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CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE
DEL MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
PER LA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE 2007

INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. RENATO R. MARTINO 

Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede
Martedì, 12 dicembre 2006

 

1. Sono lieto di trovarmi con voi, per la presentazione del Messaggio di Sua Santità Benedetto XVI per la Giornata Mondiale della Pace 2007. Per questa circostanza, il Santo Padre ha scelto e proposto come tema di riflessione la persona umana, considerata come il cuore pulsante di ogni autentico progetto di pace. Nella cornice della celebrazione del 40° anniversario dell’Enciclica Populorum progressio di Paolo VI e del 20° anniversario della Sollicitudo rei socialis di Giovanni Paolo II, il Santo Padre offre una serie di indicazioni tematiche che collegano costantemente la verità della persona umana alla verità della pace, che costituiva il tema del Messaggio del 2006. Possiamo affermare che il Messaggio di quest’anno va letto e interpretato come una continuazione e un completamento del Messaggio precedente. Al n. 1, infatti, il Santo Padre afferma che, "rispettando la persona si promuove la pace, e costruendo la pace si pongono le premesse per un autentico umanesimo integrale". La persona e la pace si richiamano costantemente in una feconda circolarità che costituisce la premessa e il presupposto più solido per dare corpo ad un corretto approccio culturale, sociale e politico alle complesse tematiche relative alla realizzazione della pace nel nostro tempo.

2. Il Messaggio papale si presenta strutturato in tre parti, in ognuna della quali il tema della persona umana viene progressivamente trattato in relazione ai vari aspetti della promozione della pace. Nella prima parte si evidenzia il senso e il valore della connessione tra persona umana e pace intese e proposte attraverso le categorie teologico-spirituali del dono e del compito; nella seconda, la verità della persona umana è messa in relazione con il concetto nuovo e innovativo di ecologia della pace; nella terza, la verità della persona umana è considerata in riferimento alla complessa realtà del rispetto dei suoi diritti fondamentali, del diritto umanitario internazionale e di alcune responsabilità inerenti all’azione delle Organizzazioni internazionali. Il Messaggio si conclude con un invito ai cristiani a farsi operatori di pace.

3. La trattazione della prima parte del Messaggio è contenuta nei numeri che vanno dal 2 al 7, e si apre con una citazione della Sacra Scrittura dove si afferma che la persona umana è creatura di Dio, fatta a Sua immagine e somiglianza: «Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò» (Gen 1,27). Illuminato dalla parola biblica sulla verità dell’uomo, il Messaggio papale individua il fondamento della dignità della persona nel suo essere creata ad immagine di Dio. Collocata in questa prospettiva, "la persona umana non è soltanto qualche cosa, ma qualcuno, capace di conoscersi, di possedersi, di liberamente donarsi e di entrare in comunione con altre persone. Al tempo stesso è chiamata, per grazia, ad un’alleanza con il suo Creatore, a offrirgli una risposta di fede e di amore che nessun altro può dare in sua sostituzione" (n. 2). Creato da Dio, «l’uomo è donato a se stesso da Dio»(1), ma l’uomo donato a se stesso porta dentro di sé un compito: egli, infatti, si trova investito del compito di realizzarsi e di dare forma concreta a un mondo rinnovato nella giustizia e nella pace. Qui il Santo Padre inserisce una citazione dalle Omelie di Sant’Agostino che, con una efficacissima sintesi, riassume la verità dell’uomo inteso come dono e come compito. Afferma il Santo di Ippona: «Dio, che ci ha creati senza di noi, non ha voluto salvarci senza di noi»(2). La duplice coscienza del dono e del compito risulta pertanto come un dato connaturale a tutti gli uomini e a tutte le donne, perché in tutti esiste l’impronta della comune origine e il segno della comune meta, alla quale tutti aspirano per realizzare la piena verità del loro essere persone umane.

4. Il Messaggio colloca la pace dentro questa cornice antropologica, presentandola anch’essa come un dono e come un compito. Essa è prima di tutto un dono. Afferma il Messaggio al n. 3: "La pace è, infatti, una caratteristica dell’agire divino, che si manifesta sia nella creazione di un universo ordinato e armonioso come anche nella redenzione dell'umanità bisognosa di essere recuperata dal disordine del peccato. Creazione e redenzione offrono dunque la chiave di lettura che introduce alla comprensione del senso della nostra esistenza sulla terra". La pace come dono comporta anche un compito. Richiamando un famoso passaggio del discorso di Giovanni Paolo II all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 1995, il Santo Padre Benedetto XVI afferma che "La trascendente ‘‘grammatica'', vale a dire l'insieme di regole dell’agire individuale e del reciproco rapportarsi delle persone secondo giustizia e solidarietà, è iscritta nelle coscienze, nelle quali si rispecchia il progetto sapiente di Dio. Come recentemente ho voluto riaffermare, «noi crediamo che all’origine c’è il Verbo eterno, la Ragione e non l’Irrazionalità»(3). La pace è quindi anche un compito che impegna ciascuno ad una risposta personale coerente col piano divino" (n. 3). Rispettare la grammatica del mondo e della natura umana: è questo il criterio che deve guidare e orientare il compito della pace. Collaborare alla pace significa accogliere il sapiente progetto di Dio sul mondo e sull’uomo e lavorare affinché si realizzi, senza pretese di autosufficienza, ma in atteggiamento di obbedienza a Dio.

5. Nella prospettiva del Messaggio, è il riconoscimento dell’ordine trascendente delle cose la base su cui dare fondamento al dialogo interreligioso e culturale finalizzato alla promozione della pace. Il Santo Padre Benedetto XVI richiama a questo proposito un punto assai importante e decisivo se considerato nell’orizzonte complessivo dell’insegnamento morale cattolico: per far progredire il fronte della pace, l’umanità di oggi deve far tesoro delle norme del diritto naturale che "non vanno considerate come direttive che si impongono dall'esterno, quasi coartando la libertà dell'uomo. Al contrario, esse vanno accolte come una chiamata a realizzare fedelmente l'universale progetto divino iscritto nella natura dell'essere umano. Guidati da tali norme, i popoli — all'interno delle rispettive culture — possono così avvicinarsi al mistero più grande, che è il mistero di Dio. Il riconoscimento e il rispetto della legge naturale pertanto costituiscono anche oggi la grande base per il dialogo tra i credenti delle diverse religioni e tra i credenti e gli stessi non credenti. È questo un grande punto di incontro e, quindi, un fondamentale presupposto per un'autentica pace" (n. 3).

6. Nell’orizzonte di questa impegnativa prospettiva teologica e culturale, il Santo Padre afferma che alcuni beni sono e devono restare indisponibili; si tratta del diritto alla vita e del diritto alla libertà religiosa. In che senso tali beni vanno considerati come indisponibili? Possiamo riassumere la risposta del Santo Padre con le seguenti parole: il rispetto del diritto alla vita in ogni sua fase pone l’uomo davanti alla natura intesa come dono; di essa l’uomo non ha la completa disponibilità; il diritto alla libertà religiosa apre la natura ad un fondamento che la trascende e, anche in questo caso, la toglie alla completa disponibilità umana. La pace ha bisogno dell’indisponibile. Il rispetto della vita e del diritto a manifestare la propria fede in Dio permettono, infatti, l’incontro tra gli uomini e i popoli su quanto non è in loro potere. Sulla scorta del consenso su quanto non è in potere dell’uomo si può fondare poi anche l’accordo su quanto è in suo potere. Nel contesto di queste considerazioni, il Santo Padre manifesta alcune concretissime preoccupazioni: la prima riguarda quelle che definisce le morti silenziose provocate dalla fame, dall’aborto, dalla sperimentazione sugli embrioni e dall’eutanasia; la seconda riguarda le difficoltà che incontrano i cristiani, ma anche fedeli di altre religioni nell’esercizio del diritto alla libera espressione della fede. Interessante il richiamo puntuale alle situazioni in cui il diritto alla libertà religiosa o viene compromesso e viene negato. In alcuni casi gli impedimenti all’esercizio della libertà religiosa sono determinati da regimi politici di natura confessionale che impongono un unico credo religioso; in altri casi, da regimi indifferenti che alimentano non una persecuzione violenta ma un sistematico dileggio culturale per le cose di fede. In tutti e due i casi, un diritto umano fondamentale non viene rispettato, con gravi ripercussioni sulla convivenza pacifica.

7. La prima parte del Messaggio si conclude ai nn. 6 e 7 con un sostanzioso richiamo al tema dell’uguaglianza di natura di tutte le persone umane, trattato con due puntuali richiami: il primo riferito alle disuguaglianze sociali presenti nel nostro mondo che sembrano sempre di più caratterizzare il profilo odierno dell’immane problema dell’estrema povertà di miliardi di uomini e di donne ai quali è negato l’accesso a beni essenziali alla vita come il cibo, l’acqua, la casa e la salute, soprattutto nel Continente africano; il secondo riguarda le disuguaglianze tra uomo e donna. A questo riguardo, il Messaggio afferma: "Penso allo sfruttamento di donne trattate come oggetti e alle tante forme di mancanza di rispetto per la loro dignità; penso anche — in contesto diverso — alle visioni antropologiche persistenti in alcune culture, che riservano alla donna una collocazione ancora fortemente sottomessa all'arbitrio dell'uomo, con conseguenze lesive per la sua dignità di persona e per l’esercizio delle stesse libertà fondamentali (n. 7). Anche le disuguaglianze sociali e quelle di genere sono motivi preoccupanti di instabilità nella costruzione della pace.

8. La seconda parte del Messaggio è rintracciabile nei numeri che vanno dall’8 all’11 e ruota tutta attorno all’innovativo concetto di ecologia della pace, che, nel Messaggio di Benedetto XVI costituisce un originale sviluppo del concetto di ecologia umana proposto nella Centesimus Annus da Giovanni Paolo II. Scriveva l’indimenticabile Servo di Dio: «Non solo la terra è stata data da Dio all’uomo, che deve usarla rispettando l’intenzione originaria di bene, secondo la quale gli è stata donata; ma l’uomo è stato donato a se stesso da Dio e deve, perciò, rispettare la struttura naturale e morale, di cui è stato dotato»(4). Benedetto XVI insegna che l’umanità che ha a cuore la pace deve tenere sempre più presenti le connessioni tra l’ecologia naturale, ossia il rispetto della natura e l’ecologia umana su cui organizzare la società. Una delle caratteristiche più evidenti della nostra epoca è il fatto che ogni atteggiamento irrispettoso dell’ambiente naturale reca danni all’ambiente umano e sociale e viceversa. La pace si rivela sempre di più come nesso inscindibile della pace con il creato e della pace tra gli uomini. L’una e l’altra richiedono la pace con Dio. La Laude creaturarum di San Francesco, poesia-preghiera nota anche come il «Cantico di Frate Sole», è un mirabile esempio – molto attuale – di questa doppia ecologia della pace.

9. Il Santo Padre esemplifica il concetto di ecologia della pace collegandolo con il problema dell’energia e dei rifornimenti energetici, problema tipico dei giorni nostri. Nuove, grandi Nazioni, infatti, entrano nella produzione industriale e i bisogni energetici aumentano. Si sta assistendo a una nuova corsa alle risorse energetiche in modo quantitativamente molto rilevante. Nel frattempo, molte Nazioni del pianeta vivono in una situazione ancora pre-industriale e il loro sviluppo è impedito dal rialzo dei prezzi dell’energia dovuto a questa nuova corsa. Si chiede il Santo Padre: "Che ne sarà di quelle popolazioni? Quale genere di sviluppo o di non-sviluppo sarà loro imposto dalla scarsità di rifornimenti energetici? Quali ingiustizie e antagonismi provocherà la corsa alle fonti di energia? E come reagiranno gli esclusi da questa corsa?" (n. 9). Queste domande pongono in evidenza come il problema del rapporto con la natura sia strettamente collegato con la costruzione, tra gli uomini e tra le Nazioni, di rapporti umani ecologici, ossia rispettosi della dignità della persona e dei suoi autentici bisogni. La distruzione dell’ambiente, il suo uso improprio o egoistico, l’accaparramento violento della terra e delle sue risorse sono fonte di tensioni dentro le società e nei loro rapporti reciproci, di lacerazioni, di conflitti e di guerre proprio perché sono conseguenze di società costruite male e di un concetto disumano di sviluppo. Afferma il Santo Padre: "Uno sviluppo infatti che si limitasse all'aspetto tecnico-economico, trascurando la dimensione morale-religiosa, non sarebbe uno sviluppo umano integrale e finirebbe, in quanto unilaterale, per incentivare le capacità distruttive dell'uomo" (n. 9).

10. Ai numeri 10 e 11 il Santo Padre offre il fondamento dell’ecologia della pace e la base su cui far crescere l’albero della pace. Con fiducia e speranza ci fa capire che è possibile coltivare questo albero, nonostante le grandi difficoltà che possiamo riscontrare nel mondo di oggi e le incomprensioni tra popoli e Nazioni. È possibile a patto che ci si lasci guidare da una visione corretta e la più ampia possibile della persona umana, perché le riduzioni dell’uomo, del suo valore e della sua dignità spesso si pagano con il conflitto. Una visione la più ampia possibile della persona umana è quella capace di collocare la persona stessa in uno spazio che non sia condizionato dal pregiudizio ideologico o culturale. La pace può essere messa in pericolo da contrapposte visioni su cosa sia la persona. Altrettanto importanti le seguenti affermazioni del Santo Padre: "Ugualmente inaccettabili sono concezioni di Dio che stimolino all'insofferenza verso i propri simili e al ricorso alla violenza nei loro confronti. È questo un punto da ribadire con chiarezza: una guerra in nome di Dio non è mai accettabile! Quando una certa concezione di Dio è all'origine di fatti criminosi, è segno che tale concezione si è già trasformata in ideologia" (n. 10). Il Santo Padre ci fa capire che non è accettabile né fare la guerra in nome di Dio né farla in nome dell’uomo. La guerra non può avere giustificazioni né teologiche né antropologiche. Quando la concezione di Dio o la visione dell’uomo motivano, con le proprie ragioni, la guerra, esse si sono già trasformate in ideologia.

11. Oggi, però, la pace non è messa in questione solo dal conflitto tra visioni riduttive dell’uomo, ossia dalle ideologie. Il Messaggio papale afferma che la pace è resa difficile anche dall’indifferenza per ciò che costituisce la vera natura dell’uomo. Che esista una natura umana per molti è una questione almeno problematica, altri negano risolutamente che tale natura esista, dando spazio a tutte le interpretazioni sull’uomo. Un simile atteggiamento è molto pericoloso per la pace, che non può costruirsi sul vuoto e sull’indifferenza, perché in questo caso il riconoscimento reciproco sarà solo formale, convenzionale, provvisorio. Una visione «debole» della persona apparentemente sembra favorire la pace, in quanto sembra lasciare spazio a tutte le altre concezioni, in realtà, invece, favorisce il conflitto perché dà campo al potere della forza. Si finisce per lasciare la persona indifesa e, quindi, disponibile alla violenza.

12. La terza parte del Messaggio occupa i numeri che vanno dal 12 al 15. Per chiarezza espositiva mi limito a fare qualche breve sottolineatura sui passaggi più significativi.

a) In primo luogo il Santo Padre afferma che una pace vera e stabile presuppone il rispetto dei diritti dell’uomo, ancorati ad una concezione forte della persona umana. Se questi diritti si fondano su una concezione debole della persona saranno anch’essi deboli. È questa la maggiore contraddizione di una visione soggettivistica e relativistica e quindi debole dei diritti umani: essi vengono proposti come assoluti, ma senza la forza di un fondamento razionale che giustifichi la loro assolutezza. I diritti esprimono le esigenze della natura dell’uomo scaturita dalla Creazione. Ci dicono di che cosa l’uomo ha bisogno nella sua esistenza per poter essere dignitosamente se stesso. Ci dicono come dobbiamo trattarlo per mantenerlo in conformità con la sua dignità. I diritti umani non reggono ai continui attacchi di cui sono fatti bersaglio, se non riscoprono continuamente questi loro significati. Riprendendo un insegnamento costantemente presente nella dottrina sociale, il Santo Padre afferma che "Va da sé, peraltro, che i diritti dell'uomo implicano a suo carico dei doveri. Bene sentenziava, al riguardo, il mahatma Gandhi: « Il Gange dei diritti discende dall'Himalaia dei doveri »" (n. 12).

b) In secondo luogo, Benedetto XVI richiama la vocazione originaria degli Organismi internazionali e, soprattutto, delle Nazioni Unite, incitandoli farsi paladini della promozione dei diritti umani, promozione che deve trovare la sua ispirazione costante nella Dichiarazione Universale dei diritti umani del 1948, definita come impegno morale assunto dall’umanità intera. Di grande rilievo il richiamo del Santo Padre: "È importante, pertanto, che gli Organismi internazionali non perdano di vista il fondamento naturale dei diritti dell'uomo. Ciò li sottrarrà al rischio, purtroppo sempre latente, di scivolare verso una loro interpretazione solo positivistica. Se ciò accadesse, gli Organismi internazionali risulterebbero carenti dell'autorevolezza necessaria per svolgere il ruolo di difensori dei diritti fondamentali della persona e dei popoli, principale giustificazione del loro stesso esistere ed operare" (n. 13).

c) In terzo luogo, Benedetto XVI ritorna anche quest’anno sul valore del diritto umanitario internazionale, disatteso nel conflitto che ha avuto per teatro il Libano e dalle inedite modalità di violenza e di guerra messe in atto dalla minaccia terroristica. Anche a questo proposito le riflessioni del Santo Padre, ispirate da realismo e fiducia, sono di grande rilievo e importanza: "Dinanzi agli sconvolgenti scenari di questi ultimi anni, gli Stati non possono non avvertire la necessità di darsi delle regole più chiare, capaci di contrastare efficacemente la drammatica deriva a cui stiamo assistendo. La guerra rappresenta sempre un insuccesso per la comunità internazionale ed una grave perdita di umanità. Quando, nonostante tutto, ad essa si arriva, occorre almeno salvaguardare i principi essenziali di umanità e i valori fondanti di ogni civile convivenza, stabilendo norme di comportamento che ne limitino il più possibile i danni e tendano ad alleviare le sofferenze dei civili e di tutte le vittime dei conflitti (n. 14).

d) Per ultimo, troviamo il preoccupato richiamo papale al fatto che alcuni Paesi hanno manifestato la volontà di dotarsi di armi nucleari, alimentando in questo modo un diffuso clima di incertezza e di paura per una possibile catastrofe nucleare. Anche su questo punto risulta illuminante la proposta di Benedetto XVI: "La via per assicurare un futuro di pace per tutti è rappresentata non solo da accordi internazionali per la non proliferazione delle armi nucleari, ma anche dall'impegno di perseguire con determinazione la loro diminuzione e il loro definitivo smantellamento. Niente si lasci di intentato per arrivare, con la trattativa, al conseguimento di tali obiettivi! È in gioco il destino dell'intera famiglia umana!" (n. 15).

13. La conclusione del Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata Mondiale della Pace 2007, è tutta dedicata ai cattolici, invitati ad essere infaticabili operatori di pace e strenui difensori della dignità della persona umana. Il compito della pace per un cattolico nasce dal suo appartenere alla Chiesa che, nel mondo, è «segno e tutela della trascendenza della persona umana»(5). Il sentimento dell’appartenenza ecclesiale va vissuto in una generosa dedizione verso tutti, specialmente verso coloro che patiscono povertà e privazioni e che mancano del prezioso bene della pace. I cristiani trovano le ragioni supreme per essere autentici uomini e donne di pace e fermi difensori della dignità umana nella fede nel Signore Gesù, che ha rivelato che «Dio è amore» (1Gv 4,8) e che la vocazione più grande di ogni persona è l’amore. Le battute finali del Messaggio il Santo Padre le dedica a due grandi encicliche sociali con la seguente affermazione: "Non venga quindi mai meno il contributo di ogni credente alla promozione di un vero umanesimo integrale, secondo gli insegnamenti delle Lettere encicliche Populorum progressio e Sollicitudo rei socialis, delle quali ci apprestiamo a celebrare proprio quest’anno il 40o e il 20o anniversario" (n. 17). Grazie.


(1) GIOVANNI PAOLO II, Lett. enc. Centesimus annus, 38.

(2) SANT’AGOSTINO, Sermo 169, 11, 13: PL 38, 923.

(3) Omelia all’Islinger Feld di Regensburg (12 settembre 2006).

(4) GIOVANNI PAOLO II, Lett. enc. Centesimus annus, 38.

(5) Gaudium et spes, n. 76.

    

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