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SANTA MESSA IN SUFFRAGIO DI SERGIO VIEIRA DE MELLO
E DELLE ALTRE 21 VITTIME
DELL'ATTENTATO CONTRO L'UFFICIO ONU A BAGHDAD

OMELIA DELL'ARCIVESCOVO RENATO R. MARTINO

Basilica di Santa Maria in Trastevere
Venerdì, 19 settembre 2003

 

Siamo riuniti in questa splendida Basilica romana di Santa Maria in Trastevere per una preghiera di suffragio per Sergio Vieira de Mello e i suoi collaboratori della sede ONU di Baghdad, brutalmente colpiti dalla ferocia terroristica nell'adempimento di una missione di pace nel tormentato paese dell'Iraq. L'atto terroristico ci ha lasciato tutti sgomenti e pieni di angoscianti interrogativi, sia perché tutti conoscevamo e stimavamo Sergio Vieira de Mello, sia perché è quanto mai doloroso prendere atto di come a questo sacrificio si colleghi il rischio di allontanare il tempo della pace e della concordia. Mentre eleviamo al Signore la preghiera per le persone uccise, nell'ambito di questa sacra celebrazione vogliamo anche lasciarci interpellare da un sacrificio che non dovrà restare infecondo. Come non ricordare a questo proposito quanto afferma Gesù nel Vangelo che abbiamo appena ascoltato: "Se il chicco di grano caduto in terra non muore rimane solo; se invece muore produce molto frutto" (Gv 12, 24)? Questa è la prospettiva - certamente paradossale, ma profonda e consolante - che la fede cristiana indica e delinea:  da una vita spesa fino alla morte per la realizzazione del bene nasce nuova vita. È la prospettiva della Pasqua che ci introduce nel dinamismo straordinario che collega il mistero della morte a quello della vita, la Croce alla Risurrezione, il Crocifisso al Risorto. La fede dischiude in questo modo la porta alla speranza e ci aiuta a confermare dentro di noi le ragioni di un impegno per il bene, per la giustizia e per la pace.

Durante la mia lunga frequentazione degli ambienti diplomatici internazionali, ho avuto molte occasioni per incontrare a apprezzare l'amico, carissimo e fraterno, Sergio Vieira de Mello. In quelle sedi, egli era riuscito a diventare un punto sicuro di riferimento - molti lo chiamavano "la punta di diamante dell'ONU". Si vedevano confermate, nella sua persona e nella sua opera, le ragioni politiche e culturali di una decisa affermazione della dignità della persona umana e dei suoi diritti fondamentali, della giustizia sociale, della cooperazione internazionale, dell'intesa tra le Nazioni e della pace. Aveva accettato di andare a Baghdad, pur consapevole dei rischi legati a una missione delicata che doveva dimostrarsi indipendente e feconda. Sì, Sergio Vieira de Mello era il volto indipendente ed efficace delle Nazioni Unite. Egli ha nobilitato il ruolo del diplomatico nello scenario multilaterale per averlo coltivato con passione, svolto con intelligenza, illuminato con intime convinzioni che attingevano la loro linfa dal patrimonio di fede e carità del Vangelo di Gesù.

Possiamo vedere in lui un mirabile esempio di testimone attuale di una vibrante carità sociale e politica, da segnalare a quanti vogliono dare al mondo, con la loro opera, speranze di vita e di futuro.

Il sacrificio di Sergio Vieira de Mello va opportunamente collocato nel contesto di un'umanità segnata da inaccettabili disuguaglianze sociali, da continue e crescenti violazioni dei diritti umani, da guerre e conflitti innumerevoli, disseminati un po' ovunque, in un contesto tanto oscuro e tenebroso da indurci nella tentazione dell'impotenza e della disperazione. Ma così non deve e non può accadere! Al contrario! Il sacrificio di Sergio Vieira de Mello, illuminato dalla prospettiva pasquale della vita e della pace, chiede rinnovate assunzioni di responsabilità e propositi fermi e magnanimi. Il Santo Padre Giovanni Paolo II, nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di quest'anno, ha invitato tutti a costruire la pace tramite concreti gesti di pace. Il mio personale auspicio è che sia precisa volontà di ognuno di noi discernere nel sacrificio di Sergio uno di questi gesti di pace:  straordinariamente carico di promesse di bene e di amore proprio perché estremo.

Quest'anno stiamo celebrando il quarantesimo anniversario della Pacem in terris. Voi tutti sapete che per quanto riguarda le tematiche connesse alla pace, questa enciclica resta il documento più organico e illuminante del Magistero sociale. Il beato Giovanni XXIII, dopo aver annoverato tra i segni del nostro tempo l'impercettibile ma reale passaggio dal timore all'amore nelle relazioni tra gli uomini e tra i popoli, così esprime la sua speranza:  "È lecito sperare che gli uomini, incontrandosi e negoziando, abbiano a scoprire meglio i vincoli che li legano, provenienti dalla loro comune umanità e abbiano pure a scoprire che una fra le più profonde esigenze della loro comune umanità è che tra essi e tra i rispettivi popoli regni non il timore, ma l'amore:  il quale tende ad esprimersi nella collaborazione leale, multiforme, apportatrice di molti beni" (n. 67). Credo non ci siano parole più belle per descrivere il senso della vita e della morte di Sergio. La speranza del beato Giovanni XXIII, che fu anche quella di Sergio, diventi oggi sempre di più la nostra speranza e il cuore del nostro impegno per la realizzazione di un mondo nel segno della giustizia e della pace!

L'intera vita di Sergio Vieira de Mello, spesa a livello internazionale fino alla morte, ha anche il profondo significato di affermare il valore della comunità internazionale; di affermare il valore di relazioni internazionali improntate al rispetto reciproco e alla comune solidarietà; di affermare il valore di organismi internazionali, che costituiscono la spina dorsale della vita e della vitalità della famiglia dei popoli. Il sacrificio di Sergio ci ammonisce che, nonostante i limiti innumerevoli, le fragilità congenite, la necessità di improrogabili rinnovamenti, la Comunità internazionale resta un punto fermo da cui non si deve prescindere nel difficile cammino che porta alla pace. Le difficoltà che segnano lo scenario attuale rendono decisive le scelte per le sorti future della Comunità internazionale. In questo contesto, Sergio Vieira de Mello si pone, con il suo sacrificio, come un testimone di speranza che invita al coraggio. Recentemente, Sua Eminenza il Cardinale Segretario di Stato Angelo Sodano ha scritto nella Prefazione del volume Words That Matter: "In questo inizio di millennio, segnato da un terrorismo cieco e da una violenza odiosa, l'invito al coraggio è di una bruciante attualità. Nessuno - e tanto meno un diplomatico - deve disperare di un ordine internazionale aperto alla giustizia, alla libertà, alla solidarietà e alla pace. La storia non ci insegna ad esser uomini di retroguardia; al contrario, essa ci invita a essere uomini di avanguardia e di speranza". Noi, che abbiamo conosciuto e stimato Sergio Vieira de Mello, possiamo affermare che fu un uomo di avanguardia e di speranza! La sua cara persona e la sua preziosa opera resteranno per noi come una "bussola" per orientarci e un aiuto per saperci proporre, anche noi, come uomini di avanguardia e di speranza per il nostro tempo.

  

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