna potestà umana e per nessuna causa, eccetto la morte» (can. 1141), mentre i matrimoni non rati anche se consumati, dati determinati presupposti, possono essere sciolti per la potestà concessa da Cristo alla Chiesa. La Risposta della Congregazione per la Dottrina della Fede ha una rilevanza particolare in questo settore. Dato che il battesimo dei Mormoni va considerato non valido a tutti gli effetti amministrativi e giudiziali, per quanto concerne il loro eventuale scioglimento, il loro matrimonio va trattato come tutti i matrimoni che non sono rati anche se consumati. E in primo luogo può avere applicazione il privilegio paolino, se si verificano le condizioni che tale istituto richiede.

La prima condizione perché possa essere applicato il privilegio paolino è che il matrimonio sia stato celebrato fra due non battezzati. Nel caso dei Mormoni le possibilità sono due: che il matrimonio sia stato celebrato fra due Mormoni oppure fra un mormone e un altro non battezzato. Per semplificare, prendiamo in considerazione soltanto il matrimonio fra due Mormoni.

La seconda condizione è il battesimo di uno dei due coniugi. Ripetiamo che nel caso presente non si tratta, nonostante le apparenze, dell’ammissione alla piena comunione della Chiesa di un cristiano appartenente ad una comunità ecclesiale che non è in piena comunione con la medesima, ma della conversione e battesimo di un non battezzato, con la particolare difficoltà che abbiamo sottolineato sopra parlando del catecumenato, che nel caso viene aggravata dal fatto che si tratta di una persona sposata con un coniuge che rimane negli errori dei Mormoni, dai quali il coniuge battezzato ha dovuto liberarsi per accettare le verità della fede cristiana.

Superato il catecumenato e ricevuto il battesimo, perché possa essere applicato il privilegio paolino si richiede il cosiddetto “discessus” del coniuge che rimane mormone. Tale “discessus” si verifica se costui «non vuole coabitare con la parte battezzata o non vuole coabitare pacificamente senza offesa al Creatore, eccetto che sia stata questa a darle, dopo il battesimo, una giusta causa per separarsi» (can. 1143 § 2). Anche su questo punto, il caso di un coniuge mormone che si battezza di per sé sembra debba comportare peculiari difficoltà perché il coniuge non battezzato, specialmente se è fervente credente e praticante della dottrina dei Mormoni, voglia coabitare pacificamente con la parte battezzata senza offesa al Creatore. Un semplice pagano, infatti, di solito ha ignoranza piuttosto che errori radicati in materie religiose, specialmente relative al cristianesimo; un mormone invece ha un insieme di errori, generalmente molto radicati, espressi per di più con termini presi dalla Rivelazione e dalla teologia cristiana. Una pastorale accurata dovrà assistere in modo molto peculiare la parte battezzata, illuminandola sulle possibilità di soluzione che le offre il privilegio paolino, se veramente la vita con il coniuge non battezzato diventa molto difficile per l’esercizio della vita cristiana.

Perché il coniuge battezzato possa validamente contrarre nuovo matrimonio, si deve sempre interpellare la parte non battezzata se voglia essa pure ricevere il battesimo; o se almeno voglia coabitare con la parte battezzata pacificamente, senza offesa al Creatore (can. 1144 § 1). Nel caso dei Mormoni, per quanto riguarda la domanda se vuole ricevere il battesimo, sarà pastoralmente necessaria una spiegazione assai approfondita, anzi una vera catechesi, sul senso del nuovo battesimo, essenzialmente diverso da quello ricevuto nella sua Chiesa di Gesù Cristo dei Santi dell’ultimo giorno. Nella pratica non sembra facile che si possano dare dei casi nei quali, da un lato, la parte battezzata abbia fondamento sufficiente per tentare l’iter verso un eventuale futuro matrimonio cristiano e, dall’altro canto, che il coniuge non battezzato si decida anche a ricevere il battesimo di fronte a questa eventualità. Per lo più il non battezzato risponderà negativamente. Anche riguardo alla domanda se vuole coabitare pacificamente con la parte battezzata, senza offesa al Creatore, per lo più risponderà negativamente. Tuttavia può verificarsi il caso, anche fra i Mormoni, che di fronte alla possibilità di cui gode il coniuge battezzato di contrarre secondo matrimonio, il coniuge non battezzato accetti le condizioni di coabitare pacificamente, rispettando le esigenze religiose dell’altro. In questa ipotesi, probabilmente poco frequente, si richiede una cura pastorale molto attenta verso la parte battezzata per sostenerla nella sua convivenza coniugale che senza dubbio diventerà non facile, a causa della diversità della fede e dei sentimenti religiosi.

Ovviamente tale interpolazione può essere omessa quando «da un procedimento almeno sommario e estragiudiziale risulti che non è possibile o che sarebbe inutile farla» (can. 1144 § 2). Se la parte non battezzata risponde negativamente all’interpellazione o questa è stata omessa legittimamente, «la parte battezzata ha diritto a contrarre nuovo matrimonio con una parte cattolica» (can. 1146) e il primo matrimonio verrà sciolto al momento stesso della celebrazione del secondo (can. 1143 § 1).

L’Ordinario del luogo, osservata la normativa dei matrimoni misti, può concedere che la parte battezzata possa contrarre matrimonio, applicando il privilegio paolino, con una parte non cattolica, battezzata o non battezzata (can. 1147). Nel caso dei Mormoni, difficilmente sarà pastoralmente consigliabile concedere la dispensa dall’impedimento di disparità di culto perché la parte battezzata possa contrarre un secondo matrimonio con un altro mormone. La convivenza coniugale infatti con uno che professa gli stessi errori dai quali il neofito con tanta fatica è riuscito a liberarsi comporterebbe pericoli non indifferenti per la sua fede e per la pratica della sua vita cristiana.

I Mormoni attualmente e in linea generale non ammettono la poligamia. Perciò il privilegio di cui gode il non battezzato che abbia contemporaneamente più mogli non battezzate, secondo il quale, se riceve il battesimo nella Chiesa cattolica, può ritenerne una qualsiasi, licenziando le altre (can. 1148), non può avere applicazione ai Mormoni. Invece può essere loro applicabile l’altro privilegio previsto nel diritto (can. 1149), secondo il quale in caso di due coniugi non battezzati, se uno di loro, ricevuto il battesimo nella Chiesa cattolica, non può stabilire la coabitazione con l’altro coniuge non battezzato a causa della prigionia o della persecuzione, può contrarre un altro matrimonio, anche se nel frattempo l’altra parte avesse ricevuto il battesimo, fermo restando che dopo il battesimo dei due non ci sia stata la consumazione del loro matrimonio.

e) Scioglimento del matrimonio “in favorem fidei

Ci sono matrimoni celebrati fra due non battezzati che, anche se uno di loro si battezza, non adempiono le condizioni del privilegio paolino. Inoltre ci sono i matrimoni celebrati fra un battezzato e uno non battezzato ai quali ovviamente non può essere applicato il privilegio paolino, che richiede come punto di partenza un matrimonio celebrato fra due non battezzati. Tali matrimoni però, dati determinati presupposti, possono essere sciolti dalla potestà suprema del Romano Pontefice. Nel caso dei Mormoni, applicando la Risposta della Congregazione per la Dottrina della Fede, tali fattispecie possono verificarsi sia nei matrimoni fra due Mormoni che nei matrimoni fra un mormone e un battezzato sia cattolico sia non cattolico. Dato che è certo che il battesimo dei Mormoni non è valido, si ha la certezza che il matrimonio fra due Mormoni e il matrimonio di un mormone con un battezzato non è rato e quindi è suscettibile di essere sciolto come gli altri matrimoni fra due non battezzati oppure fra un battezzato e uno non battezzato, purché si verifichino le condizioni richieste.

Dopo la Risposta non può esserci dubbio che, per i casi che possano presentarsi, ai matrimoni dei Mormoni si debbono applicare le Norme della Congregazione per la Dottrina della Fede relative allo scioglimento del matrimonio “in favorem fidei”. Per economia procedurale sarà opportuno che nelle Curie diocesane i casi dei Mormoni vengano istruiti con particolare diligenza, specialmente per quanto riguarda la prova del battesimo ricevuto nella Chiesa di Gesù Cristo dei Santi dell’ultimo giorno, punto chiave per avere la certezza che la persona in questione non è stata battezzata validamente. Gli altri elementi di prova sono quelli richiesti nelle Norme per tutti i casi.

f) Cause di nullità

La Risposta potrebbe dare luogo ad alcune cause di nullità dei matrimoni celebrati fra Mormoni e cattolici, sia di matrimoni celebrati prima che dopo la pubblicazione della medesima. La causa principale di tali nullità senza dubbio viene costituita dalla non difficile confusione fra le due specie di matrimoni misti: quella cioè fra un cattolico e uno iscritto a una comunità ecclesiale non in piena comunione con la Chiesa cattolica (can. 1124) e quella fra un cattolico e uno non battezzato (can. 1086). Come abbiamo accennato sopra, il matrimonio fra cattolici e altri battezzati non cattolici è proibito senza la licenza dell’Ordinario del luogo, ma è valido anche se celebrato senza tale licenza, mentre il matrimonio fra un cattolico e uno non battezzato non solo è proibito, ma la proibizione comporta un impedimento, che se non interviene la dispensa, rende nullo il matrimonio. Perciò se un matrimonio fra un cattolico e un mormone fosse stato trattato nel passato o lo fosse nell’avvenire come matrimonio fra cattolico e battezzato, e quindi senza la dispensa dall’impedimento di disparità di culto, tale matrimonio dovrebbe essere sanato in radice, se si verificano le condizioni richieste, altrimenti sarebbe suscettibile di una causa di nullità matrimoniale. Riguardo agli altri capi di nullità, non sembra ci siano cause specifiche nei matrimoni fra cattolici e Mormoni che potrebbero dare fondamento a nullità particolari.


* L’Osservatore Romano, n. 168, 25 luglio 2001, p. 4.

 

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