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Massimario delle decisioni del Collegio di conciliazione e arbitrato

Bollettini n. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 13, 14, 15, 19


Bollettino N. 1 (periodo 1° marzo 1990 - 31 dicembre 1990) - Massime Collegio di conciliazione e arbitrato

Istanza n. 900005 - Afeltra Pres. ed Est.

Ricorso - Inammissibilità - Collegio - Mancanza difensore - art. 30 C.P.C.V. - Inosservanza legis.

Si ha inammissibilità del ricorso quando questo venga proposto avverso un provvedimento non impugnabile, ovvero fuori termine o senza l'osservanza delle forme di legge.

È obbligatorio a norma dell'art. 30 del Codice di rito Vaticano, che davanti ai giudici collegiali, come questo Collegio, le parti siano rappresentate a mezzo di avvocato. L'essere venuto meno a tale precetto nonostante una concessione di apposito termine significa aver proposto una domanda senza l'osservanza delle forme di legge.*
[Dep. 23.11.1990].

* In senso conforme, istanze nn. 900009, 900010, 900011, 900013, 900014, 900015, 900016, 900018, 900019, 900020, 900021.

Istanza n. 900006 - Afeltra Pres. - Persiani Est.

Rapporto di lavoro con la S. Sede - Nuova regolamentazione della procedura. Statuto ULSA - Innovazione sostanziale.

Conoscibilità del Collegio di conciliazione e arbitrato - Lesione di diritti ed interessi- - Emissione provvedimenti - Vigenza nuove norme.

Provvedimenti assunti anteriormente al 1° marzo.

Provvedimento reiterato - Riesame.

Lo Statuto dell'ULSA ha carattere assolutamente innovativo nella regolamentazione procedurale dei rapporti di lavoro con la Sede Apostolica e comporta la previsione di azioni, competenze e poteri che anteriormente a detto Statuto non erano previsti o erano diversamente disciplinati dall'ordinamento.

Lo Statuto dell'ULSA ha innovato anche sul piano sostanziale la posizione delle parti nel rapporto di lavoro, riconoscendo, in buona sostanza, diritti ed interessi giuridicamente rilevanti che, prima, potevano anche sussistere e sussistevano, ma che non avevano spessore e connotazioni comparabili con le attuali, difettando di tutela giurisdizionale.

Dal carattere assolutamente innovativo della nuova disciplina discende che i diritti e gli interessi che possono essere presi in considerazione dal Collegio di conciliazione e arbitrato sono esclusivamente quelli lesi da provvedimenti emessi sotto il vigore delle nuove norme.

I provvedimenti assunti anteriormente al 1° marzo 1989 non possono essere presi in considerazione.

Per « provvedimento reiterato » non può intendersi quello che costituisca una mera e stentorea ripetizione—o riproduzione—dello stesso provvedimento che già era stato a suo tempo assunto, come può accadere quando manchi un effettivo riesame della questione. Per « provvedimento reiterato» deve intendersi il provvedimento che, pur pervenendo alla stessa conclusione di quello assunto a suo tempo, sia applicativo di una diversa disciplina ovvero abbia riguardo ad una situazione di fatto che, nel frattempo, si è venuta modificando. Quanto meno, può parlarsi di « provvedimento reiterato», quando vi sia stato un effettivo riesame della vicenda anche se la motivazione con la quale è stata rigettata l'istanza del dipendente conferma quella che sorreggeva l'atto emanato a suo tempo. *
[Dep. 28.12.1990]
* In senso conforme, istanza n. 900017.

Istanza n. 900030 - Afeltra Pres. - Pessi Est.

Amministrazione - Comportamento - Obblighi.

Provvedimento di dispensa dal servizio - Obbligo comunicazione proposta all'interessato - Deduzioni dell'interessato.

Rilevanza sostanziale - Diritto di difesa del dipendente.

L'Amministrazione, pur non essendo obbligata al rispetto di un prefissato comportamento, può porre in essere tutta una gamma di altri comportamenti. Ma la relativa valutazione esula del tutto dalle competenze del Collegio, che deve soltanto limitarsi a dare atto della osservanza della normativa regolamentare da parte dell'Amministrazione convenuta.

Prima che la dispensa dal servizio sia pronunciata, l'Amministrazione ha l'obbligo di comunicare all'interessato la proposta con la relativa motivazione; tale obbligo è funzionale a consentire al dipendente di far pervenire le proprie deduzioni, cosicché il provvedimento di dispensa venga assunto avendo le Autorità preposte preso contezza delle ragioni delle due parti interessate.

Il vizio della mancata osservanza di quanto previsto dal Regolamento non è solo formale ma sostanziale perché attiene al diritto di difesa del dipendente che si vedrebbe esposto alle conseguenze di un provvedimento preso dall'Amministrazione, inaudita altera parte.
[Dep. 23.11.1990]

Istanza n. 900033 - Afeltra Pres. ed Est.

Ricorso - Inammissibilità - Improcedibilità - Rigetto.

Si ha inammissibilità del ricorso quando questo venga proposto avverso un provvedimento non impugnabile, ovvero fuori termine o senza l'osservanza delle forme di legge; si ha improcedibilità quando manchino le condizioni necessarie perché il ricorso, ritualmente proposto, abbia il suo ulteriore corso; si ha rigetto del ricorso nel caso, ad esempio, della mancanza di interesse a proporre il ricorso.
[Dep. 19.10.1990]

Istanza n.900046 - Afeltra Pres. - Pessi Est.

Rapporto preliminare di lavoro - Durata.

Il rapporto preliminare di lavoro può avere durata superiore all'anno, ponendosi, quanto a tale durata, l'unico limite nella ragionevolezza (così da potersi ritenere ragionevole anche un periodo più prolungato, a meno che lo stesso non si protragga sostanzialmente senza limite).*
[Dep. 23.11.1990]
* Massima di specie relativa a rapporto di lavoro preliminare previsto dal contratto in modo particolare (durata minima un anno).


Bollettino N. 2 (periodo 1° gennaio 1991 – 31 dicembre 1992) -Massime Collegio di conciliazione e arbitrato

Decisione n. 1/91 - Afeltra Pres. - Persiani Est.

Regole procedurali - Inequivocabilità - Equità in re ipsa.

Regole procedurali - Ambiguità - Rilevanza equità.

Il rispetto delle regole procedurali, quando queste sono state espressamente volute dal Legislatore che le ha dettate con disposizioni dal significato inequivocabile, non può contrastare con il soddisfacimento delle esigenze di giustizia e di equità. Quelle regole, infatti, sono poste a necessario presidio della regolarità e della correttezza dei comportamenti procedurali del Collegio e delle parti e, di conseguenza, sono strumentali alla realizzazione della giustizia, sia perché pongono limiti al potere del Collegio, sia perché sono poste a garanzia dei reciproci diritti delle parti.

L'equità può avere rilevanza nell'interpretazione di una norma procedurale che risulti ambigua, ma non può consentire la sua disapplicazione.*
[Dep 26.2.1991]
* In senso conforme, decisioni nn. 2/91,3/91,4/91

Decisione n. 6/91 - Afeltra Pres. - Persiani Est.

Assenza arbitraria legittimamente accertata - Condizione - Specifica contestazione.

Le assenze arbitrarie legittimamente accertate non possono che essere le assenze che siano state specificamente contestate, onde il lavoratore sia stato messo in grado di poter fornire adeguate e tempestive giustificazioni. Da un lato, si può parlare di assenza arbitraria solo in mancanza di giustificazioni adeguate e, dallÂ’altro lato, solo la previa contestazione rende legittimo il relativo accertamento.
[Dep. 7.3.1991]

Decisione n. 7/91 - Afeltra Pres. - Pessi Est.

Sistema inquadramentale - Disamina di controversie - Incompetenza del Collegio di conciliazione e arbitrato.

La tutela degli interessi dei ricorrenti alla soluzione di una controversia relativa al sistema inquadramentale non ha spazio in sede di procedimento di conciliazione e arbitrato, dovendo la stessa orientarsi piuttosto verso altri organi dellÂ’ULSA cui compete esaminare le problematiche attinenti l'intero sistema inquadramentale.
[Dep. 16.3.1991]

Decisione n. 8/91 - Afeltra Pres. - Corbellini Est.

Qualificazione silenzio Amministrazione ai sensi del can. 57 §§1, 2 CIC.

Decisione sui diritti soggettivi dedotti in giudizio - can. 57 § 3 CIC, can. 128 CIC, art. 11 5. lett. h) Statuto ULSA.

Il «silenzio» dell'Amministrazione se viene mantenuto oltre il terzo mese dalla richiesta (cfr. can. 57 § 1), si presume avere, a norma del can. 57 § 2, valore di risposta negativa in ordine all'eventuale proposta di ulteriore ricorso equivalendo, in base al prescritto del can. 57 §§ 1 e 2, il silenzio dell'Amministrazione — tenuto per un periodo di tre mesi — di fronte ad una richiesta del dipendente, ad una presunzione di risposta negativa.

Il Collegio ritiene di avere ogni diritto e potestà — in caso di accoglimento del ricorso — non solo di annullare, in tutto o in parte, il provvedimento impugnato, ma anche di decidere « sui diritti soggettivi dedotti in giudizio » (art. I1 5. lett. h). Ciò rifacendosi anche alla chiara disposizione del can. 57 § 3, secondo il quale « La presunta risposta negativa non esime la competente autorità dallÂ’obbligo di dare il decreto, e anzi di riparare il danno eventualmente causato, a norma del can. 128 ».
[Dep. 18. 3. 1991]
* In termini dec. n. 15/91 e, sostanzialmente conforme, dec. n. 9/91

Decisione n. 10/91 - Afeltra Pres. - Corbellini Est.

Contratto di lavoro « straordinario » - Art. 4 Regolamento Generale della Curia Romana del 1968 - Norme del 29.7.1971 - Applicabilità - R.D.L. italiano n. 1825 del 13.11.1924 - Inapplicabilità.

Per il contratto di lavoro « straordinario » è senz'altro da escludere il ricorso al R.D.L. italiano 13.11.1924 n. 1825, in quanto si tratta di materia espressamente disciplinata dal Regolamento Generale della Curia Romana del 22-2-1968 e dalle Norme del 29-7-1971, relative allo stato giuridico e al trattamento economico del personale straordinario assunto in base all'art. 4 del Regolamento Generale della Curia Romana, assunto cioè tramite contratto di lavoro « straordinario ».
[Dep. 8.7.1991]

Decisione n. 13/91 - Afeltra Pres - Persiani Est.

Equa retribuzione del servizio prestato - Provvedimento del Cardinale Segretario di Stato del 2 aprile 1985 - Rilevanza dell'art. 36 del Regolamento Generale della Curia Romana del 1968 - Condizioni - Svolgimento di fatto di mansioni superiori non formalmente assegnate, in situazioni contingenti e limitate nel tempo.

Irrilevanza dell'art. 36 del Regolamento Generale della Curia Romana del 1968 - Condizioni - Formale assegnazione di mansioni superiori - Affidamento non provvisorio.

Alla luce dei principi desumibili dal provvedimento del Cardinale Segretario di Stato del 2 aprile 1985 di riordino e di uniforme armonizzazione del sistema retributivo, inspirato al desiderio di tener conto « nella migliore misura possibile delle oggettive esigenze di un'equa retribuzione del servizio prestato », il principio di solidarietà, sotteso alla disposizione dell'art. 36 del Regolamento Generale della Curia Romana del 1968, può rilevare nel caso di svolgimento di fatto di mansioni superiori, in presenza di situazioni contingenti (quali l'assenza o l'impedimento dei colleghi) e per esigenze di servizio quando queste siano limitate nel tempo.

Questa disposizione non può, invece, trovare applicazione quando le mansioni superiori siano state formalmente assegnate ed effettivamente svolte per un lasso di tempo che, per la sua durata, induce a presumere che, in realtà, non si volle un affidamento provvisorio. In tali casi, infatti, si deve presumere che la volontà dell'Amministrazione fosse soltanto quella di escludere un affidamento definitivo delle mansioni superiori alla quale ha fatto riscontro un incarico non temporaneo né provvisorio, idoneo, di per sé, a realizzare la soddisfazione di esigenze obiettive.
[Dep. 9.7.1991]

Decisione n. 14/91 - Afeltra Pres. - Persiani Est.

Servizio fuori ruolo - Disciplina applicabile.

La disciplina applicabile al servizio fuori ruolo, per l'epoca in cui esso fu svolto (1943-1947), è quella dettata dalle disposizioni del Cardinale Segretario di Stato di cui al provvedimento del 18 giugno 1977 (n. 305.981), peraltro sostanzialmente confermate con quelle successive del 23 aprile 1981 (60816/A).*
[Dep. 9.7.1991]
* Decisione di specie.

Decisione n. 17/91 - Afeltra Pres. - Pessi Est.

Lavoro subordinato - Configurabilità - Insussistenza.

Dalla documentazione proposta si evince la insussistenza di una obbligazione del Ricorrente a prestare una attività lavorativa ad esecuzione continuata, qualificata dalla soggezione al potere direttivo, nellÂ’integrale composizione di tutto o parte dei suoi elementi, nonché al potere modificativo dellÂ’Amministrazione. La fattispecie astratta del lavoro subordinato va individuata non soltanto in base ad un'analisi dei connotati qualificanti la c. d. prestazione principale, ma di entrambe le prestazioni delle parti in concorso tra di loro, in ragione della constatazione che nel contratto di lavoro subordinato nessuna delle due prestazioni si pone come amorfa rispetto alla caratterizzazione della fattispecie.
[Dep. 16.7.1991]

Decisione n 18/91 - Afeltra Pres. - Sandulli Est.

Procedimento attribuzione assegni familiari - Accertamento ulteriore - Insindacabilità.

Nella fase di adeguamento amministrativo del procedimento di attribuzione degli assegni familiari, non è sindacabile l'introduzione di ulteriori elementi di accertamento della condizione di carico familiare, volti a verificare che lÂ’aspirante, titolare del diritto, provvede al mantenimento del familiare senza il determinante concorso di altri congiunti e, nel caso specifico, dellÂ’altro coniuge; né è sindacabile che, il relativo potere, si concreti nella richiesta della documentazione fiscale relativa all'altro coniuge.
[Dep. 17 8.1991]

Decisione 20/91 - Afeltra Pres. - Pessi Est.

Rinuncia - Irrilevanza - Mancata accettazione.

Se non vi è stata accettazione della rinuncia, essa diviene irrilevante ai fini della causa e la procedura continua.
[Dep. 17.8.1991]

Decisione n. 21/91 - Afeltra Pres. ed Est.

Ristrutturazione generale retribuzioni - Innovazioni - Aspettative - Non equiparabilità a diritti.

Quando si procede ad una ristrutturazione generale delle retribuzioni, adottando criteri e tecniche innovative, possono essere lese le aspettative dei dipendenti ma tali aspettative non possono essere equiparate a diritti.
[Dep. 30.9.91 ]

Decisione n. 23/91 - Afeltra Pres. - Sandulli Est.

Istanza tardiva - Inammissibilità ricorso.

La tardività della presentazione dell'istanza rispetto al termine di 20 giorni di cui allÂ’art. 11 punto 4 dello Statuto dellÂ’ULSA, considerata la rigorosità di tutte le norme procedurali e quindi anche di quelle che regolano la introduzione del ricorso, costituisce motivo di inammissibilità.
[Dep. 8.10.1991]

Decisione n. 24/91 - Afeltra Pres. - Pessi Est.

Valorizzazione del tentativo di conciliazione - Assenza del ricorrente - Reiterata convocazione della parte.

Ripetuta regolare convocazione della parte - Mancata presentazione - Continuazione della procedura.

Il Collegio valorizza il momento conciliativo [art. 11 n. 5 lettera d)] al di fuori ed antecedentemente a qualsiasi attività decisionale, ivi compresa quella relativa alle eventuali eccezioni preliminari pur se attinenti alla giurisdizione.

Il mancato tentativo di conciliazione, per la mancata presentazione di una parte reiteratamente invitata a comparire, non può paralizzare la procedura in quanto proprio la mancata presentazione della parte (espressamente invitata per esperire il tentativo di conciliazione) appare indizio certo della volontà di non conciliare o comunque di non partecipare al tentativo stesso.
[Dep. 19.10.1991]

Decisione n 25/91 - Afeltra Pres. - Pessi Est.

Mezzi di prova - Mancata indicazione - Documenti - Mancata allegazione - Prova testimoniale - Mancata articolazione - Inammissibilità insanabile del ricorso.

Poteri istruttori del Collegio - Attivabilità - Inizio prova legittima.

La mancata indicazione dei mezzi di prova, la mancata allegazione di documenti, la mancata articolazione della prova testimoniale e dei nomi dei testimoni sono tutte circostanze idonee a determinare lÂ’inammissibilità del ricorso. Né tali carenze del ricorso introduttivo possono essere sanate ex post nell'istanza al Direttore Generale ex art. 11 n. 4 dello Statuto dell'ULSA.

È chiaro che in senso contrario non può valere il richiamarsi agli ampi poteri istruttori del Collegio perché, per un verso, il Collegio non può sostituirsi alle parti, per l'altro, i poteri istruttori possono essere attivati a fronte almeno di un inizio di prova legittimamente offerto, non certo a fronte di semplici affermazioni scritte o verbali.
[Dep. 19.10.1991]

 

Decisione n. 26/91 - Afeltra Pres. - Pessi Est.

Azione - Ammissibilità previa domanda adverso provvedimento amministrativo.

Esperibilità dell'attuazione forzosa della prestazione lavorativa - Suo ambito.

Esborso delle retribuzioni - Mancata prestazione lavorativa - Perdita economica causata all'Amministrazione - Danni da inadempimento - Connessione rapporto di lavoro - Ricorso regolarmente presentato - Competenza del Collegio.

Il giudizio può essere iniziato solo quando il soggetto ritenga leso un suo diritto da un provvedimento amministrativo contro il quale è atto prodromico necessario una domanda da parte dellÂ’interessato. Ne consegue che è irrilevante il silenzio dell'Amministrazione determinato dalla omissione di detta domanda.

L'esperibilità dell'attuazione forzosa della prestazione lavorativa incontra un limite invalicabile nella tutela della libertà del datore di lavoro che non può essere costretto ad un facere.

L'esborso per lungo periodo delle retribuzioni senza ricezione della prestazione deciso dal preposto del datore di lavoro in luogo della riassunzione, ben potrebbe costituire, ove non giustificato, motivo di azione di responsabilità verso il preposto stesso per la perdita economica causata all'Amministrazione.

Il Collegio è competente a decidere su un provvedimento relativo ad una istanza per danni da inadempimento da obbligazione connessa al rapporto di lavoro qualora lÂ’istanza specifichi le ragioni in fatto ed in diritto poste alla base della medesima articolazione tempestiva e corretta dei mezzi di prova.
[Dep. 12.11.1991]

Decisione n 30/91 - Afeltra Pres. - Sandulli Est.

Servizio militare - Aspettativa - Mancanza di previsione legislativa - Peculiarità dell'Ordinamento Vaticano.

Nessuna disposizione, né del Regolamento della Tipografia Vaticana del 1912 né del Regolamento della Curia del 1951, contempla una aspettativa a salvaguardia del rapporto di lavoro a causa del servizio militare. Nè può dirsi che si ponga come principio generale quello per cui debba salvaguardarsi il rapporto di lavoro per tale causa di impedimento della prestazione; invero, l'Ordinamento Vaticano è estraneo del tutto, ed in particolare sotto questo specifico profilo, a qualsiasi altro ordinamento statale. Solo sullo Stato di appartenenza possono gravare gli effetti e le conseguenze, eventualmente negative, derivanti dallÂ’adempimento di un dovere pubblico del lavoratore verso il proprio Stato. È conferma di questa impostazione la circostanza che la norma eccezionale di sospensione e conservazione del rapporto per servizio militare di leva, già vigente per il personale del Governatorato, sia ora stata soppressa anche per detto personale, tant'è che nel successivo Regolamento generale per il personale di ruolo dipendente dallo Stato della Città del Vaticano del 1° luglio 1969 (Decreto n. LII), il congedo illimitato è indicato fra i requisiti dellÂ’assunzione.
[Dep 16.12 1991]

Decisione n. 31/91 - Afeltra Pres. - Sandulli Est.

Revoca - Atto ed effetti - Intangibilità - Carenza di giurisdizione.

A dichiarare la giurisdizione di questo Collegio in ordine ad un preteso erroneo inquadramento avvenuto nel 1985 non può valere la circostanza che, in ipotesi, gli effetti dell'atto del quale si chiede la revoca si proiettino ancora ad oggi: vale infatti la considerazione che la carenza di giurisdizione comporta la intangibilità dellÂ’atto e di tutti gli effetti conseguenti, anche se ancora in via di verificazione.
[Dep 16.12.1991]

Decisione n. 32/91 - Afeltra Pres. - Pessi Est.

Liquidazione - Prestazione previdenziale.

Obbligazioni contributive - Carattere di strumentalità e non di corrispettività.

Nell'ordinamento giuridico della Santa Sede la liquidazione non è una retribuzione indiretta e/o differita, bensì una prestazione previdenziale.

Le obbligazioni contributive non hanno alcun nesso di corrispettività rispetto alle prestazioni previdenziali che vengono erogate ai dipendenti; il solo nesso che lega le obbligazioni contributive e le prestazioni previdenziali è un nesso di strumentalità in quanto le prime concorrono, insieme con il primario intervento della Sede Apostolica, a reperire i mezzi necessari al finanziamento delle seconde.
[Dep. 16.12.91]

Decisione n. 1/92 - Afeltra Pres. ed Est.

Tentativo di conciliazione - Mancata reiterata presentazione di una parte - Indizio non conciliazione.

Il mancato tentativo di conciliazione, per la mancata presentazione di una parte reiteratamente invitata a comparire, non può paralizzare la trattazione del ricorso in quanto proprio la mancata presentazione della parte (cui sia stato ripetuto lÂ’invito per esperire il predetto tentativo) appare indizio certo della volontà di non conciliare o comunque di non partecipare al tentativo stesso.*
[Dep. 20.2.1992]
* In senso conforme, dec. n. 24/91.

Decisione n. 2/92 - Afeltra Pres. ed Est.

Individuazione del petitum e della causa petendi - Ammissibilità del ricorso.

L'inammissibilità del ricorso introduttivo ex art. 10 n. 4 dello Statuto ULSA deve dichiararsi quando si possa riscontrare che, per la mancata indicazione dellÂ’oggetto della domanda o per la mancata esposizione degli elementi di fatto o delle ragioni di diritto su cui si fonda la domanda stessa, non sia possibile, attraverso lÂ’esame complessivo dell'atto, effettuabile anche d'ufficio da parte del Collegio, individuare il petitum e la causa petendi.
[Dep. 20.2.1992]

Decisione n. 3/92 - Afeltra Pres. - Martin Est.

Assenza malattia - Dovere del dipendente di informativa loci.

Il dovere del dipendente è di assicurarsi che l'Ufficio del Personale sia in possesso di documentazione precisa che lo renda in grado di identificare autonomamente, e senza dover interpellare terzi, il posto in cui si trova esso dipendente assente per motivi di malattia.
[Dep. 28.2.1992]

Decisione n. 4/92 - Afeltra Pres. - Persiani Est.

Prosecuzione rapporto di lavoro fino a 40 anni di contribuzione e mancato godimento pensione INPS - Ambito della legislazione applicabile.

A norma del vigente art. 87 del Regolamento Generale delle Tipografie Vaticane del 1975, modificato con nota della Segreteria di Stato del 26 marzo 1982 prot. n. 86904/A, i dipendenti delle predette Tipografie iscritti allÂ’INPS hanno titolo per chiedere il prolungamento del rapporto di lavoro oltre il 60° anno di età, solo ove non abbiano ancora raggiunto i 40 anni di contribuzione e non godano già di una pensione INPS. La portata di tale disciplina non può ritenersi essere stata modificata dalla legge italiana n. 407 del 1990; ed infatti questa legge, con la disposizione contenuta nel suo art. 6, non disciplina il regime previdenziale che, a sua volta, costituisce oggetto esclusivo della Convenzione del 6 giugno 1956 stipulata dal Governatorato e dall'INPS, ma disciplina i rapporti di lavoro, nella misura in cui pone un limite al potere di recesso del datore di lavoro nei confronti del dipendente che abbia esercitato la relativa facoltà di opzione. Come tale, e per questi aspetti, la disposizione della legge italiana non è idonea ad incidere sulla disciplina dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle varie Amministrazioni della Santa Sede, ancorché questi, per effetto del vigente regime convenzionale, siano iscritti allÂ’INPS .
[Dep. 3.3.1992]

Decisione n. 7/92 - Afeltra Pres. ed Est.

Richiesta interpretazione normativa - Rilevanza silenzio.

Il silenzio posto in essere dallÂ’Amministrazione, in seguito alla richiesta del dipendente (o pensionato) di interpretazione positiva o negativa della normativa invocata, ha pieno valore sostitutivo dellÂ’atto deliberativo per cui il dipendente (o pensionato) è senz'altro legittimato a ricorrere.
[Dep. 29.5.1992]

Decisione n. 8/92 - Afeltra Pres. - Pessi Est.

Potere di proposta in materia disciplinare - Non delegabilità.

Il potere di proposta del Direttore in materia disciplinare è potere non delegabile in assoluto e, comunque, certo non delegabile ad una delle due parti di un episodio che è oggetto del provvedimento disciplinare stesso.
[Dep. 30.6.1992]

Decisione n. 9/92 - Afeltra Pres ed Est.

Errore di fatto - Configurabilità.

Esonero dall'impiego - Scarso rendimento - Contestazione generica – Non ammissibilità.

L'errore di fatto, deducibile ai fini della revocazione della sentenza ex art. 414 n. 5 c.p.c.v., consiste in una falsa percezione della realtà, in una svista obiettivamente ed immediatamente rilevabile, che abbia portato ad affermare o supporre l'esistenza di un fatto decisivo, incontestabilmente escluso dagli atti e documenti, ovvero l'inesistenza di un fatto decisivo, che, dagli stessi atti e documenti risulti positivamente accertato. Pertanto non è configurabile l'errore revocatorio per i vizi della sentenza che investano direttamente la formulazione del giudizio sul piano logico—giuridico, come pure nel caso in cui essi attengano all'interpretazione della domanda, conosciuta compiutamente in ogni suo elemento. Pertanto l'errore di fatto:

a) non può consistere in un preteso inesatto apprezzamento delle risultanze acquisite agli atti poiché in tali ipotesi si è in presenza di un errore di giudizio; b) non può fondarsi nellÂ’apprezzamento in senso difforme a quello preteso da una delle parti di uno o più punti della causa formante oggetto di contestazione; c) non può riscontrarsi in quello derivante dalla valutazione delle predette risultanze che, risolvendosi in un error in iudicando, esorbita in ogni caso dallÂ’ambito dellÂ’impugnazione revocatoria.

La formula, volutamente generica, della disposizione di cui allÂ’art. 89 del Regolamento Generale per il personale dello Stato della Città del Vaticano del 1969 (relativo allÂ’esonero dallÂ’impiego) non autorizza ad una contestazione altrettanto generica, perché il Legislatore si è preoccupato attraverso la suddetta formula di abbracciare ogni ipotesi possibile di scarso rendimento o di mancanza di capacità professionale. Ond'è che la chiave di volta della disposizione è racchiusa nellÂ’avverbio «quando» che nel suo più comune significato di « ogni qual volta » impone allÂ’interprete di verificare se ed in quale occasione il dipendente abbia dimostrato di essere inadatto alle funzioni assegnategli o non abbia offerto un rendimento accettabile.
[Dep. 6.7.1992]

Decisione n. 10/92 - Afeltra Pres. - Pessi Est.

Compito Collegio di conciliazione e arbitrato - Potere interpretativo delle leggi e non creativo.

Il Collegio di conciliazione e arbitrato non può sconfinare dal compito esclusivamente interpretativo delle leggi, che gli è proprio, a quello creativo delle stesse, che è riservato al Legislatore.
[Dep. 20.7. 1992]

Decisione n. 12/92 - Afeltra Pres. - Pessi Est.

Risposta Amministrazione a richiesta benevolentiae - Provvedimento impugnabile ai sensi dello Statuto ULSA - Non configurabilità.

Non è possibile qualificare come «provvedimento» la risposta inviata dall'Amministrazione a seguito di una istanza di chi, cosciente di non aver situazioni giuridiche attive da poter vantare o attivare, si affida alla benevolenza di chi presiede la stessa Amministrazione sperando in un accoglimento delle sue richieste. La cortese risposta negativa non può pertanto configurarsi in sé come un provvedimento e, comunque, in ogni caso (ove se ne volesse forzare la stessa nozione) certo non come un provvedimento impugnabile ai sensi dello Statuto ULSA.
[Dep. 20.10.1992]

Decisione n. 13/92 - Afeltra Pres. ed Est.

Azione revocatoria e restitutio in integrum - Diversità campo di azione - Scopo comune di evitare ingiustizia.

Azione revocatoria - Electa una via non datur recursus ad alteram.

L'azione revocatoria e la restitutio in integrum sono azioni omologhe con un ben determinato campo di riferimento perché predisposta l'una (can. 1645 C.I.C) quale ultima spiaggia per la tutela dei diritti sostantivi (qualche commentatore canonista parla di « infrazione di leggi materiali ») e lÂ’altra (art. 414 c.p.c.v.) quale ultimo specifico rimedio processuale. Scopo comune di entrambe è quello di evitare lÂ’ingiustizia di una decisione, ma diverge il campo di azione considerato dal Legislatore e che viene a supportare la tutela apportata dalle due predette azioni. Se l'ingiustizia della decisione trovi la sua base nel fatto che il giudice non abbia esplorato lÂ’intero spettro delle norme (le già cennate « leggi materiali ») che potevano riguardare la fattispecie, si verserà nellÂ’ipotesi di cui al can. 1645 n. 4 C.I.C.; se, al contrario, la predetta ingiustizia è conseguente ad una palese carenza di attività del giudice nellÂ’esame e nell'interpretazione degli atti e documenti di causa, allora trova applicazione lÂ’art. 414 n. 5 c.p.c.v.

Lo scopo (eliminare la pretesa « ingiustizia ») perseguito dai due istituti è identico però esso va raggiunto, ove ne ricorrano tutti gli elementi prefigurati dal Legislatore, per vie assolutamente diverse (violazione di leggi sostanziali lÂ’una, e di leggi processuali lÂ’altra) per cui la scelta di una delle due azioni preclude irreversibilmente quella della seconda.
[Dep. 21.12.1992]


Bollettino N. 3 (periodo 1° gennaio 1993 – 31 dicembre 1993) -Massime Collegio di conciliazione e arbitrato

Decisione n. 1/93 - Afeltra Pres. - Pessi Est.

Disciplina regolamentare - Inderogabilità - Efficacia sostitutiva automatica - Non sussistono.

Disciplina regolamentare - Derogabilità - Possibilità di disposizioni particolari per determinati servizi.

Attività lavorativa - Mansioni di attesa e custodia - Orari normali diversificati.

La disciplina regolamentare (art. 41 Reg. Gen. per il personale di ruolo dipendente dallo Stato della Città del Vaticano) non contiene in sé caratteristiche di inderogabilità tali da determinare l'invalidità di un contratto speciale; né è dotata di efficacia sostitutiva automatica tale da provocare la sostituzione delle clausole difformi.

La disciplina regolamentare predetta è tanto più derogabile nella misura in cui al suo interno l'art. 41 contiene il principio della possibilità di disposizioni particolari per i dipendenti addetti a determinati servizi di speciale natura e per il personale ausiliario.

Per le mansioni di attesa e custodia in tutti gli ordinamenti, sia sul piano legislativo che contrattuale, sono stati identificati orari normali diversificati rispetto a quelli previsti per le attività lavorative c.d. normali, cioè quelle che richiedono una prestazione di facere in via continuativa.
[Dep. 30.06.1993]

Decisione n. 2/93 - Afeltra Pres. ed Est.

Eccezione difetto legittimazione passiva - Va sollevata dalla parte nella prima difesa - Esame d'ufficio.

Istanza all'APSA per richiesta di superiore livello - Nuovo Regolamento Generale Curia Romana - Validità istanza presentata in limine vigenza precedente Regolamento.

L'eccezione di carenza di legittimazione passiva deve essere sollevata nella comparsa di costituzione e non in udienza; ma trattandosi di eccezione relativa alla regolare costituzione del contraddittorio, la stessa va esaminata d'ufficio. a norma del § 2 dello stesso art. 234 c.p.c.v. e conseguentemente decisa.

Poiché il nuovo Regolamento è entrato in vigore il 7.6.1992, tutte le istanze presentate fino al 6 giugno 1992 devono ritenersi validamente presentate allÂ’APSA anche se una parte dei 90 giorni relativi al silenzio-rigetto si fosse compiuta nella piena vigenza della normativa regolamentare del 1992, e ciò per il principio, universalmente riconosciuto dell'ultrattività della norma precedentemente vigente.
[Dep. 13.07.1993]

Decisione n. 3/93 - Afeltra Pres. ed Est.

Congregazione Evangelizzazione dei Popoli - PP.00.MM. – Autonomia PP.00.MM. - Enti morali e pubblici.

Congregazione Evangelizzazione dei Popoli - Potere tutorio su PP.00.MM.

PP.00.MM. - Non rientrano tra gli Organismi previsti dallo Statuto ULSA - Difetto giurisdizione.

Pur rimanendo in stretta correlazione con la Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, le PP.00.MM. conservano la loro piena autonomia e sono rette da propri Statuti. In ordine alla personalità giuridica delle Pontificie Opere Missionarie deve affermarsi che esse sono enti morali e pubblici del tutto autonomi nella loro sfera di attività e sottoposti al controllo di un organo centrale che è la Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli. Perciò hanno tutte un proprio nome, un proprio fine specifico e un particolare Statuto. Tutti i documenti non contengono un atto formale di erezione delle PP.00.MM. a persone giuridiche canoniche e non vi è in essi alcuna prova di un rapporto organico delle predette Opere con la Santa Sede analogo a quello proprio dei Dicasteri della Curia Romana.

Le predette PP.OO.MM. non sono parte del Dicastero per l'Evangelizzazione dei Popoli, ma solo «strumenti » e, pertanto, il Dicastero non le gestisce direttamente ma esercita su di esse esclusivamente il potere tutorio avendo le stesse una propria autonomia istituzionale che deriva dalle loro norme statutarie. In correlazione a detta autonomia i dipendenti delle PP.00.MM. non hanno un rapporto di lavoro equiparabile a quello di coloro che lavorano alle dipendenze degli enti gestiti amministrativamente in modo diretto dalla Santa Sede.

Alla luce della analitica prescrizione normativa di cui all'art. 2 dello Statuto dell'ULSA deve concludersi che questo Collegio difetta nel modo più assoluto di giurisdizione nelle controversie come la presente in cui il lavoro viene prestato in favore di Organismi (nella specie le PP.00.MM.) aventi piena autonomia rispetto ai Dicasteri della Curia Romana ed allo Stato della Città del Vaticano e che non sono gestiti amministrativamente in modo diretto dalla Sede Apostolica; organismi che, pertanto, non rientrano tra quelli specificatamente indicati nella norma sopra richiamata.
[Dep. 19.07.1993]

Decisione n. 4/93 - Afeltra Pres. ed Est.

Termine per presentazione istanza di trasmissione atti al Collegio di conciliazione e arbitrato - Decadenza.

Giurisdizione Collegio di conciliazione e arbitrato - Giurisdizione diretta e sussidiaria.

Eccezione difetto giurisdizione - Onus probandi - A chi spetta.

Collegio Urbano VIII - Fa parte della Sacra Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli.

Collegio Urbano VIII - Non ha autonomia amministrativa.

Il termine di cui all'art. 11 n. 4 dello Statuto dell' ULSA è, senza ombra di dubbio, di decadenza.

La norma di cui all'art. 2 dello Statuto dell'ULSA ha chiaramente una duplice area di applicazione: una diretta, che non abbisogna di indagini circa la gestione amministrativa e che riguarda il lavoro prestato alle dipendenze della Curia Romana, dello Stato della Città del Vaticano e della Radio Vaticana; ed una sussidiaria relativa agli Organismi od Enti, presenti e futuri, non rientranti nella prima area, e per i quali la giurisdizione può essere affermata solo se si dimostra che gli stessi sono gestiti amministrativamente « in modo diretto » dalla Sede Apostolica.

Ove il convenuto che ha proposto l'eccezione di difetto di giurisdizione non assolva all'onere a lui incombente (cfr. sia l'art. 81 C.P.C. V. e sia il canone 1526 del C.l.C. che detta che « onus probandi incumbit ei qui asserit ») di dimostrare la fondatezza di quanto da lui asserito, l'eccezione medesima deve essere rigettata.

Il Collegio Urbano VIII ha sempre, nel corso dei secoli, ed anche al presente, fatto parte della Sacra Congregazione De Propaganda Fide, ora Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli.

A conferma di quanto sin qui detto va riferito che nel Chirografo del 17 aprile 1973 S.S. Paolo VI non fa alcun richiamo specifico al Collegio Urbano proprio perchè, evidentemente, è a pieno titolo rappresentato in tutto e per tutto dalla Congregazione stessa.

Il Collegio Urbano non ha mai avuto alcuna autonomia amministrativa, quantomeno nell'ultimo mezzo secolo, perché alla sua gestione ha sempre provveduto, a quanto risulta, la Congregazione né questÂ’ultima si è preoccupata di fornire la prova del contrario.
[Dep. 19.07.1993]

Decisione n. 6/93 - Afeltra. Pres. - Persiani Est.

Radio Vaticana - Autonomia amministrativa - Incompetenza del Segretario Generale del Governatorato ad emettere provvedimenti relativi alla Radio.

Indennizzo infortunio o malattia professionale - Diritto protetto – Criteri determinazione dell'indennizzo.

Infortunio - Rischio generico e rischio specifico.

In conseguenza della autonomia amministrativa riconosciuta alla Radio Vaticana dal gennaio 1986, con conseguente « scorporazione dal Governatorato», la determinazione del Segretario Generale del detto Governatorato non può essere considerata come un provvedimento, essendo stata assunta da un soggetto che, in quel momento, non aveva competenza a decidere. Né può essere considerata provvedimento la nota del Direttore della Radio Vaticana perché il suo tenore, che è di trasmissione di quella del Governatorato, non consente di considerarla come espressione di quell'autonoma volontà che è elemento costitutivo del provvedimento.

La deliberazione della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano del 21 giugno 1977 che prevede un « indennizzo proporzionato allÂ’entità della menomazione, totale o parziale, subita dal dipendente a seguito di infortunio o malattia professionale » e stabilisce che tale indennizzo deve essere determinato in « misura analoga a quella stabilita per i pubblici dipendenti in Italia» contiene due distinti precetti: l'uno relativo al diritto protetto e l'altro attinente ai criteri di determinazione dell'indennizzo. Il primo attiene all'individuazione dell'evento che costituisce la fattispecie dal verificarsi della quale deriva il diritto del dipendente all'indennizzo ed è designato con l'espressione « infortunio o malattia professionale ». Con il secondo sono individuati i criteri di determinazione in concreto dell' indennizzo facendo rinvio a quelli stabiliti per i pubblici dipendenti in Italia.

Il rischio generico al quale sono esposti tutti coloro che percorrono pubbliche vie non può giustificare la specifica tutela prevista per l'infortunio professionale, in quanto quella tutela attiene tradizionalmente al rischio specifico qual'è quello al quale il lavoratore è esposto dallo svolgimento di un'attività lavorativa.
[Dep. 14.10.1993]

Decisione n. 7/93 - Afeltra Pres. ed Est.

Equa retribuzione - Deve essere proporzionata al tipo di lavoro effettivamente svolto.

Esercizio mansioni superiori - Non comporta assegnazione della corrispondente qualifica.

Esercizio mansioni superiori nel biennio previsto dalle «Disposizioni comuni» - È espressione della collaborazione del dipendente.

Affidamento mansioni superiori oltre il biennio- Diritto del dipendente alla retribuzione corrispondente.

Affidamento mansioni superiori oltre il biennio—Presunzione idoneità del dipendente a svolgere dette mansioni.

A seguito della disposizione normativa contenuta nella nota della Segreteria di Stato del 2 aprile 1985 n. 143.255/A e delle conseguenti note del 18 giugno 1985 n. 143.286/A e del 14 dicembre 1985 n. 163.127/A che contiene le « Disposizioni comuni per l'inquadramento del personale dipendente dalle varie Amministrazioni della Santa Sede » trova precisa applicazione il principio generale dellÂ’equa retribuzione del servizio prestato secondo il quale la retribuzione deve essere proporzionata al tipo di lavoro svolto.

L'effettivo esercizio delle mansioni superiori, proprio per effetto della disposizione di cui allÂ’art. 28 del Regolamento, non può dar luogo, secondo il diritto vigente, alla assegnazione della qualifica, intesa anche come definitiva acquisizione del corrispondente livello retributivo.

Lo svolgimento delle mansioni superiori durante il periodo di due anni cui accenna lÂ’art.3 delle « Disposizioni comuni » può essere considerato espressione della necessaria collaborazione del dipendente per sopperire a quelle che sogliono essere indicate come esigenze di servizio.

II periodo di tempo durante il quale le esigenze di servizio legittimano il ricorso alla fedeltà collaborativa del dipendente può essere considerato, in assenza di altra norma, il periodo massimo di due anni consentito dallÂ’Amministrazione, per effetto delle già più volte ricordate disposizioni del Cardinale Segretario di Stato. Il superamento del biennio pone in essere una continuità di adibizione che, per essere l'esatto contrario della temporaneità, rende da quel momento illegittimo, da parte dell'Amministrazione, lÂ’affidamento delle mansioni superiori senza contropartite. Il prolungamento oltre il biennio produce un arricchimento ingiustificato del datore di lavoro e, perciò, determina lÂ’obbligo di integrare la retribuzione del dipendente nella misura corrispondente alla qualità del lavoro effettivamente prestato.

Il superamento del biennio fa necessariamente presumere che l'Amministrazione abbia ponderatamente valutato lÂ’idoneità del dipendente a svolgere adeguatamente le mansioni superiori, onde il suo diritto alla relativa retribuzione. *
[Dep. 12 1 1 .1993]
* Vd. anche dec. n. 9/93

Decisione n. 8/93 - Areltra Pres. - Persiani Est.

Istanza trasmissione atti al Collegio di conciliazione e arbitrato - Non deve avere un contenuto particolare.

Istanza trasmissione atti al Collegio di conciliazione e arbitratoÂÂ—È sufficiente risulti la volontà del dipendente di adire il Collegio.

Né l'art. 11 n. 4 dello Statuto né lÂ’art. 10 delle Norme di Attuazione richiedono che l'istanza di trasmissione degli atti al Collegio debba avere un contenuto particolare come, invece, l'art. 10, n. 3 e lÂ’art. 1 delle Norme di Attuazione richiedono abbia il ricorso al Direttore Generale.

Per investire il Collegio della controversia, e cioè per passare dalla fase esclusivamente conciliativa a quella anche giurisdizionale, è necessario soltanto un atto dal quale risulti inequivocabilmente che tale è la volontà del dipendente.
[Dep. 25.11.1993]

Decisione n. 9/93 - Afeltra Pres. - Pessi Est.

Disposizioni Cardinale Segretario di Stato - Poteri dell'Amministrazione nella gestione del personale - Obbligo di applicazione delle disposizioni.

Disposizioni del Cardinale Segretario di Stato - Non possono essere derogate.

Assenza di normativa interna dell'Amministrazione in ordine all'applicazione del sistema dei livelli - Norme regolamentari e disposizioni della Segreteria di Stato - Poteri interpretativi del Collegio.

Mansioni superiori - Art. 28 (Reg. Gen. per il personale di ruolo dipendente dallo Stato della Città del Vaticano) attiene alla attribuzione della qualifica mentre le «Disposizioni» regolano la giusta retribuzione.

Mansioni superiori - Art. 3 « Disposizioni comuni » - Periodo massimo di prestazione senza diritto a retribuzione.

I documenti esecutivi e le disposizioni del Cardinale Segretario di Stato non tolgono all'Amministrazione i poteri che gli sono propri nella gestione del suo personale. Ma neanche l'Amministrazione può ritenersi dispensata dal dare applicazione giuridica, secondo le forme appropriate, delle « disposizioni normative » risultanti dai documenti esecutivi del Cardinale Segretario di Stato.

La mancanza di una applicazione, con normativa interna dell'Amministrazione, dei documenti esecutivi del Cardinale Segretario di Stato non può essere giustificata ritenendo le Superiori norme non applicabili, o subordinate alle norme contenute nei Regolamenti precedenti.

In assenza di una normativa interna della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano circa lÂ’applicazione del sistema dei livelli è compito di questo Collegio interpretare la normativa nel suo complesso per delineare un quadro sistematico idoneo a raccordare le superiori norme emanate dalla Segreteria di Stato con le vigenti normative regolamentari.

Mentre l'art. 28 disciplina l'ipotesi di attribuzione formale della qualifica, la regola di cui alla disposizione normativa 2 aprile 1985 disciplina l'ipotesi del corrispettivo da attribuire per lo svolgimento delle mansioni superiori.

In assenza di una norma interna per la Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano ed in presenza di un principio generale secondo cui la retribuzione deve essere proporzionata al tipo di lavoro svolto, è ragionevole utilizzare il periodo temporale di cui allÂ’art. 3 «Disposizioni comuni » per identificare il periodo massimo di assegnazione a mansioni superiori senza l'erogazione della retribuzione corrispondente.
[Dep. 13.12.1993]

Decisione n. 10/93 - Afeltra Pres. - Pessi Est.

Statuto ULSA - Fonte di riferimento dell'attività del Collegio - Ricorso all'analogia - Insussistenza.

Collegio di conciliazione e arbitrato—Composizione.

Ordinanza 3.11.I992 della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano non è atto di valenza indefinita.

Provvedimento emanato dal Cardinale Presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano—Dovere di comunicazione da parte del Delegato Speciale.

Lo Statuto dell'ULSA, stante l'Altissima e Suprema Autorità da cui proviene, è la fonte dí riferimento propria dell'attività del Collegio, così che la dove lo stesso provvede con assoluta chiarezza non è dato neppure immaginare il ricorso a fonti diverse e ancor meno all'analogia.

Sul punto della composizione del Collegio, l'art. 11 n. 1 dello Statuto è chiarissimo: esiste una ed una sola composizione del Collegio, quella di tre Membri.

Sotto nessun profilo l'ordinanza 3.11.1992 della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano può essere definita « atto di valenza indefinita » trattandosi di Delibera assunta e resa pubblica dal Collegio che è preposto al governo della Città del Vaticano e che delibera su materie di sua esclusiva competenza.

Nel caso di provvedimento assunto dal Cardinale Presidente, in nome della Pontificia Commissione e su sua espressa autorizzazione conferita nella sessione plenaria della stessa, il Delegato Speciale non solo può, ma deve ai sensi dellÂ’art. 96 del Regolamento comunicare ed eseguire il provvedimento.
[Dep. 13.12.1993]

Decisione n. 12/93 - Afeltra Pres. ed Est.

Ricorso al Direttore Generale ed istanza trasmissione atti al Collegio - Sostanziale diversità di forma e contenuto.

Istanza trasmissione atti al Collegio - Non deve avere particolare contenuto - Deve soltanto risultare la volontà del dipendente di investire il Collegio.

Provvedimento reiterato - Riesame.

Né l'art. 11, n. 4 dello Statuto né l'art. 10 delle Norme di Attuazione richiedono che l'istanza di trasmissione degli atti al Collegio debba avere un contenuto particolare come, invece, I'art. 10. n. 3 e 1'art. 1 delle Norme di Attuazione prescrivono abbia il ricorso al Direttore Generale.

Si deve, perciò, ritenere - e non è senza significato che il Legislatore abbia usato il termine « istanza » e non quello di « ricorso » - che, per investire il Collegio della controversia, e cioè per passare dalla fase esclusivamente conciliativa a quella anche giurisdizionale, sia necessario soltanto un atto dal quale risulti inequivocabilmente che tale è la volontà del dipendente.

Per « provvedimento reiterato » deve intendersi il provvedimento che, pur pervenendo alla stessa conclusione di quello assunto a suo tempo, sia applicativo di una diversa disciplina ovvero abbia riguardo ad una situazione di fatto che, nel frattempo, si è venuta modificando oppure quando vi sia stato un effettivo riesame della vicenda anche se la motivazione con la quale è stata rigettata l'istanza del dipendente conferma quella che sorreggeva 1'atto emanato a suo tempo.
[Dep. 22.12.1993]


Bollettino N. 4 (periodo 1° gennaio 1994 - 31 dicembre 1995)- Massime Collegio di conciliazione e arbitrato

Decisione n. 1/94 - Afeltra Pres., Pessi Est.

Presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano - Competenza emissione provvedimenti disciplinari - Ordinanza della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano N. CXCV del 3.11.1992 - Violazione art. 93 del Regolamento generale per il personale di ruolo dipendente dallo Stato della Città del Vaticano - Insussistenza.

Allontanamento dal servizio - Art. 96 Regolamento generale per il personale di ruolo dipendente dallo Stato della Città del Vaticano - Provvedimento autonomo - Insussistenza.

Posizione gerarchica del dipendente – Rilevanza della gravità dell'indisciplina e dell'insubordinazione.

Il provvedimento disciplinare di sospensione dall'Ufficio assunto dal Presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano, in quanto a ciò autorizzato dall'ordinanza della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano N. CXCV del 3.11.1992, non viola l'art. 93 del Regolamento generale per il personale di ruolo dipendente dallo Stato della Città del Vaticano che attribuisce alla competenza della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano le deliberazioni relative alle sanzioni disciplinari. Tale competenza può essere, infatti, legittimamente delegata in tutti i casi in cui la delega non sia stata espressamente vietata dal legislatore.*

L'art. 95 del Regolamento generale per il personale di ruolo dipendente dallo Stato della Città del Vaticano non prevede un autonomo provvedimento di allontanamento dal servizio bensì prevede che la sospensione cautelare sia automatica quando gli addebiti siano di tale gravità da comportare, ove accertati, la sanzione disciplinare della sospensione.**

La posizione gerarchica ricoperta dal ricorrente (Capo Reparto) costituisce aggravante dei comportamenti di indisciplina e di insubordinazione.
[Dep. 3. 05.1994]
* In senso conforme, dec. 2/94, dec 3/94, nei termini dec. 10/93.
** In senso conforme dec. 2/94.

Decisione n. 2/94 - Afeltra Pres., Pessi Est.

Malattia - Accertamento dell'organo sanitario ufficiale e potere di controllo da parte dell'Amministrazione --Sussistenza.

Malattia - Obbligo del dipendente di collaborare per una sollecita guarigione.

Malattia - Reperibilità - Riferimento alle prescrizioni mediche - Assenza arbitraria.

L'accertamento eseguito dall'organo sanitario ufficiale dell'esistenza di uno stato morboso non esclude il potere dell'Amministrazione di controllare l'esattezza della diagnosi e l'evolversi della patologia.

Dal rapporto di lavoro discende un obbligo di collaborazione del dipendente che comprende anche quello di seguire tutte le prescrizioni mediche al fine di consentire la sollecita guarigione.

Il contenuto dell'obbligo di reperibilità deve essere determinato in funzione della prescrizione del medico curante e, soltanto se rispettato, resta esclusa la configurabilità di un'assenza arbitraria.
[Dep. 3. 05.1994]

Decisione n. 3/94 - Afeltra Pres., Pessi Est.

Identità di posizione con altri dipendenti nella violazione di divieti - Rilevanza della volontà - Formale disobbedienza - Artt. 81, 82 b) del Regolamento generale per il personale di ruolo dipendente dallo Stato della Città del Vaticano.

Il comportamento posto in essere dal dipendente, nella piena identità di posizione con alcuni altri dipendenti e consistente nella volontaria violazione di un divieto divenuto tassativo, costituisce formale disobbedienza e legittima l'adozione del provvedimento disciplinare della riduzione temporanea della retribuzione ex artt. 81, 82 b) del Regolamento generale per il personale di ruolo dipendente dallo Stato della Città del Vaticano.
[Dep. 5.05.1994]
* In termini dec. n. 1/94

Decisione n. 4/94 - Afeltra Pres. ed Est

Ammissibilità del ricorso - Sussistenza degli elementi dell'atto introduttivo - Possibilità di deduzione degli elementi - Art. 1 delle Norme di attuazione degli artt. 10 e 11 dello Statuto ULSA.

Ammissibilità del ricorso - Riserva di prova - Condizioni.

Applicabilità Regolamento Generale della Curia Romana - Personale accertato dipendente dalla Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli.

Ai fini dell'ammissibilità del ricorso, è sufficiente che gli elementi dell'atto introduttivo richiesti dall'art. 1 delle Norme di attuazione degli artt. 10 e 11 dello Statuto dell'ULSA siano deducibili in sede di interpretazione dell'atto, ancorché risultino implicitamente e indirettamente.

La riserva di formulare istanze istruttorie, condizionata alla posizione che sarà assunta da controparte, non costituisce violazione delle regole del contraddittorio e non comporta, pertanto, inammissibilità del ricorso.

Al personale di cui sia stata accertata la dipendenza dalla Congregazione per L'Evangelizzazione dei Popoli trovano applicazione le disposizioni del Regolamento Generale della Curia Romana.*
[Dep. 17.05.1994]
* Vd. anche dec. n. 4/93.

Decisione n. 5/94 - Afeltra Pres., Sandulli Est.

Identificazione della normativa applicabile - Prevalenza della norma speciale sulla norma generale - Permanenza in servizio oltre l'età di collocamento a riposo - Art. 32 Regolamento dei Fossori della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra del 1979 - Nota della Segreteria di Stato del 6 giugno 1983 N. 109.804/A.

Requisiti per la domanda ex art. 32 del Regolamento del Fossori del 1979.

Condizioni per la recezione della normativa italiana.

Mancata conoscenza del Regolamento applicabile - Irrilevanza.

Carattere stagionale dell'attività - Legittimità delle interruzioni del rapporto di lavoro e della contribuzione.

Ai Fossori iscritti all'INPS, dipendenti dalla Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, è applicabile l'art. 32 dello speciale Regolamento del 1979 che prevede la facoltà di permanere in servizio oltre l'età di collocamento a riposo e non già la normativa generale relativa ai dipendenti delle Amministrazioni della Santa Sede (Nota della Segreteria di Stato del 6 giugno 1983, N. 109. 804/A), in quanto la norma speciale, ancorché precedente, prevale su quella generale.

La domanda volta ad ottenere il proseguimento del servizio oltre l'età di collocamento a riposo, prevista dall'art. 32 del Regolamento dei Fossori, per essere efficace deve esprimere con chiarezza l'intento di avvalersi di tale facoltà.

La recezione di disposizioni proprie dell'ordinamento italiano, è consentita solo in presenza di un espresso rinvio.

Pur nella complessità che caratterizza, nell'ordinamento vaticano, il sistema di produzione normativa, il regolamento dettato per una particolare categoria costituisce fonte della disciplina del rapporto di lavoro, indipendentemente dalla conoscenza che di esso abbia il dipendente.

Il carattere stagionale dell'attività lavorativa rende legittime le interruzioni lavorative e contributive.
[Dep 19.05 1994]

Decisione n. 6/94 - Afeltra Pres., Pessi Est.

Estinzione del rapporto di lavoro - Richiesta di riammissione in servizio - Decadenza per decorso dei termini di presentazione del ricorso all'ULSA.

L'ordinamento giuridico vaticano non prevede un diritto soggettivo, e nemmeno un interesse legittimo, ad essere riammesso in servizio quando il dipendente licenziato sia decaduto, per decorso dei termini, dal diritto di impugnare, con ricorso all'ULSA, il provvedimento che ha determinato l'estinzione del suo rapporto di lavoro.
[Dep. 25.06.1994]

Decisione n. 7/94 - Afeltra Pres. ed Est.

Dispensa dal servizio - art. 58 RGCR - Condizioni - Adibizione ad altri compiti - Onere della prova.

L'accertamento della possibilità di adibire il dipendente ad altri compiti costituisce, ai sensi dell'art. 58 § 1 RGCR, presupposto necessario del provvedimento di dispensa dal servizio. L'Amministrazione, nell'assumere tale provvedimento, deve, pertanto, dare atto che tale accertamento è stato eseguito con esito negativo e, cioè, deve dare atto che non sussistono altri compiti ai quali sarebbe stato possibile destinare il dipendente.
[Dep. 5.07.1994]

Decisione n. 8/94 - Afeltra Pres. ed Est.

Decisione definitiva - Riforma decisione interlocutoria - Impossibilità artt. 192, 332 C.P.C.

Inammissibilità del ricorso - Tipicità.

Atto prodromico - Provvedimento - Non configurabilità.

Avanzamento livello funzionale-retributivo - Non automaticità - Condizione.

Domanda giudiziale - Implicazioni.

Mansioni superiori - Limiti temporali - Previsione art. 33 RGCR - Condizioni - Illegittimità.

Le statuizioni contenute in una decisione interlocutoria (non definitiva o parziale) possono essere riformate od annullate solo in sede di impugnazione della decisione definitiva e non anche modificate o revocate con quest'ultima. La decisione interlocutoria, infatti, è tale soltanto perché non decide l'intera controversia, mentre, per le questioni decise, comporta l'esaurimento dei poteri decisori. Ne consegue che, nella prosecuzione del giudizio, non possono più essere riesaminate le questioni già risolte con la decisione interlocutoria.

Le ipotesi di inammissibilità del ricorso sono specificamente previste dalla normativa e, in sede di interpretazione, non ne possono essere individuate altre.

Il provvedimento della Segreteria di Stato che reca il nulla osta di cui all'art. 22, § 2 del RGCR non può essere considerato un « provvedimento » ma il prodromo di esso.

Nei Regolamenti della Curia (art. 20 di quello del 1968 ed art. 22 di quello del 1992) la progressione di carriera è sempre stata subordinata alla « vacanza » del posto di livello superiore, non essendo prevista la progressione automatica di carriera.

Il giudice, nel valutare l'estensione della domanda, deve avere riguardo alla sostanza della pretesa e non può tralasciare di pronunciare anche sulle domande che, ancorché non esplicitamente formulate, risultano comprese nel complesso delle deduzioni e richieste dalla parte, siccome in esse implicito o virtualmente contenute. La domanda giudiziale comprende non soltanto ciò che viene espressamente enunciato nel petitum, ma anche ogni altro provvedimento che ne sia logica premessa o conseguenza.

E' illegittimo adibire il dipendente a mansioni superiori oltre il termine di cui all'art. 33 RGCR.
[Dep. 18.07.1994]

Decisione n. 9/94 - Afeltra Pres. ed Est.

Legittimazione dell'intervento del terzo - Condizioni.

Non è consentito, ai sensi dell'art. 15 C.P.C., l'intervento adesivo del terzo quando quest'ultimo non si limiti a sostenere le ragioni della parte adiuvata, ma propone domanda autonoma (nel caso di specie, i familiari del dipendente avevano chiesto il risarcimento dei danni subiti dalla famiglia a ragione della non adeguatezza del trattamento retributivo).

Dalla violazione delle norme che disciplinano la retribuzione non consegue un danno giuridicamente tutelabile per i familiari del dipendente essendo soltanto quest'ultimo titolare del diritto alla giusta retribuzione ed essendo soltanto lui legittimato ad agire per il soddisfacimento del diritto alla retribuzione adeguata.
[Dep. 21.07.1994]

Decisione n. 10/94 - Afeltra Pres., Persiani Est.

Comportamenti di fatto - Irrilevanza - art. 26.3 del Regolamento Pensioni - Diniego scritto.

Evento lesivo - Elementi concorrenti - Mancata individuazione - Unicità della causa - Insussistenza.

Assegnazione mansioni - Declassamento/punizione - Condizione - Prova.

L'art. 26 n. 3 del Regolamento Pensioni del 1992 il quale stabilisce che « Il trattamento pensionistico o il provvedimento che lo negasse, sono comunicati per iscritto agli interessati » non consente di dedurre l'esistenza di un provvedimento di diniego da meri comportamenti di fatto.

Per ritenere che lo svolgimento dell'attività lavorativa sia stata l'unica causa di un evento lesivo è necessaria l'individuazione degli elementi che hanno concorso a determinarlo.

Il carattere di « punizione » dell'assegnazione di altre mansioni, deve essere accertato, stante la ragionevole impossibilità di una prova storica, soltanto se ne è provata la verosimiglianza mediante prove critiche.
[Dep. 10.12.1994]

Decisione n. 11/94 - Afeltra Pres., Persiani Est.

Retribuzione corrispondente alle mansioni - Condizioni. Effetti sul trattamento pensionistico - Irrilevanza - Artt. 8.1, 11 del Regolamento Pensioni del 1992.

Mancanza di mansionario - Criterio analogico - Accertamento mansioni.

Il diritto del dipendente alla retribuzione corrispondente alle mansioni superiori al livello di inquadramento che siano state effettivamente e continuativamente svolte oltre il periodo temporale previsto dalla normativa,* non comprende il diritto alla promozione né tantomeno il diritto a continuare a svolgere definitivamente le mansioni superiori.

Quel diritto non incide altresì sulla misura del trattamento pensionistico sia per la temporaneità della maggiorazione dello stipendio, sia perché le mansioni superiori cessano comunque nel momento in cui il dipendente è posto in quiescenza. Del resto, dal combinato disposto degli artt. 8.1 ed 11, lett. a) del Regolamento Pensioni del 1992, risulta che il primo componente della retribuzione è costituito dallo stipendio base « come da livello », restando esclusa di conseguenza ogni rilevanza di eventuali variazioni temporanee della retribuzione.

L'assenza di un mansionario non impedisce di tener conto delle funzioni effettivamente esercitate quando risulti che esse siano previste in mansionari di altre Amministrazioni in cui vi siano uffici di identica struttura.
[Dep. 28.12.1994]
* In senso conforme decisioni nn. 13/91, 7/93, 9/93, 11/93, 8/94, 2/95.

Decisione n. 1/95 - Persiani Pres. ed Est.

Ricongiungimento servizio prestato fuori ruolo - Condizioni.

Natura del servizio prestato - Elementi sufficienti.

Le disposizioni che regolano il ricongiungimento dei servizi prestati fuori ruolo (Nota del Cardinale Segretario di Stato del 18 giugno 1977, n. 305981; Nota del Cardinale Segretario di Stato 23 aprile 1981, n. 60.816/A; Norme per il riscatto degli anni di servizio prestati fuori ruolo allegate alla nota del Cardinale Segretario di Stato del 28 ottobre 1993, n. 334.806/G.N.), sono applicabili soltanto se ricorrono contemporaneamente tutte le condizioni in esse previste e, cioè, che il servizio sia stato: regolare, a tempo pieno, continuativo e immediatamente precedente all'assunzione in ruolo.

L'accertamento del costante svolgimento di un servizio giornaliero non è sufficiente, in assenza di altri elementi probatori, a far ritenere che quel servizio sia stato anche a tempo pieno e che abbia comportato il costante assoggettamento a poteri direttivi ed al vincolo del rispetto di un orario di lavoro.
[Dep. 2.3.1995]

Decisione n. 2/95 - Persiani Pres., Pessi Est.

Determinazione liquidazione - Incidenza retribuzione - Condizioni.

Mansioni superiori - Criteri.

Le differenze retributive relative alle mansioni superiori effettivamente svolte non incidono sulla determinazione della liquidazione e del trattamento pensionistico (cfr. Decisione n. 11/94 massimata)*.

Al fine di accertare l'effettivo svolgimento di mansioni superiori devono essere utilizzati i criteri della prevalenza e della continuatività.
[Dep. 7.3.1995]
* In senso conforme dec. n. 3/95.

Decisione n. 4/95 - Persiani Pres., Pessi Est.

Disciplina applicabile - Limiti.

La disposizione emanata da una Amministrazione, volta a regolare fattispecie tipiche ad essa connessa, non vincola altra e diversa Amministrazione.
[Dep. 7.3.1995]

Decisione n. 5/95 - Persiani Pres., Carucci Est.

Dichiarazione di inammissibilità del Direttore Generale dell'ULSA - Inclusività incompetenza.

Contratto di appalto - Incompetenza ULSA - Art. 2 Statuto ULSA.

Per il combinato disposto dell'art. 2 n. 1 e n. 2 e dell'art. 10 n. 1 e n. 6 dello Statuto dell'ULSA, la valutazione di inammissibilità per difetto dei presupposti, demandata al Direttore Generale, ricomprende anche quella determinata dalla competenza.

Il ricorso che trae la sua causalità dal rapporto di lavoro del dipendente di un soggetto che ha stipulato un contratto di appalto di servizi con una Amministrazione Vaticana non rientra nella competenza dell'ULSA (art. 2, Statuto), non derivando da quel contratto obbligazioni nei confronti dell'Amministrazione appaltante.
[Dep. 7.3.1995]

Decisione n. 6/95 - Persiani Pres. ed Est.

Assenza arbitraria - Valutazione comportamento - Criterio.

Il dipendente malato ha l'obbligo di mettere l'Amministrazione in grado di esercitare effettivamente il controllo della sua malattia e, quindi, ha l'onere di provare di aver fatto il possibile per quel controllo.*

L'adempimento di tale obbligo costituisce anche criterio per valutare se l'assenza era arbitraria o no.
[Dep. 27.3.1995]
* In senso conforme decisioni nn. 3/92, 2/94.

Decisione n. 7/95 - Persiani Pres. ed Est.

Riscatto anni servizio prestato fuori ruolo - Legislazione applicabile.

Prescrizione - Decadenza.

La facoltà di riscatto degli anni di servizio prestati fuori ruolo deve essere esercitata entro un anno dalla data della entrata in vigore delle disposizioni che la prevedono (« Norme per il riscatto degli anni di servizio prestati fuori ruolo » dettate con il Rescritto ex Audientia Sanctissimi del 28 ottobre 1993, pubblicato negli Acta Apostolicae Sedis [AAS 85 (1993) 1265-1267]). Quelle disposizioni, però, non prevedono un termine iniziale per l'esercizio di tale facoltà, onde l'istanza, presentata in data precedente alla loro entrata in vigore, ma successiva al Rescritto che le approva, deve essere considerata valida dichiarazione di voler esercitare quella facoltà.

Nella domanda di riscatto l'indicazione della disciplina applicabile non è requisito, né di forma né di sostanza, previsto dall'ordinamento per la validità e l'efficacia della domanda stessa (nella specie è stata invocata una disciplina diversa da quella che già era stata emanata e che sarebbe entrata in vigore successivamente).

E' da disattendere l'eccezione di intervenuta prescrizione del diritto a chiedere il riscatto in quanto le Norme del 28 ottobre 1993 non solo prevedono una nuova disciplina della materia che si sostituisce a quella precedente, ma stabiliscono esclusivamente una decadenza della facoltà di chiedere il riscatto.
[Dep. 20.5.1995]

Decisione n. 8/95 - Persiani Pres. ed Est.

Legittimazione passiva. Irrilevanza della transazione - Difetto di forma.

L'assistenza nella gestione di un rapporto di lavoro prestata da una Congregazione ad un Ente, avente personalità giuridica propria, non comporta la sostituzione della Congregazione nella tipica posizione di datore di lavoro che è propria ed esclusiva di quell'Ente. Né la legittimazione passiva della Congregazione può derivare dalla circostanza che questa abbia preso parte a una trattativa per la ricerca di una soluzione transattiva posto che questa non è stata realizzata o, se pure lo fosse stata, il negozio sarebbe nullo per difetto di forma (art. 1314 c.c.).
[Dep. 20.5.1995]

Decisione n. 9/95 - Pessi Pres. ed Est.

Mansioni corrispondenti al livello inquadramentale inferiore - Effetti e limiti.

L'assegnazione a mansioni corrispondenti a livello di inquadramento inferiore a quello attribuito al dipendente non può dar luogo alla perdita di quest'ultimo e del diritto alla corrispondente retribuzione.

Lo svolgimento di dette mansioni non assume rilevanza, ai fini della reintegrazione nelle mansioni del livello proprio del dipendente, se non quando si sia protratto ininterrottamente per oltre due anni e, cioè, di un periodo che può essere considerato, in assenza di altra norma, il periodo massimo durante il quale è consentito all'Amministrazione esigere legittimamente la particolare collaborazione che si esprime nella rinuncia a svolgere le mansioni proprie (argomenta a contrario art. 3 delle « Disposizioni comuni » del 14 dicembre 1995 n. 163. 127/A).
[Dep. 30.5.1995]

Decisione n. 10/95 - Pessi Pres., Sandulli Est.

Provvedimento amministrativo - Elementi individuativi.

Nota informativa - Carattere.

Di « nuovo » provvedimento può parlarsi quando esista una « nuova » volontà o una volontà reiterata. Quest'ultima, per essere tale, deve esprimere qualcosa di più che una valutazione sulla congruità degli effetti derivanti da un precedente provvedimento. Non costituisce, pertanto, nuovo provvedimento quello che si limita a dare atto che non è stata modificata la disciplina vigente nel momento in cui è stato emanato il precedente provvedimento.

Il carattere meramente informativo di un documento redatto ad uso interno all'Amministrazione, con esclusione di ogni intento ed effetto deliberativo, non è modificato per effetto della circostanza che quel documento sia stato esteriorizzato.
[Dep. 6.6.1995]

Decisione n. 11/95 - Persiani Pres. ed Est.

Art. 91, lettera e) del Regolamento Generale per il personale di ruolo dipendente dallo Stato della Città del Vaticano del 1969 - Sentenza di patteggiamento (ordinamento italiano) - Rilevanza.

Servizio alla Sede Apostolica - Caratteristiche.

Il presupposto per il licenziamento previsto dalla lettera e) dell'art. 91 del Regolamento Generale per il personale di ruolo dipendente dallo Stato della Città del Vaticano del 1969 (« Il licenziamento è inflitto al dipendente: a (...) e) per qualsiasi condanna penale passata in giudicato, che renda l'impiegato indegno o immeritevole della necessaria fiducia ») si verifica anche in caso di sentenza del giudice italiano che tragga fondamento nel patteggiamento anche se, nel relativo ordinamento, tale sentenza non fosse considerata di condanna in senso stretto.

Il patteggiamento implica, infatti, l'accertamento, con le garanzie giurisdizionali, ed anzi l'ammissione dell'imputato assistita dalle stesse garanzie, di un fatto che costituisce reato in relazione al quale deve essere applicata, ed è applicata, una pena anche se ridotta e sospesa, rinunciando l'imputato stesso alla presunzione di innocenza. Di conseguenza la sentenza emessa a seguito di patteggiamento è equiparata alla sentenza di condanna, se non altro ai fini della necessaria valutazione « dell'indegnità e della immeritevolezza di fiducia ».

A chi opera in Vaticano è richiesta una condotta personale specchiata e socialmente corretta e, comunque, di serietà e di coscienziosità tali da escludere costantemente la stessa possibilità di eventuali coinvolgimenti in attività anche soltanto di tipo criminoso.

Le caratteristiche del servizio alla Sede Apostolica sussistono anche con riguardo alle mansioni più umili, anch'esse necessariamente ispirate, al pari delle più elevate, al perseguimento di fini ecclesiali.
[Dep. 6.6.1995]

Decisione n. 12/95 - Persiani Pres., Funghini Est.

Incompetenza ULSA - Art. 2.2 Statuto ULSA - Singolare contratto di lavoro o di prestazione d'opera.

Determinazione competenza ULSA - Effetti.

Il contratto di lavoro con i medici specialisti contemplato dall'art. 3 § 1 del Regolamento dei Medici della Direzione dei Servizi Sanitari del 1o luglio 1993 (« il trattamento giuridico - economico dei Medici Specialisti è disciplinato da specifico contratto a tempo indeterminato ») è « un singolare contratto di lavoro o di prestazione d'opera » di cui all'art. 2.2 dello Statuto ULSA e, quindi, esula dalla competenza dell'Ufficio.

La limitazione della competenza dell'ULSA non comporta una « differenziata tutela degli addetti alle attività della S. Sede », dovendosi prendere atto della varietà di rapporti di lavoro di cui sono parti i diversi Organismi o Enti dello Stato nonché delle differenti modalità di esecuzione o natura e trarne, secondo equità e giustizia, le necessarie conseguenze di ordine giuridico.
[Dep. 6.6.1995]

Decisione n. 13/95 - Pessi Pres., Carucci Est.

Istanza ex art. 10.3 dello Statuto ULSA - Tardività - Inammissibilità.

Art. 45.2 del R.G.C.R. - Atto unilaterale recettizio - Atto meramente potestativo.

Tentativo di conciliazione - Effettività - Condizioni.

L'istanza ex art. 10.3 dello Statuto ULSA, presentata oltre il termine previsto (30 giorni), è tardiva e, quindi, inammissibile.

Il provvedimento con il quale è disposta, ai sensi dell'art. 45.2 del R.G.C.R., la cessazione dei sacerdoti dal servizio presso la Sede Apostolica, data la sua peculiarità, ha carattere meramente potestativo ed unilaterale, anche se recettizio.

Il tentativo di conciliazione diviene « effettivo » nel momento in cui è stato esperito non essendo necessario che, a seguito del suo esperimento, si pervenga ad una conciliazione. A mente dello Statuto dell'ULSA, rientra nei doveri delle parti partecipare al tentativo di conciliazione, ma la trattativa, e quindi anche i risultati ai quali essa può pervenire, sono lasciati alla autonomia delle parti.
[Dep. 30.11.1995.]


Bollettino n. 5 (periodo 1° gennaio 1996 - 31 dicembre 1996) - Massime Collegio di conciliazione e arbitrato

Decisione n. 1/96 - Persiani Pres. ed Est.

Natura certificazione della Segreteria di Stato - Gestione amministrativa diretta o indiretta dalla Sede Apostolica - Art. 2.3 dello Statuto ULSA - Determinazione della competenza.

La certificazione del Cardinale Segretario di Stato che attesta un Organismo o un Ente fosse o no gestito amministrativamente in modo diretto o indiretto dalla Sede Apostolica è esclusiva ed insindacabile nonché direttamente determinativa della competenza dell'ULSA (art. 2.3 Statuto ULSA).
Tale competenza va determinata in relazione alla situazione di fatto esistente nel momento in cui viene esibito il ricorso.
[Dep. 17 aprile 1996]

Decisione n. 2/96 - Persiani Pres., Sandulli Est.

Giudizio - Deposito documenti - Regolarità - Condizioni.

Istruttoria - Inammissibilità della domanda - Irrilevanza della comparazione.

Nuove mansioni - Limiti.

Declaratoria – Concorrenza di mansioni - Aggiornamento - Obbligazione esplicita nel caso di specie.

L'onere delle parti di provvedere al deposito in cinque copie è specificamente previsto soltanto per l'atto introduttivo del giudizio e i documenti allegati (art. 10 delle Norme di attuazione degli artt. 10 e 11 dello Statuto dell'ULSA) nonché per le deduzioni e controdeduzioni (art. 13 delle Norme di attuazione degli artt. 10 e 11 dello Statuto dell'ULSA). Non è, invece, previsto per i documenti depositati nel corso del giudizio, onde ai fini della regolarità del deposito di questi è sufficiente la sua tempestività e che la controparte venga messa effettivamente nelle condizioni di prenderne visione.

Per l'accoglimento della domanda volta ad ottenere l'attribuzione di una qualifica superiore è irrilevante la comparazione con la posizione riconosciuta ad altri dipendenti sulla quale, quindi, non è consentito di dare prova per testi soprattutto se prospettata sulla base di indicazioni generiche.

Il potere dell'Amministrazione di adibire del personale allo svolgimento di nuove mansioni non incontra limiti allorché queste siano, ancorché non puntualmente corrispondenti, equivalenti a quelle originarie. (Nel caso di specie risultavano centrali e qualificanti in entrambe le posizioni quella precedente e quella alla quale il dipendente è stato destinato - le funzioni di controllo e di guida del personale subalterno).

Le mansioni, ricomprese nella declaratoria e concorrenti a definire una posizione, influiscono sull'attribuzione di quest'ultima a seconda della loro effettiva incidenza.
Quando, tra di esse, è ricompreso l'aggiornamento questo diviene oggetto di specifica obbligazione ed assume funzione qualificante della posizione. (Nel caso di specie il ricorrente ha dimostrato soltanto l'esistenza di mansioni dimidiate e mutile rispetto a quelle proprie della posizione pretesa).
[Dep. 20 maggio 1996]

Decisione n. 3/96 - Persiani Pres. ed Est.

Art. 6.4 Regolamento Pensioni dell'8 settembre 1992 - Caratteristiche - Natura polizza assicurativa ed indennità ex Art. 2 Regolamento Pensioni del 1963.

Ambito di discrezionalità riconosciuto all'Amministrazione - Assenza di disposizioni di attuazione della normativa.

Previsione riscatto nella polizza assicurativa - Carenza di finalità previdenziali.

Polizza assicurativa e pensione.

L'accensione di una polizza assicurativa ex art. 6.4 del Regolamento Pensioni del 1992 si pone su un piano completamente diverso rispetto a quello sul quale si pongono le altre tecniche previste dallo stesso articolo (la totalizzazione e l'eventuale trasferimento ad altro regime) in quanto non tende a utilizzare i periodi di contribuzione per conseguire un diritto a «pensione» nell'ambito di un regime previdenziale, ma garantisce soltanto una «rendita» e, cioè, un surrogato della «pensione» previdenziale.

L'accensione di quella polizza si pone sullo stesso piano dell'indennità prevista dagli artt. 2 e 8 del Regolamento Pensioni del 1963; costituendo soltanto una tecnica più raffinata ed efficace, posto che, garantendo una «rendita»; per quando sarà maturata una determinata età, assolve sicuramente ad una funzione previdenziale.
L'art. 6.4 del Regolamento Pensioni del 1992 non impone affatto che l'onere economico della polizza assicurativa debba essere, quanto meno, pari al complesso dei contributi versati o afferenti all'intero rapporto di lavoro né che quell'onere debba essere determinato facendo, in qualche modo, riferimento al costo derivante dall'eventuale operatività di un regime convenzionale per totalizzazione o da quello che sarebbe derivato dal trasferimento ad altro regime previdenziale.

In mancanza di disposizioni di attuazione di un Regolamento, residua all'Amministrazione convenuta una discrezionalità nel dare concreta applicazione a disposizioni che sono di principio e, quindi, non contengono una compiuta disciplina. (Nel caso di specie quella discrezionalità è stata, di fatto, esercitata correttamente con l'offerta di una polizza di assicurazione che garantisce al compimento del sessantacinquesimo anno di età, una «rendita» di importo corrispondente a quello della «pensione» che, se ne fossero maturati i requisiti, sarebbe stata erogata al momento in cui il ricorrente è cessato dal servizio).

La pretesa previsione nella polizza assicurativa della facoltà di riscatto contraddice con le finalità previdenziali che il Legislatore ha ritenuto di dover necessariamente e specificamente perseguire con il quarto comma dell'art. 6 del Regolamento Pensioni dell'8 settembre 1992, in quanto, consentendo all'interessato l'immediata percezione di una somma di danaro, rende soltanto eventuale la funzione previdenziale che è quella di garantire un sostegno economico per il momento in cui l'età riduce le possibilità di guadagno.

La polizza assicurativa ex art. 6.4 del Regolamento Pensioni del 1992, proprio perché stipulata nel presupposto che non è stato maturato diritto a «pensione» non può e non deve garantire un trattamento che abbia le stesse caratteristiche della «pensione». Se così fosse, sarebbe del tutto inutile la previsione legislativa di requisiti ai quali è subordinato il diritto a « pensione » e, comunque, la previsione di requisiti per aver diritto alla pensione « differita ». A maggior ragione, la polizza assicurativa non deve comportare una copertura maggiore e più estesa di quella garantita dal regime previdenziale in relazione al servizio effettivamente prestato. (Nel caso di specie, il ricorrente non avendo maturato cinque anni di servizio, non aveva diritto a copertura assicurativa per il caso di morte (cfr. primo comma dell'art. 15 del Regolamento Pensioni dell'8 settembre 1992)).
[Dep. 1 ottobre 1996]

Decisione n. 4/96 - Persiani Pres. ed Est.

Difesa delle parti davanti al Collegio di conciliazione e arbitrato dell'ULSA - Condizioni.

Comparizione personale - Costituzione a mezzo di Avvocato - Non alternatività.

Termine ex art. 10 n. 6, 4° comma dello Statuto dell'ULSA - Perentorietà.

Ai sensi del combinato disposto della lettera b) del n. 5 dell'art. 11 dello Statuto dell'ULSA e del quarto comma del n. 6 dell'art. 10 nonché di quanto disposto dall'art. 30 del Codice di Procedura Civile Vaticano, la difesa delle parti davanti al Collegio può essere assunta esclusivamente dagli iscritti all'Albo costituito a norma del Regolamento annesso allo Statuto dell'ULSA.

La comparizione personale del ricorrente prevista dalla lettera c, del n. 5 dell'art. 11 dello Statuto dell'ULSA non è alternativa alla costituzione a mezzo di avvocato abilitato ai sensi di legge anche perché il secondo comma dell'art. 30 del Codice di Procedura Civile Vaticano - direttamente applicabile alle procedure avanti il Collegio per effetto del rinvio contenuto nella disposizione della lettera b) del n. 5 dell'art. 11 dello Statuto dell'ULSA - prescrive l'assistenza di un avvocato anche quando la parte rivesta tale qualità.

Il termine di 30 giorni dalla data di presentazione del ricorso assegnato al Collegio per la pronuncia in camera di consiglio non consente rinvii (art. 10 n.6, 4° comma dello Statuto dell'ULSA).
[Dep. 9 ottobre 1996]

Decisione n. 5/96 - Pessi Pres. ed Est.

Art. 2. 2 Statuto ULSA - Singolari contratti di lavoro o prestazione d'opera Individuazione fattispecie.

Annullabilità d'ufficio di atti amministrativi invalidi - Limiti.

Al fine di delineare la nozione di «singolare contratto di lavoro», la lettura sistematica dell'art. 2, comma 2, dello Statuto dell'ULSA consente di ritenere che il Legislatore abbia voluto contrapporre i rapporti di lavoro disciplinati dai regolamenti e dalle tabelle organiche a quegli altri rapporti che fossero originati «da altri singolari contratti di lavoro»; viene, quindi, individuata una fattispecie a tratto generale, afferente al rapporto « tipo» con i singoli Organismi o Enti di cui al 1° comma dell'art. 2, rispetto a fattispecie residuali, aventi come connotato comune quello di originare rapporti di lavoro privi degli elementi qualificanti la tipicità di cui alla fattispecie a tratto generale. L'una e l'altra fattispecie originariamente diverse per natura, contenuto ed elementi qualificanti, così che il giudizio di sussunzione sillogistica della fattispecie concreta nella fattispecie astratta non consente un processo qualificatorio tale da comportare confusioni quanto alla disciplina normativa da assumere poi a riferimento.

In applicazione del principio della necessità di certezza delle situazioni giuridiche, non possono essere annullati d'ufficio gli atti che abbiano dispiegato in modo irreversibile i propri effetti per un periodo di tempo adeguatamente lungo. Nel caso di specie, a fronte di un vizio del procedimento di assunzione del ricorrente - seppur sussistente e quindi fosse tale da determinare l'annullabilità dell'assunzione - non ne ha determinato l'annullamento, mentre risulta che l'Amministrazione ha prestato «acquiescenza » al provvedimento invalido e ne ha, così, favorito la «convalescenza» confermata dalla costante applicazione del Regolamento come se il ricorrente fosse stato regolarmente assunto.
[Dep. 11 ottobre 1996]

Decisione n. 6/96 - Persiani Pres. ed Est.

Termine ex art. 10 dello Statuto dell'ULSA per presentare istanza Decadenza.

Inammissibilità istanza (art. 10.5 dello Statuto dell'ULSA) – Mancanza di indicazione del provvedimento lesivo.

Il termine per la presentazione dell'istanza è previsto dall'art. 10 dello Statuto dell'ULSA a pena di decadenza.

L'istanza, a pena di inammissibilità ai sensi dell'Art. 10 n. 5 dello Statuto dell'ULSA, deve contenere l'indicazione del provvedimento ritenuto lesivo di un diritto.
[Dep. 8 novembre 1996]

Decisione n. 7/96 - Persiani Pres. - Carucci Est.

Riserva mentale - Sanatoria decadenza - Irrilevanza.

Richiesta del ricorrente volta alla discrezionalità dell'Amministrazione Inidoneità a provocare un provvedimento amministrativo.

Atto dell'Amministrazione meramente ricognitivo e confermativo Inconfi-gurabilità - Provvedimento amministrativo.

Atto definitivo - Certezza del diritto.

Silenzio rigetto – Rilevanza – Condizione - Atto dovuto dell'Amministrazione.

La riserva mentale non può, come tale, rilevare sul piano del diritto ai fini di evitare una decadenza che non sopporta eccezioni di sorta e che può essere impedita soltanto con l'atto formale di impugnazione del provvedimento (art. 10.3 Statuto ULSA). (Nel caso di specie la irretrattabilità del provvedimento divenuto definitivo non poteva essere rimessa in discussione sulla base dell'assunto del ricorrente, secondo il quale, il suo comportamento acquiescente sarebbe stato determinato esclusivamente dall'affidamento nelle assicurazioni, di poi non mantenute, che in ogni caso gli sarebbe stata riconosciuta una determinata prestazione).

L'istanza del ricorrente, in quanto volta ad ottenere la riconsiderazione di una situazione giuridica oramai definita, è inidonea a provocare un provvedimento amministrativo e suona piuttosto come una petizione «rimessa» alla mera discrezionalità di chi su di essa è chiamato ad esprimersi.

La lettera dell'Amministrazione che si risolve, anche con riguardo alla sua motivazione, in un atto meramente ricognitivo ed espressamente confermativo di quello originariamente assunto (di cui ivi veniva ribadita la «tassatività»; l'«obbligatorietà» e l'«immediatezza» e, quindi, dichiarata l'impossibilità di «una sia pure parziale remissione o revoca») non dà luogo ad un nuovo ed autonomo provvedimento rispetto alla materia in esame.

Non ogni risposta dell'Amministrazione alle richieste dei propri dipendenti deve necessariamente integrare un « provvedimento » nel senso tecnico giuridico; a voler ritenere il contrario, verrebbe a cadere la garanzia fondamentale della certezza del diritto, e nessun fatto o atto giuridico potrebbe ritenersi mai veramente definito, una volta che si aprisse la possibilità di rimetterlo in discussione, sotto mero pretesto di una mancata risposta o di una risposta comunque non soddisfacente, a chi periodicamente torna a chiedere di esso conto e ragione o ne invoca, comunque, la revisione con una supplica.

Intanto si può parlare di silenzio-rigetto, in quanto tale comportamento dell'Amministrazione sia riferibile ad un « atto dovuto » e, quindi, ad un atto che, laddove è mancato, viene per legge considerato come provvedimento di rigetto.
[Dep. 29 novembre 1996]

Decisione n. 8/96 - Pessi Pres. ed Est.

Sanzioni disciplinari Art. 32, 2° comma del Regolamento per i dipendenti dell'Ufficio « Computisteria e Cassa » del Rev.mo Capitolo di San Pietro in Vaticano del 1972 - Individuazione competenza del Rev.mo Capitolo.

Procedimento amministrativo - Fase costitutiva incompleta - Annullabilità.

Legittimo esercizio del potere di rappresentanza - Condizioni.

Annullamento - Effetti.

L'Art. 32, 2 ° comma, del Regolamento per i dipendenti dell'Ufficio « Computisteria e cassa » del Rev.mo Capitolo di San Pietro in Vaticano che recita: « Le altre sanzioni disciplinari sono comminate con decisione della Camerlengale o, nei casi più gravi, del Rev.mo Capitolo su rapporto della Camerlengale »; consente di ritenere che i « casi più gravi » si riferiscano al licenziamento ed alla sospensione, laddove questa può essere disposta per un periodo superiore al mese o anche a tempo indeterminato e fino a revoca (cfr. art. 30 d).

Il provvedimento « finale » di licenziamento risulta viziato, ed è quindi annullabile, quando il procedimento amministrativo è incompleto nella sua fase costitutiva. (Nel caso di specie l'art. 32, 2° comma, del Regolamento applicabile richiede per il licenziamento un procedimento amministrativo costituito da due atti-provvedimento, la proposta della Camerlengale e la delibera Capitolare).

Non è in contestazione il potere del legale rappresentante dell'Amministrazione di intimare il licenziamento: viene, invece, contestato l'esercizio di tale potere in assenza di un previo provvedimento di licenziamento deliberato dall'organo collegiale competente.

L'illegittimità ed il conseguente annullamento del provvedimento di licenziamento non consentono che questo produca l'estinzione del rapporto di lavoro, con conseguente obbligo dell'Amministrazione convenuta di risarcire i danni subiti dal ricorrente per la mancata percezione del trattamento retributivo diretto ed indiretto, nonché per il depauperamento della sua posizione previdenziale, con gli interessi come per legge.
[Dep. 20 dicembre 1996]


Bollettino N. 6 (periodo 1° gennaio 1997 - 31 dicembre 1997) - Massime Collegio di conciliazione e arbitrato

Decisione n. 1/97 - Persiani Pres. ed Est.

Art. 11.5 b) Statuto ULSA - Spese di giudizio - Discrezionalità di valutazione equitativa nell'applicabilità del C.P.C. - Funzione attribuita all'ULSA (Cost. Pastor Bonus, adnexum n. II. 6).

Spese di giudizio - Non proporzionalità del risarcimento - Particolarità del procedimento davanti al Collegio di conciliazione e arbitrato dell'ULSA.

Applicazione analogica del C.P.C - Natura non giudiziaria del Collegio - Compresenza. Tariffe professionali all'interno degli Organi giudiziari dello Stato - Esclusione applicabilità - Speciale Albo degli Avvocati ULSA. Tariffe professionali al di fuori dello Stato - Assenza vincolabilità.

Nella vigenza dello Statuto definitivo dell'ULSA approvato con il Motu proprio «La sollecitudine», che ha modificato la disposizione della lettera b) del n. 5 dell'art. 11, prevedendo l'applicabilità al procedimento avanti al Collegio anche delle disposizioni del Codice di Procedura Civile Vaticano relative «alle spese di giudizio», il Collegio ritiene gli sia conservata ampia discrezionalità di valutazione equitativa, quando si tratti di decidere in merito a dette spese e di quantificarle, stante la particolare funzione che il Santo Padre ha voluto attribuire al Collegio stesso (Cost. Pastor Bonus, adnexum n. II.6).

Il Collegio, nel decidere sulle spese, non è vincolato alla loro funzione di un risarcimento necessariamente proporzionale agli oneri sostenuti dalla parte, come è tendenzialmente proprio delle spese oggetto di condanna nelle procedure giudiziarie, in quanto la particolarità del procedimento avanti il Collegio impone, nella prospettiva segnata dalla necessaria realizzazione della particolare funzione che il Santo Padre ha voluto attribuire all'ULSA (Cost. Pastor Bonus, adnexum n. II.6), che anche la condanna alle spese venga determinata sulla base di prudenti valutazioni che, pur quando riguardino le Amministrazioni convenute, tengano conto della destinazione di queste ultime a fornire un efficace servizio alla Chiesa.

L'applicazione «per analogia» delle disposizioni del Codice di Procedura Civile Vaticano, deve avvenire tenendo conto della « natura non giudiziaria » del Collegio (art. 11.5 b) Statuto ULSA), mentre l'automatica applicazione delle tariffe forensi vigenti per i procedimenti che si svolgono avanti agli organi giudiziari dello Stato, è esclusa dalla previsione di uno speciale Albo degli Avvocati abilitati alla difesa nei procedimenti di competenza (art. 11.5 b) e allegato I, Statuto ULSA). Al tempo stesso, le tariffe professionali vigenti al di fuori dello Stato non sono, e non possono essere, vincolanti per il Collegio: il difensore infatti, ai sensi dell'art. 10 delle Norme cli attuazione degli artt. 10 e 11 dello Statuto dell'ULSA, deve assumere domicilio nella Città del Vaticano.
[Dep. 10 luglio 1997]

Decisione n. 2/97 - Persiani Pres. Carucci Est.

Tutela diritti soggettivi - Decadenza ex Art. 10.3 Statuto ULSA.

Diritti soggettivi - Decadenza e prescrizione.

Rimessione in termini - Esclusione.

Provvedimento « reiterato » - Presupposti.

Tentativo di conciliazione obbligato e prodromico - Domanda davanti al Direttore Generale e davanti al Collegio di conciliazione e arbitrato - Connessione necessaria.

A mente dell'art. 10.3 dello Statuto definitivo dell'ULSA, possono essere portate alla cognizione del Collegio di conciliazione e arbitrato solo le controversie vertenti sui diritti soggettivi in materia di lavoro che si assumono, lesi da un provvedimento amministrativo a condizione che il ricorso venga proposto all'ULSA nel rispetto del termine che, per la sua stessa brevità e per la mancata previsione di eventi idonei ad interromperlo o a sospenderlo, deve essere qualificato come termine di decadenza, che decorre dalla notifica o comunicazione ovvero dall'effettiva conoscenza del provvedimento che si intende impugnare.

La decadenza dall'impugnazione (art. 10.3 Statuto ULSA) comporta anche la perdita della possibilità di far valere i diritti soggettivi ancorchè non ancora prescritti. Il Legislatore infatti ha voluto che l'unico oggetto dell'accertamento demandato al Collegio sia costituito dal provvedimento impugnato in quanto illegittimamente lesivo di diritti e non già dai diritti lesi.

Intervenuta la decadenza di cui all'art. 10.3 dello Statuto dell'ULSA, a voler ritenere la possibilità della rimessione in termini, si finirebbe per sovvertire ogni principio volto a garantire la certezza del diritto e quindi altresì a privare di ogni serio contenuto l'ulteriore concetto di definitività che assume l'atto amministrativo, allorchè non sia tempestivamente impugnato. Infatti nessun atto giuridico e, partitamente, nessun provvedimento amministrativo, potrebbe ritenersi mai effettivamente definitivo, una volta che si ammettesse la possibilità di rimmetterlo in discussione tramite la mera riproposizione, in qualsiasi momento e con il solo limite della prescrizione, della domanda sulla quale lo stesso ebbe a pronunciarsi e quindi a divenire irretrattabile, una volta decorsi inutilmente i termini di decadenza normativamente fissati per la sua impugnativa.

L'inerzia dell'Amministrazione a fronte della istanza di un dipendente se pure costituisce silenzio-rigetto, non soccorre di per sé ad integrare un provvedimento « reiterato » potendo definirsi tale solo quel provvedimento che esprime una nuova volontà dell'Amministrazione, sia pure confermativa di quella in precedenza dichiarata, maturata a seguito di un sostanziale riesame della vicenda.

Le domande, su cui il Collegio debba pronunciarsi, non possono discostarsi da quelle già formulate in sede conciliativa dinanzi al Direttore dell'ULSA. La presente fase infatti, a mente del combinato disposto dagli artt. 10.9,3° comma e 11.3, 3° comma dello Statuto ULSA, non si pone per il dipendente come scelta autonoma e alternativa rispetto a quella conciliativa, ma a quest'ultima è intimamente connessa, specie sotto il profilo del thema decidendi, che non può mutare rispetto a quello che fu già oggetto del tentativo di conciliazione, tentativo che non costituisce un passaggio eventuale, rimesso a valutazioni di opportunità di chi agisce, ma momento obbligato e prodromico, dal cui avvenuto espletamento trae poi legittimazione lo stesso ricorso al Collegio. Ogni diversa interpretazione delle richiamate disposizioni della legge, oltre a porsi contro il significato proprio delle parole da queste usate, confliggerebbe altresì con la ratio cui lo Statuto dell'ULSA è ispirato e se, da un lato, finirebbe per lo svuotare di ogni valenza lo stesso istituto del tentativo di conciliazione dinanzi al Direttore dell'ULSA, dall'altro vanificherebbe il principio di economicità che deve assistere la giustizia, portando sempre e comunque alla cognizione del Collegio, questioni che in ipotesi si sarebbero potute risolvere ed appianare già in sede conciliativa.
[Dep. 23 ottobre 1997]


Bollettino N. 7 (periodo 1° gennaio 1998 - 31 dicembre 1998) - Massime Collegio di conciliazione e arbitrato

Decisione n. 1/98 - Persiani Pres., Pessi Est.

Provvedimento di silenzio-rigetto - Presupposti Collegio - Natura - Conseguenze.

Lavoro straordinario e retribuzione - Diritto soggettivo e non discrezionalítà amministrativa.

Assenza legislazione specifica - Criteri. Magistero - Rilevanza.

Determinazione compensi per lavoro straordinario Divisore. Eccezione di prescrizione - Tardività.

Diritti lesi nei periodi successivi al 1° marzo 1989 Giurisdizione Collegio - Ratio.

Rivalutazione monetaria - Assenza di previsione normativa.

La previsione legislativa di un provvedimento di silenzio-rigetto (art. 10.4 dello Statuto ULSA) si basa sulla presunzione (arg. anche ex § 2 del can. 57 C.LC.) che l'inerzia dell'Amministrazione, in seguito ad una domanda degli interessati, equivalga al rigetto di quella domanda. Ne consegue che quella presunzione opera esclusivamente quando ricorra una fattispecíe che possa essere qualificata "silenziosa", com'è, appunto, quella caratterizzata dall'assenza di un qualsiasi provvedimento. L'atto dell'Amministrazione che, non contenendo una decisione sulla domanda dei ricorrenti rinvia la decisione a tempo indirettamente determinato, analogamente a quanto disposto dall'art. 120 § 2 del R.G.C.R., è idoneo ad impedire la presunzione disposta dal n. 4 dell'art. 10 dello Statuto dell'ULSA in quanto esclude l'inerzia dell'Amministrazione.

Il Collegio, tenendo presente la sua "specifica natura non giudiziaria" (lett. b) del n. 5 dell'art. 11 dello Statuto) ritiene opportuno che i rapporti nel quali si articola la "particolare Comunità costituita da quanti ... prestano la loro opera nei Dicasteri e negli Organismi della Sede Apostolica, al servizio della Chiesa Universale" (Motu Proprio "Nel primo anniversario" del 1° gennaio 1989) siano necessariamente ispirati anche alla tutela dell'affidamento e al principio della buona fede, alla luce dei quali va valutato sia il comportamento dell'Amministrazione che quello dei ricorrenti.

Il secondo comma del n. 3 dell'art. 11 dello Statuto dell'ULSA deve essere interpretato nel senso che, imponendo al ricorrente l'onere di indicare le prove sulle quali si fonda la domanda, impone anche di produrre tutti i documenti ritenuti a tal fine necessari. Del resto, le parti ben possono sollecitare il Collegio ad esercitare i suoi poteri istruttori, chiedendo l'esibizione di ulteriore documentazione così come l'ammissione di altri mezzi di prova, rispetto a quelli indicati nelle loro difese scritte (cfr. lettera e), n. 5 dell'art. 11 dello Statuto dell'ULSA.

Il compenso per il lavoro straordinario è oggetto di un diritto soggettivo dei dipendenti che quel lavoro abbiano prestato, onde i criteri per la determinazione del suo ammontare, come quelli per la determinazione di ogni altro elemento della retribuzione, non possono essere rimessi ad una discrezionalità amministrativa. La determinazione del Cardinale Segretario di Stato 2 aprile 1985 Prot. 143.225A stabilisce il principio della necessaria proporzionalità della retribuzione al tipo di lavoro svolto (cfr. decisione n. 9195) (a), onde resta confermato che la retribuzione, in tutti i suoi elementi, si sottrae alla mera discrezionalità delle Amministrazioni.

In assenza di una specifica disposizione che preveda il divisore da utilizzare per il calcolo del compenso per lavoro straordinario, la scelta di un criterio di decisione deve essere individuata ragionando per principi e, quindi, deve essere necessariamente ispirata all'insegnamento impartito dal Sommo Pontefice con riguardo, in genere, al significato che deve essere attribuito al lavoro e, in particolare, al significato che deve essere attribuito allo speciale lavoro prestato nella, e per la,Sede Apostolica. Di conseguenza, il Collegio ritiene necessario far riferimento al Magistero tutte le volte che la decisione richiesta non possa essere individuata alla stregua di una specifica disposizione di legge. Peraltro, lo stesso Santo Padre ha avvertito che il Magistero "va ben oltre la sola dimensione giuridica, ma la tiene costantemente presente" con la conseguenza, da un lato, che quel Magistero è una "fonte prioritaria per completare ed applicare rettamente i1 diritto" e, d'altro lato, a quel Magistero "occorre riferirsi, anche per evitare il rischio di interpretazioni di comodo" (cfr. discorso del 27 gennaio 1997 del Santo Padre al Tribunale della Rota Romana in occasione dell'apertura dell'Anno Giudiziario).

Nella determinazione dei compensi per lavoro straordinario, l'applicazione del divisore 156 anziché 150, per la determinazione dei compensi per il lavoro straordinario prestato nei periodi precedenti all'emanazione di particolari ed esplicite disposizioni emesse, dà luogo a violazione di un diritto soggettivo perfetto. L'adozione del divisore 150 consegue, infatti, alla necessaria rilevanza che deve essere assegnata, oltre che alle domeniche, alle festività di precetto (can. 1246 C.I.C.) (can. 1247 C.I.C.) anche perché tutte le fonti normative che disciplinano l'orario di lavoro equiparano queste festività alle domeniche, distinguendole dalle festività civili (per le quali vedi l'art. 48 del vigente R.G.C.R.).

L'eccezione di prescrizione sollevata soltanto all'udienza di discussione è tardiva, trattandosi di eccezione in senso proprio. Il Collegio ritiene di dover confermare la decisione n. 2/97 (b) nella quale, per il caso di costituzione tardiva dell'Amministrazione convenuta, sono state precluse le eccezioni» in senso proprio. Né ha pregio il richiamo fatto dalla difesa dell'Amministrazione convenuta all'art 2110 Cod. Civ. italiano del 1865 (applicabíle per effetto di quanto disposto dall'art 3 della legge 7 giugno 1929, n. II) in quanto quella disposizione non è richiamata dalla lett. b) del n. 5 dell'art. 11 dello Statuto delt'ULSA, mentre il procedimento avanti al Collegio non è, per effetto di quanto previsto dalla disposizione ora richiamata, un procedimento giudiziario.

I ricorrenti, secondo una giurisdizione costante di questo Collegio, ad iniziare dalla decisione 28 dicembre 1990 (c), possono far valere i diritti lesi soltanto per i periodi successivi al 1° marzo 1989. Ciò Perchè lo Statuto dell'ULSA ha innovato sul piano sostanziale la posizione delle parti' nel rapporto di lavoro, riconoscendo diritti e interessi giuridicamente rilevanti che prima non avevano spessore e connotazioni comparabili con le attuali, difettando di tutela giurisdizionale. Pertanto, dal carattere innovativo della nuova disciplina discende che i diritti che possono essere presi in considerazione dal Collegio sono esclusivamente quelli lesi sotto il vigore delle nuove norme e, quindi, successivamente al 1° marzo 1989.

Il Collegio già ha avuto modo di stabilire (decisione n. 9/93) (d) che la domanda di rivalutazione monetaria deve essere disattesa proprio per l'assenza di una specifica previsione normativa; peraltro, l'orientamento del Collegio ha trovato autorevole conforto nella giurisprudenza della Corte d'Appello la quale ha già avuto modo di affermare che "nell'ordinamento Vaticano manca una disposizione che prevede la rivalutazione monetaria" (sentenza n. 42/95) (e) e che "gli interessi moratori vengono ragionevolmente a coprire il danno da perdita di valore della moneta" (sentenza n. 45/95) (f).

[Dep. 27.02.1998]

(a) Cfr. Bollettino ULSA n. 4/96, pag. 157

(b) Cfr. Bollettino ULSA n. 6/98, pag. 138 e seg.

(c) Cfr. Bollettino ULSA n. 1/91, pag. 61 e seg.

(d) Cfr. Bollettino ULSA n. 3/94, pag. 61

(e) Cfr. Bollettino ULSA n. 4/96, pag. 145

(f) Cfr. Bollettino ULSA n. 5/97, pag. 61.

 

Decisione n. 2/98 - Persiani Pres., Carucci Est.

Definitività provvedimento impugnato - Condizione per l'ammissibilitità dell'istanza.

L'istanza presentata al Direttore Generale dell'ULSA che non sia stata preceduta dall'esperimento dei ricorsi amministrativi interni (art. 93 del Regolamento generale per il personale dello Stato della Città del Vaticano) è inammissibile perché riguarda un provvedimento che non è ancora definitivo a norma dell'art. 10, n. 2 dello Statuto dell'ULSA.

[Dep. 9.06.1998]

Decisione n. 3/98 - Persiani Pres., Carucci Est

Preclusione - Ammissibilità istanza - Indicazione del provvedimento impugnato, solo davanti al Collegio  

La domanda contenuta nell'istanza al Direttore Generale dell'ULSA ne presuppone, per essere ammissibile, che la stessa domanda sia stata rivolta all'Amministrazione e, quindi, che abbia dato luogo ad un provvedimento, anche di silenzio-rigetto. Non essendo stato offerto al Direttore Generale, alcun riscontro probatorio, anche se non documentale, dell'avvenuto esperimento di tale iter, è irragionevole, davanti al Collegio chiamato a confermare o no l'inammissibilità dell'istanza, muovere rilievi discendenti da fatti o situazioni personali di cui il Direttore Generale non poteva avere, né aveva avuto, conoscenza.

[Dep. 25 novembre 1998]

 

Decisione n. 4/98 - Persiani Pres., Sandulli Est

Art. 93 Regolamento Generale per il personale dello Stato della Città del Vaticano - Regime.

Atto del Delegato Speciale - Definitivitá - Condizioni.

L'art. 93 del Regolamento Generale per il personale dello Stato della Città del Vaticano, prevedendo il ricorso gerarchico proprio, trova applicazione solo nei confronti dei provvedimenti emessi da Autorità che risultino gerarchicamente sottoordinate ad altre. Per contro, allorché il provvedimento sia stato emanato dal massimo organo deliberante, può essere proposta una istanza di revoca, quanto meno per consentire l'autotutela, ma non ha senso proporre un ricorso gerarchico che sarebbe intrinsecamente contraddittorio con l'assetto organizzativo dell'Ente e comunque corrisponderebbe ad una inutile duplicazione della istanza di revoca.

L'atto emesso del Delegato Speciale, vigente l'ordinanza n. CXCV del 3 novembre 1992 della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano (AAS, Supplemento per le leggi e disposizioni dello Stato della Città del Vaticano del 12 novembre 1992, anno LXIII n. 14), per proprio, avendo carattere di definitività, con conseguente esclusione della formazione di un silenzio-rifiuto sul ricorso presentato, mancandone i presupposti giuridici.

[Dep. 1 dicembre 1998]

 

Decisione n. 5/98 - Persiani Pres, Carucci Est

Provvisionale - Inammissibilità - Mancata prevísione nello Statuto dell'ULSA del 1994

La mancata previsione, nel vigente Statuto dell'ULSA, di una disposizione analoga a quella dell'art. 11. 5 lett. g) dello Statuto del 1989 (che recitava: "quando vi sia pericolo di gravi ed irreparabili danni, il Collegio, su istanza di parte, può con ordinanza non impugnabile, sospendere in tutto o in parte l'esecuzione del provvedimento impugnato, ovvero assumere i provvedimenti necessari ad assicurare gli effetti della decisione"), comporta necessariamente che il Collegio non possa esercitare siffatti poteri.

[Dep. 17 dicembre 1998]


Bollettino N. 8 (periodo 1° gennaio 1999 - 31 dicembre 1999) - Massime Collegio di conciliazione e arbitrato

Decisione n. 1/99 — Persiani Pres., Pessi Est.

Art. 93 del Regolamento generale del personale di ruolo dipendente dello Stato della Città del Vaticano — Delegazione — Imputabilità.

Art. 93 del Regolamento generale per il personale di ruolo dipendente dello Stato della Città del Vaticano Emissione atti — Organi — Ricorso gerarchico proprio ed improprio. Definitività atto — Esclusione formazione silenzio-rigetto — Ragioni.

L'ordinanza n. CXCV del 3 novembre 1992 della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano, con la quale i provvedimenti disciplinari e quelli di natura amministrativa, originariamente attribuiti alla competenza della Pontificia Commissione, sono stati delegati anche al Delegato Speciale, attribuisce a quest'ultimo la piena titolarità del potere di emanare quei provvedimenti. Ne deriva che, nella vigenza di detta ordinanza, i provvedimenti del Delegato Speciale emanati nelle materie oggetto di quella delega sono direttamente ed immediatamente imputabili all'Ente.

L'art. 93 del Regolamento generale per il personale di ruolo dipendente dallo Stato, prevede un doppio livello di tutela: dapprima, un ricorso gerarchico improprio, in quanto proposto alla medesima autorità che ha emesso il provvedimento, e, poi, un ricorso gerarchico proprio, in quanto proposto all'autorità gerarchicamente sovraordinata quella che aveva emesso il provvedimento. Tuttavia, ambedue le possibilità di ricorso sussistono soltanto quando il provvedimento è stato emesso da autorità che, nella struttura della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano, è intermedia.

Per contro, allorché il provvedimento è stato emanato dalla massima autorità, o da autorità alla quale questa ha delegato la piena titolarità dei suoi poteri, può essere proposta esclusivamente l'istanza di revoca, e cioè un ricorso gerarchico, improprio, quanto meno per consentire l'autotutela.

In questo caso, infatti, la previsione di un ricorso gerarchico proprio non avrebbe senso, mancando un'autorità gerarchicamente sovraordinata e comporterebbe, al limite, una inutile duplicazione della istanza di revoca.

Nel caso di specie, il provvedimento del Delegato Speciale che, essendo stato emanato nell'esercizio di una delega della Pontificia Commissione è a questa stessa riferibile, non è impugnabile con ricorso gerarchico proprio, è, quindi, da ritenere definitivo. Ne consegue che l'inerzia susseguente alla presentazione di quella che può essere qualificata soltanto come istanza di revoca, stante la funzione di quest'ultima, non determina l'esistenza di provvedimento di silenzio-rifiuto.

[Dep. 21.06.1999]

Decisione 2/99 Persiani Pres., Carucci Est.

Accertamento visita medica collegiale — Procedimento.

Provvedimento di silenzio-rifiuto.

Ricorso — Inammissibilità — Mancanza di elementi certi al momento della presentazione (art. 11.3 Statuto ULSA) — Garanzia del contraddittorio.

Competente ad accertare sia l'esistenza di una malattia che impedisca temporaneamente la regolare prestazione di servizio (in vista del provvedimento che dispone l'aspettativa per infermità), sia l'esistenza di una permanente inabilità al servizio per malattia od infortunio non dipendenti dal servizio medesimo (in vista del provvedimento di dispensa), è, ai sensi degli artt. 38 e 39 del Regolamento Generale per il personale della Città del Vaticano, la Commissione nominata dal Direttore dei Servizi Sanitari.

L'indagine rimessa a tale Commissione, peraltro, può pervenire a conclusioni diverse che non possono essere anticipate nel momento in cui il dipendente è avviato a visita medica. Ne consegue che l'Amministrazione che dispone l'assoggettamento a visita medica non è tenuta, e non potrebbe esserlo, ad anticiparne il risultato specificando che la visita è stata disposta per il sospettato verificarsi di una permanente inabilità al servizio.

L'unica garanzia prevista per il lavoratore consiste nella facoltà di farsi assistere da un medico di sua fiducia. Garanzia che si realizza alla sola condizione che il dipendente sia messo effettivamente in grado di esercitare quella facoltà, essendo, invece, rimessa unicamente alle sue personali valutazioni la scelta di farsi assistere o no da un medico.

La mancata decisione di un ricorso gerarchico, ancorchè presentato a chi non ha la competenza a deciderlo e che non lo ha trasmesso all'Autorità competente, non consente di accertare, di per sé, l'esistenza di un provvedimento di silenzio-rifiuto.

Ed infatti, in tal caso, il ritardo di decisione non è dovuto all'inerzia dell'Amministrazione, ma all'inadempimento di chi l'ha ricevuto e che aveva il dovere di trasmetterlo all'Autorità competente.

II Collegio di conciliazione e arbitrato può rilevare d'ufficio l'inammissibilità di un ricorso proposto in violazione di quanto disposto dall'art. 11, secondo comma, n. 3) del vigente Statuto dell'ULSA quando manchi l'indicazione delle parti e del provvedimento impugnato, la determinazione dell'oggetto della domanda e l'indicazione delle prove su cui questa si fonda. Non sono, infatti, consentiti ricorsi “condizionati” i ricorsi dei quali gli elementi essenziali siano in fieri, a seconda dell'evoluzione del procedimento.

L'impostazione del ricorso, improntata al possibilismo e costruita su una serie di riserve, oltre a non consentire al Collegio di conoscere con certezza gli elementi sulla base dei quali condurre l'istruttoria, frustra, altresì, i diritti della difesa, non consentendo a quest'ultima di impostare un coerente contraddittorio.

[Dep. 28.06.1999]

Decisione 3/99 — Persiani Pres., Carucci Est.

Provvedimento impugnabile — Struttura.

Attività di cognizione interna — Improcedibilità ed inammissibilità della domanda.

Il provvedimento assunto dall'Amministrazione convocata dal Direttore Generale dell'ULSA, costituisce un unicum che, come tale, può essere invalidato nella sua interezza e, quindi, sia per la parte dispositiva, sia per la parte in cui sono esposte le motivazioni. Quest'ultime, infatti, ineriscono intimamente al dispositivo seguendone le sorti, e, quindi, restando soggette a tutte le verifiche di legittimità e di merito alle quali può essere sottoposto il provvedimento che le contiene.

E' improcedibile e inammissibile il ricorso avverso atti compiuti nella fase istruttoria e che, quindi, attengono al procedimento interno rispetto al quale assume rilevanza esterna e può determinare lesione di diritti soltanto il provvedimento emanato al termine dell'istruttoria.

[Dep. 26.10.99]

 


Bollettino N. 9 (periodo 1° gennaio 2000 - 31 dicembre 2000) - Massime Collegio di conciliazione e arbitrato

Dec. n. 1/2000 — Persiani Pres., Pessi Est.

Provvedimento di sospensione della procedura davanti al Direttore Generale – Preliminarità rispetto all'accertamento della ammissibilità dell'istanza.

Concorso di giudizi aventi lo stesso oggetto tra le parti — Conflitto di giudicati — Ratio della sospensione del procedimento.

Il provvedimento con il quale il Direttore Generale dell'ULSA sospende la procedura conciliativa, motivato con il mancato passaggio in giudicato, perché gravata di appello, della sentenza del Tribunale che ha affermato la competenza dell'ULSA è legittimo in quanto destinato ad evitare eventuali future decadenze nelle quali il ricorrente potrebbe incorrere ed è, quindi, preliminare anche all'accertamento della ammissibilità dell'istanza di quest'ultimo.

Al tempo stesso, quel provvedimento è legittimo perché evita che il concorso di più giudizi, aventi lo stesso oggetto e pendenti tra le stesse parti, possa determinare un conflitto di giudicati.

[Dep.18.12.2000]


Bollettino N. 10 (periodo 1° gennaio 2001 - 31 dicembre 2001) - Massime Collegio di conciliazione e arbitrato

Dec. n. 1/2001 — Persiani Pres., Carucci Est.

Competenza ULSA - Art. 2 Statuto ULSA - Requisiti soggettivi

L'ULSA non ha competenza nel caso in cui il dipendente, cessato il temporaneo rapporto di lavoro per scadenza del termine, lamenti che non è stato emesso un provvedimento che rinnovava quel rapporto.  In questo caso, infatti, non esistendo un rapporto di lavoro, al ricorrente non può essere attribuita la qualifica di personale dipendente ai sensi del primo periodo del secondo comma dell'art. 2 dello Statuto dell'ULSA.

[Dep.12.01.2001]

 

Dec. n. 2/2001 — Persiani Pres., Carucci Est.

Competenza ULSA - Art. 2 Statuto ULSA - Requisiti soggettivi.

Competenza ULSA - Art. 2 Statuto ULSA - Requisiti oggettivi.

Singolari contratti di lavoro - Nozione

L'Ente gestito direttamente dalla Sede Apostolica (nel caso di specie il Collegio Urbano in quanto dipendente dalla Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli posta la identificazione della stessa con la Sede Apostolica) integra il requisito soggettivo per la radicazione della competenza dell'ULSA (art. 2 comma 1 Statuto ULSA).

In assenza di ogni indicazione scritta o informazione verbale dei resistenti, l'attività svolta dai ricorrenti risponde pienamente alle finalità istituzionali ed all'assetto strutturale dell'Ente ed integra il requisito oggettivo volto al radicamento della competenza dell'ULSA (art. 2 comma 2 Statuto ULSA)

[Dep.28.05.2001]

 


 Bollettino N. 11 (periodo 1° gennaio 2002 - 31 dicembre 2002) - Massime Collegio di conciliazione e arbitrato

Dec. n. 1/2002 – Persiani Pres. , Carucci Est.

Domanda nuova – Inammissibilità.

Va dichiarata inammissibile la domanda formulata per la prima volta dagli eredi nel giudizio di riassunzione e, quindi, diversa rispetto a quella formulata nel ricorso originario anche perchè quella domanda non è stata oggetto della, pur necessaria, procedura conciliativa in sede amministrativa.

[Dep. 11. 06. 2002]

 

Dec. n. 2/2002 – Persiani Pres. , Defilippi Est.

Finalità del Collegio di conciliazione e arbitrato – Ambito del rinvio analogico al «processo ordinario» - Art. 11. 5 b) Statuto ULSA. Natura del Collegio – Rispetto del contraddittorio – Art. 42 § 1 C. P. C. – Eccezione preliminare – Infondatezza.

L'art. 11, n. 5, b) dello Statuto dell'ULSA, tenendo conto della natura non specificamente giudiziaria dell'attività del Collegio, rimanda alle disposizioni del C. P. C. relative alla rappresentanza e difesa delle parti, soltanto « per analogia », onde quelle disposizioni devono essere applicate tenendo conto delle funzioni di quel Collegio e, al tempo stesso, della loro funzionalità rispetto al concreto svolgimento della attività avanti quest'ultimo. Pertanto l'art. 42 del C. P. C. non può trovare applicazione « ad apicem iuris » a scapito di un reale principio di giustizia e in modo contrario all'« equità canonica ». Ne consegue che deve essere respinta l'eccezione preliminare di estinzione del processo formulata ai sensi dell'art. 42 § 1 C. P. C. considerata la peculiarità del caso di specie e considerato che, comunque, è stata sostanzialmente osservata l'esigenza di un corretto contraddittorio.

[Dep. 12. 06. 2002]

 

Dec. n. 3/2002 – Persiani Pres. , Pessi Est.

Inammissibilità ricorso – Mancata individuazione petitum e causa petendi. Onus probandi incumbit ei qui dicit – Risarcimento. Accordi individuali – Efficacia tra le parti.

L'inammissibilità del ricorso per mancata indicazione dell'oggetto della domanda o per mancata esposizione degli elementi di fatto o delle ragioni di diritto sulle quali si fonda la domanda stessa, deve essere dichiarata quando non sia possibile, nemmeno attraverso l'esame complessivo dell'atto, individuare il petitum e la causa petendi. In linea di principio, alla riduzione dell'orario di lavoro, quando è legittima, fa riscontro una proporzionale riduzione della retribuzione. L'eventuale esistenza di un danno risarcibile deve essere provata dal lavoratore che eventualmente l'abbia subito. Le diverse condizioni lavorative, eventualmente esistenti presso l'Amministrazione, non possono che derivare da accordi individuali, come tali aventi efficacia esclusivamente tra le parti stipulanti quegli accordi che non possono costituire il presupposto giuridico per l'attribuzione delle medesime condizioni ad altro lavoratore.

[Dep. 31. 07. 2002]

 

Dec. n. 4/2002 – Persiani Pres. , Sandulli Est.

Tentativo di conciliazione – Condizioni.

Non esistono le condizioni per dare inizio al tentativo di conciliazione a seguito di istanza di dipendente licenziato il quale chieda la «riabilitazione» e, a maggior ragione, il diritto a «riprendere servizio» o quello ad essere assunto «ex novo» non prevedendo la legge tali rimedi.

[Dep. 31. 07. 2002]

Dec. n. 5/2002 – Persiani Pres. , Defilippi Est.

Domanda – Supporto normativo – Necessità. Armonizzazione del sistema retributivo – Provvedimento del Cardinale Segretario di Stato del 2 aprile 1985.

Il Collegio dell'ULSA non ha il potere di creare norme non contemplate dall'ordinamento in nome di una giustizia non scritta e pertanto devono essere rigettate le domande dei ricorrenti sfornite del necessario supporto normativo che, nel caso di specie, nemmeno era stato indicato. Trattamenti retributivi differenti a dipendenti che svolgono le medesime mansioni, qualora non fossero previsti da accordi individuali e non fossero giustificati da ragioni oggettive, potrebbero risultare in contrasto con i principi desumibili dal provvedimento del Cardinale Segretario di Stato del 2 aprile 1985, volto al riordino ed alla uniforme armonizzazione del sistema retributivo, garantendo a tutti una retribuzione proporzionata al servizio prestato.

[Dep. 30. 09. 2002]

Dec. n. 6/2002 – Persiani Pres. , Sandulli Est.

Sanzioni disciplinari – Tassatività – Artt. 51, 55-60 Regolamento Generale per il personale dello Stato della Città del Vaticano – Artt. 3, 4 §2 Regolamento della Commissione disciplinare dello Stato della Città del Vaticano. Commissione disciplinare ed Amministrazione – Compiti rispettivi. Discrezionalità – Effettività dei motivi – Verifica. Trasferimento – Mansioni.

La Commissione disciplinare dello Stato della Città del Vaticano è competente esclusivamente ad applicare « le sanzioni disciplinari di cui agli artt. 55-60 del Regolamento generale per il personale dello Stato della Città del Vaticano » (cfr. art. 51 §1 del Regolamento del personale Generale per il personale dello Stato della Città del Vaticano; artt. 3 e 4 §2 del Regolamento della Commissione disciplinare dello Stato della Città del Vaticano) e, nell'elenco tassativo di quelle sanzioni, non è compreso il trasferimento. Ne deriva che la rappresentazione da parte della Commissione disciplinare della necessità di un provvedimento di trasferimento per incompatibilità ambientale non è vincolante per l'Amministrazione. Soltanto a quest'ultima, infatti, compete di valutare, nell'esercizio dei suoi poteri discrezionali, l'esistenza delle esigenze che possono legittimare un provvedimento di trasferimento. Al riguardo, la discrezionalità dell'Amministrazione è insindacabile, sia per quanto attiene alla individuazione delle esigenze di servizio che alla scelta del modo migliore per provvedere alla loro soddisfazione. Tuttavia, una volta che l'autorità amministrativa ha esercitato la sua discrezionalità individuando le ragioni del trasferimento e il dipendente ne contesti l'esistenza, il Collegio può verificare se quelle ragioni esistano o no in quanto ogni dipendente ha diritto a non essere trasferito se non in ragione di effettive esigenze di servizio. È illegittimamente attribuita, per effetto del provvedimento di trasferimento, una figura professionale che modifichi sostanzialmente, e comunque riduca, il contenuto professionale specifico proprio della precedente e consolidata posizione del dipendente.

[Dep. 05. 12. 2002]

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Bollettino N. 13 (periodo 1° gennaio 2004 - 31 dicembre 2004) - Massime Collegio di conciliazione e arbitrato

Dec. n. 1/2004 – Persiani Pres., Pessi Est.

Ne bis in idem Competenza ULSA – Art. 2.2 Statuto ULSA

Il principio del ne bis in idem, ispiratore di ogni sistema di giustizia, si esprime fondamentalmente nella regola dell'intangibilità della cosa giudicata. Esigenze di certezza del diritto, infatti, richiedono che una volta esauriti gli strumenti di tutela assicurati dalla legge, non sia possibile riproporre nuovamente la medesima domanda. La competenza dell'ULSA di cui all'art. 2.2 dello Statuto è accertabile sulla base dei presupposti e delle procedure normativamente stabilite e, quindi, non si estende ai rapporti di lavoro che non siano riconducibili alle tabelle organiche dei singoli organismi o enti.

[Dep. 09.01.2004]

 

Dec. n. 2/2004 – Persiani Pres., Sandulli Est.

Ricorso interno – Ammissibilità - Limiti

Ai sensi dei §1 e 2 dell'art. 108 del Regolamento per il personale della Tipografia Vaticana il provvedimento di sospensione disposto dal Direttore generale è insuscettibile di ricorso interno (cfr. decisioni n. 4 del 1998 e n. 1 del 1999)

[Dep. 21.01.2004]

 

Dec. n. 3/2004 – Persiani Pres., Carucci Est.

Sanzioni disciplinari – Diritto di difesa

La previa audizione personale del soggetto incolpato, prescritta dall'art. 85 del Regolamento per il personale della Tipografia Vaticana, costituisce un passaggio obbligato in assenza del quale non può esservi sanzione giusta.

[Dep. 01.06.2004]


Bollettino N. 14 (periodo 1° gennaio 2005 - 31 dicembre 2006) - Massime Collegio di conciliazione e arbitrato

Dec. n. 1/2005 - Persiani Pres., Pessi Est.

Inammissibilità ricorso. Trattamento retributivo - Mansioni svolte.

LÂ’inammissibilità del ricorso introduttivo può essere dichiarata solo ove, per la mancata indicazione dellÂ’oggetto della domanda o per la mancata esposizione degli elementi di fatto o delle ragioni di diritto sulle quali si fonda la domanda stessa, non sia possibile, attraverso lÂ’esame complessivo dellÂ’atto, individuare il petitum e la causa petendi. Il superiore trattamento retributivo, in assenza di una declaratoria contrattuale, è connesso non solo alle mansioni svolte, ma anche e soprattutto al possesso di specifici requisiti, soggettivi e oggettivi, che attestino una particolare professionalità.

[Dep. 07.07.2005]

 

Dec.n. 1/2006 – Persiani Pres., Carucci Est.

Certificazione della Segreteria di Stato - Art. 2.3 Statuto ULSA – Ambito applicativo.

LÂ’accertamento eseguito dal Segretario di Stato ai sensi del 3° comma dellÂ’art. 2 dello Statuto, circa la certificazione della natura di Organismo o Ente gestito amministrativamente in modo diretto dalla Sede Apostolica, costituisce certificazione di carattere generale non limitata in relazione alla specifica controversia nellÂ’ambito della quale è stato formulato.

[Dep. 30.05.2006]


Bollettino N. 15 (periodo 1° gennaio 2007 - 31 dicembre 2007) - Massime Collegio di conciliazione e arbitrato

Dec. n. 1/2007 – Persiani Pres., Proia Est.

* Competenza del Collegio di conciliazione e arbitrato in materia di sicurezza sociale.

«Norme per la disciplina delle prestazioni che competono al personale che ha subito lesione fisica o psichica da infortunio o contratto malattia per fatti di servizio» – Oneri ed obblighi.

Per effetto del combinato disposto dell'art. 8 della Convenzione di sicurezza sociale tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana (in vigore dal 1° gennaio 2004) e dell'Allegato A dell'Accordo amministrativo per l'applicazione della stessa, il personale dipendente dagli Enti elencati in detto Allegato è ricompreso tra i “dipendenti vaticani”che in materia di sicurezza sociale “sono soggetti alla legislazione della Santa Sede”. Di conseguenza, al personale dipendente dai suddetti Enti, trovano applicazione le norme dello Statuto del Fondo Pensioni approvato dal Sommo Pontefice con Motu Proprio del 15 dicembre 2003, nonché le “Norme per la disciplina delle prestazioni che competono al personale che ha subito lesione fisica o psichica da infortunio o contratto malattia per fatti di servizio”, come modificate con decreto di Sua Eminenza il Cardinale Segretario di Stato dell'8 maggio 2004.

Orbene, tali disposizioni prevedono la competenza del Collegio di conciliazione e arbitrato a decidere le controversie riguardanti la loro applicazione (art. 20 dello Statuto del Fondo Pensioni e art. 29 delle “Norme per la disciplina delle prestazioni che competono al personale che ha subito lesione fisica o psichica da infortunio o contratto malattia per fatti di servizio”).

Sulla base di queste considerazioni deve essere affermata la competenza del Collegio di conciliazione e arbitrato dellÂ’ULSA, indipendentemente dalla ricorrenza, o no, dei requisiti di cui allÂ’art. 2 dello Statuto dellÂ’ULSA.

E’ illegittimo il rifiuto dell’Amministrazione di attivare la procedura prevista dagli artt. 4 e 5 delle “Norme per la disciplina delle prestazioni che competono al personale che ha subito lesione fisica o psichica da infortunio o contratto malattia per fatti di servizio”.

Tali norme, infatti, prevedono che “il soggetto protetto che abbia riportato infermità”, il quale intenda “farne accertare la eventuale dipendenza da fatti di servizio”, ha l'onere di formulare apposita “domanda scritta all'Organismo o Ente dal quale direttamente dipende (art. 4.1) ed a tale onere corrisponde l'obbligo dell'Organismo o dell'Ente, che ha ricevuto la domanda, di provvedere”senza indugio” ad effettuare le indagini e a raccogliere tutti gli elementi idonei a provare la natura dell'infermità e la connessione di essa con il servizio (art. 4.3) nonchè a demandare, poi, al competente Collegio Medico l`“accertamento della dipendenza della infermità dai fatti di servizio” (art. 5).

[Dep. 13. 07. 2007]

*decisione impugnata e pendente davanti alla Corte di Appello

Dec. n. 2/2007 – Persiani Pres., Proia Est.

* Competenza del Collegio di conciliazione e arbitrato post Legge Fondamentale SCV del 26 novembre 2000.

Competenza del Collegio di conciliazione e arbitrato - Natura Ente - Accertamento del Cardinale Segretario di Stato - Presupposti.

La “competenza” dellÂ’ULSA e del suo Collegio è definita dal “proprio Statuto”(art. 2) come è richiamato dallÂ’art. 18 della Legge Fondamentale SCV del 2000. LÂ’art. 15 di tale Legge prevede e disciplina gli “organi” che esercitano il “potere giudiziario”, ma il Collegio di conciliazione e arbitrato non ha funzioni giurisdizionali (cfr. giurisprudenza: Corte di Cassazione 25 marzo 1992 e 19 giugno 1992; Corte di Appello n.53/96; Collegio di conciliazione e arbitrato ULSA Decc.1/97, 1/98, 1/00, 2/02). Lo Statuto dellÂ’ULSA pertanto, secondo il tenore dellÂ’ art. 18 della Legge Fondamentale SCV, è richiamato sia per definire quale è la legge applicabile allÂ’Ufficio ed ai suoi Organi (“a norma del proprio Statuto”), sia per individuare, mediante il richiamo a quella legge,“la competenza” del Collegio. LÂ’accertamento eseguito dal Cardinale Segretario di Stato previsto dallÂ’art. 2 dello Statuto dellÂ’ULSA, quando già sia stato eseguito, deve essere ripetuto esclusivamente nellÂ’ipotesi in cui sia intervenuta una modifica legislativa dei rapporti oggetto del primitivo accertamento.

[Dep. 06.11. 2007]

*decisione impugnata e pendente davanti alla Corte di Appello


Bollettino N. 19 (periodo 1° gennaio 2011 - 31 dicembre 2011) - Massime Collegio di conciliazione e arbitrato

Dec. n. 1/2011* – Pessi Pres., Sandulli Est.

Cessazione del rapporto di lavoro – Regime pensionistico applicabile. Irrilevanza di situazioni successive.

 Il regime pensionistico applicabile al dipendente che ha effettivamente cessato il servizio, come anche giudizialmente accertato, è quello vigente alla data della cessazione. Pertanto non rilevano situazioni successive comunque estranee alla condizione lavorativa.

[Dep. 15.04. 2011]

* La decisione 1/2011 è stata preceduta dalla decisione parziale 1/2010 che ha disposto lÂ’integrazione del contraddittorio (cfr. artt. 18, 249 c.p.c., art. 18 Statuto ULSA).

 

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