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CONGREGAZIONE PER LE CHIESE ORIENTALI

SOLENNE LITURGIA PER SIGNIFICARE PUBBLICAMENTE
L'ECCLESIASTICA COMMUNIO CONCESSA AL NUOVO PATRIARCA
DI BABILONIA DEI CALDEI, MAR EMMANUEL III DELLY

OMELIA DEL CARD. IGNACE MOUSSA I DAOUD

Cattedra della Basilica Vaticana, 5 dicembre 2003  

 

Beatitudine,
Mar Emmanuel III Delly,
Patriarca di Babilonia dei Caldei,
cari Vescovi della Chiesa Caldea,
pace, salute e grazia abbondante
a tutti voi,
con un abbraccio fraterno
nel Signore Gesù.

1. Siamo presso la Confessione di San Pietro in Vaticano. Qui risuona con accento particolare la professione di fede del pescatore di Galilea: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". E risentiamo in tutta la loro forza le parole di Gesù: "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa".

È la fede della Chiesa, che anche noi, soprattutto noi pastori, ci gloriamo di professare e di predicare come ministri del Vangelo!

La sera dell'elezione a Patriarca, il Sommo Pontefice ha concesso a Vostra Beatitudine l'ecclesiastica communio: in questa Santa Eucaristia, che è il nostro rendimento di grazie a Dio, essa viene pubblicamente significata e, attingendo alla sua fonte, riceve piena vitalità.

Ringrazio nuovamente il Santo Padre per avermi delegato a presiedere questa solenne divina liturgia e, insieme con voi, affido al Signore la Sua augusta Persona e il suo ministero di Pastore universale.

2. Ma desidero subito e di tutto cuore rinnovare le congratulazioni per la fiducia che il Sinodo caldeo ha riposto nella sua persona. E prego ardentemente il Signore di sostenere Vostra Beatitudine con la sua potente benedizione perché ella possa realizzare le molte aspirazioni che in questa circostanza presenta all'altare per il bene della amata Chiesa caldea e della società irachena.

3. Mi è gradito anche di ringraziare i padri sinodali per avere accolto prontamente la convocazione del Santo Padre, lasciando tutto per venire a Roma e provvedere con una presenza unanime, e in piena coscienza davanti a Dio, alla scelta di Vostra Beatitudine per il servizio patriarcale. Sono stato edificato dal loro esempio, dalla pietà, dal senso ecclesiale e dalla collaborazione offerta per il buon esito del Sinodo. In questi giorni ho esperimentato il clima "sereno e concorde" che il Santo Padre ha lodato con paterna soddisfazione.

4. Beatitudine, mi consenta di guardare ora al "dopo Sinodo", al "tempo ordinario" che seguirà la stessa solenne intronizzazione del nuovo Patriarca che avverrà presto a Bagdad. E pensare alla grande responsabilità che La attende, come pastore della Chiesa Caldea, in un Paese nobile e antico, ma così provato come l'Iraq, dove urge un'opera immensa di ricostruzione spirituale e materiale.

Per questo motivo vorrei soffermarmi su due aspetti che mi permetto di offrire alla fraterna considerazione di Vostra Beatitudine.

In primo luogo: l'organizzazione del Patriarcato, come è esigita dal Concilio Vaticano II, dai canoni e dal magistero ecclesiastico. Un pastore, pur capace e bene esperimentato, non può fare tutto da solo. Deve mettere accanto a sé forze vive, persone adatte a collaborare al vero bene della comunità ecclesiale. E prima di tutto penso alla valorizzazione del Sinodo permanente, quale efficace organismo di ordinaria consultazione, dotato di tutte le prerogative previste. E ai Vescovi della Curia patriarcale, che hanno competenze e responsabilità proprie e inderogabili; al tribunale patriarcale ordinario chiamato al delicato ufficio di una competente, sicura e alquanto ponderata amministrazione della giustizia, scevra da qualsiasi forma di condizionamento. Alla figura del Cancelliere, nonché dell'Economo patriarcale e al Consiglio per gli affari economici, come alle commissioni per incrementare i diversi settori della vita ecclesiale, e tra queste spicca quella liturgica per l'amore e la cura che deve distinguere le Chiese orientali al riguardo. E si avverte, altresì, ovunque il bisogno di coinvolgere i sacerdoti, curandone la formazione permanente a livello spirituale, culturale e pastorale, e la loro condizione economica, senza dimenticare di aprire le porte ai laici per quella partecipazione alla vita pastorale che è tanto auspicata dal magistero pontificio ed ecclesiale. Per questi impegni ritengo che Vostra Beatitudine sia per sensibilità e volontà la persona adatta a fare tutto il possibile perché la Chiesa caldea sia all'altezza della sua missione e al Patriarca caldeo sia riconosciuto da tutta la cristianità irachena l'alto ruolo che gli compete.

In secondo luogo, penso alle caratteristiche che i canoni orientali vogliono evidenziare quanto danno al Patriarca il doppio appellativo di Pater et Caput.

Il Padre è uno che ama, che ha cura dei figli, della sua casa e si consacra senza misura al bene dei suoi. Mentre al Capo compete di studiare, riflettere, consultare, pianificare, organizzare la vita sua e dei suoi.

L'appellativo di Padre si riferisce al cuore e quello di Capo alla mente. Il Patriarca deve esercitare pienamente l'una e l'altra facoltà. Non dubito che anche su questo punto è la persona chiamata dal Signore per essere padre autentico che ascolta ognuno con cuore magnanimo, e capo capace di apertura e lucidità, amorevole e disponibile ad aprire le braccia a tutti coloro che sono in necessità.

Non spetta, pertanto, a me dare consigli se non condividere la comune responsabilità episcopale che il Pastore eterno ci ha affidato.

5. Le auguro, Beatitudine, buona salute, forza e serenità per la sua missione! La materna preghiera della Santa Vergine, l'intercessione degli Apostoli Pietro e Paolo, e Tommaso, Le ottengano il necessario aiuto per guidare la barca della Chiesa caldea fino al porto sicuro, nonostante la tempesta che sconvolge la madrepatria irachena nel momento presente. La pace tanto sospirata, che imploriamo bussando con insistenza al cuore di Dio, sia così una anticipazione di quella eterna felicità che il Signore Gesù ci ha preparato nella casa del Padre.

   

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