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La Curia Romana  
 

 

 
 

S.Em. Cardinale Robert Sarah                      
 

 

INTRODUZIONE ALLA CONFERENZA SU hAITI
(10 gennaio 2015)


Eminenza,
Eccellenze,
Signore e Signori,
Cari Amici,

Permettetemi di ringraziarvi molto cordialmente per aver risposto all’invito che avete ricevuto da Cor Unum e dalla Pontificia Commissione per l’America Latina, di cui desidero salutare fraternamente il Presidente, il Cardinale Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi. Mi associo calorosamente ai saluti e ai ringraziamenti che il Porporato vi ha appena espresso.
Questo incontro, che ha luogo cinque anni dopo il terremoto, vuole essere occasione di condivisione, di riflessione e testimonianza sul lavoro portato avanti sino ad ora, al fine di poterne discernere gli orientamenti per il futuro. Vuol’essere altresì opportunità privilegiata per ricordare al mondo le sofferenze che vivono i nostri fratelli haitiani e che la Chiesa non può dimenticare. Il nostro Santo Padre, lo sapete, ha fortemente desiderato questo incontro: i poveri, i piccoli, i dimenticati occupano un posto privilegiato nel suo cuore.
La fase dell’intervento di emergenza ad Haiti è giunta a compimento e dobbiamo pensare ora alla ricostruzione, allo sviluppo alla riabilitazione del paese e dei suoi abitanti, cosa che comporta sempre un lavoro di prossimità, di ascolto, di dialogo e rispetto della dignità della persona umana.
Lo scorso novembre sono tornato ad Haiti dopo il mio primo viaggio, che avevo fatto nel gennaio 2011 e ho avuto la gioia di incontrare di nuovo il Presidente della Repubblica, i Vescovi della Chiesa in Haiti, i rappresentanti dei diversi organismi caritativi che sono impegnati in loco e di inaugurare delle strutture già realizzate grazie anche al contributo del Santo Padre.
Tali incontri e visite mi hanno consentito di notare motivi di speranza e un miglioramento della situazione generale : le macerie non ingombrano più le strade, le rovine sono state per la maggior parte smantellate, in poche parole, si vede che la ricostruzione è in corso. Vorrei pertanto ringraziare tutti e ciascuno di voi per l’impegno generoso che vi è stato profuso; tuttavia, siamo tutti consapevoli che vi è ancora molto che resta da fare.
Abbiamo oggi l’opportunità di riunirci sotto l’egida di Cor Unum e della Pontificia Commissione per l’America Latina e di profittare di questo foro per ascoltarci reciprocamente, condividere le nostre esperienze e agire in sinergia. La nostra presenza qui sta a testimoniare la nostra ferma volontà di rinfocolare e rafforzare il nostro impegno nella ricostruzione di Haiti e di continuare nel lavoro intrapreso per ridare speranza e dignità ai nostri fratelli haitiani. L’esortazione che il Santo Padre ci rivolgerà oggi, nel corso dell’udienza, rappresenterà un faro per noi e ci conforterà nel lavoro e nelle riflessioni.
Eppure il nostro agire sarebbe nullo se privo di un respiro di fede : abbiamo appena festeggiato il mistero dell’Incarnazione, che ci manifesta in modo eclatante l’amore infinito di Dio per ogni persona. La Chiesa, nel contemplarlo, professa un Padre che ama infinitamente ciascun essere umano, che ne è pertanto rivestito di una dignità infinita1. Comprende che la carità divina le chiede di farsi prossimo di ognuno, soprattutto di coloro che sono nella sofferenza e vivono in condizioni miserevoli, le domanda di promuovere incessantemente la loro dignità di figli di Dio, chiamati alla comunione con il Padre e di saper superare con ingegno le difficoltà momentanee che possono presentarsi nel servizio concreto di carità, allo scopo di armonizzare il loro cuore col cuore di Cristo e amare come Lui (cf. DCE 19). In fin dei conti, «tutta l’attività della Chiesa è espressione di un amore che cerca il bene integrale dell'uomo» (DCE 19).
Alla luce di questo vorrei sottolineare due punti che mi sembrano fondamentali per il prosieguo della nostra riflessione : il primo riguarda il posto della persona umana nell’opera di ricostruzione e il secondo la collaborazione tra organismi caritativi impegnati e la Conferenza Episcopale di Haiti.

1. Necessità di un’antropologia cristiana.
In primo luogo, la Chiesa sottolinea la centralità della persona umana. Il salmo 8 ci dice: «che cosa è l'uomo perché te ne ricordi e il figlio dell'uomo perché te ne curi? Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi» (Sal 8). Nel Salmo, l’uomo è collocato al centro della creazione e tutto è a lui sottomesso, ma egli rimane sottomesso a Dio, suo Creatore e Padre. Tale centralità comporta che l’uomo sia soggetto di ogni processo e che, concretamente, senza la ricostruzione della persona, non ci possa essere una ricostruzione del paese. Pertanto, è soltanto guarendo il cuore dell’uomo, donandogli una nuova vitalità, che si potrà dare un nuovo respiro ad Haiti. Allo stesso modo, nell’attività ecclesiale, non vi può essere un approccio pragmatico nei confronti della persona umana, né tantomeno un approccio amministrativo o gestionale, riducendo l’essere umano ad una semplice questione economica: la persona è un assoluto cui mira la nostra azione, è lo scopo del nostro agire e pertanto la misura con la quale dobbiamo valutare la bontà dei nostri progetti.
Quale uomo desideriamo aiutare ? Il Magistero della Chiesa ha considerato il mistero della persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio, definendo la nozione di sviluppo umano integrale nell’attività caritativa ecclesiale. Il Beato Papa Paolo VI affermava che: «l’autentico sviluppo dell'uomo riguarda unitariamente la totalità della persona in ogni sua dimensione»2. Senza rapporto con Dio, attraverso Gesù Cristo, « senza la prospettiva di una vita eterna, il progresso umano in questo mondo rimane privo di respiro»3. E’ questo bene integrale dell’uomo che costituisce la finalità del nostro intervento caritativo e la misura delle nostre iniziative. Ecco perché il nostro servizio deve comprendere queste due dimensioni – quella spirituale e quella materiale – senza esaurirsi pertanto in un benessere puramente e semplicemente materiale. Concretamente è necessario mettere in opera una collaborazione e delle sinergie per la realizzazione dei progetti, senza però dividere la persona umana in corpo e anima, ma rispettandone invece l’unità.
So che ciascun organismo ha le proprie priorità statutarie, ma mi sembra importante che oggi ci sforziamo di far convergere il nostro agire, la nostra riflessione, i nostri progetti verso il bene integrale della persona umana.

2. L’ultimo aspetto che desidero sottolineare è quello della collaborazione.
Molto è stato fatto per Haiti, molte belle opere che hanno potuto limitare il numero delle vittime e che hanno permesso di stabilizzare le condizioni di vita dei sopravvissuti ; dobbiamo ora rivolgere lo sguardo al futuro e fare di tutto per essere al servizio dei più poveri, dei più abbandonati, che sono il vero tesoro della Chiesa. Il Beato Paolo VI ha istituito il Pontificio Consiglio Cor Unum come istanza della Santa Sede responsabile dell’orientamento, coordinamento e armonizzazione ecclesiale di ogni collaborazione tra organismi e attività caritative promosse dalla Chiesa universale. Cor Unum è veramente quella piattaforma di dialogo privilegiato che la Santa Sede mette a vostra disposizione, a nome del Santo Padre : auspico che possa dare luogo ad una reale e fruttuosa collaborazione, nel rispetto del ruolo predominante della Chiesa particolare, governata e diretta dalla Conferenza Episcopale di Haiti. La sfida, oggi, consiste nel trovare i mezzi più adatti dal punto di vista tecnico ed ecclesiale per fare in modo che il nostro aiuto e tutte le risorse disponibili possano effettivamente giungere ai più poveri. Grazie al nostro senso ecclesiale, siamo sicuri di poter convergere verso soluzioni che saranno realmente e concretamente al servizio dei nostri fratelli sofferenti, poiché è questo il nostro scopo : servire i più poveri.

Conclusione :
La storia degli aiuti alla ricostruzione di Haiti non è stata semplice. Il dialogo resta difficile poiché comporta, da una parte e dall’altra, una volontà di armonizzare punti di vista differenti nella verità. Il mio augurio è che questa giornata produca molto frutto e che vi sia una sempre maggiore convergenza sui progetti e sulla metodologia di lavoro che sono, in ultima analisi, al servizio del bene dell’uomo.

Vi ringrazio.

1Cf Evangelii Gaudium 178
2 Paolo VI Lett. Enc. Populorum Progressio n.14 citata in Lett. Enc. Caritas in Veritate n.11
3 Ibidem.





 

 

 

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