PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE RIFLESSIONE DI S.E. MONS. GIAMPAOLO CREPALDI
L'enciclica Rerum novarum, con la quale nel 1891 Leone XIII, il Papa del Rosario, iniziava la storia moderna della dottrina sociale della Chiesa, si conclude con un inno alla carità, regina delle virtù sociali: "Coloro che hanno il dovere di provvedere al bene dei popoli - scrive il Papa - alimentino in sé e accendano negli altri, nei grandi e nei piccoli, la carità, signora e regina di tutte le virtù. La salvezza desiderata dev'essere principalmente frutto di una effusione di carità; intendiamo dire quella carità cristiana che compendia in sé tutto il Vangelo e che, pronta sempre a sacrificarsi per il prossimo, è il più sicuro antidoto contro l'orgoglio e l'egoismo del secolo" (n. 45). La carità cristiana permette, come afferma l'enciclica in un altro passo bellissimo - e assai noto - del paragrafo 21, di andare oltre l'amicizia sociale, verso l'amore fraterno. A distanza di oltre un secolo, Giovanni Paolo II, nella Lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae, insegna che il Rosario è "preghiera di pace anche per i frutti di carità che produce" (n. 40), Egli si riferisce alla carità cristiana, che Leone XIII poneva alla base della pacifica convivenza civile. Questa carità dipende largamente dalla preghiera, specialmente da quella che si esprime nella recita del Rosario. La pace, intesa secondo la lezione della Pacem in Terris - di cui celebreremo tra qualche mese il quarantesimo anniversario - come l'"ordine fondato sulla verità, costruito secondo giustizia, vivificato e integrato dalla carità e posto in atto dalla libertà" (n. 89), è un frutto che si può pienamente ottenere solo grazie ad un "intervento dall'Alto" (Giovanni Paolo II, Lett. ap. Rosarium Virginis Mariae, 40) e con un nuovo orientamento dei cuori che dia frutti di carità. Il Santo Padre, ponendo in risalto il profondo legame che intercorre tra pace e preghiera del Rosario, per il medium della virtù cristiana della carità, ci invita a considerare l'intera dottrina sociale della Chiesa e il suo scopo ultimo - la pace, appunto, dono di Dio - nei loro strettissimi rapporti con la preghiera e la preghiera mariana in particolare. Ci sollecita a collocare l'intero sviluppo della dottrina sociale della Chiesa nell'orizzonte della contemplazione di Cristo che la recita del Rosario vuole favorire. Ci spinge, quindi, a considerare in profondità l'anima mariana dell'insegnamento sociale del Magistero, la centralità del mistero di Maria nella dottrina sociale della Chiesa. La Lettera apostolica del Papa sul Rosario getta una luce nuova sul ruolo della Beata Vergine nella dottrina sociale della Chiesa. Questa dottrina, in quanto "annuncia Dio ed il mistero di salvezza in Cristo" (Centesimus annus, 54), è saldamente incentrata sul "sì" pronunciato da Maria all'Angelo, un "sì" frutto di carità, atto di carità e generatore di carità. Anche quello che la Chiesa esprime nella sua dottrina sociale è un "sì": è l'accettazione del disegno di Dio sull'umanità; un "sì" a rinnovati rapporti sociali, non solo di amicizia, ma anche di amore fraterno; ad un impegno a servizio dei fratelli, da guardare con gli occhi illuminati dalla luce che riverbera dal Volto di Cristo, contemplato nella preghiera. Enunciando la sua dottrina sociale, la Chiesa, conformandosi a Maria, Mater Ecclesiae, invita a fare quello che Gesù ci dirà (cfr Gv 2, 5); anch'essa presenta Cristo a tutte le genti come se fosse nella Grotta di Betlemme e propone la realizzazione delle virtù nel quotidiano come se frequentasse Gesù nelle attività familiari della casa di Nazareth. La Chiesa elabora la sua dottrina sociale imitando Maria che medita nel Suo cuore (cfr Lc 2, 19) la volontà del Signore, e "rimane accanto a Cristo nel suo cammino verso e con gli uomini" (Centesimus annus, 62). La dottrina sociale della Chiesa nasce sotto la Croce, con Maria inginocchiata: con questa dottrina la Chiesa si fa carico delle sofferenze e delle ingiustizie e indica a tutti gli uomini gli orizzonti di un mondo nuovo: "Ecco, io faccio nuove tutte le cose" (Ap 21, 5). Il mistero mariano illumina il messaggio di pace della dottrina sociale della Chiesa e lo radica maggiormente nella sua origine, in Cristo. Sotto vari aspetti, la dimensione teologica mariana della dottrina sociale della Chiesa attende ancora di essere esplorata e approfondita. La Lettera apostolica del Papa sul Rosario implicitamente pone questo rapporto e chiede questo approfondimento. Non va dimenticato che le ultime due encicliche sociali di Giovanni Paolo II terminano entrambe con un pensiero e una preghiera rivolti a Maria. All'interno di questo rapporto tra dottrina sociale della Chiesa e preghiera mariana, tanto denso di rimandi teologici tutti ancora da valorizzare pienamente, si colloca lo stretto legame tra il Rosario e la pace di cui si occupa il paragrafo 40 della recente Lettera apostolica del Papa. Attraverso la "via" di Maria, il cristiano può dire con san Paolo "non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" (Gal 2, 20). Questa è la spiritualità cristiana: non solo devozione, ma soprattutto e prima di tutto accoglienza della vita di Grazia nella totalità della nostra esistenza. Il Rosario, nella sua contemplazione orante del mistero di Cristo, nato, crocifisso e risorto per noi, alimenta la spiritualità del cristiano, che non è mai separazione e distacco dalla vita quotidiana e sociale. Nella Laborem exercens Giovanni Paolo II insegna che il problema dello sviluppo dell'uomo e del lavoro può essere risolto solo con una nuova spiritualità del lavoro (n. 26). Ciò, naturalmente, vale non solo per il lavoro, ma per ogni altro ambito di impegno storico e sociale, come ben sottolinea la Mater et magistra di Giovanni XXIII: "Qualora si garantisca nelle attività e nelle istituzioni temporali l'apertura ai valori spirituali e ai fini soprannaturali, si rafforza in esse la efficienza rispetto ai loro fini specifici ed immediati" (n. 235). La spiritualità cristiana non è evasione, ma elevazione. Le vite sante hanno sempre prodotto anche grandi opere, perché l'ascesi cristiana non è disprezzo del mondo, ma capacità di accoglierlo e purificarlo. Questo è il messaggio centrale del paragrafo 40 della Lettera apostolica sul Rosario. La preghiera e la contemplazione di Cristo per la "via" di Maria producono, come si diceva all'inizio, frutti di carità. I misteri gaudiosi contemplano la vita nascosta di Gesù Bambino e inducono ad accogliere e promuovere la vita. Nei misteri della luce si contempla l'annuncio del Regno di Cristo e ciò spinge a vivere nel quotidiano le beatitudini. Nei misteri dolorosi si fissa lo sguardo su Cristo crocifisso e questo comporta un curvarsi, come cirenei, sull'uomo sofferente. Nei misteri gloriosi si contempla Cristo risorto, ma ciò significa impegnarsi per contribuire a rendere nuove tutte le cose. Il paragrafo conclude questa prospettiva indicandoci, in sintesi, la funzione essenziale del Rosario che "mentre ci fa fissare gli occhi su Cristo... ci rende anche costruttori della pace nel mondo". La Lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae ci propone un impegnativo ed affascinante programma. Un programma personale e comunitario di preghiera mariana che produce anche molti frutti di carità. Un programma, altrettanto personale e comunitario, di recupero della dottrina sociale della Chiesa e dei suoi insegnamenti da rileggere nella loro dimensione teologica mariana. Il Rosario sta al centro di ambedue i programmi, entrambi sicuro percorso per ottenere avanzamenti e miglioramenti sulla via della pace.
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