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CONGREGAZIONE PER LE CHIESE ORIENTALI

PAROLE DEL CARD. LEONARDO SANDRI
ALL'INCONTRO DI PREGHIERA PER I SACERDOTI ORIENTALI
IN OCCASIONE DELLA CHIUSURA DELL'ANNO SACERDOTALE

(Roma - S. Spirito in Sassia, 12 giugno 2010)

 

Carissimi confratelli nell’episcopato e nel sacerdozio,
carissimi seminaristi, 

rendo grazie a Dio Padre per il dono di Cristo e dello Spirito Santo in questo incontro di fraterna comunione nel Signore. Rendo grazie con le parole della Tuttasanta Madre di Dio: “magnificat anima mea Dominum”. E’ Lei a condividere il magnificat per il “dono e il mistero” del sacerdozio. E avvalora la supplica perché decidiamo ogni giorno di “lasciare tutto” per rincorrere solo Lui, portando la gloriosa salvifica e fulgente croce del Signore.

Carissimi fratelli, tutti saluto, anticipando la gioia dell’incontro con l’amato Santo Padre Benedetto XVI, che Cristo ha posto come Successore di Pietro a tessere nella Chiesa l’unità nella verità e nell’amore. Sull’esempio di Gesù, cari sacerdoti, anch’io vi chiamo: “amici”. Ho desiderato ardentemente di vedervi in questo pellegrinaggio a Roma. Vi ringrazio per la presenza e per la testimonianza generosa e silenziosa nel ministero. Ringrazio di tutto cuore i Superiori e gli alunni dei Pontifici Collegi Orientali in Urbe. Vi dico la stima profonda della Chiesa di Roma e della Chiesa universale per il patrimonio spirituale dell’Oriente cristiano. Le lingue e le tradizioni diverse trovano armonia nello Spirito Santo: anche in questo momento siete “visibile icona della Pentecoste” ed appello ad essere nella chiesa “un cuor solo e un’anima sola”. Il nostro Dio non annulla l’originalità, piuttosto accresce in tutti grazie ai singoli la gioia nello Spirito Santo, la fermezza nella proclamazione della fede, la fedeltà nella celebrazione dei santi misteri e la coerenza nella vita cristiana.

Come sapete, cari amici, la missione affidata dal Concilio Ecumenico Vaticano II alle chiese orientali cattoliche è quella di essere ponte di unità, specie con i fratelli delle altre chiese cristiane. In tal modo procederanno anche i rapporti interreligiosi e si compirà il progetto di Dio in Cristo, che ha voluto la chiesa quale “sacramento universale di salvezza, segno e strumento di unità per tutto il genere umano” (cf LG 1). La Congregazione vi accompagna nella irreversibile scelta ecumenica compiuta dal Concilio e sempre confermata da papa Benedetto XVI.

E’ ben nota l’importanza che l’Oriente assegna allo Spirito Santo. Perciò, ho scelto questa Chiesa, che ci fa sentire con la sua religiosa bellezza a Gerusalemme, nel Cenacolo con Maria Santissima, e la narrazione della Pentecoste contenuta negli Atti degli Apostoli per ispirare la nostra preghiera. Colmo di Spirito Santo il Cuore del Salvatore è divenuto per noi sorgente inesauribile della Divina Misericordia.

E’ proverbiale che dal sacerdote orientale si esiga di celebrare bene la liturgia. L’affermazione contiene una grande verità: il vostro affidamento allo Spirito di Cristo, operante massimamente nella Divina Liturgia. Secondo la proclamazione del profeta Isaia: Come la pioggia e la neve, scendono dal cielo e non vi ritornano, senza irrigare la terra, fecondarla e farla germogliare, […] così sarà la parola, che esce dalla mia bocca; non ritornerà a me senza aver […] compiuto ciò per cui l’ho inviata (55,10-11). Ecco il paradosso dell’amore di Dio: pane e vino diventano corpo e sangue perché la parola del ministro di Cristo è animata dallo Spirito Santo. Così avviene quando il sacerdote proclama prosciolto un fratello davanti a Dio da qualsiasi colpa. Così avviene in tutti i Santi Segni Sacramentali. Il sacerdote di Cristo è uomo dello Spirito, uomo della divina parola e della divina liturgia. Giovanni Crisostomo (Bocca d’Oro) lo illustra mirabilmente e vive in persona questa “unità di vita e di parola”. Fin da presbitero in Antiochia, predica opportune et inopportune; ma parla dopo aver taciuto per lunghi anni come monaco. Sfida l’imperatore e l’imperatrice, mettendo a repentaglio la vita. E ricorda alla chiesa di tutti i tempi che il sacerdozio è costantemente posto alla “prova della parola”. In effetti, messo alla prova lui stesso, dapprima fugge -così inizia il suo trattato sul sacerdozio- ma poi mostra il suo pentimento ed assume il dovere di governo della Chiesa. Sembra nostro contemporaneo quando dice che la ricerca del bene comune da parte del sacerdote supera quel bene che può raggiungere uno che si impegna per la giustizia sociale. Smaschera senza pietà le tentazioni che si insinuano anche nella nostra vita: le mancanze nella sequela sacerdotale di Cristo casto, povero, obbediente; la vanità e l’orgoglio; l’adulazione dei grandi e il disprezzo per i poveri.

Sottolinea l’eccellenza del sacerdozio in riferimento ai sacramenti. L’impegno con cui fa cacciare alcuni vescovi simoniaci, fa della sua parola “oro colato”. Tanto poté in Lui l’amore di Cristo e l’adesione alla santa Chiesa. Per questo anche oggi la divina liturgia di San Giovanni Crisostomo disarma il fedele e lo dispone all’unione mistica, a tal punto che egli non sa più se si trova già in cielo o ancora sulla terra. L’omelia appare talora mortificata proprio nel rito bizantino a causa della lunga liturgia. Ma essa dà il suo contributo all’accoglienza della parola, che diventa efficace perché “stagionata dal silenzio” e dalla rete mistica della ripetizione ad infinitum. L’omelia concepita come unità di vita e dottrina, di spiritualità e dogma è un’antica gloria dell’Oriente. Così risulta, ad esempio, nelle omelie di San Cirillo, Giovanni di Gerusalemme e del Crisostomo, insuperabili monumenti di teologia e oratoria. Potrebbe forse tornare ad essere, secondo l’intuizione orientale, una estensione del catecumenato, alla sequela dei Padri, senza tensione tra ecclesiologia battesimale ed eucaristica? L’Oriente ha la responsabilità di fare questa proposta “antica e nuova” ai sacerdoti: coniugare vita e dottrina alla prova dell’omelia e della liturgia. Se “questa lezione orientale” verrà accolta, grande sarà il profitto per l’intero popolo di Dio.

Nell’abside della Basilica Vaticana San Giovanni Crisostomo regge la Cattedra di Pietro, sotto la gloria del Bernini, insieme ai santi Atanasio, Ambrogio e Agostino. A questi padri orientali e latini, affido la preghiera perché Oriente e Occidente si incontrino spesso attorno al Successore di Pietro a bene dell’unità. Preghi per noi san Giovanni Maria Vianney col Servo di Dio Bechara Abou Mourad, religioso Basiliano Melchita del S.mo Salvatore, definito “il santo curato d’Ars dell’Oriente”. Chiediamo al Signore di rendere santi i suoi sacerdoti. Preghiamo per quelli che rischiano la vita anche oggi per il Vangelo: sentano la gioia di essere preti “in ogni tempo e in ogni luogo”! Imploriamo la pace per tutti i cuori, ma anche per i popoli e le chiese, cominciando dalla Terra santa e dall’Oriente. Preghiamo per le vostre comunità e le vostre famiglie, cari sacerdoti orientali, e per le vocazioni. Ricordiamo i confratelli tornati al Padre. Queste intenzioni affidiamo al salmo del Buon Pastore, che ora reciteremo insieme, unendo la preghiera di suffragio per il vescovo Luigi Padovese, vicario apostolico dell’Anatolia, che ci ha tragicamente lasciati. Il Signore è con noi, anche nella notte più cupa, e ci conduce ai pascoli della vita senza fine. Amen. 


 

 

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