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Il Pellegrinaggio nel Grande Giubileo del 2000

Introduzione
I. Il pellegrinaggio d'Israele
II. Il pellegrinaggio di Cristo
III. Il pellegrinaggio della Chiesa
IV. Il pellegrinaggio verso il terzo Millennio
V. Il pellegrinaggio dell'umanità
VI. Il pellegrinaggio del Cristiano oggi
Conclusione

 INTRODUZIONE

1. « Noi siamo stranieri dinanzi a te e pellegrini come i nostri padri ».1 Le parole del re Davide davanti al Signore tracciano il profilo dell'uomo non solo biblico ma di ogni creatura umana. La « via », infatti, è un simbolo dell'esistenza che si esprime in una gamma molteplice di azioni come la partenza e il ritorno, l'ingresso e l'uscita, la discesa e l'ascesa, il cammino e la sosta. Fin dal suo primo affacciarsi sulla scena del mondo l'uomo cammina cercando sempre nuove mete, indagando l'orizzonte terreno e tendendo verso l'infinito: naviga lungo fiumi e mari, ascende i monti sacri sulla cui vetta la terra idealmente incontra il cielo, percorre anche il tempo segnandolo con date sacre, sente la nascita come un ingresso nel mondo e la morte come un'uscita per entrare nel grembo della terra o essere assunto nelle regioni divine.

2. Il pellegrinaggio, segno della condizione dei discepoli di Cristo in questo mondo,2 ha sempre occupato un posto importante nella vita del cristiano.
Nel corso della storia, il cristiano si è messo in cammino per celebrare la sua fede nei luoghi che indicano la memoria del Signore o in quelli che rappresentano momenti importanti della storia della Chiesa. Si è accostato ai santuari che onorano la Madre di Dio e a quelli che mantengono vivo l'esempio dei santi. Il suo pellegrinaggio è stato processo di conversione, ansia di intimità con Dio e fiduciosa supplica per le sue necessità materiali. In tutti i suoi molteplici aspetti il pellegrinaggio è stato per la Chiesa sempre un meraviglioso dono di grazia.
Nella società contemporanea, caratterizzata da intensa mobilità, il pellegrinaggio sta sperimentando un nuovo impulso. Per proporre una risposta adatta a questa realtà, la pastorale del pellegrinaggio deve disporre di un chiaro fondamento teologico che la giustifichi, sviluppando una prassi solida e permanente nel contesto della pastorale generale. Si dovrà tener presente innanzitutto che l'evangelizzazione è la ragione ultima per cui la Chiesa propone e incoraggia il pellegrinaggio, così da renderlo un'esperienza di fede profonda e matura.3

3. Con le riflessioni di questo documento si desidera offrire un aiuto a tutti i pellegrini e ai responsabili pastorali dei pellegrinaggi, affinché alla luce della Parola di Dio e della tradizione secolare della Chiesa, tutti possano partecipare più pienamente alle ricchezze spirituali dell'esercizio del pellegrinaggio. (top)

I. IL PELLEGRINAGGIO D'ISRAELE

4. Fin dall'inizio, secondo l'insegnamento della Sacra Scrittura e poi lungo l'arco dei millenni, si è aiutati a riconoscere un pellegrinaggio adamico: esso è scandito dall'uscita dalle mani del Creatore, dall'ingresso nel creato e dal vagare successivo senza meta, lontano dal giardino dell'Eden.4 Il pellegrinaggio di Adamo — dalla chiamata a camminare con Dio, alla disobbedienza e alla speranza di una salvezza — rivela la piena libertà di cui il Creatore lo ha dotato. Contemporaneamente, fa conoscere l'impegno divino a camminargli accanto e a vegliare sui suoi passi.
A prima vista il pellegrinaggio di Adamo sembra una deviazione della meta del luogo santo, il giardino dell'Eden. Ma anche questo percorso può trasformarsi in via di conversione e di ritorno. Su Caino vagabondo vigila la presenza amorosa di Dio che lo segue e lo protegge.5 « I passi del mio vagabondare — canta il Salmo 56, 9 — tu li hai contati; le mie lacrime nell'otre tu raccogli; non sono forse scritte nel tuo libro? ». A seguire la strada dell'abbandono del figlio prodigo nel peccato c'è il padre prodigo nell'amore. E per questa attrazione divina che ogni percorso errato può trasformarsi per ogni uomo nell'itinerario del ritorno e dell'abbraccio.6 C'è, dunque, una storia universale di pellegrinaggio che comprende una tappa oscura, « la via delle tenebre »,7 la strada tortuosa.8 Ma anche il ritorno-conversione sulla via della vita,9 della giustizia e della pace,10 della verità e della fedeltà,11 della perfezione e integrità.12

5. Il pellegrinaggio abramitico è, invece, il paradigma della storia stessa della salvezza a cui il fedele aderisce. Nel linguaggio con cui è descritto (« esci dalla tua terra »), nelle tappe del suo itinerario e nei rapporti vissuti, è già esodo di salvezza, anticipazione ideale dell'esodo di tutto il popolo. Abramo, lasciando la sua terra, la sua patria e la casa paterna,13 si avvia nella fiducia e nella speranza verso l'orizzonte indicato dal Signore, come ci ricorda la Lettera agli Ebrei: « Per fede Abramo, chiamato da Dio, obbedì avviandosi per un luogo che doveva ricevere in eredità e partì senza sapere dove andasse. Per fede soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli aspettava, infatti, la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso... nella fede morirono tutti costoro, dichiarando di essere stranieri e pellegrini sopra la terra ».14 Non per nulla lo stesso patriarca si definirà « forestiero e di passaggio »15 anche nella terra promessa e come lui saranno i suoi figli, Ismaele16 e Giacobbe, esule in Paddan Aram17 e in Egitto.18

6. È dalla terra dei faraoni che si svilupperà il grande pellegrinaggio esodico. Le tappe, quali l'uscita, il cammino nel deserto, la prova, le tentazioni, il peccato, l'ingresso nella terra promessa, diventano il modello esemplare della stessa storia della salvezza,19 che comprende non solo i doni della libertà, della Rivelazione al Sinai e della comunione divina, espressi nella Pasqua (« passaggio ») e nell'offerta della manna, dell'acqua, delle quaglie, ma anche l'infedeltà, l'idolatria, la tentazione di ritornare verso la schiavitù.
L'esodo acquista un valore permanente, è un « memoriale » sempre vivo che si ripropone anche nel ritorno dall'esilio di Babilonia, cantato dal Secondo Isaia come un nuovo esodo,20 che è celebrato in ogni Pasqua di Israele e che si trasforma in una rappresentazione escatologica nel libro della Sapienza.21 Meta terminale è, infatti, la terra promessa della comunione piena con Dio in una creazione rinnovata.22
Il Signore stesso è pellegrino col suo popolo: « Il Signore tuo Dio ti ha seguito nel tuo viaggio attraverso questo grande deserto; il Signore tuo Dio è stato con te in questi quarant'anni e nulla ti è mancato ».23 Egli « ci ha protetti per tutto il viaggio che abbiamo compiuto ».24 Egli, infatti, ricorda con nostalgia « la fedeltà della giovinezza, dell'amore del tuo fidanzamento, quando mi seguivi nel deserto, in una terra non seminata ».25 Per questa radicale qualità di pellegrino il popolo biblico non dovrà « molestare il forestiero, perché anche voi siete stati forestieri nella terra d'Egitto »;26 anzi dovrà « amare il forestiero perché anche voi foste forestieri nella terra d'Egitto ».27

7. L'orante, allora, si presenta davanti a Dio « come un forestiero e un pellegrino ».28 I Salmi, scritti lungo tutto l'arco millenario della storia di Israele, attestano, proprio nel pregare, la coscienza storica e teologica dell'itineranza della comunità e del singolo. Ed è proprio attraverso il pellegrinaggio cultuale a Sion che l'essere stranieri anche in patria29 si trasfigura in un segno di speranza. L'« ascensione » che nelle tre grandi solennità della Pasqua, delle Settimane e delle Capanne30 conduce Israele tra inni di gioia (i « canti delle ascensioni »31) verso il monte Sion diventa un'esperienza di stabilità, di fiducia e di rinnovato impegno a vivere nel timore di Dio32 e nella giustizia. Fondate sulla rupe del tempio gerosolimitano, simbolo del Signore che è una « pietra » che non crolla,33 le tribù di Israele lodano il nome del Signore,34 entrano in comunione con lui nel culto, abitando nella tenda del suo santuario e dimorando sul suo santo monte, trovando una salvezza indistruttibile35 e una pienezza di vita e di pace.36 Perciò, « beato chi abita la tua casa, sempre canta le tue lodi. Beato chi trova in te il suo rifugio e decide nel suo cuore il santo viaggio ».37 « Su saliamo a Sion, andiamo dal Signore nostro Dio! ».38

8. Al popolo di Dio vittima dello scoraggiamento, appesantito dalle infedeltà, i profeti additano anche un pellegrinaggio messianico di redenzione, aperto anche all'orizzonte escatologico in cui tutti i popoli della terra convergeranno verso Sion, luogo della Parola divina, della pace e della speranza.39 Rivivendo l'esperienza dell'esodo, il popolo di Dio deve lasciare che lo Spirito rimuova il suo cuore di pietra e gliene doni uno di carne,40 deve esprimere nell'itinerario della vita la giustizia41 e la fedeltà amorosa42 e levarsi come luce per tutti i popoli,43 fino al giorno in cui il Signore Dio offrirà sul santo monte « un banchetto per tutti i popoli ».44 Nel cammino verso il compimento della promessa messianica già ora tutti sono chiamati alla comunione nella gratuità45 e nella misericordia di Dio.46 (top)

II. IL PELLEGRINAGGIO DI CRISTO

9. Gesù Cristo entra in scena nella storia come « la Via, la Verità e la Vita »47 e fin dall'inizio si inserisce nel cammino dell'umanità e del suo popolo, « unendosi in certo modo a ogni uomo ».48 Egli, infatti, discende da « presso Dio » per divenire « carne »49 e per mettersi sulle strade dell'uomo. Nell'incarnazione « è Dio che viene in persona a parlare di sé all'uomo e a mostrargli la via sulla quale è possibile raggiungerlo ».50 Ancora bambino, Gesù è pellegrino al tempio di Sion per essere offerto al Signore;51 divenuto ragazzo, con Maria e Giuseppe si reca nella « casa del Padre suo ».52 Il suo ministero pubblico, che si svolge per le vie della sua patria, lentamente si configura come un pellegrinaggio verso Gerusalemme che soprattutto Luca delinea nel cuore del suo vangelo come un grande viaggio che ha per meta non solo la croce ma anche la gloria della Pasqua e dell'Ascensione.53 La sua Trasfigurazione rivela a Mosè, a Elia e agli apostoli il suo imminente « esodo » pasquale: « essi parlavano del suo esodo, che doveva compiersi in Gerusalemme ».54 Anche gli altri evangelisti conoscono questo itinerario esemplare, sulle cui orme deve porsi il discepolo: « Se uno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua » e Luca precisa « ogni giorno ».55 Per Marco il percorso verso la croce del Golgota è costantemente marcato da verbi e parole di movimento e dal simbolo della « via ».56

10. Ma la strada di Gesù non finisce sul colle detto Golgota. Il pellegrinaggio terreno di Cristo sconfina nell'infinito e nel mistero di Dio, oltre la morte. Sul monte dell'Ascensione si rappresenta la tappa definitiva del suo pellegrinaggio. Il Signore risorto ed elevato al Cielo, mentre promette di tornare,57 cammina verso la casa del Padre per prepararci un posto, perché dove sarà lui anche noi saremo con lui.58 Egli, infatti, riassume la sua missione così: « Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo, e vado al Padre... Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano dove sono io, perché contemplino la mia gloria ».59
La comunità cristiana, animata dallo Spirito della Pentecoste, esce per le strade del mondo, immergendosi nelle varie nazioni della terra,60 procedendo da Gerusalemme fino a Roma, attraverso le strade dell'impero percorse dagli apostoli e dagli annunziatori del Vangelo. Accanto a loro cammina il Cristo che, come coi discepoli di Emmaus, spiega loro le Scritture e spezza il pane eucaristico.61 Sulla loro scia si mettono in marcia i popoli della terra che, ripercorrendo spiritualmente l'itinerario dei Magi,62 realizzano le parole di Cristo: « Molti verranno da oriente e occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel Regno dei cieli ».63

11. La meta ultima di questo pellegrinaggio per le vie del mondo non è, però, scritta nella mappa della terra. Essa è oltre il nostro orizzonte, come era stato per il Cristo che aveva camminato con gli uomini per portarli alla pienezza della comunione con Dio. E significativo osservare che la « via » del Signore è la strada che egli ha già percorso e ora percorre con noi. Gli Atti degli Apostoli qualificano, infatti, la vita cristiana come « la via »64 per eccellenza. Così, il cristiano, dopo essere andato ad ammaestrare tutte le nazioni accompagnato dalla presenza di Cristo che è con noi sino alla fine del mondo,65 dopo aver « camminato secondo lo Spirito »66 nella giustizia e nell'amore, si propone come approdo la Gerusalemme celeste cantata dall'Apocalisse. Questa via-vita è percorsa da una tensione, da una ardente speranza nell'attesa della venuta del Signore.67 Il nostro pellegrinaggio ha, perciò, un termine trascendente, consapevoli come siamo di essere quaggiù « stranieri e ospiti »,68 ma destinati ad essere lassù « concittadini dei santi e familiari di Dio ».69
Come Gesù che fu ucciso fuori della porta della città di Gerusalemme, anche noi « usciamo verso di lui fuori dell'accampamento, portando il suo obbrobrio, perché non abbiamo quaggiù una città stabile ma andiamo in cerca di quella futura ».70 Là Dio dimorerà con noi, là « non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate ».71 (top)

III. IL PELLEGRINAGGIO DELLA CHIESA

12. In comunione con il suo Signore, anche la Chiesa, popolo messianico, è in cammino verso la città futura e permanente,72 trascende i tempi e le frontiere, ed è tutta protesa verso quel Regno la cui presenza è già operante in tutte le terre del mondo. Queste terre hanno ricevuto il seme della parola di Cristo73 e sono state irrorate anche dal sangue dei martiri, testimoni del vangelo. Come avevano fatto Paolo e gli apostoli, le strade consolari e imperiali, le piste carovaniere, le rotte marittime, le città e i porti del Mediterraneo furono percorsi dai missionari di Cristo che, in Oriente e in Occidente, dovettero ben presto confrontarsi con le varie culture e tradizioni religiose, esprimendosi non più soltanto in ebraico e aramaico ma anche in greco e latino e, più tardi, nella molteplicità delle lingue, alcune già preannunziate nella scena di Pentecoste:74 l'arabo, il siriaco, l'etiopico, il persiano, l'armeno, il gotico, lo slavo, l'hindi, il cinese.
Le tappe di questo pellegrinaggio dei messaggeri della parola divina si ramificarono dall'Asia minore all'Italia, dall'Africa alla Spagna e alle Gallie e, in seguito, dalla Germania alla Britannia, dai paesi slavi fino all'India e alla Cina. Continuarono nei tempi moderni verso nuovi paesi e nuovi popoli in America, Africa, Oceania, intessendo così « il cammino di Cristo nei secoli ».75

13. Nei secoli IV e V, poi, iniziano nella Chiesa varie esperienze di vita monastica. La « migrazione ascetica » e l'« esodo spirituale » ne rappresentano due fondamentali motivi ispiratori. Al riguardo, alcune figure bibliche assumono nella letteratura patristica e monastica un ruolo paradigmatico. Il riferimento ad Abramo si coniuga con il tema della xeniteia (l'esperienza dello straniero: la consapevolezza di chi è ospite, migrante), che fra l'altro costituisce il terzo gradino della Scala spirituale di Giovanni Climaco. La figura di Mosè, che guida l'esodo dalla schiavitù dell'Egitto alla Terra promessa, diviene un tema caratteristico della letteratura cristiana antica soprattutto grazie alla Vita di Mosè di Gregorio di Nissa. Infine Elia, che sale sul Carmelo e sul monte Oreb, incarna i temi della fuga nel deserto e dell'incontro con Dio. Ambrogio, per esempio, è affascinato dal profeta Elia e considera realizzato in lui l'ideale ascetico della fuga saeculi.
La concezione della vita cristiana come pellegrinaggio, la ricerca dell'intimità divina anche attraverso il distacco dal tumulto delle cose e degli eventi, la venerazione dei luoghi santi spingono S. Girolamo e le discepole Paola ed Eustochia a lasciare Roma e ad approdare alla terra di Cristo: presso la grotta della Natività a Betlemme si costituisce così un monastero. Esso si inserisce nell'interno della serie dei molteplici eremi, laure, cenobi della Terra Santa, ma diffusi anche in altre regioni, soprattutto nella Tebaide egiziana, nella Siria, nella Cappadocia. In questa linea il pellegrinaggio nel deserto o verso il luogo santo diventa simbolo di un altro pellegrinaggio, quello interiore, come ricordava S. Agostino: « Rientra in te stesso: la verità abita nel cuore dell'uomo ». Tuttavia, non rimanere in te stesso, ma « oltrepassa anche te stesso »,76 perché tu non sei Dio: egli è più profondo e più grande di te. Il pellegrinaggio dell'anima, già evocato dalla tradizione platonica, acquista ora una nuova dimensione che lo stesso Padre della Chiesa così definisce e rappresenta nella sua tensione verso l'infinito di Dio: « Si cerca Dio per trovarlo con maggior dolcezza, lo si trova per cercarlo con maggior ardore ».77
Il concetto che « il luogo santo è l'anima pura »78 diverrà anche un appello costante affinché la pratica del pellegrinaggio ai luoghi santi sia segno del progresso nella santità personale. I Padri della Chiesa giungono così a relativizzare il pellegrinaggio « fisico », cercando di superare ogni eccesso e fraintendimento. Gregorio di Nissa, in particolare, fornisce il principio fondamentale di una corretta valutazione del pellegrinaggio. Pur avendo visitato con devozione la Terra Santa, egli afferma che il vero cammino da intraprendere è quello che conduce il fedele dalla realtà fisica a quella spirituale, dalla vita nel corpo a quella nel Signore, e non il passaggio dalla Cappadocia alla Palestina.79 Anche S. Girolamo ribadisce il medesimo principio. Nella Lettera 58 egli rileva che Antonio e i monaci non visitarono Gerusalemme, eppure le porte del Paradiso si sono ugualmente spalancate per loro; e afferma che motivo di lode per i cristiani non è il fatto di essere stati nella città santa, bensì di aver vissuto santamente.80
In questo itinerario interiore di luce in luce,81 sulla scia dell'appello di Cristo a essere « perfetti come perfetto è il Padre nostro celeste »,82 si configura un profilo del pellegrinaggio, particolarmente caro alla tradizione spirituale bizantina: è l'aspetto « estatico » che sarà sviluppato sulla base della dottrina mistica di Dionigi l'Areopagita, di Massimo il Confessore e di Giovanni Damasceno.
La divinizzazione dell'uomo è la grande meta di un lungo viaggio dello spirito che pone il credente nel cuore stesso di Dio, realizzando così le parole dell'Apostolo: « Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me »,83 per cui « il vivere è Cristo ».84

14. Nel IV secolo, cessate le persecuzioni dell'impero romano, i luoghi del martirio vengono aperti alla venerazione pubblica e inizia la fitta trama dei pellegrinaggi, testimoniati anche da memorie documentarie, come i diari di viaggio degli stessi pellegrini, soprattutto in Terra Santa, tra i quali brilla la testimonianza di Eteria agli inizi del V secolo.
Ma il pellegrinaggio concreto, che percorre le strade del mondo, si distende in nuove ramificazioni. Se la conquista araba di Gerusalemme del 638 rende più arduo l'incontro con le memorie cristiane della Terra Santa, si aprono nuovi itinerari in Occidente. Una meta fondamentale diventa Roma, luogo del martirio di Pietro e Paolo e sede della comunione ecclesiale attorno al successore di Pietro. Nascono, così, le molteplici « Vie Romee » ad Petri sedem, tra le quali brilla la Via Francigena che attraversa l'intera Europa per puntare sulla nuova città santa. Ma c'è anche la meta della tomba di S. Giacomo a Compostela. Ci sono i santuari mariani della Santa Casa di Loreto, di Jasna Gora a Czestochowa, le soste ai grandi monasteri medievali, fortezze dello spirito e della cultura, i luoghi che incarnano la memoria di grandi santi, come Tours, Canterbury o Padova. Per mezzo loro si formò in Europa una rete che « promosse la reciproca intesa tra popoli e nazioni così diverse ».85
Anche se con qualche eccesso, questo grande fenomeno che tocca masse popolari, animate da convinzioni semplici e profonde, alimenta la spiritualità, accresce la fede, stimola la carità, anima la missione della Chiesa. I « palmieri », i « romei », i « peregrini » coi loro abbigliamenti specifici costituiscono quasi un « ordo » a sé stante che ricorda al mondo la natura pellegrinante della comunità cristiana, protesa verso l'incontro con Dio e la comunione con lui.
Una particolare configurazione viene attribuita al pellegrinaggio con l'apparire nei secoli XI-XIII del movimento crociato. In esso l'antico ideale religioso del peregrinare verso i luoghi santi delle Sacre Scritture si intreccia con le nuove istanze e idee di quell'epoca storica, cioè la formazione della classe cavalleresca, con le tensioni sociali e politiche, col risveglio di impulsi commerciali e culturali rivolti all'Oriente, con la presenza dell'Islam nella Terra Santa.
I conflitti di potere e di interesse sovente prevalsero sull'ideale spirituale e missionario e attribuirono profili diversi alle varie Crociate, mentre tra le Chiese d'Oriente e di Occidente si ergeva il muro della divisione. Ne risentì anche la prassi del pellegrinaggio che rivelò alcune ambiguità ben rappresentate da S. Bernardo di Clairvaux. Egli era stato l'ardente predicatore della seconda Crociata ma non esitava anche a celebrare la Gerusalemme spirituale presente nel monastero cristiano come meta ideale del pellegrino: « E Clairvaux questa Gerusalemme unita alla Gerusalemme celeste per la sua profonda e radicale pietà, per la conformità di vita, per una certa affinità spirituale ».86 Un inno medievale, tuttora presente nella liturgia, esaltava chiaramente la Gerusalemme celeste che si edificava in terra attraverso la consacrazione di una chiesa: « Gerusalemme città beata, chiamata immagine di pace, costruita nei cieli da pietre vive ».87

15. Ormai all'orizzonte si affacciava S. Francesco che coi suoi frati avrà in Terra Santa una presenza secolare a custodia dei luoghi sacri alla cristianità — in una convivenza non sempre facile con altre comunità ecclesiali di Oriente — e a sostegno dei pellegrini. Attorno al 1300 si costituiva una Societas Peregrinantium pro Christo che considerava il pellegrinaggio come un'opera anche missionaria. Ma proprio allora, nel 1300, a Roma si proclamava il Giubileo che avrebbe reso la città eterna una Gerusalemme verso la quale avrebbero puntato schiere di pellegrini, come accadrà nella lunga serie successiva degli Anni Santi. L'unità culturale e religiosa dell'Occidente europeo medievale fu alimentata anche da queste esperienze spirituali. Lentamente, però, ci si avviava verso nuovi modelli più complessi che coinvolsero anche la natura del pellegrinaggio.

16. La rivoluzione copernicana fece evolvere la condizione dell'uomo pellegrino entro un mondo immobile, rendendolo partecipe di un universo in cammino perenne. La scoperta del Nuovo Mondo pose la premessa per il superamento della visione eurocentrica, con l'affacciarsi di culture differenti e con straordinari movimenti di genti e di gruppi. La Cristianità d'Occidente perse la sua unità, centrata su Roma, e le divisioni confessionali resero più ardui i pellegrinaggi, talora anche contestati « come occasione di peccato e di disprezzo dei comandamenti di Dio... Avviene, infatti, che uno faccia il pellegrinaggio a Roma e spenda cinquanta e cento fiorini e più e lasci la moglie e i figli e magari un suo prossimo a casa alle prese con la miseria ».88 Il pellegrino, nella frantumazione dell'immagine classica dell'universo, si sentiva sempre meno viandante nella casa comune del mondo, ora suddivisa in Stati e Chiese nazionali. Si delineavano, così, mete più ridotte e alternative come quelle dei Sacri Monti e dei santuari mariani locali.

17. Tuttavia, nonostante una certa visione statica che ha pervaso la comunità cristiana del XVIII e XIX secolo, il pellegrinaggio continuò nella vita della comunità cristiana. In alcuni luoghi, come in America Latina e nelle Filippine, sostenne la fede del popolo credente per generazioni; in altri, si aprì a una spiritualità nuova, con nuovi centri di fede sorti sulla radice di apparizioni mariane e di devozioni popolari. Da Guadalupe a Lourdes, da Aparecida a Fatima, dal Santo Niño di Cebu a San Giuseppe di Montreal, si è moltiplicata la testimonianza della vitalità del pellegrinaggio e del movimento di conversione che esso suscita. La rinnovata coscienza di essere il popolo di Dio in cammino stava, intanto, per divenire l'immagine più espressiva della Chiesa radunata dal Concilio Vaticano II. (top)

IV. IL PELLEGRINAGGIO VERSO IL TERZO MILLENNIO

18. Il Concilio Vaticano II è stato « un avvenimento provvidenziale » destinato a costituire anche una « preparazione immediata al Giubileo del secondo millennio ».89 Quell'assise ecclesiale si è celebrata — dalla sua convocazione, col confluire a Roma dei pastori delle Chiese locali, fino alla sua conclusione con un Giubileo straordinario da tenersi nelle singole diocesi — nella cornice simbolica di un grande e corale pellegrinaggio dell'intera comunità ecclesiale. Questo aspetto fu esplicitato da alcuni gesti emblematici, come quelli dei due Papi pellegrini, Giovanni XXIII a Loreto agli inizi del Concilio (1962) e Paolo VI in Terra Santa nel cuore dell'assise conciliare (1964). A questi due segni prettamente spirituali si aggiunsero poi i successivi pellegrinaggi papali per le vie del mondo ad annunziare l'evangelo, la sua verità e la sua giustizia, a partire da quelli di Paolo VI alle Nazioni Unite e a Bombay.

19. Lo stesso linguaggio conciliare raffigurava la Chiesa nella sua esperienza di cammino spirituale e missionario, compagna di viaggio accanto all'intera umanità. Si trattava, infatti, di cercare « le vie più efficaci per rinnovare noi stessi, per divenire testimoni sempre più fedeli del vangelo di Cristo ».90 La Chiesa di Dio « peregrinante » divenne, così, un profilo dominante sin dagli esordi della celebrazione conciliare.91 La Chiesa era « un segno innalzato in mezzo ai popoli (Is 5, 26) per offrire a tutti l'orientamento del proprio cammino verso la verità e la vita ».92 L'incontro coi popoli, che con Paolo VI all'ONU ebbe la sua manifestazione simbolica, venne definito come l'« epilogo di un faticoso pellegrinaggio ».93 Lo stesso Concilio apparve come una spirituale ascensione, mentre i Padri conciliari salutarono gli uomini di pensiero come « pellegrini in marcia verso la luce ».94

20. Il citato pellegrinaggio di Paolo VI in Terra Santa venne presentato dal pontefice stesso alla luce della spiritualità della peregrinatio nelle sue componenti fondamentali. Esso intendeva esaltare, attraverso la visita ai luoghi santi, i misteri centrali della salvezza, l'Incarnazione e la Redenzione; voleva essere segno di preghiera, penitenza e rinnovamento; cercava di attuare la triplice finalità di offrire a Cristo la sua Chiesa, di promuovere l'unità dei cristiani, di implorare la divina misericordia in favore della pace tra gli uomini.95
Fu il Concilio stesso nelle sue costituzioni a presentare la Chiesa tutta come « presente nel mondo e tuttavia pellegrina ».96 La sua natura pellegrinante, ribadita a più riprese,97 rivela un aspetto trinitario: ha la sua sorgente nella missione di Cristo « inviato dal Padre »;98 per questo anche noi « da lui veniamo, per lui viviamo, a lui siamo diretti »99 e lo Spirito Santo è la guida del nostro cammino che è condotto sulle orme di Cristo. 100 L'Eucaristia e la Pasqua, che costituiscono il cuore della liturgia, 101 rimandano di loro natura all'esodo di Israele e al banchetto di pellegrinaggio e di alleanza che lo inaugura 102 e conclude. 103

21. La Chiesa pellegrina diventa spontaneamente missionaria. 104 Il comando del Cristo risorto: « Andate e ammaestrate » 105 ha proprio l'accento sull'« andare », modalità imprescindibile dell'evangelizzazine aperta al mondo. Viatico e tesoro in questo itinerario sono la Parola di Dio 106 e l'Eucaristia. 107
Tracciando un'appassionata sintesi del cammino dell'umanità con le sue conquiste e i suoi smarrimenti, 108 il Concilio presenta la Chiesa compagna di viaggio della famiglia umana, indicando una meta trascendente oltre la storia terrena. 109 Risulta, così, un fecondo contrappunto tra pellegrinaggio e impegno nella storia 110 e anche il mondo è chiamato a offrire un suo contributo alla stessa Chiesa in un dialogo vivo e intenso. 111

22. Dall'evento conciliare in avanti la Chiesa ha vissuto la sua esperienza peregrinante non solo nel rinnovamento, nell'annunzio missionario, nell'impegno per la pace ma anche attraverso molteplici testimonianze del Magistero ecclesiale, in particolare in occasione degli anni giubilari del 1975, 1983 e 2000. 112 Il Santo Padre Giovanni Paolo II si è fatto pellegrino nel mondo: è il primo evangelizzatore di questi due ultimi decenni. Con la sua itineranza apostolica e il suo magistero ha orientato e sollecitato la Chiesa tutta a prepararsi al terzo millennio, ormai alle porte. I viaggi pastorali papali sono « tappe di un pellegrinaggio nelle Chiese locali..., pellegrinaggio di pace e di solidarietà ». 113

23. Una meta fondamentale del presente peregrinare storico della Chiesa è il Giubileo del Duemila verso il quale il fedele si incammina sotto il cielo della Trinità. Questo itinerario non deve essere tanto spaziale quanto interiore e vitale, nella riconquista dei grandi valori dell'anno giubilare biblico. 114 Quando risuonava il corno che segnava in Israele questa data, gli schiavi ritornavano in libertà, i debiti erano rimessi così che tutti potessero ritrovare dignità personale e solidarietà sociale, la terra offriva spontaneamente i suoi doni a tutti, ricordando che alla sua origine c'è il Creatore che « col frutto delle sue opere sazia la terra ». 115 Deve, così, nascere una comunità più fraterna, simile a quella di Gerusalemme: « Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno ». 116 « Non vi sarà alcun bisognoso in mezzo a voi... Se vi sarà qualche tuo fratello bisognoso in mezzo a te..., non indurire il tuo cuore e non chiudere la mano davanti al tuo fratello bisognoso ». 117 (top)

V. IL PELLEGRINAGGIO DELL'UMANITA

24. Il pellegrinaggio che da Abramo si distende nei secoli è il segno di un più vasto e universale muoversi dell'umanità. L'uomo, infatti, appare nella sua storia secolare come homo viator, un viandante assetato di nuovi orizzonti, affamato di pace e di giustizia, indagatore di verità, desideroso di amore, aperto all'assoluto e all'infinito. La ricerca scientifica, gli sviluppi economici e sociali, il riaffiorare continuo di tensioni, le migrazioni che percorrono il nostro pianeta, lo stesso mistero del male e gli altri enigmi che costellano l'essere interpellano costantemente l'umanità avviandola sui percorsi tracciati dalle religioni e dalle culture.
Anche ai nostri giorni l'umanità sembra, da una parte, incamminata verso mete positive di varia natura: l'integrazione mondiale in sistemi globali ma anche nella sensibilità per il pluralismo e nel rispetto delle differenti identità storiche e nazionali, il progresso scientifico e tecnico, il dialogo interreligioso, le comunicazioni che si diffondono nell'areopago dell'intero mondo attraverso strumenti sempre più efficaci e immediati. D'altra parte, però, su ciascuna di queste strade si parano innanzi, in forme e modalità nuove, ostacoli antichi e costanti: gli idoli dello sfruttamento economico, della prevaricazione politica, dell'arroganza scientifica, del fanatismo religioso.
La luce del Vangelo guida i cristiani a scoprire in queste manifestazioni della civiltà contemporanea i nuovi « areopaghi » nei quali annunziare la salvezza e scoprire i segni dell'ansia che conduce i cuori alla casa del Padre.
Non risulta strano che nel vortice di questo continuo cambiamento l'umanità sperimenti anche la stanchezza e nutra il desiderio di un luogo, che poterebbe essere un santuario, dove riposare, uno spazio di libertà che renda possibile il dialogo con se stesso, con gli altri e con Dio. Il pellegrinaggio del cristiano accompagna questa ricerca dell'umanità e le offre la sicurezza della meta, la presenza del Signore « perché ha visitato e redento il suo popolo ». 118

25. Alcuni « pellegrinaggi universali » rivestono un significato particolare. Pensiamo innanzitutto ai grandi movimenti di gruppi, di masse, talora di interi popoli, che affrontano enormi sacrifici e rischi per sfuggire a fame, guerre, catastrofi ambientali e per ricercare per sé e per i loro cari maggior sicurezza e benessere. Nessuno deve rimanere solo spettatore inerte di fronte a questi flussi immani che pervadono l'umanità quasi a correnti e che dilagano sulla faccia della terra. Nessuno deve sentirsi estraneo alle ingiustizie che spesso ne sono alla radice, ai drammi personali e collettivi ma anche alle speranze che vi fioriscono per un futuro diverso e una prospettiva di dialogo e di coesistenza pacifica multirazziale. Il cristiano in particolare deve divenire il buon Samaritano sulla strada da Gerusalemme a Gerico, pronto a soccorrere e ad accompagnare il fratello alla locanda della carità fraterna e della convivenza solidale. A questa « spiritualità della via » ci può condurre la conoscenza, l'ascolto e la condivisione dell'esperienza di quel particolare « popolo della strada » che sono i nomadi, gli zingari, « figli del vento ».

26. Pellegrini del mondo sono anche coloro che si avviano verso mete diverse per turismo, per esplorazione scientifica e per commercio. Si tratta di fenomeni complessi che, per le loro enormi dimensioni, in molte occasioni sono fonte di conseguenze nocive. Nessuno può ignorare che sovente sono causa di ingiustizia, di sfruttamento delle persone, di erosione delle culture o di devastazione della natura. Ciò nonostante conservano nella loro natura valori di ricerca, di progresso e di promozione della mutua comprensione fra i popoli, che meritano di essere promossi.
È indispensabile far sì che coloro che partecipano a questi ambiti possano conservare una loro spiritualità e una tensione interiore. È necessario anche che gli operatori turistici e commerciali non siano dominati solo da interessi economici ma siano consapevoli della loro funzione umana e sociale.

27. Connessa al precedente e caratteristica dei nostri giorni è anche una forma particolare di pellegrinaggio della mente umana, quello informatico o virtuale che si distende sui viali della telecomunicazione. Questi percorsi, pur con tutti i rischi e le deformazioni o deviazioni che comportano, possono essere tramite di annunzi di fede e di amore, di messaggi positivi, di contatti fecondi ed efficaci. È importante, perciò, avviarsi su queste strade impedendo la dispersione e la dissoluzione della vera comunicazione nel « rumore di fondo » di una miriade babelica di informazioni.

28. Grandi « pellegrini laici » sono anche quelli che intraprendono percorsi culturali e sportivi. Le grandi manifestazioni artistiche, soprattutto musicali, che vedono il convergere in particolare di giovani, il flusso di visitatori nei musei che spesso possono trasformarsi in oasi di contemplazione, le Olimpiadi e le altre forme di aggregazione sportiva sono fenomeni che non possono essere ignorati anche per i valori spirituali che comprendono e che devono essere tutelati al di là delle tensioni, delle massificazioni e dei condizionamenti estrinseci di natura commerciale.

29. Ci sono esperienze di pellegrinaggi più spiccatamente cristiane. Non solo sacerdoti, ma anche intere famiglie, molti giovani si spostano o accettano di essere inviati in terre lontane dalla propria per collaborare con missionari e missionarie, sia con il loro lavoro professionale, sia con la testimonianza, sia con l'annuncio esplicito del Vangelo. È una forma di essere pellegrini che va sempre più crescendo, come dono dello Spirito. Si impegnano i periodi di vacanza o di ferie; o si spendono anni interi della propria vita.
Immagini emblematiche di questi movimenti spaziali ma soprattutto spirituali del nostro tempo sono anche le grandi  assisi ecumeniche nelle quali la preghiera per il dono dell'unità raduna i cristiani in un cammino comune. Ugualmente rilevanti sono gli incontri interreligiosi che vedono il convergere pellegrinante di uomini e donne di ogni fede verso una meta comune di speranza e di amore, come è accaduto nella preghiera mondiale delle religioni per la pace convocata ad Assisi nel 1986.

30. Una vera e propria rete di percorsi si distende, quindi, sul nostro pianeta. Alcuni sono religiosi, nel senso più diretto del termine, hanno come meta città e santuari, monasteri e sedi storiche; in altri casi la ricerca dei valori spirituali si manifesta nel movimento verso luoghi naturali di rara bellezza, isole o deserti, vette o profondità degli abissi marini. Questa complessa geografia del muoversi dell'umanità contiene in sé il germe di un'ansia radicale verso un orizzonte trascendente di verità, di giustizia e di pace, testimonia un'inquietudine che ha nell'infinito di Dio il porto ove l'uomo possa ristorarsi dalle sue angosce. 119
Il cammino dell'umanità, pur nelle sue tensioni e contraddizioni, partecipa allora del pellegrinaggio ineludibile verso il Regno di Dio che la Chiesa è impegnata ad annunziare e a compiere con coraggio, lealtà e perseveranza, chiamata dal suo Signore a essere sale, lievito, lucerna e città che è sul monte. Solo così si apriranno sentieri nei quali « misericordia e verità s'incontreranno, giustizia e pace si baceranno ». 120
In questo itinerario la Chiesa si fa pellegrina con tutti gli uomini e con tutte le donne che cercano con cuore sincero la verità, la giustizia, la pace, e persino con coloro che vagano altrove perché — come ricorda Paolo, citando Isaia — Dio afferma: « Io sono stato trovato anche da quelli che non mi cercavano, mi sono manifestato anche a quelli che non si rivolgevano a me ». 121
31. A questa meta del Regno possono, allora, orientarsi tutti i popoli e tutti gli uomini, esprimendo la loro adesione anche attraverso il gesto esplicito ed emblematico del pellegrinaggio alle diverse « città sante » della terra, cioè ai luoghi dello spirito ove più forte risuona il messaggio della trascendenza e della fraternità. Tra queste città non devono mancare anche i luoghi profanati dal peccato dell'uomo e successivamente, quasi per un istinto di riparazione, consacrati dal pellegrinaggio: pensiamo, ad esempio, ad Auschwitz, luogo emblematico del supplizio del popolo ebraico in Europa, la Shoà, o a Hiroshima e Nagasaki, terre devastate dall'orrore della guerra atomica.
Ma, come si è detto, non solo per i cristiani bensì per tutti, due città acquistano un valore di segno, Roma, simbolo della missione universale della Chiesa, e Gerusalemme, luogo sacro e venerato da tutti coloro che seguono la via delle religioni abramitiche, città dalla quale « uscirà la Legge e la Parola del Signore ». 122 Essa ci indica l'approdo ultimo del pellegrinaggio dell'intera umanità, cioè « la città santa che discende dal cielo, da Dio ». 123 Verso di essa avanziamo nella speranza cantando: « Siamo un popolo che cammina e camminando desideriamo raggiungere insieme una città che non finirà mai, sensa pene né sofferenze, città di eternità ». 124
Proprio mentre la Chiesa apprezza la povertà del monaco pellegrino buddista, la via contemplativa del Tao, l'itinerario sacro a Benares dell'induismo, il « pilastro » della peregrinazione alle sorgenti della sua fede proprio del musulmano e ogni altro itinerario verso l'Assoluto e verso i fratelli, essa si unisce a tutti coloro che in modo appassionato e sincero si dedicano al servizio dei deboli, dei profughi, degli esuli, degli oppressi, intraprendendo con costoro un « pellegrinaggio di fraternità ».
È questo il senso del Giubileo di misericordia che si profila all'orizzonte del terzo millennio, meta per la creazione di una società umana più giusta, nella quale i debiti pubblici delle nazioni in via di sviluppo siano rimessi e si compia una più equa ridistribuzione dei beni della terra, nello spirito della prescrizione biblica. 125 (top)

VI. IL PELLEGRINAGGIO DEL CRISTIANO OGGI

32. All'interno del grande pellegrinaggio che Cristo, la Chiesa e l'umanità hanno compiuto e devono continuare a compiere nella storia, ogni cristiano è invitato a inserirsi e a partecipare. Il santuario verso cui egli si dirige deve diventare per eccellenza « la tenda dell'incontro », come la Bibbia chiama il tabernacolo dell'alleanza. 126 Là, infatti, avviene un incontro fondamentale che rivela varie dimensioni e si presenta sotto volti molteplici. È in questa serie di aspetti che possiamo delineare una pastorale del pellegrinaggio.
Vissuto come celebrazione della propria fede, per il cristiano il pellegrinaggio è una manifestazione cultuale da compiere con fedeltà alla tradizione, con sentimento religioso intenso e come attuazione della sua esistenza pasquale. 127 La dinamica propria del pellegrinaggio rivela con chiarezza alcune tappe che il pellegrino raggiunge, e che diventano un paradigma di tutta la sua vita di fede: la partenza rende manifesta la sua decisione di avanzare fino alla meta e conseguire gli obiettivi spirituali della sua vocazione battesimale; il cammino lo conduce alla solidarietà con i fratelli e alla preparazione necessaria per l'incontro con il suo Signore; la visita al Santuario lo invita all'ascolto della Parola di Dio e alla celebrazione sacramentale; il ritorno, infine, gli ricorda la sua missione nel mondo, come testimone della salvezza e costruttore della pace. E importante che queste tappe del pellegrinaggio, vissute in gruppo o individualmente, siano contraddistinte da atti cultuali, che ne rivelino l'autentica dimensione, utilizzando allo scopo i testi suggeriti dai libri liturgici.
Gli aspetti che necessariamente ogni pellegrinaggio deve includere vanno armonicamente composti con il giusto rispetto per le tradizioni di ogni popolo e adeguatamente con le condizioni dei pellegrini. Spetterà alla Conferenza Episcopale di ciascun Paese tracciare le linee pastorali più adeguate alle varie situazioni e istituire le strutture pastorali necessarie per realizzarle. Nella pastorale diocesana del pellegrinaggio si riconoscerà un ruolo distinto ai Santuari. Tuttavia, anche le parrocchie e altri gruppi ecclesiali dovranno essere rappresentati in queste strutture pastorali, dal momento che sono protagonisti e punti di partenza del maggior numero di pellegrinaggi.
L'azione pastorale deve far sì che, attraverso le caratteristiche proprie di ciascun pellegrinaggio, il credente compia un itinerario essenziale della fede. 128 Per mezzo di un'opportuna catechesi e di un attento accompagnamento da parte degli operatori pastorali, la presentazione degli aspetti fondamentali del pellegrinare cristiano apriranno nuove prospettive alla pratica del pellegrinaggio nella vita della Chiesa.

33. La meta verso cui tende l'itinerario che il pellegrino percorre è innanzitutto la tenda dell'incontro con Dio. Già Isaia riferiva queste parole di Dio: « Il mio tempio si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli ». 129 « Al termine del cammino, nel quale il suo cuore ardente aspira a vedere il volto di Dio », 130 nel santuario che attua la promessa divina « i miei occhi e il mio cuore saranno rivolti a questo luogo per sempre », 131 il pellegrino incontra il mistero di Dio, scoprendo il suo volto d'amore e di misericordia. In modo particolare questa esperienza è compiuta nella celebrazione eucaristica del mistero pasquale, in cui Cristo è « il culmine della rivelazione dell'inscrutabile mistero di Dio »; 132 là si contempla Dio sempre disposto alla grazia in Maria, la Madre di Dio 133 e lo si glorifica ammirabile in tutti i suoi santi. 134
Nel pellegrinaggio l'uomo riconosce che « dalla sua nascita è chiamato al dialogo con Dio », 135 e quindi attraverso esso è aiutato a scoprire che, per « rimanere in intimità con Dio », il cammino che gli viene offerto è Cristo, il Verbo fatto carne. L'itinerario del pellegrino cristiano deve rivelare questo « punto essenziale per il quale il cristianesimo si differenzia dalle altre religioni ». 136 Nella sua totalità il pellegrinaggio deve manifestare « che per l'uomo il Creatore non è una potenza anonima e remota: è il Padre », 137 e tutti siamo figli suoi, fratelli in Cristo Signore. Occorre orientare l'impegno pastorale affinché tale verità fondamentale della fede cristiana 138 non soffra oscuramenti da parte delle culture e dei costumi tradizionali, né da parte delle nuove mode e movimenti spirituali. L'azione pastorale, però, mirerà anche a una costante inculturazione del messaggio evangelico in ciascuna cultura presso ciascun popolo.
Infine, l'efficacia dei santuari si misurerà sempre più nella capacità che essi avranno di rispondere al bisogno crescente che l'uomo sperimenta, nel ritmo frenetico della vita moderna, di un « contatto silenzioso e raccolto con Dio e con se stesso ». 139 Il percorso e il fine del pellegrinaggio condurranno al fiorire della fede e all'intensità della comunione con Dio nella preghiera, per cui idealmente si compia ciò che il profeta Malachia annunziava: « Dall'oriente all'occidente grande è il mio nome fra le genti e in ogni luogo è offerto incenso al mio nome e una oblazione pura, perché è grande il mio nome tra le genti, dice il Signore degli eserciti ». 140

34. Il pellegrinaggio conduce alla  tenda dell'incontro con la Parola di Dio. L'esperienza fondamentale del pellegrino dev'essere quella dell'ascolto perché « da Gerusalemme uscirà la parola del Signore ». 141 Impegno primario del viaggio santo è, perciò, quello dell'evangelizzazione che spesso è connaturata con gli stessi luoghi sacri. 142 L'annunzio, la lettura e la meditazione dell'evangelo devono accompagnare i passi del pellegrino e la stessa sosta nel santuario perché si attui quanto il Salmista affermava: « Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino ». 143
I momenti di pellegrinaggio, a motivo delle circostanze che li suscitano, delle mete cui si dirigono, della loro vicinanza alle necessità e alle gioie quotidiane, sono un campo già favorevole all'accoglimento della Parola di Dio nei cuori; 144 così la Parola diventa fortezza della fede, alimento spirituale, fonte pura e perenne di vita spirituale. 145
Tutta l'azione pastorale a servizio del pellegrinaggio deve concentrare i suoi sforzi in questo accostamento del pellegrino alla Parola di Dio. In primo luogo, va predisposto un processo catechetico adatto alle circostanze della sua vita di fede, espressivo della sua realtà culturale, attraverso mezzi di comunicazione realmente accessibili e di provata efficacia. Questa presentazione catechetica, d'altra parte, mentre terrà conto degli eventi che si celebrano nei luoghi visitati e della loro indole peculiare, non dovrà dimenticare né la necessaria gerarchia nell'esposizione delle verità di fede, 146 né una collocazione all'interno dell'itinerario liturgico a cui tutta la Chiesa partecipa. 147

35. Il pellegrinaggio conduce, poi, alla tenda dell'incontro con la Chiesa, « assemblea di coloro che sono convocati dalla Parola di Dio per formare il popolo di Dio. Nutrendosi del Corpo di Cristo, formano essi stessi il Corpo di Cristo ». 148 L'esperienza della vita comune coi fratelli pellegrini diventa anche l'occasione per riscoprire il popolo di Dio in marcia verso la Gerusalemme della pace, nella lode e nel canto, nell'unica fede e nell'unità dell'amore di un solo Corpo, quello di Cristo. Il pellegrino deve sentirsi membro dell'unica famiglia di Dio, circondato da tanti fratelli di fede, con la guida del « Pastore grande delle pecore » 149 che ci conduce « per il giusto cammino per amore del suo nome » 150 sotto la guida visibile dei pastori che egli ha investito della missione di condurre il suo popolo.
Quando è intrapreso da una comunità parrocchiale, da un gruppo ecclesiale, da un'assemblea diocesana o da raggruppamenti più ampi, il pellegrinaggio diventa un segno della vita ecclesiale. 151 In questi casi è possibile prendere meglio coscienza che ciascuno dei partecipanti fa parte della Chiesa, secondo la propria vocazione e il proprio ministero.
La presenza di un animatore spirituale ha un particolare rilievo. La sua missione rientra pienamente nel ministero sacerdotale, per il quale i presbiteri « riuniscono la famiglia di Dio come fraternità animata nell'unità e la conducono al Padre per mezzo di Cristo nello Spirito Santo ». 152 Per l'esercizio del suo ministero egli deve possedere una specifica preparazione catechetica, per trasmettere con fedeltà e chiarezza la Parola di Dio, e una preparazione psicologica adeguata, per poter accogliere e comprendere le diversità di tutti i pellegrini. Di grande utilità gli sarà anche la conoscenza della storia e dell'arte, per essere in grado di introdurre il pellegrino nella ricchezza catechetica che sgorga dalle opere artistiche, che costituiscono testimonianze continue di fede ecclesiale nei Santuari. 153
In questo ministero, d'altra parte, i presbiteri non possono dimenticare in alcun modo la funzione specifica che spetta ai laici nel contesto vivo della Chiesa-comunione. 154 La loro partecipazione attiva alla vita liturgica 155 e catechetica, la loro responsabilità specifica nella formazione di comunità ecclesiali 156 e la loro capacità di rappresentare la Chiesa nelle più varie necessità umane, 157 li abilitano a collaborare — dopo adeguata preparazione specifica — nell'animazione religiosa del pellegrinaggio assistendo i fratelli durante il loro cammino comune.
La cura pastorale dei pellegrinaggi richiede che ci sia un analogo accompagnamento spirituale anche per quanti intraprendono un pellegrinaggio in piccoli gruppi o individualmente. In ogni caso, i responsabili dell'accoglienza nel Santuario predisporranno i mezzi necessari, affinché il pellegrino si renda conto che il suo cammino fa parte del pellegrinaggio di fede di tutta la Chiesa.
L'incontro del pellegrino con la Chiesa e la sua esperienza di esser parte del Corpo di Cristo, dovranno passare attraverso un rinnovamento del suo impegno battesimale. Il pellegrinaggio riproduce in certo modo il cammino di fede che un giorno lo condusse al fonte battesimale, 158 e che ora si esprime in modo rinnovato nella partecipazione sacramentale.

36. Il santuario è, però, anche la tenda dell'incontro nella riconciliazione. Là, infatti, la coscienza del pellegrino è scossa; là egli confessa i suoi peccati, là è perdonato e perdona, là diventa creatura nuova attraverso il sacramento della riconciliazione, là sperimenta la grazia e la misericordia divina. Il pellegrinaggio, perciò, ricalca l'esperienza del figlio prodigo nel peccato, che conosce la durezza della prova e della penitenza, impegnandosi anche nei sacrifici del viaggio, nel digiuno, nel sacrificio. Ma conosce pure la gioia dell'abbraccio col Padre prodigo di misericordia che lo riconduce dalla morte alla vita: « Questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato ». 159 I santuari dovranno, allora, essere il luogo in cui il sacramento della riconciliazione è celebrato con intensità, con partecipazione, con una liturgia ben condotta, con disponibilità di ministri e di tempo, con preghiere e canti perché la conversione personale abbia il sigillo divino e sia vissuta ecclesialmente.
Il pellegrinaggio, che conduce al Santuario, deve essere un cammino di conversione sostenuto dalla ferma speranza dell'infinita profondità e forza del perdono offerto da Dio; cammino di conversione che « traccia la più profonda componente del pellegrinaggio di ogni uomo sulla terra in stato di viatore ». 160

37. La meta del pellegrinaggio dev'essere la tenda dell'incontro eucaristico  con Cristo. Se la Bibbia è per eccellenza il libro del pellegrino, l'Eucaristia ne è il pane che lo sostenta nel cammino, come fu per Elia in ascesa all'Oreb. 161 La riconciliazione con Dio e coi fratelli ha come sbocco la celebrazione eucaristica. Essa accompagna già le varie tappe del pellegrinaggio che deve riflettere la vicenda pasquale esodica ma soprattutto quella di Cristo che celebra la sua Pasqua in Gerusalemme, al termine del suo lungo viaggio verso la croce e la gloria. Perciò, secondo le indicazioni liturgiche generali e quelle delle singole Conferenze Episcopali, « nei santuari si offrano ai fedeli con maggior abbondanza i mezzi di salvezza, annunziando con diligenza la Parola di Dio, incrementando opportunamente la vita liturgica soprattutto con la celebrazione dell'Eucaristia e della penitenza, come pure coltivando le sane forme della pietà popolare ». 162
Particolare attenzione pastorale sia riservata a quei pellegrini che, per le loro condizioni ordinarie di vita, si recano al Santuario per celebrare speciali occasioni di ascolto della Parola di Dio e di celebrazione eucaristica. Possano scoprire nella gioia di quell'evento la chiamata a comportarsi nella vita quotidiana come messaggeri e costruttori del regno di Dio, della sua giustizia e della sua pace.

38. Si comprende, allora, come il pellegrinaggio sia anche la tenda dell'incontro con la carità. Una carità che è anzitutto quella di Dio che ci ha amato per primo inviando suo Figlio nel mondo. Questo amore non si manifesta solo nel dono di Cristo come vittima di espiazione per i nostri peccati 163 ma anche nei segni miracolosi che sanano e consolano, come Cristo stesso fece durante il suo pellegrinaggio terreno e come ancora si ripete nella storia dei santuari. 
« Se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri ». 164 La carità deve esser messa in atto già durante il cammino del pellegrino, col soccorrere i più bisognosi, col dividere il cibo, il tempo e le speranze, nella consapevolezza che in tal modo si creano nuovi compagni di strada. Un'espressione encomiabile di simile carità è la tradizione, introdotta in molti luoghi, secondo la quale le offerte che i fedeli presentano come espressione della loro devozione consistono in beni che possono essere distribuiti tra i più poveri. L'azione pastorale deve animare tali gesti servendosi di una catechesi sempre rispettosa del sentire dei pellegrini e con iniziative che esprimano lo scopo delle offerte. In questo senso conviene sottolineare l'opera, intrapresa presso alcuni santuari, a sostegno di istituzioni caritative o di progetti di assistenza a favore di comunità dei paesi in via di sviluppo.
Una particolare carità va riservata ai malati in pellegrinaggio, memore delle parole del Signore: « Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me ». 165 L'assistenza ai pellegrini malati è l'espressione più significativa dell'amore che deve alimentare il cuore del cristiano in cammino verso il santuario. Soprattutto i pellegrini malati devono esser accolti con l'ospitalità più calorosa. Sarà, dunque, necessario che le strutture di accoglienza, i servizi offerti, le comunicazioni e i trasporti siano allestiti, attrezzati e gestiti con dignità, attenzione e amore.
Da parte loro, i malati devono lasciarsi irradiare dall'amore di Cristo in modo da vivere la malattia come un cammino di grazia e di dono di sé. Il loro pellegrinaggio nei luoghi, in cui la grazia di Dio si è manifestata attraverso particolari « segni », li aiuta ad essere evangelizzatori presso gli altri compagni di sofferenza. E così, da « oggetti di compassione », diventano soggetti di impegno e di azione, veri « pellegrini del Signore » lungo tutte le strade del mondo.

39. Il pellegrinaggio conduce, però, anche alla tenda dell'incontro con l'umanità. Tutte le religioni del mondo, come si è detto, hanno anch'esse i loro itinerari sacri e le loro città sante. In ogni luogo della terra Dio stesso si fa incontro all'uomo pellegrino e proclama una convocazione universale a partecipare pienamente alla gioia di Abramo. 166 In particolare le tre grandi religioni monoteistiche sono chiamate a ritrovare « la tenda dell'incontro » nella fede per testimoniare e costruire la pace e la giustizia messianica davanti alle genti per la redenzione della storia.
Merita attenzione speciale da parte della pastorale, il fatto che non pochi santuari cristiani siano meta di pellegrinaggi di credenti di altre religioni, sia per tradizione secolare, sia a motivo della recente immigrazione. Ciò sollecita l'azione pastorale della Chiesa a rispondere a questo dato con iniziative di accoglienza, dialogo, soccorso e genuina fraternità. 167 L'accoglienza riservata ai pellegrini li aiuterà sicuramente a scoprire il senso profondo del pellegrinaggio. Il santuario deve essere per essi luogo di quel rispetto che anzitutto dobbiamo manifestare con la purezza della nostra fede in Cristo, unico salvatore dell'uomo. 168
Si deve anche osservare che, oltre alle grandi assisi ecumeniche e agli incontri interreligiosi, il cristiano deve essere accanto a tutti coloro che cercano Dio con cuore sincero percorrendo le vie dello spirito, anche « andando come a tentoni, benché Dio non sia lontano da ciascuno di noi ». 169 Il suo stesso pellegrinaggio, condotto spesso in terre straniere, conduce alla conoscenza di usi, costumi, culture differenti. Deve, allora, trasformarsi in un'occasione di comunione solidale coi valori di altri popoli, fratelli nell'umanità che tutti accomuna e nell'origine dall'unico Creatore di tutti.
Il pellegrinare è anche il momento della convivenza con soggetti di età e formazione diverse. Bisogna insieme procedere nel viaggio per poter poi insieme procedere nella vita ecclesiale e sociale. I giovani con le loro marce e le Giornate mondiali della Gioventù; gli anziani e i malati talvolta insieme ai giovani verso santuari più tradizionali. I pellegrini, nella loro molteplice diversità, insieme attuano ciò che il Salmista auspicava: « I re della terra e i popoli tutti, i governanti e i giudici della terra, i giovani e le fanciulle, i vecchi insieme ai bambini lodino il nome del Signore perché solo il suo nome è sublime e la sua gloria risplende sulla terra e nei cieli ». 170

40. Il pellegrinaggio ha come meta anche la tenda dell'incontro personale con Dio e con se stessi. Disperso nella molteplicità degli affanni e della realtà quotidiana, l'uomo ha bisogno di riscoprire se stesso attraverso la riflessione, la meditazione, la preghiera, l'esame di coscienza, il silenzio. Nella tenda santa del santuario deve interrogarsi su quanto « resta della notte » del suo spirito, come dice Isaia nel suo canto della sentinella: « Viene il mattino, poi anche la notte; se volete domandare, domandate, convertitevi, venite! ». 171 Le grandi domande sul senso dell'esistenza, sulla vita, sulla morte, sul destino ultimo dell'uomo devono risuonare nel cuore del pellegrino così che il viaggio non sia solo un movimento del corpo ma anche un itinerario dell'anima. Nel silenzio interiore, Dio si rivelerà proprio come una « voce di silenzio sottile » 172 che trasforma il cuore e l'esistere. Solo così, quando si ritornerà a casa, non si piomberà di nuovo nella distrazione e nella superficialità, ma si conserverà una scintilla della luce ricevuta nell'anima e si sentirà la necessità di ripetere in futuro questa esperienza di pienezza personale, « decidendo di nuovo nel cuore il santo viaggio ». 173
Il pellegrino ripercorrerà, allora, l'itinerario accompagnandolo con l'orazione liturgica della Chiesa e con gli esercizi di devozione più semplici, con l'orazione personale e con i momenti di silenzio, con la contemplazione che scaturisce dal cuore dei più poveri, i quali « volgono lo sguardo alle mani del loro Signore ». 174

41. Mentre si è in pellegrinaggio, si ha anche l'occasione di entrare nella tenda dell'incontro cosmico con Dio. Spesso i santuari sono collocati in panorami straordinari, esprimono forme artistiche di grande fascino, addensano in sé antiche memorie storiche, sono espressioni di culture alte e popolari. È necessario, allora, far sì che il pellegrinaggio non escluda anche questa dimensione dello spirito. Soprattutto, si comprenda che nella maggior disponibilità ad apprezzare la natura si rivela una preziosa dimensione spirituale dell'uomo moderno. Questa contemplazione divenga tema di momenti di riflessione e di preghiera, così che il pellegrino dia lode al Signore per i cieli, che narrano la sua gloria, 175 e si senta chiamato a essere ministro del mondo nella pietà e nella giustizia. 176
Si deve anche notare che, per certi versi, ogni pellegrinaggio rivela un aspetto di turismo religioso che dev'essere curato non solo per l'arricchimento culturale della persona, ma anche per la pienezza dello spirito. La contemplazione della bellezza è sorgente di spiritualità. Perciò, « le testimonianze votive dell'arte e della pietà popolari siano conservate in modo visibile e custodite con sicurezza nei santuari o in luoghi adiacenti ». 177 Al pellegrino vengano mostrati, per mezzo di guide o sussidi, questi tesori perché attraverso la bellezza artistica e la spontaneità delle testimonianze secolari di fede possa cantare a Dio la sua gioia e la sua speranza « con arte », 178 possa ritrovare nella contemplazione delle cose mirabili la serenità e « dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia ne conosca l'autore ». 179
L'azione pastorale dovrà tener conto egualmente di tutti coloro che percorrono le vie dei pellegrinaggi per altri motivi, quali la cultura o il tempo libero. Il modo di presentare i diversi luoghi e monumenti manifesti la loro relazione esplicita con il cammino dei pellegrini, con la meta spirituale a cui conducono e con la esperienza di fede che li originò e li anima tuttora. Si offrano queste informazioni agli organizzatori di tali viaggi, cosicché siano intrapresi nel massimo rispetto e contribuiscano veramente all'arricchimento culturale dei viaggiatori ed al loro spirituale progresso.

42. Il pellegrinaggio, infine, è molto spesso la via per entrare nella tenda dell'incontro con Maria, la Madre del Signore. Maria, nella quale si congiunge il pellegrinaggio del Verbo verso l'umanità col pellegrinaggio di fede dell'umanità, 180 è « colei che avanza nella peregrinazione della fede », 181 divenendo « stella dell'evangelizzazione » 182 per il cammino di tutta la Chiesa. I grandi santuari mariani (come Lourdes, Fatima o Loreto; Cestochowa, Altötting o Mariazell; Guadalupe, Aparecida o Luján), e i piccoli santuari, che la devozione popolare ha eretto in numero sterminato in mille e mille località, possono essere luoghi privilegiati per l'incontro con suo Figlio che essa ci dona. Il suo grembo è stato il primo santuario, la tenda dell'incontro tra divinità e umanità sulla quale è sceso lo Spirito Santo e ha steso « la sua ombra la potenza dell'Altissimo ». 183
Il cristiano si mette in viaggio con Maria per le strade dell'amore, raggiungendo Elisabetta che incarna le sorelle e i fratelli del mondo coi quali stabilire un legame di fede e di lode. 184 Il Magnificat diventa, allora, il canto per eccellenza non solo della peregrinatio Mariae ma anche del nostro pellegrinaggio nella speranza. 185 Il cristiano si mette in viaggio con Maria per le strade del mondo per ascendere fino al Calvario ed essere accanto a lei come il discepolo prediletto, perché Cristo gliela consegni come sua Madre. 186 Il cristiano si mette in viaggio con Maria per le strade della fede così da raggiungere alla fine il Cenacolo ove con lei riceve dal suo Figlio risorto il dono dello Spirito Santo. 187
La liturgia e la pietà cristiana offrono al pellegrino numerosi esempi del modo con cui egli possa ricorrere a Maria come sua compagna di pellegrinaggio. Si faccia riferimento ad essi, tenendo conto anzitutto che gli esercizi di pietà riguardanti la Vergine Maria devono esprimere chiaramente la dimensione trinitaria e cristologica in modo intrinseco ed essenziale. 188 Nutrendo una genuina devozione mariana, 189 i pellegrini arricchiranno la loro profonda devozione alla Madre di Dio con nuove forme e manifestazioni dei loro intimi sentimenti. (top)

CONCLUSIONE

43. Il pellegrinaggio simboleggia l'esperienza dell'homo viator che, appena uscito dal grembo materno, si avvia nel cammino del tempo e dello spazio della sua esistenza; l'esperienza fondamentale d'Israele, che è in marcia verso la terra promessa della salvezza e della libertà piena; l'esperienza di Cristo, che dalla terra di Gerusalemme sale fino al cielo, aprendo il percorso verso il Padre; l'esperienza della Chiesa, che procede nella storia verso la Gerusalemme celeste; l'esperienza di tutta l'umanità, che si protende verso la speranza e la pienezza. Ogni pellegrino dovrebbe confessare: « Per grazia di Dio sono uomo e cristiano, per le mie azioni grande peccatore, per condizione un pellegrino senza tetto della più umile specie, che va errando di luogo in luogo. I miei averi sono un sacco sulle spalle con un po' di pane secco e una Sacra Bibbia che porto sotto la camicia. Altro non ho ». 190
La Parola di Dio e l'Eucaristia ci accompagnano in questo pellegrinaggio verso la Gerusalemme celeste, di cui i santuari sono segno vivo e visibile. Quando l'avremo raggiunta, si apriranno le porte del Regno, abbandoneremo l'abito da viaggio e il bastone del pellegrino ed entreremo nella nostra casa definitiva « per essere sempre col Signore ». 191 Là egli starà in mezzo a noi « come colui che serve » 192 e cenerà con noi e noi con lui. 193 (top)

Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, in data 11 aprile 1998, ha approvato la pubblicazione del presente documento.

Città del Vaticano, 25 aprile 1998.

Giovanni Cardinale Cheli, Presidente
Arcivescovo Francesco Gioia, Segretario

 

Note

(1) Cr 29, 15.
(2) Cf Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Dogm. Lumen Gentium, n. 49.
(3) Cf Ufficio Nazionale della Conf. Episc. Italiana per la pastorale del tempo libero, turismo e sport, Pastorale del Pellegrinaggio, 1996, p. 44.
(4) Cf Gn 3, 23-24.
(5) Cf ibid. 4, 15.
(6) 2 Cf Lc 15, 11-32.
(7) 2 Pr 2, 13; 4, 19.
(8) 2 Cf ibid. 2, 15; 10, 9; 21, 8.
(9) 2 Cf ibid. 2, 19; 5, 6; 6, 23; 15, 24.
(10) 2 Cf ibid. 8, 20; 12, 28; Bar 3, 13; Is 59, 8.
(11) 2 Cf Sal 119, 30; Tb 1, 3.
(12) 2 Cf Sal 101, 2.
(13) Cf Gn 12, 1-4.
(14) Eb 11, 8-9.13.
(15) 3 Gn 23, 4.
(16) 3 Cf ibid. 21, 9-21; 26, 12-18.
(17) 3 Cf ibid. 28, 2.
(18) Cf ibid. 47 e 50.
(19) Cf 1 Cor 10, 1-13.
(20) Cf Is 43, 16-21.
(21) Cf Sap cc. 11-19.
(22) Cf ibid. 19.
(23) Dt 2, 7.
(24) Gs 24, 17.
(25) Ger 2, 2.
(26) Es 22, 20.
(27) Dt 24, 17; cf 10, 18.
(28) Sal 39, 13; 119, 19.
(29) Cf Lv 25, 23.
(30) Cf Es 34, 24.
(31) Cf Sal 120-134.
(32) Cf Sal 128, 1.
(33) Cf Dt 32, 18; Sal 18, 3; 46, 2-8.
(34) Cf Sal 122, 4.
(35) Cf Sal 15, 1.5.
(36) Cf Sal 43, 3-4.
(37) Sal 84, 5-6.
(38) Ger 31, 6; cf Is 2, 5.
(39) Cf Is 2, 2-4; 56, 6-8; 66, 18-23; Mi 4, 1-4; Zac 8, 20-23.
(40) Cf Ger 31, 31-34.
(41) Cf Is 1, 17.
(42) Cf Os 2, 16-18.
(43) Cf Is 60, 3-6.
(44) Ibid. 25, 6.
(45) Cf ibid. 55, 1-2.
(46) Cf Ez 34, 11-16.
(47) Gv 14, 6.
(48) Giovanni Paolo II, Let. Enc. Redemptor Hominis, 18.
(49) Gv 1, 2.14.
(50) Giovanni Paolo II, Let. Apost. Tertio Millennio Adveniente, n. 6.
(51) Cf Lc 2, 22-24.
(52) Ibid. 2, 49.
(53) Cf Lc 9, 51; 24, 51.
(54) Ibid. 9, 31.
(55) Mt 16, 24; cf Mt 10, 38 e Lc 9, 23.
(56) Cf Mc 8, 27.34; 9, 33-34; 10, 17.21.28.32-33.46.52.
(57) Cf At 1, 11.
(58) Cf Gv 14, 2-3.
(59) Gv 16, 28; 17, 24.
(60) At 2, 9-11.
(61) Cf Lc 24, 13-35.
(62) Cf Mt 2, 1-12.
(63) Mt 8, 11.
(64) Cf At 2, 28; 9, 2; 16, 17; 18, 25-26; 19, 9.23; 22, 4; 24, 14.32.
(65) Cf Mt 28, 19-20.
(66) Gal 5, 16.
(67) Cf Ap 22, 17.20.
(68) Ef 2, 19; 1 Pt 2, 11.
(69) Cf Ef 2, 19
(70) Eb 13, 13-14.
(71) Ap 21, 4.
(72) Cf Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Dogm. Lumen Gentium, n. 9.
(73) Cf At 8, 4.
(74) Cf At 2, 7-11.
(75) Giovanni Paolo II, Let. Apost. Tertio Millennio Adveniente, n. 25.
(76) Cf S. Agostino,De vera religione 39, 72: CCL 32, 234; PL 34, 154.
(77) S. Agostino, De Trinitate 15, 2, 2: CCL 50, 461; PL 42, 1058.
(78) Origene,In Leviticum XIII, 5: SCh 287, 220; PG 12, 551.
(79) Cf S. Gregorio di Nissa,Lettera 2, 18: SCh 363, 122; PG 46, 1013.
(80) Cf S. Girolamo, Lettera 58, 2-3: CSEL 54, 529-532; PL 22, 580-581.
(81) Cf Sal 36, 10.
(82) Mt 5, 48.
(83) Gal 2, 20.
(84) Fil 1, 21.
(85) Giovanni Paolo II, Discorso durante la visita a Vienna (10 settembre 1983): AAS 76 (1984) p. 140.
(86) S. Bernardo,Lettera al vescovo di Lincoln. Let. 64, 2: PL 182, 169s.
(87) « Urbs Ierusalem beata, dicta pacis visio, quae construitur in coelis, vivis ex lapidibus ». Brev. Rom., Comm. de Dedic. Eccl., Himnus ad Vesp.
(88) M. Lutero,Alla nobiltà cristiana di nazione tedesca (1520: WA 6, 437.
(89) Giovanni Paolo II, Let. Apost. Tertio Millennio Adveniente, n. 18.
(90) Conc. Ecum. Vat. II, Messaggio al mondo (20-10-1962): AAS 54 (1962) p. 822.
(91) Cf Giovanni XXIII, Discorso nell'Apertura del Conc. Vatica-
 no II (11-10-1962): AAS 54 (1962) p. 790; Paolo VI, Discorso nella Apertura della seconda ses. del Conc. Vaticano II (29-9-1963): AAS 55 (1963) p. 842.
(92) Paolo VI, Discorso nella Chiusura della terza ses. del Conc. Vaticano II (21-11-1964): AAS 56 (1964) p. 1013.
(93) Paolo VI, Discorso all'Assemblea delle Nazioni Unite (4-10-1965): AAS 57 (1965) p. 878.
(94) Conc. Ecum. Vat. II, Messaggio al mondo (8-12-1965): AAS 58 (1966) p. 11.
(95) Cf Paolo VI, Discorso nella Chiusura della seconda ses. del Concilio Vaticano II (4-12-1963): AAS 56 (1964) p. 39.
(96) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Dogm. Sacrosanctum Concilium, n. 2.
(97) Cf Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Dogm. Lumen Gentium, nn. 7-9.
(98) Ibid., n. 3; cf n. 13.
(99) Ibid., n. 3.
(100) Cf Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Ad Gentes, n. 5.
(101) Cf Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Dogm. Sacrosanctum Concilium, n. 7; n. 10.
(102) Cf Es 12, 1-14.
(103) Cf Gs 5, 10-12.
(104) Cf Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Ad Gentes, n. 2; Cost. Dogm. Lumen Gentium, n. 17.
(105) Mt 28, 19.
(106) Cf Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Dogm. Dei Verbum, n. 7.
(107) Cf Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Past. Gaudium et Spes, n. 38.
(108) Cf ibid., nn. 1-7.
(109) Cf ibid., n. 3; n. 11.
(110) Cf ibid., n. 43.
(111) Cf ibid., n. 44.
(112) Esortazione apostolica Nobis in animum di Paolo VI, 25-3-1974, sulle accresciute necessità della Chiesa in Terra Santa; Lettera apostolica Apostolorum limina di Paolo VI, 25-5-1974, per l'indizione dell'Anno Santo 1975; Esortazione apostolica Gaudete in Domino di Paolo VI, 9-5-1975, sulla gioia cristiana dell'Anno Santo; Lettera apostolica Aperite portas Redemptori di Giovanni Paolo II, 6-1-1983, per l'indizione del Giubileo del 1983; Lettera apostolica Redemptionis anno di Giovanni Paolo II, 20-4-1984, su Gerusalemme, patrimonio sacro di tutti i credenti, a conclusione del Giubileo del 1983; Lettera apostolica Tertio Millennio Adveniente di Giovanni Paolo II, 10-11-1994.
(113) Giovanni Paolo II, Udienza generale, 9-4-1997, in riferimento alla visita pastorale a Sarajevo.
(114) Cf Lv 25.
(115) Sal 104, 13.
(116) At 2, 44-45.
(117) Dt 15, 4.7.
(118) Lc 1, 68.
(119) Cf S. Agostino,Confessioni I, 1: CCL 27, 1; PL 32, 661; XIII, 38, 53: CCL 27, 272s.; PL 32, 868.
(120) Sal 85, 11.
(121) Rm 10, 20; cf Is 65, 1.
(122) Is 2, 3.
(123) Ap 21, 2.
(124) « Somos un pueblo que camina y juntos caminando queremos alcanzar una ciudad que no se acaba sin pena ni tristeza ciudad de eternidad » (Canto latino-americano).
(125) Cf Lv 25.
(126) Cf Es 27, 21; 29, 4.10-11.30.32.42.44.
(127) Cf Congregazione per il Culto Divino, Orientamenti e proposte per la celebrazione dell'anno mariano (3 aprile 1987): Notitiae 23 (1987) pp. 342-396.
(128) Cf Giovanni Paolo II, Discorso a un gruppo di vescovi dell'America del Nord in visita ad limina (21 settembre 1993): AAS 86 (1994) p. 495.
(129) Is 56, 7.
(130) Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti al I Congresso Mondiale di Pastorale dei Santuari e dei Pellegrinaggi (28 febbraio 1992): Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XV, 1 (1992) 420.
(131) 1 Re 9, 3.
(132) Giovanni Paolo II, Let. Enc. Dives in misericordia, n. 8.
(133) Cf ibid., 9.
(134) Cf Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Dogm. Lumen Gentium, n. 50.
(135) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Past. Gaudium et Spes, n. 19.
(136) Giovanni Paolo II, Let. Apost. Tertio Millennio Adveniente, n. 6.
(137) Paolo VI, Esort. Ap. Evangelii Nuntiandi, n. 26.
(138) Cf Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 240.
(139) Giovanni Paolo II, Lettera per il VII Centenario del Santuario della Santa Casa di Loreto (15 agosto 1993): Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVI, 2 (1993) 533.
(140) Mal 1, 11.
(141) Is 2, 3.
(142) Cf Giovanni Paolo II, Esort. Ap. Catechesi tradendae, n. 47.
(143) Sal 119, 105.
(144) Cf Giovanni Paolo II, Discorso ai direttori diocesani francesi di pellegrinaggio (17 ottobre 1980): Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III, 2 (1980) 894-897.
(145) Cf Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Dogm. Dei Verbum, n. 21.
(146) Cf Paolo VI, Esort. Ap. Evangelii Nuntiandi, n. 25.
(147) Cf Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Dogm. Sacrosanctum Concilium, n. 102; Collectio Missarum de beata Maria Virgine, Introductio, n. 6.
(148) Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 777.
(149) Eb 13, 20.
(150) Sal 23, 3.
(151) Cf Giovanni Paolo II, Disc. a vescovi francesi in occasione della Visita ad limina (4 aprile 1992): AAS 85 (1993) p. 368.
(152) Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, n. 6.
(153) Cf Giovanni Paolo II, Esort. Ap. Postsin. Pastores dabo vobis (4 aprile 1992), nn. 71-72: AAS 84 (1992) pp. 782-787.
(154) Cf Giovanni Paolo II, Esort. Ap. Christifideles laici, n. 18.
(155) Cf ibid., n. 23.
(156) Cf ibid., n. 34.
(157) Cf ibid., n. 7.
(158) Cf Giovanni Paolo II, Omelia nella Basilica di Aparecida, Brasile (4 luglio 1980): Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III, 2 (1980) 99.
(159) Lc 15, 24.
(160) Giovanni Paolo II, Let. Enc. Dives in misericordia, n. 13.
(161) Cf 1 Re 19, 4-8.
(162) Codice di Diritto Canonico, can. 1234 § 1.
(163) Cf 1 Gv 4, 10.
(164) Ibid. 4, 11.
(165) Mt 25, 40.
(166) Cf Paolo VI, Esort. Ap. Gaudete in Domino, c. V.
(167) Cf Giovanni Paolo II, Let. Enc. Redemptoris Missio, n. 37.
(168) Cf 1 Tm 2, 5.
(169) At 17, 27.
(170) Sal 148, 11-13.
(171) Is 21, 11-12.
(172) 1 Re 19, 12.
(173) Sal 84, 6.
(174) Cf Sal 123, 2.
(175) Cf Sal 19, 2.
(176) Cf Sap 9, 3.
(177) Codice di Diritto Canonico, can. 1234 § 2.
(178) Sal 47, 8.
(179) Sap 13, 5; cf. Rm 1, 19-20.
(180) Cf Paolo VI, Esort. Ap. Marialis cultus, n. 37.
(181) Giovanni Paolo II, Let. Enc. Redemptoris Mater, n. 25.
(182) Paolo VI, Esort. Ap. Evangelii Nuntiandi, n. 82.
(183) Lc 1, 35.
(184) Cf ibid. 1, 39-56.
(185) Cf Giovanni Paolo II, Let. Enc. Redemptoris Mater, n. 37.
(186) Cf Gv 19, 26-27.
(187) Cf At 1, 14; 2, 1-4.
(188) Cf Paolo VI, Esort. Ap. Marialis cultus, n. 25.
(189) Cf Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Dogm. Lumen Gentium, n. 67.
(190) Anonimo, Racconti di un pellegrino russo, c. I.
(191) 1 Ts 4, 17.
(192) Lc 22, 27.
(193) Cf Ap 3, 20.

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