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PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE

CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA
PRESIEDUTA DALL'ARCIVESCOVO RENATO RAFFAELE MARTINO
IN OCCASIONE DEL PRIMO ANNIVERSARIO
DELLA MORTE DEL CARD. FRANÇOIS-XAVIER NGUYÊN VAN THUÂN

OMELIA DI S.E. MONS. GIAMPAOLO CREPALDI 

Martedì 16 settembre 2003

 

 

"La sua anima fu gradita al Signore": con queste parole del libro della Sapienza, siamo introdotti nel ricordo del Card. Van Thuân, che ci lasciava un anno fa per ritornare alla Casa del Padre. La sua anima era pronta per l'incontro eterno con l'Amore e con la Pace. "Divenuto caro a Dio, fu amato da Lui": anche queste parole del libro della Sapienza ci aiutano a meglio comprendere il senso della morte del Card. Van Thuân:  un evento che ci consente una comprensione piena e vera di tutta la sua esistenza perché segnato anch'esso dall'amore.

Dio, con il Suo amore provvido e misericordioso, lo accompagnò, lo sostenne, lo salvò nelle complicate vicissitudini di una vita vissuta negli incroci più drammatici del secolo scorso. A questo amore, il Cardinale seppe rispondere con un abbandono fiducioso; al Signore rimase fedele anche nei momenti più bui e pericolosi della prova e della tentazione. Affermava che rimanere nel Signore non è ozio né passività. È un'azione, un atto d'amore per Dio: "Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto" (Gv 15, 5). La testimonianza radiosa del Cardinale ci fa penetrare in profondità il significato del vangelo di san Paolo: "Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" (Gal 2, 20). Così anche la nostra preghiera sa diventare parola d'amore: Signore Gesù, voglio rimanere in Te; Tu e io saremo uno, una sola volontà, un solo cuore, un solo slancio, un solo amore. Non si distinguerà più quanto appartiene a Te, quanto a me.

Quando, nel disbrigo delle pratiche e delle attività del Dicastero, insorgevano problemi o intervenivano difficoltà ardue da risolvere e governare, il Cardinale era solito rassicurarmi esclamando, con evangelica semplicità: "Non si preoccupi, il Signore ci salva!". Non fuggiva dalle sue responsabilità, ma riportava tutto sotto la prospettiva giusta della volontà misericordiosa di Dio e del Suo amore provvidente. Quella sua esclamazione rivelava la qualità spirituale della vita interiore del Cardinale e costituisce la chiave per penetrare il mistero della sua anima. Tutto è nelle mani di Dio e tutto va posto nelle sue mani, senza resistenze e con assoluta fiducia. Lo scrive S. E. Mons. Martino in un articolo apparso oggi ne L'Osservatore Romano: "Per chiunque ha avuto la fortuna di incontrare il Cardinale Van Thuân, immediata è stata la percezione di trovarsi di fronte a un autentico uomo di Dio, un uomo di preghiera, che riconduceva tutto a Dio, sapendo riconoscere in ogni esperienza la mano provvida del Signore. Nel martirio dell'amore di Dio egli aveva vissuto la sua travagliata e drammatica vicenda personale di cristiano e di Vescovo, partecipando sempre, con tutto il suo essere, alla misericordiosa comunione divina. Durante i tredici anni di ingiusta reclusione nelle carceri vietnamite, il Cardinale affrontò e patì l'angosciante tentazione della solitudine e della disperazione. Proprio in quella terribile desolazione esistenziale, che lo aveva privato di ogni riferimento umano e di tutte le relazioni ecclesiali, la sua anima ebbe la grazia di non disperare, ma di aprirsi piuttosto al gioioso riconoscimento dell'amore di Dio e della Sua misericordiosa presenza. Dio gli si manifestava come il Tutto". Questo gli bastava a ridimensionare il peso e la sofferenza della privazione della dignità personale e della libertà: quando si è in comunione con Dio, che è il Tutto, perché lasciarsi angustiare dal resto?

Meditava, nei giorni terribili della prigionia, sulla domanda dei discepoli a Gesù, durante la tempesta: "Maestro, non t'importa che moriamo?" (Mc 4, 38), finché una notte, dal fondo del cuore, una voce gli parlò: "Perché ti tormenti così? Devi distinguere tra Dio e le opere di Dio, tutto ciò che hai compiuto e desideri continuare a fare, visite pastorali, formazione di seminaristi, religiosi, religiose, laici, giovani, costruzioni di scuole, di centri studenteschi, missioni per l'evangelizzazione dei non cristiani..., tutto ciò è un'opera eccellente, sono opere di Dio, ma non sono Dio! Se Dio vuole che tu abbandoni tutte queste opere, mettendole nelle Sue mani, fallo subito, e abbi fiducia in lui. Dio lo farà infinitamente meglio di te; egli affiderà le Sue opere ad altri, molto più capaci di te. Tu hai scelto Dio solamente, non le Sue opere!". Aveva imparato a fare la volontà di Dio. Questa luce gli portò una forza nuova, che cambiò completamente il suo modo di pensare e lo aiutò a superare dei momenti fisicamente quasi impossibili. Abbiamo qui, in termini essenziali, la piena e profonda verità di un cristianesimo vissuto santamente, in maniera esemplare. Fu questo veramente il grande segreto del Cardinale Van Thuân!

Così seppe vivere nella gioia del Cristo risorto, nel perdono, nell'amore e nell'unità, anche in mezzo a difficoltà quasi insopportabili. Questo suo atteggiamento fece cambiare pure i suoi carcerieri, che diventarono suoi amici. Lo aiutarono persino, di nascosto, a ricavare una croce da un pezzo di legno e poi a fare anche la catena, col filo elettrico della prigione, che egli portò sempre, perché gli richiamava l'amore e l'unità che Gesù ci ha lasciato nel Suo testamento. Quella catena sostenne sempre la sua croce pettorale di Vescovo e poi di Cardinale, quella vecchia croce di legno, ricoperta con un po' di metallo. Croce di testimonianza eroica, croce d'amore.

L'amore donava una spiccata tonalità eucaristica alla sua spiritualità. Ne è testimonianza questo insegnamento del Cardinale sull'Eucaristia, pronunciato poco prima di morire. Vi si possono cogliere tutta la delicatezza e la sensibilità della sua anima, la complessa semplicità del suo grande spirito: "Ciò di cui abbiamo bisogno ce lo dà Gesù nell'Eucaristia:  l'amore, l'arte di amare: amare sempre, amare con il sorriso, amare subito e amare i nemici, amare perdonando, dimenticando di aver perdonato. Penso che Gesù nell'Eucaristia possa insegnarci sette aspetti di questo amore. Nel cenacolo Gesù ci manifesta l'amore sacrificato: "Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi". Quando, dopo la cena, va nel Getsemani, è un amore abbandonato: Gesù si sente abbandonato dal Padre, ma invece Lui si abbandona completamente e totalmente nelle mani del Padre: "Non sicut ego volo sed sicut tu". Sulla croce, Gesù ha manifestato l'amore consumato perché ci ha amati sino alla fine e ha detto: "Tutto è compiuto". Non rimane niente che egli non abbia fatto per noi. E quando da risorto accompagna i due discepoli a Emmaus e parla con loro spiegando le Scritture e nella frazione del pane si rivela loro come Eucaristia, è un amore intimo.

Nella Messa, Gesù si offre nelle nostre mani ogni giorno; il Suo sacrificio per noi, il Suo sangue versato per noi e per tutti è un amore immolato, un amore mangiato, come diceva il curato d'Ars. Nel tabernacolo, Gesù ci manifesta l'amore nascosto nel silenzio e nell'orazione. Nell'ostensorio, Gesù ci mostra l'amore radiante e noi siamo tutti un raggio di Gesù, dobbiamo essere luce come Lui ci vuole".

Affidiamo questi pensieri a Maria, che il Cardinale Van Thuân amava con tenerezza e pregava con fervore: saprà Lei custodirli nel Suo cuore di Madre e renderli fecondi di bene e di grazia, in cielo e sulla terra.

   

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