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CONGREGAZIONE PER LE CHIESE ORIENTALI

INTERVENTO DEL CARD. LEONARDO SANDRI
ALLA PRESENTAZIONE DEL QUADERNO DI LIMES
"QUANDO IL PAPA PENSA IL MONDO

(Roma - Sala San Pio X, 8 febbraio 2010)

Signori Cardinali,
Signor Ministro degli Esteri On. Franco Frattini,
Eccellenze,
Rev.mo Superiore Generale dei Figli dell’Immacolata Concezione P. Aurelio Mozzetta,
Gentili Signore e Signori,

Sono molto lieto di riflettere insieme con voi sull’interessante tema proposto dal recente Quaderno antologico di Limes dal titolo: “Quando il Papa pensa il mondo”.

Ringrazio, anch’io, il Signor Ministro, sperimentato timoniere della politica estera italiana in questi momenti difficili, per la sua presenza e per quanto ci dirà. Nella sua persona auguro all’Italia di continuare il ruolo internazionale di promozione della riconciliazione, della cooperazione e della pace, per il quale è molto apprezzata. Estendo la mia gratitudine al Prof. P. Franco Decaminada e agli amici dell’Istituto Dermopatico dell’Immacolata e di Elea, al Dott. Lucio Caracciolo di Limes, ai Coordinatori dell’incontro i Dottori Temperini e Schiavazzi, come pure ai Confratelli nell’episcopato, con un fervido saluto ai Signori Ambasciatori.

Dirò subito che il Papa pensa il mondo nell’ottica della continuità col patrimonio del pensiero cristiano, di cui è il primo custode. Si tratta di una custodia che definirei “vitale”, associata cioè all’evangelica esortazione a “leggere i segni dei tempi”.

Le mie considerazioni riguarderanno in particolare la porzione singolare di Chiesa, di cui si occupa la Congregazione per le Chiese Orientali: la Terra Santa e il Medio Oriente, e l’Europa dell’Est, anche se la sua competenza si estende ai Siro-Malabaresi e Malankaresi dell’India e a tutti gli Orientali Cattolici sparsi nel mondo. Essi costituiscono la diaspora orientale, che è decisiva per la sopravvivenza delle rispettive Chiese nella madrepatria e delle antiche tradizioni spirituali dell’Oriente cristiano.

I problemi che agitano la scena internazionale, talora molto seri, rappresentano l’oggetto privilegiato della sollecitudine del Santo Padre e della Chiesa cattolica. Ne è testimonianza la solidarietà del Papa con ogni dolore, e la condivisione di ogni speranza e sforzo che accompagnano il cammino dell’umanità. Dopo il drammatico terremoto di Haiti, il Pontefice ha sollecitato la Chiesa intera perché venisse incontro a quel popolo. La Santa Sede cerca, infatti, di intervenire davanti ad ogni calamità e difficoltà.

Guardando alla situazione del mondo, accanto a tristi scenari bellici aperti o latenti, si nota uno sforzo tenace in favore della tranquillità e dell’ordine. Fondamentale, in tal senso, è l’impegno per la verità. Esso è strettamente legato alla giustizia di cui è l’anima. Soltanto la verità porta all’incontro con l’altro, al suo riconoscimento e all’intesa. Ed è la medesima ricerca della verità che porta ad affermare con forza ciò che è connaturato alle persone, ai popoli e alle culture e che deve essere da tutti rispettato. Solo quando la diversità e la comune identità dell’essere umano sono conosciute e riconosciute, i problemi possono risolversi e i dissidi ricomporsi secondo giustizia, consentendo intese profonde e durevoli. Se ciò non è tenuto nel debito conto, subentrano l’incomprensione, lo scontro e la violenza della sopraffazione. Ed è ciò che avviene nel punto nevralgico della scena mondiale che è e resta il Medio Oriente.

Nell’odierno contesto socio-politico, non a torto, si ravvisa il pericolo di uno scontro di civiltà, reso più acuto dal terrorismo organizzato, capace di estendersi a livello planetario. Le cause, numerose e complesse, sono ravvisabili in motivazioni ideologico-politiche commiste ad interpretazioni religiose molto problematiche.

Il Santo Padre eleva spesso il suo alto richiamo per attestare che nessuna circostanza vale a giustificare il crimine del terrorismo, ancor più deprecabile quando si fa scudo di una religione, abbassando la pura verità di Dio alla misura della cecità morale e di una angusta visione storica.

Sull’impegno per la verità si fonda e prende vigore il diritto alla libertà. La verità si può raggiungere solo se si è liberi. Ciò vale per tutte le verità, ma soprattutto per le verità dello spirito. Esse concernono il bene e il male, le grandi prospettive della vita, il suo senso, il suo destino finale, la cifra religiosa insita nella coscienza umana e l’inscindibile intimo legame dell’io con la Persona di Dio. Le verità dello spirito hanno perciò bisogno di spazi di libertà per poter essere vissute secondo tutte le dimensioni della vita umana.

Un effettivo impegno per la verità deve rivelarsi funzionale al perdono e alla riconciliazione. Le diverse convinzioni sulla verità danno luogo ancora oggi a violente contrapposizioni, a conflitti sociali e politici e, addirittura, alle cosiddette “guerre di religione”. La Chiesa cattolica le condanna e non ha esitato a chiedere perdono per gli errori compiuti in passato da alcuni suoi membri. E’ sempre attuale il monito del Servo di Dio Giovanni Paolo II: “Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono”.

Il pensiero va al Libano, il cui popolo sta ritrovando, anche col sostegno della solidarietà internazionale, un’intesa fruttuosa tra le comunità di fede diversa, che ne fanno non solo un paese sovrano, ma anche un messaggio e un simbolo di cooperazione e convivenza. I Libanesi hanno diritto al rispetto dell’integrità e sovranità del loro Paese. Penso a tutto il Medio Oriente e, in particolare, all’Iraq, pure funestato dal terrorismo. E a tante altre terre, che nel mondo sono teatro di cruente contese: mi limito a ricordare il conflitto latente tra l’Etiopia e l’Eritrea, le cui popolazioni sono duramente provate dall’acuirsi di endemiche povertà. [1] Segnatamente per la seconda Nazione assistiamo alla fuga di molti giovani verso il Sudan, l’Etiopia e altrove, con la privazione delle migliori risorse per il futuro del Paese.

L’inarrestabile movimento migratorio dei cristiani interessa tutto il Medio Oriente: migliaia e migliaia di uomini e donne costretti a lasciare la casa per avere una vita più dignitosa. Colpiti anche nell’esercizio della libertà religiosa, essi lasciano la terra dei padri in cui si è sviluppata la Chiesa dei primi secoli. Il fenomeno va affrontato con umanità e giustizia da parte della comunità internazionale. Benedetto XVI, già in occasione del S. Natale 2006, aveva indirizzato una lettera ai cattolici delle predette Regioni per incoraggiarli a rimanere dove sono, chiedendo a tal fine il sostegno di tutti. Con gli stessi intenti il Santo Padre ha convocato, per l’autunno prossimo, l’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi sul Medio Oriente.

E’ noto il pressante appello pontificio volto al consolidamento dei segni di dialogo fra Israeliani e Palestinesi, auspicando un abbandono del ricorso a soluzioni parziali o unilaterali a favore di un approccio globale rispettoso dei diritti dei popoli coinvolti. [2] A causa della situazione venutasi a creare nella striscia di Gaza, il Pontefice ha esortato con insistenza ad impegnarsi perché il silenzio delle armi venga rispettato, cercando di rilanciare i negoziati di pace, previa rinuncia all’odio e al terrorismo.

La Santa Sede non si stancherà mai di ripetere che le soluzioni militari vanno evitate ovunque: il futuro deve passare attraverso relazioni di rispetto e, possibilmente, di fraternità tra i diversi gruppi sociali e religiosi. E’ necessario cercare insieme una soluzione negoziata, che tenga conto delle aspirazioni legittime delle diverse etnìe, subordinandone gli interessi particolari. I responsabili della vita pubblica dovrebbero impegnarsi nel dialogo e nella riconciliazione, affinché progredisca stabilmente la convivenza tra i popoli. [3] Allo Stato d’Israele va riconosciuto il diritto ad esistere e a godere di pace e sicurezza entro confini accettati internazionalmente e, ugualmente, al Popolo Palestinese deve essere riconosciuto il diritto ad una patria sovrana e indipendente, al rispetto della dignità personale e comunitaria e alla libertà di movimento. La fiducia reciproca si rafforzerà solo nell’accoglienza di queste aspettative. [4]

La Siria merita la nostra considerazione, perché può offrire al mondo un esempio di coesistenza e tolleranza pacifica tra religioni. Ricevendo le Lettere Credenziali dell’Ambasciatore presso la Santa Sede nell’anno 2006, Benedetto XVI tenne un discorso molto incisivo per la Nazione siriana e l’Area circostante, lanciando un forte appello di pace e implorando in quell’anno la cessazione della violenza in Libano, in Terra Santa e in Iraq. Il Pontefice esordì esprimendo la sua ammirazione per la fioritura fin dall’antichità di civiltà e di religioni in quella Nazione, che è cara ai cristiani per le innumerevoli testimonianze dell’Apostolo Paolo e di altre eminenti figure del Cristianesimo delle origini. Egli aggiunse che, al pari di molti osservatori imparziali, anche la Santa Sede crede che siano possibili soluzioni grazie alla legalità, all’accoglienza delle “rilevanti risoluzioni” delle Nazioni Unite e al riconoscimento internazionale di “confini sicuri”. Incoraggiò quel popolo a procedere sulle vie della pace e della stabilità, confidando come il mondo si attenda segni di speranza dai Paesi che godono di significativa influenza in Medio Oriente. [5]

Per quanto riguarda l’Iran, la Santa Sede incoraggia espressamente a proseguire senza sosta la via diplomatica, adottando misure di trasparenza e confidenza reciproche, tenendo sempre conto dell’autentico bene dei popoli che vivono in quell’area.

In Iraq, la fine della violenza terroristica offrirebbe la possibilità di rilanciare la ricostruzione del Paese e di giungere alla auspicabile riconciliazione. [6] Le minacce invece continuano e talora sono esplicitamente rivolte contro la comunità cristiana. In tale quadro, una riforma costituzionale appropriata dovrà salvaguardare i diritti delle minoranze, alleviando il disagio delle popolazioni coinvolte nella guerra, e venendo incontro agli sfollati all’interno del Paese e ai profughi che lo lasciano, fra i quali numerosi sono i cristiani.

L’Egitto, le cui vestigia storiche sono straordinarie per antichità e arte, ha visto mescolarsi sul suo territorio culture e religioni che lungo i millenni hanno forgiato la sua identità di popolo saggio. Gli sforzi dell’Egitto in favore della pace e di soluzioni rispettose degli Stati e delle persone sono innumerevoli. [7] Di qui la fiducia nel ruolo positivo che la Nazione può svolgere nel panorama incerto dell’area medio-orientale.

Paesi come la Bulgaria e la Romania, di lunga tradizione cristiana, sono entrati nell’Unione europea. Nel 50° anniversario dei Trattati di Roma, la Santa Sede auspicò la piena tutela della dignità di ogni uomo con particolare riferimento alla libertà religiosa e ai diritti istituzionali delle Chiese. Gli avvenimenti drammatici del secolo scorso inducono gli europei ad edificare un futuro libero da ogni oppressione e condizionamento ideologico. Solo attraverso la riconciliazione l’Europa potrà garantirsi un futuro di speranza. [8] E ci rallegriamo per i segnali di pace spuntati nei Balcani e nel Caucaso. Vorremmo tutti vedere in ambedue le Regioni non bagliori di guerra, bensì luci di pace, fraternità e perdono a sicurezza per tutti.

Cipro merita una menzione, a motivo dei negoziati in atto e conseguenti alla sua divisione. [9] Sono emerse prospettive nuove, che vanno incoraggiate e sostenute dalla comunità internazionale. La visita del Santo Padre nel mese di giugno potrà stimolare la vocazione di pace, fratellanza e riconciliazione propria dell’Isola.

Così il pensiero va alla Turchia, mentre si avvicina il 50° anniversario delle sue relazioni diplomatiche con la Santa Sede. Accanto alla popolazione musulmana maggioritaria, vivono comunità cristiane consapevoli della loro antica eredità e del contributo che ancora possono offrire alla civiltà turca ed europea. Nella visita dell’anno 2006, il Santo Padre ebbe modo di esprimere la sua stima per l’Islam e di reiterare l’impegno della Chiesa cattolica nel dialogo interreligioso in autentico spirito di reciprocità. I cattolici apprezzano la libertà di culto garantita dalla Costituzione turca e sono lieti di contribuire al benessere dei loro concittadini, particolarmente attraverso l’attività educativa, caritativa e sanitaria. Il tanto atteso riconoscimento giuridico e civile permetterebbe alla Chiesa cattolica in Turchia di godere della piena libertà. Posta sul confine fra Europa e Asia, la Nazione turca può essere un ponte tra aree religiose e culturali diverse, contribuendo fortemente alla stabilità della pace. [10]

Da questo giro d’orizzonte appare chiaramente che la sicurezza del mondo, così come si può rilevare dallo specifico osservatorio del Medio Oriente, permane fragile. La libertà umana è un bene da condividere e di cui siamo responsabili tutti. L’ordine e il diritto la garantiscono. Ma per divenire forza di pace, l’ordine e il diritto vanno saldamente ancorati al diritto naturale, che il Creatore ha posto nel cuore umano, come fermamente insegna la Parola rivelata. Dio stesso non potrà mai essere escluso dall’orizzonte dell’uomo, perché ne è l’origine e il compimento.

Questa presa di coscienza potrebbe orientare le lodevoli iniziative di dialogo interculturale e interreligioso, che sanno trovare sempre temi di interesse condiviso, quali la dignità della persona umana, l’edificazione della pace e il sostegno allo sviluppo. [11]

A buon diritto, in questo contesto si inserisce l’attività della Santa Sede nella difesa e promozione della libertà di religione. A quest’ultima compete, secondo la visione ecclesiale, un posto di primo piano, perché attiene all’essere più intimo della persona. Solo nel rapporto con Dio la persona è se stessa. La Santa Sede, nel chiedere per la Chiesa cattolica condizioni di vera libertà, le auspica per tutti senza distinzione e discriminazione. I diritti umani devono includere necessariamente la libertà religiosa, intesa come espressione più alta della coscienza illuminata dalla verità. Per dare garanzie effettive alla libertà religiosa, oltre che l’esercizio del culto individuale e comunitario, va assicurata e difesa la sua dimensione pubblica.

Ogni Stato ha il dovere primario di proteggere la propria popolazione dalla violazione dei diritti umani. Se gli Stati non sono in grado di assicurare tale protezione, dovrebbe venire in aiuto la comunità internazionale, con i mezzi propri del diritto, e valorizzando anche i più flebili segni di dialogo. Nel 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, il Santo Padre ha riconosciuto che il merito principale di tale pronunciamento è quello di aver consentito a culture e modelli istituzionali differenti di convergere attorno ad un nucleo fondamentale di valori adottati come “comune concezione da perseguire”. Spesso, però, la formale legalità prevale sulla giustizia con la grave conseguenza di ridurre valori e diritti a deboli proposizioni, staccate dalla dimensione etica che ne è fondamento e scopo. [12]

In questo scenario, cosa può offrire la Chiesa?

Ci aiutano a rispondere autorevoli riflessioni raccolte nel quaderno antologico di Limes: uomini di Chiesa, storici e giornalisti si sono confrontati sulla missione della Santa Sede di fronte alle sfide del mondo. La domanda era nel pensiero di Giovanni Paolo II, come attesta il discorso al Corpo diplomatico del 12 gennaio 1982. La Chiesa non si sente estranea ad alcun problema dell’uomo contemporaneo, essendo in grado di dare il contributo di un’Istituzione che mette in primo piano i più alti valori umani. E’ una Chiesa che, con umiltà e convinzione, si sente “esperta in umanità” secondo la tanto felice espressione di Paolo VI.

La Chiesa, dunque, desidera offrire alla comunità dei popoli sincera attenzione e tutta la possibile condivisione, con la forza della preghiera e col più sollecito soccorso spirituale e materiale. Essa, inoltre, crede sempre e comunque nel dialogo tra le religioni come via della pace. Ne era convinto Giovanni Paolo II, che considera il dialogo, pur difficile, sempre possibile e perciò necessario, grazie alla comprensione delle differenze e della specificità dell’altro.

La Santa Sede porta avanti l’impegno ecumenico attraverso il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, che segue anche i rapporti con l’Ebraismo. Questi ultimi hanno ricevuto uno straordinario impulso il 17 gennaio 2010 dalla visita del Santo Padre Benedetto XVI alla Sinagoga di Roma, che risalta come segno eloquente di una irreversibile sensibilità fraterna.

Gli incontri annuali tra il Comitato Permanente per il Dialogo tra le Religioni Monoteiste dell’Istituzione Al-Azhar Al Sharif e il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso promuovono le stesse prospettive. E’ importante, infatti, favorire una serena conoscenza reciproca, non condizionata da pregiudizi, improntata piuttosto a vicendevole stima. [13]

Un’esigenza intrinseca alla natura umana è il dialogo tra le culture. Esso è un antidoto efficace contro la chiusura etnica. I contatti interreligiosi e interculturali, accanto al dialogo ecumenico, sono strade obbligate perché le dolorose lacerazioni del passato non accadano più e quelle residue siano presto risanate. [14]

La Santa Sede ha dato rilievo al dialogo fra religioni e culture nell’ambito della 62aAssemblea generale dell’ONU (4-5 ottobre 2007) e soprattutto nel discorso tenuto da Benedetto XVI nella visita a quella Organizzazione del 18 aprile 2008.

Il Santo Padre, come i predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo II, da quella Sede si è posto in dialogo con tutte le Nazioni del mondo. Nei principi fondativi dell’Organizzazione, ha riconosciuto temi che la Chiesa cattolica e la Santa Sede seguono con interesse. Le questioni di sicurezza, gli obiettivi di sviluppo, la riduzione di ineguaglianze locali e globali, e la tutela dell’ambiente, delle risorse e del clima [15] richiedono l’azione congiunta di tutti i responsabili internazionali, la prontezza ad operare in buona fede, il rispetto della legge e la promozione della solidarietà: e ciò soprattutto in quelle parti del mondo, dove lo sviluppo è marginale e subisce gli effetti negativi di quella globalizzazione che, se non è umanizzata, reca sfruttamento anziché dignità e sviluppo. Il Papa ha richiamato la grave responsabilità di una ricerca scientifica e tecnologica che si traduca nella violazione dell’ordine della creazione e del carattere sacro della vita. [16]

La Santa Sede non può fare a meno di ergersi a baluardo contro ogni mortificazione della vita umana in ogni sua fase, della famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, della dignità e dello sviluppo integrale della persona, come Dio Creatore ha voluto fissarne ab aeterno l’origine, il corso e il compimento.

Cari amici, avendo riflettuto nella scia del magistero di Benedetto XVI sul grande affresco di cui parla l’invito a questo incontro, dobbiamo riconoscere che il pensiero e la parola del Pontefice possono essere incisivi solo grazie ad un reale e benevolo ascolto. Con la forza della parola di Cristo, il Papa pensa l’umanità, facendo eco ai suoi predecessori. E si rivolge alle Regioni segnate dal sangue versato, dal dolore e dalle lacrime, con una parola profetica, che rilancia con efficacia la Parola di Dio e suona così: “Conosco i progetti che ho fatto a vostro riguardo – dice il Signore – progetti di pace e non di sventura, per concedervi un futuro pieno di speranza” (Ger 29, 11). E’ questo futuro di pace e di speranza che ci auguriamo possa trasformare il mondo. Grazie!



[1] Cfr. Discorso di Sua Santità Benedetto XVI al Corpo diplomatico presso la Santa Sede, 9 gennaio 2006.
[2] Cfr. Discorsi di Sua Santità Benedetto XVI al Corpo diplomatico presso la Santa Sede, 8 gennaio 2007 e 7 gennaio 2008.
[3] Cfr. Discorso di Sua Santità Benedetto XVI al Corpo diplomatico presso la Santa Sede, 8 gennaio 2009.
[4] Cfr. Discorso di Sua Santità Benedetto XVI al Corpo diplomatico presso la Santa Sede, 11 gennaio 2010.
[5] Insegnamenti di Benedetto XVI, vol. II/2 (2006), pp. 843-845.
[6] Cfr. Discorso di Sua Santità Benedetto XVI al Corpo diplomatico presso la Santa Sede, 8 gennaio 2007.
[7] Cfr. Insegnamenti di Benedetto XVI, vol. IV/2 (2008), p. 621.
[8] Cfr. Discorso di Sua Santità Benedetto XVI al Corpo diplomatico presso la Santa Sede, 7 gennaio 2008.
[9] Cfr. Discorso di Sua Santità Benedetto XVI al Corpo diplomatico presso la Santa Sede, 8 gennaio 2009.
[10] Cfr. Discorso di Sua Santità Benedetto XVI al nuovo Ambasciatore di Turchia presso la Santa Sede, 7 gennaio 2010.
[11] Cfr. Discorso di Sua Santità Benedetto XVI al Corpo diplomatico presso la Santa Sede, 7 gennaio 2008.
[12] Cfr. Discorso di Sua Santità Benedetto XVI all’Assemblea generale dell’O.N.U., 18 aprile 2008.
[13] Cfr. Insegnamenti di Benedetto XVI, vol. IV/2 (2008), p. 622.
[14] Cfr. Discorso del Card. Tarcisio Bertone all’inaugurazione del Corso per Diplomatici della Pontificia Università Gregoriana, 7 maggio 2007.
[15] Messaggio della Giornata Mondiale della Pace 2010.
[16] Cfr. Discorso di Sua Santità Benedetto XVI all’Assemblea generale dell’O.N.U., 18 aprile 2008.

 

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