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SOLENNE CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA
IN OCCASIONE DELLA XV GIORNATA MONDIALE DEL MALATO

OMELIA DEL CARD. JAVIER LOZANO BARRAGÁN    

"Jangchung Gymnasium" di Seoul
Domenica, 11 febbraio 2007

 

Ho il grande onore di rappresentare il Santo Padre Benedetto XVI alla XV Giornata Mondiale del Malato che stiamo celebrando in questi giorni a Seoul. È vero che si tratta di una celebrazione mondiale, tuttavia oggi si celebra in modo speciale in Asia e, a questo scopo, la Corea rappresenta tutta l'Asia nella preghiera per i malati.

La Conferenza Episcopale Coreana ha suggerito come tema della Giornata quello della cura pastorale dei malati che soffrono di una malattia inguaribile. Il Santo Padre Benedetto XVI ha benignamente accettato questo tema ed il nostro scopo, durante i tre giorni in cui si è svolta la Giornata, è stato quello di riflettere sulla condizione di questi malati e pregare per loro. Oggi, nella solenne Celebrazione liturgica, offriamo a Dio nostro Padre tutti i dolori e le sofferenze di questi nostri fratelli e li uniamo alla Passione, Morte e Risurrezione del Signore Gesù.

Il Santo Padre, nel Suo Messaggio per questa Giornata, ci ricorda come la Chiesa guardi a coloro che soffrono, specialmente quelli che per la povertà soffrono maggiormente, e richiama l'attenzione sui malati incurabili, molti dei quali stanno morendo a causa di malattie in fase terminale. Il Santo Padre vuole unirsi a tutti noi adesso per incoraggiarci a mostrare con la nostra testimonianza la tenerezza e la misericordia del Signore verso di essi.

Il Papa afferma come la Chiesa desideri che siano sostenuti i malati incurabili e quelli in fase terminale grazie a politiche sociali eque che possano contribuire ad eliminare le cause di molte malattie; chiede urgentemente una migliore assistenza per quanti a causa della loro povertà non possono contare su alcuna cura medica e per quanti stanno morendo, ricorrendo alla somministrazione delle cure palliative per sopportare le malattie incurabili ed affrontare la morte in maniera degna. Il Papa loda quanti nella Chiesa, seguendo l'esempio del Buon Samaritano, servono questi malati e li incoraggia ad andare avanti. La Chiesa, prestando assistenza a fianco dei malati incurabili, attraverso i suoi sacerdoti ed i suoi collaboratori pastorali, rende presente l'amorevole misericordia di Cristo verso chi soffre. Il Papa chiede infine alla Madonna, "Salute dei malati", che interceda per quanti nella Chiesa, in tutto il mondo, si dedicano con spirito evangelico alla cura di questi nostri fratelli.

Una realtà quanto mai legata a quella dei malati incurabili è la morte.

All'inizio del Suo Messaggio il Santo Padre afferma che "La vita umana, comunque, ha i suoi limiti intrinseci, e, prima o poi, termina con la morte. Questa è un'esperienza alla quale è chiamato ogni essere umano e alla quale deve essere preparato".

Papa Giovanni Paolo II, descrivendo alcuni aspetti negativi della cultura globale d'oggi, parlava della "cultura della morte". È però significativo che attualmente si cerchi di celare la morte, perché la cultura odierna sembra temerla e, poiché non la può vincere nonostante i progressi della medicina, preferisce non pensare ad essa, occultarla. È anche paradossale che la cultura attuale si pronunci in modo assoluto per la vita, ma soltanto per la vita sana e senza difetti; loda soltanto la vita che si identifica col benessere, a tal punto che oggi si definisce la salute come uno stato di perfetto benessere. Paradossalmente, la medesima cultura combatte la vita in se stessa, dall'aborto all'eutanasia. Questo atteggiamento è, d'altra parte, conseguente al Secolarismo, secondo il quale non c'è trascendenza e, se non c'è trascendenza, tutto si deve avere in questo mondo ed arrivare alla felicità quaggiù, sulla terra. Dunque, la felicità deve essere il benessere e niente altro. Si finge, quasi ci si illude di essere immortali e, quando arriva la morte degli altri, questa deve rimanere nascosta, in maniera che non disturbi.

In questo quadro, la sofferenza finisce con l'apparire assurda e si deve cercare ogni mezzo per eliminarla. Quando ciò non è possibile ed essa assume un volto che non si ritiene accettabile, si apre la porta all'eutanasia. Spesso si induce l'opinione pubblica a ritenere l'esistenza dei malati incurabili, o di coloro che portano il peso di una sofferenza estrema, come inutile, non degna cioè di essere vissuta. Si accusano di intransigenza e di pregiudizi religiosi coloro che si dicono contrari all'eutanasia. C'è una logica che non considerando come valore in sé la vita della persona, perché non risponde ad una visione in cui il benessere materiale, l'efficienza, la produttività divengono i "valori" fondanti dell'esistenza, apre la via a leggi che favoriscono la "cultura della morte".

Al contrario di questo atteggiamento, il Papa esorta, sull'esempio del Buon Samaritano, ad impiegare tutti i nostri sforzi per lenire il dolore anche nei malati terminali valorizzando le cure palliative. In fondo la posizione cristiana è ben distinta da quella che confonde il benessere ricercato a tutti i costi con la felicità. Certamente il benessere e la malattia non possono coesistere; ma è un'altra cosa il rapporto malattia e felicità. Queste sì, possono coesistere insieme. Afferma il Santo Padre: "Ora mi rivolgo a voi cari fratelli e care sorelle che soffrite di malattie incurabili e che siete nella fase terminale. Vi incoraggio a contemplare le sofferenze di Cristo crocifisso e, in unione con Lui, a rivolgervi al Padre con totale fiducia nel fatto che tutta la vita, e la vostra in particolare, è nelle sue mani. Sappiate che le vostre sofferenze unite a quelle di Cristo, si dimostreranno feconde per le necessità della Chiesa e del mondo...".

La fecondità spirituale, della quale parla il Papa, scaturisce dal mistero della croce e della risurrezione di Cristo. Cristo passa attraverso la morte per risorgere. Nella risurrezione si trovano la piena fecondità e la piena felicità. Di conseguenza, se saremo uniti a Cristo nella morte, saremo anche uniti a Lui nella risurrezione:  questa fede e questa ferma speranza donano al cristiano serenità e gioia anche di fronte alla morte e al "corteo che precede la morte", cioè, alle malattie, in particolare quelle incurabili. In queste realtà della vita, la prospettiva cristiana offre la capacità di conservare quella pace e quella felicità che nascono dalla fede in Cristo morto e risorto.

Avere la felicità nella malattia è frutto dell'amore che lo Spirito Santo effonde nei nostri cuori. Con questo amore noi possiamo continuamente, ma in modo speciale nelle malattie incurabili, consegnare il nostro spirito nelle mani di Dio, nostro Padre, come ha fatto Cristo sulla croce, sicuri di giungere con Lui alla gioia della risurrezione. Per noi cristiani la morte rappresenta l'ultima tappa della vita terrena e l'ingresso nella vita eterna, piena di amore e di gioia.

Abbiamo detto come il Santo Padre evochi Maria a conclusione del suo Messaggio. Egli afferma: "Che la Beata Vergine, nostra Madre, conforti quanti sono malati e sostenga quanti hanno dedicato la propria vita, come Buoni Samaritani, a curare le ferite fisiche e spirituali dei sofferenti". Tante volte le più profonde sono le ferite spirituali. Il nostro mondo è ferito fisicamente, ma anche spiritualmente e tante malattie psichiche, in particolare pensiamo alla depressione così diffusa nel mondo d'oggi, spesso hanno come origine l'assenza di speranza. Voglia la nostra Madre, Maria, vegliare su tutti i malati incurabili ed intercedere, in maniera speciale, per coloro che hanno bisogno della luce e della tenerezza che soltanto il Signore può dare. Amen.

 

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