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 PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE

RIFLESSIONE DI S.E. MONS. RENATO RAFFAELE MARTINO

 

IL PAPA E LA PACE  

L'opinione pubblica, pur secondo le sue modalità proprie, ossia talvolta in modo ben focalizzato altre volte in modo un po' distratto, è stata senz'altro vivamente interessata ai tre aspetti principali dell'attività della Chiesa cattolica a proposito della pace:  il recentissimo magistero del Santo Padre, l'incessante attività diplomatica del Papa stesso e della Santa Sede, soprattutto con le missioni affidate al Cardinale Etchegaray a Bagdad e al Cardinale Laghi a Washington, e infine la giornata del 5 marzo, mercoledì delle Ceneri, giornata di preghiera e digiuno affidata all'intercessione di Maria "Regina pacis". I tre elementi, anche singolarmente presi, hanno condotto ad un livello "alto" il dibattito sulla pace in queste ore di tensione e forte preoccupazione, ma il loro più autentico valore e più profondo significato lo devono al loro legame vicendevole. Le tre linee di intervento - magistero, attività diplomatica, preghiera e digiuno - posseggono un "valore aggiunto" costituito dalla loro intima correlazione, dall'essere tre aspetti che si sostengono e si illuminano a vicenda. Essi vanno colti come un unico "plesso" e, in questo modo, possono costituire un punto di partenza significativo nella pedagogia della pace.

Il magistero del Papa in questi ultimi giorni si è focalizzato sulla pace come "speciale dono del Risorto" (Rosarium Virginis Mariae, n. 40). In questo modo la pace non è stata allontanata ma avvicinata e resa prossima all'uomo; in questo modo la pace è stata liberata dalle ideologie e da ogni possibile strumentalizzazione e, quindi, è stata resa veramente "possibile". Radicare la pace in Dio e intenderla soprattutto come un suo dono significa da un lato renderla "indisponibile" alle manipolazioni di parte e, proprio per questo, metterla a disposizione degli uomini, farne cosa pienamente umana. La pace viene dall'Alto, per questo è anche alla nostra portata. Non sembri un paradosso. Radicata saldamente in Dio, essa diventa aspetto caratterizzante la fede cristiana nell'Emmanuele, nel Dio con noi; acquista profondità e permea le pieghe più profonde del nostro essere. Ricondotta Lassù, essa viene resa utilizzabile quaggiù, viene liberata dalle ideologie per diventare una cosa degli uomini, una cosa nostra, una cosa "mia".

Radicata in Dio, la pace acquista respiro e libertà, diventa forza attraente e con-vincente perché diventa "vocazione". La pace è anche una "mia" questione, essa interpella anche me, proprio perché essa non è di nessuno in particolare, ma un dono dall'Alto. La verticalità si trasforma in orizzontalità. Più la pace è fondata in Dio, più essa è di tutti e non solo di qualcuno. Nessuna bandiera può completamente interpretarla, nessuna parte ne ha piena titolarità, nessun interesse in campo può esimersi dal confrontarsi con essa. Nessuno è esente da colpe nei suoi confronti, anche se non tutte le colpe sono uguali. La pace diventa "misura" e criterio di discernimento, diventa "agenda":  elenco di cose da farsi, ossia doveri. Come "dono di Dio" essa appartiene all'umanità, è il suo bene comune. È scontrosa e condiscendente, esigente e disponibile. Scontrosa, perché non tollera meschini compromessi e strumentalizzazioni; condiscendente, perché si pone alla portata di tutti, "perfino" dei grandi della terra. Esigente, perché fatta per persone convinte e coraggiose; disponibile, perché si adegua al realismo della gradualità e alla tolleranza delle debolezze umane.

Su questo magistero si è inserita la strenua attività diplomatica del Papa stesso e della Santa Sede, che hanno incontrato i principali protagonisti mondiali della politica. I giornali hanno parlato nei giorni scorsi delle due ultime potenze mondiali rimaste:  gli Stati Uniti e l'opinione pubblica mondiale. A vedere l'attività diplomatica del Papa e della Santa Sede in questi ultimi giorni si può avere l'impressione che una terza "potenza" mondiale sia all'opera. Ma sarebbe riduttivo considerare l'incessante attività diplomatica della Santa Sede con gli occhi della usuale politica internazionale, con il criterio degli Stati e degli eserciti. La forza di questa azione diplomatica sta tutta nella sua natura pastorale, di annuncio della Notizia cristiana ai cuori degli uomini. La Chiesa non fa politica, anche quando il Papa incontra i massimi capi di Stato in frangenti preoccupanti come il presente. Ma quando la Chiesa annuncia Cristo, vera Pace, e quando si impegna a non spegnere la convinzione che la pace, prima che costruzione delle Cancellerie, è dono di Dio e frutto dell'operato di uomini giusti, allora non può non avere anche ripercussioni "politiche" positive.

In terzo luogo, la preghiera e il digiuno del mercoledì delle Ceneri. Anche questa volta la contemplazione cristiana si è rivelata pregna di realismo. La preghiera per la pace non è evasione ma immersione nella vita, il digiuno per la pace che il Papa ha chiesto il 5 marzo scorso non è stato un vuoto tergiversare:  tenendo gli occhi fissi su Cristo, come dice la Rosarium Virginis Mariae (n. 40), possiamo diventare costruttori di pace. Il realismo cristiano fonda la pace nel "Dio della pace" e proprio per questo ne fa qualcosa di spendibile qui e ora, ne fa moneta di dialogo e di confronto, di caparbietà per il bene comune, di coraggio creativo ed anche di sapiente realismo. Proprio perché la pace la si riceve - è dono, appunto - proprio per questo essa è anche nelle nostre mani. Non la si fabbrica, piuttosto la si fa germinare o fruttare. E la si crea pian piano, sicché il no alla guerra è anche un "rivedere" il cammino che l'ha resa possibile. È un tenere i piedi per terra nella consapevolezza che il tragitto verso la pace è lungo ma non impossibile, che le resistenze sono tante ma non insormontabili, che il passato ostacola il futuro ma non lo pregiudica e, soprattutto, che non c'è "la" guerra, ma ci sono "le" guerre, quelle su cui puntano i riflettori i media nei momenti di emergenza, ma anche quelle dimenticate e che rimangono nascoste, quelle coperte da interessi e ideologie, quelle "tollerate" in quanto politicamente corrette.

Il valore aggiunto di questi tre elementi strettamente collegati in un unico plesso significativo con ogni probabilità costituiranno un punto di partenza importante per la pedagogia della pace nel mondo, un passaggio della coscienza morale dell'umanità ad un livello superiore di maturità.

  

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