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PONTIFICIA COMMISSIONE PER I BENI CULTURALI DELLA CHIESA

ASSEMBLEA PLENARIA DEL
PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA CULTURA

RELAZIONE DI S.E. MONS. MAURO PIACENZA

Il patrimonio artistico della Chiesa:
mezzo di evangelizzazione, di catechesi e di dialogo

Vaticano, 28 marzo 2006

 

Il quadro di riferimento ecclesiale e magisteriale

Esiste un’intima simbiosi fra religione, spiritualità, cultura e arte. Infatti, «cultura e arte si richiamano e si svelano reciprocamente. Non si dà un momento storico ricco di cultura che non fiorisca in una produzione artistica, così come non si dà un periodo artisticamente fecondo che non postuli una globale ricchezza culturale. Ma tra religione ed arte, tra religione e cultura corre un rapporto molto stretto. Innumerevoli sono le opere di pensiero ed i capolavori artistici che traggono ispirazione dai valori religiosi» [1].

L’arte cristiana, infatti, ha un valore “teologale”, in quanto, a suo modo, comunica un messaggio religioso: “L’arte ha una capacità tutta sua di cogliere l’uno o l’altro aspetto del messaggio [cristiano] traducendolo in colori, forme, suoni che assecondano l’intuizione di chi guarda e ascolta”[2]. L’arte e i beni culturali in genere “assumono un significato specifico in quanto sono ordinati all’evangelizzazione, al culto e alla carità”[3].

Inoltre, il patrimonio artistico nelle sue molteplici espressioni ha una funzione liberale e pertanto umanizzante, che giova cioè allo sviluppo dell’uomo e quindi è preambolo all’evangelizzazione: “Specialmente l’arte cristiana, bene culturale quanto mai significativo, continua a rendere un suo singolare servizio comunicando con straordinaria efficacia, attraverso la bellezza delle forme sensibili, la storia dell’alleanza tra Dio e l’uomo e la ricchezza del messaggio rivelato”[4].

Pertanto, tali realtà sono significative “nell’espressione e nell’inculturazione della fede e nel dialogo della Chiesa con l’umanità”[5], così che sono privilegiato strumento per l’attuale evangelizzazione, in quanto aderiscono intimamente al vissuto delle persone e corrispondono alle esigenze pastorali.

Data dunque la specifica funzione pastorale del patrimonio artistico, occorre una sua adeguata concezione e gestione. Affinché siano realmente beni evangelizzanti devono essere creati, tutelati, conservati in riferimento alla missione della Chiesa.

La situazione attuale della Chiesa e del mondo

L’arte, come le altre espressioni della cultura, in epoca moderna, è stata toccata dal secolarismo, che si può essenzialmente definire come “una forma di umanesimo caratterizzata dall’assenza di Dio e spesso in opposizione a lui”[6].

Papa Paolo VI aveva individuato gli effetti di tale deriva in un linguaggio artistico che rinuncia ad essere comunicazione perché puramente autoreferenziale: “Qualche volta dimenticate il canone fondamentale della vostra consacrazione all’espressione; non si sa cosa dite, non lo sapete tante volte anche voi: ne segue un linguaggio di Babele, di confusione”[7]. Ed inoltre altra conseguenza dell’abbandono del principio cristiano nella definizione dell’uomo e dell’umanesimo è la disgregazione della stessa figura umana, perché non più percepita come immagine di Dio: “certe espressioni artistiche […] offendono noi, tutori dell’umanità intera, della definizione completa dell’uomo, della sua sanità, della sua stabilità. Voi staccate l’arte dalla vita, e allora…”[8].

Anche il Santo Padre Benedetto XVI, ancora cardinale decano del Sacro Collegio, pronunciando l’omelia nella Messa pro eligendo Pontifice, ricordò come la cultura del secolo appena trascorso sia stata attraversata dalle più contraddittorie dottrine e ideologie, la cui provvisorietà, incertezza e sostanziale inidoneità a svelare la verità dell’uomo, invece di far volgere il cuore degli uomini verso Dio hanno insegnato loro a dubitare di tutto: “Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”[9].

Non possiamo ignorare come l’arte contemporanea, per tale adesione al relativismo e al secolarismo, spesso risulti inadeguata ad esprimere il Sacro cristiano. Tuttavia la Chiesa, secondo le indicazioni del Concilio Vaticano II[10] e degli stessi Pontefici che ne hanno e ne stanno curando l’attuazione, non può rinunciare a perseguire con ogni sforzo il dialogo con gli uomini di cultura e in particolare con gli artisti, nella certezza che sono molti di più i punti di contatto che quelli di divisione: “[L’arte], infatti, anche al di là delle sue espressioni più tipicamente religiose, quando è autentica, ha un’intima affinità con il mondo della fede”[11].

Naturalmente per intraprendere un dialogo occorre avere ben chiari i concetti del confronto: lo faremo pensando nel contempo ad un’azione pastorale, e quindi concreta, da svolgere in questo ambito.

Ipotesi di strategie pastorali

3.1. Culto e catechesi

La prima finalità dell’arte sacra è di servire al culto divino e di comunicare, secondo le sue peculiarità, la presenza di Dio e la salvezza. Analogamente alla Sacra Scrittura, che si serve di parole, l’arte si serve di materia per comunicare ai fedeli i misteri di Dio e la sua misericordia[12].

La stessa struttura architettonica delle chiese, così come l’organizzazione dello spazio sacro, senza parlare della foggia e della disposizione degli arredi fissi, contribuiscono essenzialmente alla determinazione di uno spazio veramente sacro, atto ad accogliere l’assemblea e a favorire la preghiera.

In questo contesto è fondamentale il ruolo dell’arte, che sappia interpretare le diverse esigenze del culto e della pietà: infatti una cosa sono le immagini da collocare in prossimità dell’altare a sintetizzare il mistero della Messa (croce o immagine teofanica); altro sono le immagini didascaliche, a soggetto preferibilmente biblico, da collocare nell’aula e in altri poli liturgici (battistero, penitenzieria, cappella eucaristica), con intento propriamente catechetico e mistagogico; altro ancora le immagini per la devozione e la pietà, da collocare nelle navate laterali o nelle cappelle (vie crucis, immagini della Madonna e dei Santi).

I pastori, ma non solo essi, anche tutta la comunità cristiana, devono sapere questo per poter operare delle scelte ponderate, sia nell’adeguamento sia nella edificazione di nuove chiese, ove l’arte non abbia funzione puramente decorativa o sostanzialmente estrinseca, ma sia coinvolta nella determinazione dell’ambiente sacrale che si intende creare e nella comunicazione della fede.

Naturalmente tale consapevolezza, ancora lontana dall’essere diffusa e condivisa, è quindi da promuovere con ogni mezzo, ad esempio con particolari catechesi in occasione della costruzione di una nuova chiesa, dell’inaugurazione di un nuovo ciclo di pitture o della benedizione di una nuova immagine sacra, appositamente commissionata ad un artista, di arredi ecc. Più alta è la sensibilità liturgica e la coscienza dell’importanza dell’arte liturgica, più volentieri si spenderà per opere veramente importanti.

Secondo la sua funzione di stimolo dell’azione pastorale, la Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa pubblicherà fra breve un documento sulla edificazione, l’adeguamento e la decorazione della cappella eucaristica e del tabernacolo; già in occasione dell’ultimo Sinodo ha sponsorizzato la presentazione di un modello di custodia eucaristica presentato da un gruppo di validi artisti.

Il senso liturgico di cui si parlava indurrà negli stessi pastori e nella stessa comunità cristiana, una diversa considerazione del patrimonio storico dell’arte cristiana, il quale, anche se non più usato direttamente per il culto ed eventualmente musealizzato, deve continuare ad essere trattato secondo la propria natura sacrale. Anche su questo argomento, la Pontificia Commissione pubblicò nel 2001 un documento sulla Funzione pastorale dei musei ecclesiastici proprio per promuovere una riflessione e una prassi corretta nella gestione di tali istituzioni, che non si deve temere di considerare strumenti pastorali a servizio dell’attuale evangelizzazione.

3.2. Evangelizzazione e dialogo

Veniamo così a parlare dell’arte nell’ambito della evangelizzazione. Essa è essenzialmente annuncio della fede a chi ancora non crede, a chi ha cessato di credere e a chi desidera credere. Tuttavia, la missio non riguarda più ormai soltanto i paesi o le culture lontane, ma i popoli della stessa Europa. A uomini sempre più poveri nell’interiorità e nella dimensione spirituale è perciò importante ripresentare il grande patrimonio storico-artistico della Chiesa, attraverso il quale riscoprire le proprie radici cristiane e attingere i valori dell’umanesimo cristiano.

Come si diceva poco fa è impensabile annunciare il Vangelo attraverso l’arte senza conoscerne le potenzialità. Per tale motivo la Chiesa e in essa pastori e fedeli debbono essere consapevoli che l’arte è parte della traditio ecclesiae, tanto che le molteplici stagioni dell’arte cristiana, fin dall’epoca delle catacombe, hanno saputo esprimere il credo professato, con le varie sfumature caratteristiche di ogni epoca, nello splendore delle forme sensibili. Inoltre, i beni culturali ecclesiastici rendono evidente l’opera di disseminazione del cristianesimo in un territorio, contribuendo non raramente alla comprensione della storia e alla lettura della conformazione di un territorio.

Quindi bisogna che, prima di tutto la comunità cristiana conosca a fondo il proprio patrimonio artistico, al fine di farlo conoscere come una forma di annuncio evangelico. Varie sono le modalità e frequenti le loro segnalazioni, da parte della Pontificia Commissione, mediante l’invio di documentazione, sia alle Conferenze episcopali sia alle singole diocesi:

- Occorre, in primo luogo, che organismi specifici e quindi persone specializzate in seno alle Conferenze episcopali e alle Diocesi si occupino ordinariamente e a tempo pieno di questo ambito della pastorale (Commissioni, Uffici);

- bisogna promuovere la conoscenza dei siti archeologici, la cattedrale, i santuari, le parrocchie, i musei ecclesiastici, ecc. mediante iniziative coordinate anche con altre istituzioni presenti sul territorio;

- partecipare attivamente ai programmi di catalogazione, in sinergia con le istituzioni statali; in assenza di iniziative civili, redigere cataloghi autonomi e, in ogni caso, redigere puntualmente inventari per la tutela giuridica e la conservazione del patrimonio artistico;

- promuovere pubblicazioni di vario genere, scientifiche e divulgative, sul patrimonio artistico della propria Chiesa;

- organizzare giornate speciali (come il 18 febbraio, memoria del Beato Angelico) in cui affiancare celebrazioni religiose ad iniziative culturali;

- promuovere iniziative particolari in occasione di interventi di restauro, lavori di ampliamento o restauro di edifici, inaugurazione di nuove opere, alle quali dare rilevanza almeno cittadina;

- allestire mostre, sia come iniziative proprie di una Chiesa in occasioni particolari (centenari, sinodi, missioni ecc.) sia come collaborazione ad iniziative pubbliche; la particolare sensibilità ecclesiale si vedrà nell’aiuto dato al visitatore alla comprensione delle opere d’arte soprattutto sotto il profilo del contenuto iconografico e del messaggio spirituale, abitualmente trascurato dalla critica d’arte;

- incoraggiare i pellegrinaggi e il turismo religioso, mediante la preparazione di guide e la pubblicazione di sussidi;

- promuovere iniziative coinvolgenti le scuole e rivolte ai giovani;

- aprire musei ecclesiastici (diocesani, parrocchiali, di Ordini religiosi) con criteri ad un tempo scientifici e pastorali, tenendo però sempre presente che, laddove è possibile, occorre mantenere le opere nei contesti architettonici e antropologici originali, in cui è possibile la loro piena comprensione (museo “diffuso” sul territorio).

Credo non sia sfuggita in questi ultimi tempi l’impegno della Pontificia Commissione ad organizzare alcune mostre a soggetto iconografico, sull’Immacolata Concezione e su San Nicola da Tolentino, che rientrano in questa visione pastorale della valorizzazione del patrimonio artistico culturale.

Prima di queste attività, però, non è più rimandabile una riformulazione teorica dell’arte cristiana, che può essere condotta solo dalle istituzioni accademiche, alle quali si lancia una richiesta di aiuto.

Infatti, premessa di ogni strategia pastorale è la formulazione di un chiaro quadro di riferimento teorico in cui collocare il patrimonio artistico come parte integrante della Traditio della Chiesa e non come elemento estrinseco. Partendo dall’interesse che l’arte cristiana nella sua specificità sta suscitando presso studiosi e istituzioni accademiche, anche non confessionali, come testimoniano diverse pubblicazioni uscite negli ultimi anni, si dovrebbe trarre occasione per promuovere convegni internazionali e sollecitare iniziative editoriali.

I punti per l’approfondimento sono l’individuazione dello specifico dell’arte cristiana sotto il profilo teorico e lo studio della sua evoluzione storica. Per quanto riguarda il secondo obiettivo, occorre affrancare lo studio dell’arte cristiana dai criteri, pur legittimi, delle storie dell’arte attuali, che ne privilegiano l’aspetto formale e stilistico. Il lavoro che si prospetta è quello di individuare uno sviluppo storico che tenga presente come riferimento privilegiato la connessione con la liturgia e la sua evoluzione, che metta in rilievo le diverse sensibilità teologiche, spirituali e devozionali che si sono susseguite, che tenga in considerazione le reciproche influenze a livello iconografico fra tradizione occidentale e orientale ecc.

Accanto all’analisi storica va posto il lavoro teoretico di riflessione filosofica e teologica sulle peculiarità di un’estetica teologica, già avviate da geniali pionieri, ma che deve ancora diventare familiare nell’insegnamento della teologia. In altri termini, dovrebbe diventare abituale collocare l’arte fra i loca theologica della riflessione sulla fede, anche a livello dei corsi istituzionali di teologia.

Ma se ogni periodo della vita della Chiesa ha saputo produrre capolavori e opere più ordinarie, che ne hanno interpretato la fede e la particolare sensibilità religiosa, anche la nostra epoca dovrà consegnare alla storia espressioni dell’arte cristiana contemporanea.

Particolare attenzione dovrà essere pertanto rivolta al dialogo con gli artisti, aperti alla dimensione spirituale, ma bisognosi di una cura pastorale del tutto speciale che sappia mediare fra le pretese autoreferenziali degli artisti e la necessità di orientarli al servizio della liturgia e della fede, indicando il loro lavoro come un ministero e un carisma. Si tratta di un rapporto che necessita di particolare sensibilità, alla quale la normale pastorale può non sapere far fronte; per tale motivo sono sorte nei vari paesi associazioni che se ne occupano a livello nazionale e per questo se ne auspica il potenziamento e l’appoggio da parte dei vescovi; un ruolo molto attivo possono averlo anche i movimenti ecclesiali, che privilegiano la pastorale d’ambiente.

L’ulteriore passo da fare è una committenza di qualità: non bisognerà avere paura di commissionare opere ad artisti di valore, anche a costo di investire un po’ di denaro; ciò vale in primo luogo per le cattedrali e i santuari, ma anche per le parrocchie e le congregazioni religiose. Nell’ambito della promozione dell’arte sacra contemporanea bisogna rendere atto che i religiosi sono stati in molti casi dei pionieri, specie per i santuari di cui sono custodi. In questo ambito è molto utile offrire spazi per mostre collettive a tema e promuovere concorsi per la realizzazione di opere in chiese. in questo senso, la Pontificia Commissione si è impegnata in questi anni a incoraggiare e stimolare la riflessione e la pratica di un’arte e un’architettura sacra di qualità mediante capillari rapporti proprio con le istituzioni e realtà ecclesiali più sensibili.

Inoltre, l’arte cristiana potrebbe avere sicuramente un ruolo importante nell’ambito del dialogo ecumenico. È noto il richiamo del papa Giovanni Paolo II all’insegnamento del Concilio Niceno II (787), come patrimonio comune dell’oriente e dell’occidente cristiano in ordine alla teologia e alla prassi del culto delle immagini[13]. Sulla feconda possibilità di tale convergenza conveniva anche l’allora teologo Joseph Ratzinger in una nota opera sullo “spirito della liturgia”[14]. Già la conoscenza delle rispettive tradizioni artistiche e dei molti elementi comuni potrebbe costituire un motivo di avvicinamento; così come la riappropriazione da parte dell’occidente di un’arte veramente connessa alla liturgia, davanti alla quale anche un fedele orientale possa pregare.

Non sfuggirà, infine, come quello artistico, possa essere un ambito di dialogo fra la Chiesa e la cultura contemporanea laica e secolarizzata. Laddove non sia possibile fare apertamente un discorso teologico o religioso, l’arte, nelle sue varie espressioni – figurative, musicali, letterarie, teatrali – potrebbe costituire una porta attraverso la quale comunicare valori e contenuti cristiani. Naturalmente però è necessario che tale arte “cristiana” sia alta, percepita come contemporanea e in grado di rispondere alle domande dell’uomo d’oggi. Un tentativo propositivo in questo senso la Pontificia Commissione lo sta compiendo proprio in questi giorni promuovendo la realizzazione di un’opera lirica a soggetto evangelico di imminente allestimento.

3.3. Formazione

Come è facile intuire, ogni discorso sull’importanza dell’arte per il culto e la catechesi, l’evangelizzazione e il dialogo è inutile se non si parte dalla formazione. In questo senso sono stati inseriti, da qualche tempo, in talune sedi accademiche, insegnamenti specifici sull’arte cristiana. Si tratta però di tentativi ancora sporadici e, fatto che sorprende, a volte ad opera di istituzioni accademiche e scientifiche non confessionali, mentre in università pontificie e cattoliche o nelle facoltà teologiche stentano ad essere attivati corsi di storia dell’arte cristiana, anche solo a livello di insegnamenti facoltativi. Sarebbe ingiusto non riconoscere che qualcosa si va facendo, ma è necessario che anche l’arte, così come la musica cristiana, entrino a far parte delle materie curriculari teologiche, che la trattazione architettonico dello spazio sacro sia integrata nel corso di liturgia e così via.

La Pontificia Commissione nel 1992 emanò una circolare sull’argomento e si impegnò nell’avvio nello stesso anno e nel sostegno di un Corso Superiore per i Beni Culturali della Chiesa presso la Pontificia Università Gregoriana in Roma. Si può affermare che queste iniziative sono state seguite ed hanno stimolato la nascita di analoghe realtà. Oggi in diverse facoltà sono presenti corsi e master e il corso della Gregoriana è diventato quest’anno Facoltà della Storia e dei Beni Culturali della Chiesa.

Se la formazione dei candidati al sacerdozio è prioritaria, anche altri sono gli ambiti della formazione, perseguibili con iniziative mirate, quali corsi, conferenze ecc., sempre in collaborazione con le istituzioni accademiche del luogo:

- formazione permanente del clero ad un’autentica comprensione ed utilizzazione dei beni culturali in senso ecclesiale;

- formazione degli artisti attraverso il contatto interpersonale, il dialogo creativo e l’evangelizzazione del mondo delle arti;

- formazione dei restauratori, affinché i loro interventi non cancellino il divenire storico e l’usura del tempo, ma ravvicinino il manufatto alla sua autenticità, rispettandone la funzione ecclesiale;

- formazione dei tecnici e degli artigiani ai valori contenuti nei beni culturali e nel loro contesto ecclesiale;

- formazione degli insegnanti e delle guide turistiche, perché imparino a far conoscere i beni culturali della Chiesa nella loro intrinseca finalità spirituale;

- formazione del popolo di Dio e dei fruitori in genere alla comprensione e conseguentemente al godimento del patrimonio storico e artistico in una prospettiva ecclesiale.

La comprensione del valore ecclesiale verso i beni culturali non potrà non suscitare interesse e richiamare la disponibilità delle persone ad impegnarsi in forme di volontariato finalizzato alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio culturale. Esistono già associazioni civili, nelle quali introdurre un’anima cristiana, ma potrebbero sorgerne di cristiane: si sono dati casi – seguiti dalla Pontificia Commissione – di confraternite laicali già antiche e gloriose, ma delle quali era venuto meno lo scopo sociale, che hanno assunto l’impegno di protezione, gestione e valorizzazione dei beni culturali secondo la mens della Chiesa. In ciò possiamo vedere certamente una forma di carità esercitata in una maniera diversa, ma ugualmente necessaria: ricordiamo, infatti, che fra le opere di misericordia, oltre alle sette corporali, ne esistono altrettante spirituali.

Mauro Piacenza
Presidente della Pontificia Commissione
per i Beni Culturali della Chiesa
Presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra



[8] Ivi.

[9] “L’Osservatore Romano”, 19 aprile 2005, pp. 6-7.

[10] Messaggio del Concilio all’umanità, 8 dicembre 1965: agli artisti.

[12] Concilio di Nicea II (787), Definizione, in Conciliorum Oecumenicorum Decreta, Bologna 1973, pp. 131-138; Concilio di Trento, Sess. XXV (3 dicembre 1563), De invocatione, veneratione et reliquiis sanctorum, et de sacris imaginibus, ibid., pp. 774-776.

[13] Id., Lettera apostolica Duodecimum saeculum per il dodicesimo centenario del concilio Niceno II, 4 dicembre 1987.

[14] J. Ratzinger, Introduzione allo spirito della liturgia, Cinisello Balsamo (MI) 2001 (orig. tedesco 1999), pp. 111-131.

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