BEATIFICAZIONE
di PADRE PIO DA PIETRELCINA |
CONGREGAZIONE DELLE CAUSE DEI SANTI
CAUSA DI BEATIFICAZIONE e CANONIZZAZIONE
del SERVO DI DIO
PIO DA PIETRELCINA
(in secolo: Francesco Forgione)
SACERDOTE PROFESSO
dell'ORDINE DEI FRATI MINORI CAPPUCCINI
(1887-1968)
DECRETO SULLE VIRTÚ
«Per me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù
Cristo» (Gal 6, 14).
Padre Pio da Pietrelcina, come l'Apostolo Paolo, al vertice della sua vita
e del suo apostolato pose la Croce del suo Signore come sua forza, sua
sapienza e sua gloria. Infiammato d'amore per Gesù Cristo, si conformò a Lui
nell'immolazione di sé per la salvezza del mondo. Nella sequela e
nell'imitazione di Cristo Crocifisso fu così generoso e perfetto che avrebbe
potuto dire: «Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo,
ma Cristo vive in me» (Gal 2,19). E i tesori di grazia che Dio gli
aveva concesso con singolare larghezza senza sosta egli dispensò con il suo
ministero, servendo gli uomini e le donne che a lui accorrevano sempre più
numerosi e generando una immensa moltitudine di figli e figlie spirituali.
Questo degnissimo seguace di San Francesco d'Assisi nacque il 25 maggio
1887 a Pietrelcina, nell'arcidiocesi di Benevento, da Grazio Forgione e Maria
Giuseppa De Nunzio. Fu battezzato il giorno successivo col nome di Francesco.
A 12 anni ricevette il sacramento della Cresima e la prima Comunione.
A 16 anni, il 6 gennaio 1903, entrò nel noviziato dell'Ordine dei Frati
Minori Cappuccini a Morcone, ove il 22 dello stesso mese vestì l'abito
francescano e si chiamò Fra Pio. Terminato l'anno di noviziato, emise la
professione dei voti semplici e, il 27 gennaio 1907, quella dei voti solenni.
Dopo l'ordinazione sacerdotale, ricevuta il 10 agosto 1910 a Benevento,
restò in famiglia fino al 1916 per motivi di salute. Nel settembre dello
stesso anno fu mandato al convento di San Giovanni Rotondo e vi rimase fino
alla morte.
Acceso dall'amore di Dio e dall'amore del prossimo, Padre Pio visse in
pienezza la vocazione a contribuire alla redenzione dell'uomo, secondo la
speciale missione che caratterizzò tutta la sua vita e che egli attuò
mediante la direzione spirituale dei fedeli, mediante la riconciliazione
sacramentale dei penitenti e mediante la celebrazione dell'Eucaristia. Il
momento più alto della sua attività apostolica era quello in cui celebrava
la Santa Messa. I fedeli chevi partecipavano, percepivano il vertice e la
pienezza della sua spiritualità.
Sul piano della carità sociale si impegnò per alleviare dolori e miserie
di tante famiglie, principalmente con la fondazione della «Casa Sollievo
della Sofferenza», inaugurata il 5 maggio 1956.
Per il Servo di Dio la fede era la vita: tutto voleva e tutto faceva alla
luce della fede. Fu assiduamente impegnato nella preghiera. Passava la
giornata e gran parte della notte in colloquio con Dio. Diceva: «Nei libri
cerchiamo Dio, nella preghiera Lo troviamo. La preghiera è la chiave che apre
il cuore di Dio». La fede lo portò sempre all'accettazione della volontà
misteriosa di Dio.
Fu sempre immerso nelle realtà soprannaturali. Non solo egli era l'uomo
della speranza e della fiducia totale in Dio, ma infondeva queste virtù in
tutti quelli che lo avvicinavano, con le parole e con l'esempio.
L'amore di Dio lo riempiva, soddisfacendo ogni sua attesa; la carità era
il principio ispiratore della sua giornata: Dio da amare e da far amare. Sua
particolare preoccupazione: crescere e far crescere nella carità.
Espresse il massimo della sua carità verso il prossimo accogliendo, per
oltre 50 anni, moltissime persone, che accorrevano al suo ministero e al suo
confessionale, al suo consiglio e al suo conforto. Era quasi un assedio: lo
cercavano in chiesa, nella sagrestia, nel convento. Ed egli si donava a tutti,
facendo rinascere la fede, distribuendo grazia, portando luce. Ma specialmente
nei poveri, nei sofferenti e negli ammalati, egli vedeva l'immagine di Cristo
e si donava specialmente per loro.
Ha esercitato in modo esemplare la virtù della prudenza, agiva e
consigliava alla luce di Dio.
Suo interesse era la gloria di Dio e il bene delle anime. Ha trattato tutti
con giustizia, con lealtà e grande rispetto.
Rifulse in lui la virtù della fortezza. Egli comprese ben presto che il
suo cammino sarebbe stato quello della Croce, e l'accettò subito con coraggio
e per amore. Sperimentò per molti anni le sofferenze dell'anima. Per anni
sopportò i dolori delle sue piaghe con ammirabile serenità. Accettò in
silenzio i numerosi interventi delle Autorità, e di fronte alle calunnie
tacque sempre.
Usò abitualmente la mortificazione per conseguire la virtù della
temperanza, in conformità allo stile francescano. Era temperante nella
mentalità e nel modo di vivere.
Consapevole degli impegni assunti con la vita consacrata, ne osservò con
generosità i voti professati. È stato obbediente in tutto agli ordini dei
suoi Superiori, anche quando erano gravosi. La sua obbedienza era
soprannaturale nell'intenzione, universale nella estensione e integrale
nell'esecuzione. Esercitò lo spirito di povertà con totale distacco da se
stesso, dai beni terreni, dalle comodità e dagli onori. Ha sempre avuto una
grande predilezione per la virtù della castità. Il suo comportamento era
dovunque e con tutti modesto.
Si reputava sinceramente inutile, indegno dei doni di Dio, ricolmo di
miserie e insieme di favori divini. Fra tanta ammirazione del mondo, egli
ripeteva: «Voglio essere soltanto un povero frate che prega».
La sua salute, fin dalla giovinezza, non fu molto florida e, soprattutto
negli ultimi anni della sua vita, declinò rapidamente. Sorella morte lo colse
preparato e sereno il 23 settembre 1968, all'età di 81 anni. I suoi funerali
furono caratterizzati da un concorso di popolo del tutto straordinario.
Il 20 febbraio 1971, ad appena tre anni dalla morte del Servo di Dio, Paolo
VI, parlando ai Superiori dell'Ordine Cappuccino, disse di lui: «Guardate che
fama ha avuto, che clientela mondiale ha adunato intorno a sé! Ma perché?
Forse perché era un filosofo? Perché era un sapiente? Perché aveva mezzi a
disposizione? Perché diceva la Messa umilmente, confessava dal mattino alla
sera, ed era, difficile a dire, rappresentante stampato delle stimmate di
nostro Signore. Era un uomo di preghiera e di sofferenza».
Già durante la sua vita godeva vasta fama di santità, dovuta alle sue
virtù, al suo spirito di preghiera, di sacrificio e di dedizione totale al
bene delle anime.
Negli anni successivi alla sua morte, la fama di santità e di miracoli è
andata sempre più crescendo, diventando un fenomeno ecclesiale, diffuso in
tutto il mondo, presso ogni categoria di persone.
Così Dio manifestava alla Chiesa la volontà di glorificare in terra il
suo Servo fedele. Non trascorse molto tempo che l'Ordine dei Frati Minori
Cappuccini compì i passi previsti dalla legge canonica per iniziare la Causa
di beatificazione e canonizzazione. Esaminata ogni cosa, la Santa Sede, a
norma del Motu Proprio «Sanctitas Clarior», concesse il nulla osta
il 29 novembre 1982. L'Arcivescovo di Manfredonia poté così procedere
all'introduzione della Causa e alla celebrazione del processo cognizionale
(1983-1990). Il 7 dicembre 1990 la Congregazione delle Cause dei Santi ne
riconobbe la validità giuridica. Ultimata la Positio, si discusse,
come di consueto, se il Servo di Dio abbia esercitato le virtù in grado
eroico. Il 13 giugno 1997 si tenne il Congresso Peculiare dei Consultori
teologi con esito positivo. Nella Sessione Ordinaria del 21 ottobre
successivo, essendo Ponente della Causa l'Ecc.mo Mons. Andrea Maria Erba,
Vescovo di Velletri-Segni, i Padri Cardinali e Vescovi hanno riconosciuto che
Padre Pio da Pietrelcina ha esercitato in grado eroico le virtù teologali,
cardinali ed annesse.
Il giorno 18 dicembre 1997, alla presenza di Giovanni Paolo II, fu
promulgato il Decreto sull'eroicità delle virtù.
Per la beatificazione di Padre Pio, la Postulazione ha presentato al
competente Dicastero la guarigione della signora Consiglia De Martino di
Salerno. Sul caso fu celebrato regolare Processo canonico presso il Tribunale
Ecclesiastico dell'arcidiocesi di Salerno-Campagna-Acerno dal luglio 1996 al
giugno 1997 e fu riconosciuto valido con decreto del 26 settembre 1997. Il 30
aprile 1998 si tenne, presso la Congregazione delle Cause dei Santi, l'esame
della Consulta Medica e il 22 giugno dello stesso anno, il Congresso peculiare
dei Consultori Teologi. Il giorno 20 ottobre seguente, in Vaticano, si riunì
la Congregazione ordinaria dei Cardinali e dei Vescovi, membri del Dicastero,
Ponente Mons. Andrea M. Erba, e il 21 dicembre 1998, fu promulgato, alla
presenza di Giovanni Paolo II, il Decreto sul miracolo.
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