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Omelia di Sua Em. il Card. Gerhard L. Müller
agli Esercizi della Fraternità di Comunione e Liberazione

Rimini 25 aprile 2015

 

Carissimi Amici,

anzitutto lasciatemi dire la gioia di poter essere qui con voi! Anzi - vorrei dire - la letizia di stare qui con voi - come forse preciserebbe il Vostro fondatore, Don Giussani. Perché la gioia, quella piena, è soltanto nella vittoria definitiva, nel cielo. Mentre qui in terra ci è dato un anticipo, di quella gioia, nella letizia. La letizia che il Signore concede sempre al cuore di coloro che Lo seguono. La letizia di stare qui con voi, cari Amici di Comunione e Liberazione, che volete essere - che siete! - autentici Amici di Gesù.

Seguire Gesù. Ecco tutto il nostro programma. “La sua presenza nello sguardo”, recita il programma dei vostri Esercizi. La Sua Persona, presente in mezzo noi, viva. Così viva da attirare il nostro sguardo, con i segni del Suo agire. Così amabile da raggiungere come nessun’altro il nostro cuore.

Il nostro povero cuore, così indigente, così sempre alla ricerca di qualcosa, di Qualcuno che lo prenda tutto. Perché il nostro cuore vuole tutto, esige tutto, non può fare a meno di chiedere tutto. È la sua natura, è fatto per la Totalità: è fatto per Dio! Il nostro cuore cerca sempre Qualcuno che lo prenda, che lo afferri totalmente. Siamo fatti così!

Noi seguiamo Dio, seguiamo Gesù, perché solo Lui sa prendere tutto il nostro cuore, come nessun’altro. Nessuno come Lui - a volte con discrezione, a volte con forza - sa attirare a sé il nostro cuore. Nessuno come Te, Gesù, sa prendere il mio cuore! Nessuno mi guarda e mi ama come Te, Gesù!

Questo vuole dirci San Pietro, nella sua prima lettera - che abbiamo appena ascoltato - quando scrive che “Dio dà grazia agli umili”. Dio dona i tesori del Suo cuore a coloro che attendono di essere presi totalmente. Dio dona tutto se stesso a coloro che hanno fame e sete di Qualcuno che sappia afferrare tutto il loro cuore. Dio si concede solo a chi è disposto a lasciarsi prendere tutto.

Disposti a lasciarsi prendere totalmente. Questa è la prima umiltà. Questa è l’umiltà che Dio cerca in ogni uomo. Questo è il cuore che Dio cerca, quando ci guarda. Questo cuore Egli vuole rinnovare in noi, in ognuno di noi.

“Egli ha cura di noi”, continua San Pietro nella sua lettera. Tutta la cura che Dio pone verso la nostra vita, mira a generare un cuore così. Dio cerca cuori che attendono di essere presi totalmente. E opera perché, in noi, si generi sempre più un cuore così. Non è mai finita la generazione di un cuore che attende di essere preso tutto. Un cuore così è un cantiere senza fine. E Dio stesso, ama lavorare in cantieri così.

Il cuore stesso di Dio vive come un cantiere senza fine, in cui ogni Persona Divina si dona, è presa, e si riceve totalmente dall’Altro. Il cuore stesso di Gesù è generato da un Amore così: un amore che dona, che attende, che è aperto a ricevere senza fine. Il cuore di Gesù opera per generare cuori così. Il Cuore di Gesù dona, attende e spera così da ciascuno di noi.

“Pietro, mi ami tu?”. Conosciamo bene questa domanda che Gesù rivolge a Pietro, trafiggendolo. Ognuno di noi, desidera essere trafitto da domande così. E nessuno, come Gesù, sa trafiggere il nostro cuore. Perché, mentre le Sue labbra pronunciano quelle parole, il Suo sguardo ci rivela quanto sia grande l’Amore che Lui ha per noi. Un Amore così grande da sapersi prendere tutto quell’abisso che è il nostro cuore!

Possiamo immaginarci la vita di Pietro: Pietro stesso che scrive ai primi cristiani, che guida le prime comunità, dapprima a Gerusalemme, poi ad Antiochia e infine a Roma.  “Pietro mi ami tu?”. Possiamo immaginarci Pietro che, giorno dopo giorno, si lascia sempre più sospingere dal fuoco di questa domanda e di quello sguardo, lo sguardo di Gesù, ormai presente per sempre nella sua vita. Presente più che mai, ineliminabile dalla sua storia. Tutto quello che Pietro viveva, lo viveva sospinto dalla Persona di Gesù, presente e vivo come prima, e più di prima.

Così Pietro, diviene sempre più Apostolo, sempre più inviato dal Signore, sempre più sospinto dallo sguardo e dalle parole di Gesù: “Pietro mi ami tu?”. Così Pietro scopre che la missione è un evento che si rinnova ogni giorno, seguendo quotidianamente Gesù. Così Pietro scopre che tutta la sua missione nasce dallo sguardo misericordioso di Gesù.

Pietro: che vede Gesù salire al cielo sotto i suoi occhi, e poi lo ritrova presente lungo i passi del suo cammino. Pietro: che da giovane andava dove voleva e, ormai anziano, ha imparato cosa significa tendere le braccia e lasciarsi portare per vie da lui non pensate e non volute. Pietro: che, giunto a Roma, ha ormai compreso come la strada che occorre percorrere ogni giorno - perché il cuore sia preso tutto - è una strada che non ha immaginato lui. Pietro: nel cui sguardo è ormai impressa indelebilmente la presenza di Gesù e nel cui cuore, incancellabile, c’è il desiderio di lasciarsi prendere totalmente da Lui.

È questo lasciarsi prendere totalmente, che rende il cuore capace di adorazione autentica, che spezza ogni forma viziata di potere, che rinnova la nostra affettività, che taglia le gambe alla tentazione di mercanteggiare tutto ciò che ci è dato da vivere, che libera in noi ondate di gratuità, che ci ridona un gusto intero per tutto ciò che è Bello, Vero, Giusto e Buono.

È Gesù che ci rende uomini finalmente liberi, uomini liberi perché hanno il cuore liberato, il cuore tutto preso da Lui, che è Amore e Verità senza fine!

Cari Amici, oggi la Chiesa ci invita a celebrare la festa di San Marco Evangelista. Marco - secondo la tradizione - ha scritto a Roma il suo vangelo, sotto dettatura di Pietro, di cui era il fidato segretario. Leggendo il vangelo di Marco, traspare l’essenzialità e la concretezza del carattere di Pietro. Questo vangelo è un vangelo dei fatti, che ci mette di fronte la fattualità della vita. La vita scorre con una serie di avvenimenti e, attraverso quegli avvenimenti, il Signore della storia scrive la sua storia, intreccia - con la sua libertà - una storia con ciascuno di noi, con la libertà di ognuno di noi.

Perciò nulla di ciò che accade è banale. Tutto porta inscritto in sé il Disegno misterioso con cui Dio conduce la storia. Ogni piccolo fatto, evento e circostanza partecipa di una misteriosa grandezza. Una grandezza che Gesù, Risorto ed Asceso al Cielo, divenuto Signore della storia, conferisce ad ogni avvenimento, pur piccolo o insignificante che possa sembrare. Grazie alla Pasqua di Gesù, ogni particolare della vita umana e del mondo, porta in sé la Sua presenza, discreta e potente nello stesso tempo.

Nel mistero dell’Ascensione di Gesù al Cielo si attua e rivela tutto ciò. Anche il vangelo che abbiamo appena letto vi allude: allude a questo “sedersi di Gesù alla destra di Dio”, a questo insediarsi di Gesù nel grembo di ogni circostanza, nel grembo della creazione, la quale “geme e soffre” per le doglie di un parto: il parto di un mondo rinnovato. Voi sapete bene, quanto Don Giussani avesse a cuore e ben chiaro tutto ciò.

Gesù, costituito dal Padre come Signore della storia, proprio attraverso gli avvenimenti della vita diventa, in questo modo, il grande interlocutore della nostra libertà. Ciò significa che la nostra libertà, per attuarsi - per essere rinnovata e tratta al bene - non può mai saltare gli eventi e le situazioni nelle quali ci troviamo a vivere. Ciò significa che la strada che il nostro cuore deve percorrere, per ritrovare sé stesso - per essere preso tutto - è la strada dell’obbedienza alla concretezza della vita, alla rudezza dei fatti, che spesso non corrispondono a ciò che noi avremmo voluto o immaginato.

È questa la via della Croce, una via già tracciata davanti a noi, dentro le situazioni quotidiane, è la via dell’obbedienza quotidiana ad una strada che Dio scolpisce a suon di fatti. Una via che ci è chiesto di percorrere accettando di rimanere in ciò che accade, per quanto avverso o favorevole possa sembrarci. Perché per arrivare ad essere preso tutto da Gesù, il cuore deve accettare di lasciarsi prendere tutto proprio attraverso ciò che la vita ci chiede.

È questa anche la via della Santità. Una santità finalmente ritrovata nella sua essenziale aderenza alla vita, grazie alla capacità che la fede ha di appassionarci alla vita e di inserirci, profondamente e saldamente, dentro tutto ciò che accade. Che ci insedia - quasi come Gesù - nel cuore della realtà. È questo anche il tratto più bello e affascinante della vita cristiana autentica. Un tratto che nessuno oggi sa testimoniarci come Papa Francesco, il quale è come una lampada di Amore e di Speranza posta di fronte a tutti.

Proprio questo tenace attaccamento alla realtà sottrae la santità alle caricature con cui il potere di questo mondo cerca di sempre deformarla. E la rende finalmente desiderabile, finalmente attraente, come può esserlo una vita davvero fortunata e colma di doni. È questa l’esperienza che hanno già fatto tanti dei vostri amici e compagni di strada. È questa l’esperienza che stanno già facendo tanti di voi - ne sono certo - magari alcuni nascosti ai più.

Perciò la Chiesa vi è grata. Perciò Gesù stesso vi è grato. Perciò vi siamo grati, grati per il quotidiano “sì”, per l’assenso di cuore che ogni giorno date a Gesù, nascosto o evidente che sia questo assenso. Non preoccupatevi di raccogliere subito. Preoccupatevi invece di seminare bene, perché a suo tempo sarà il Signore a raccogliere, e mostrare a tutti, i beni che avete accumulato nel vostro cuore.

Preoccupiamoci di seminare bene, insieme a Colui che - in continuazione - semina Bene e Verità nei cuori degli uomini e che, secondo i tempi dei Suoi Disegni, sa raccogliere e portare frutto!

Per questo, Egli ci pota, ci purifica e ci corregge, secondo la misura della Sua misericordia. Per questo Egli ci cambia e ci invita a lasciarci cambiare. Secondo la misura sempre più grande a cui ci invita, a cui invita il nostro cuore, perché sia sempre più preso tutto. Perché il cuore desidera essere sempre più afferrato, sempre più abbracciato, secondo una misura senza fine. Secondo una misura che, in noi, non ha mai finito di realizzarsi.

So che Don Giussani definiva la misericordia di Dio come “una giustizia che ricrea” l’uomo. È così! Il Signore ci prende così come siamo, ma non ci lascia come ci trova e ci cambia, secondo la misura esigente del Suo Amore. Perché la sua grazia non ci giustifica dall’alto, lasciandoci come siamo, ma è un dono che entra in noi e ci trasforma, ci rinnova secondo le dimensioni sempre più ampie a cui il Suo Spirito ci conduce.

È questo anche il mio augurio per tutti voi. L’augurio e la preghiera che il vostro cuore e la vostra umanità abbiano a crescere e dilatarsi sempre più: secondo le misure senza fine che la nostra stessa natura desidera, secondo gli orizzonti grandi che la Chiesa ci spalanca, secondo i Disegni buoni e misteriosi che Gesù stesso va realizzando per noi.

Lavorate per questo, pregate per questo, siate disposti a offrirvi per questo. Avrete Dio come premio. Amen!   

 

    

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