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    Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti

V° Congresso Mondiale della Pastorale per gli Zingari

Budapest, Ungheria, 30 giugno - 7 luglio 2003

 

La tutela dei diritti degli Zingari 

nel fenomeno migratorio 

e nei processi di integrazione*

 

Rev. P. Antonio Perotti, CS

Direttore dell’Istituto Storico Scalabriniano

Italia

 Premesse

Limiti dell’intervento

Data l’ampiezza del tema, nonostante la dimensione mondiale di questo Convegno, mi limiterò a porre la questione nel quadro giuridico e nel contesto socio-politico del Continente europeo. Impresa questa già sufficientemente vasta e complessa per farne, seppure in sintesi, una presentazione corretta. Rinuncerò quindi a presentarVi un quadro comparativo, Paese per Paese, che implicherebbe il fatto di tenere in considerazione situazioni così diversificate quali sono quelle che caratterizzano, ad esempio, i contesti nazionali dell’Europa Occidentale e quelli dei Paesi dell’Europa centro-orientale. Si tratta di situazioni profondamente marcate dalla storia politica del Continente nella seconda metà del XX secolo che hanno profondamente influenzato, diversificandoli, i processi integrativi di sedentarizzazione libera o forzata, gli statuti personali di cittadinanza, il riconoscimento di statuto di minoranze nazionali delle Comunità Zingare allo stesso titolo delle altre minoranze linguistico-culturali riconosciute, la prevalenza dell’approccio etnico nei confronti di quello economico-sociale nelle politiche verso gli Zingari, l’esistenza o meno di organismi consultivi e rappresentativi, lo statuto sociale e via dicendo.

Su queste differenziazioni mi limiterò a fare qualche accenno per quanto riguarda alcune situazioni legate al processo di unificazione politico-giuridica dell’Europa in corso (dalla Carta di Nizza del 2000 al progetto attualmente in discussione della nuova Convenzione Costituzionale Europea), alla prossima estensione dell’Unione Europea a diversi Paesi dell’Est, al fenomeno della ripresa del nomadismo zingaro nell’area dell’Est nel quadro delle recenti migrazioni verso i Paesi dell’Unione, e al fenomeno dei richiedenti l’asilo e la protezione dell’accoglienza umanitaria che ha caratterizzato recentemente le comunità zingare dell’area balcanica, a seguito dei conflitti etno-religiosi nella regione.

Il mio intervento si riferirà quindi, esclusivamente, alle politiche di tutela previste nei dispositivi più recenti raccomandati dagli Organismi internazionali Europei, intergovernativi, comunitari, legislativi e di coordinamento, quali il Consiglio d’Europa, l’Unione Europea, la Conferenza per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (CSCE), organizzazioni che nel loro insieme coprono la globalità delle situazioni esistenti nell’intero Vecchio Continente.

Tutte queste Istituzioni internazionali – attraverso le loro istanze interne, come il Comitato dei Ministri, l’Assemblea parlamentare, la Conferenza permanente dei poteri locali e regionali, la Divisione delle Migrazioni e dei Rom-Zingari e la Commissione Europea contro il Razzismo e l’Intolleranza (ECRI) del Consiglio d’Europa; la Commissione della Comunità Europea, il Parlamento Europeo e l’Osservatorio Europeo dei fenomeni razzisti e xenofobi dell’Unione Europea e infine l’Ufficio dell’Alto Commissario per le Minoranze Nazionali e l’Ufficio per le Istituzioni Democratiche e i Diritti dell’Uomo (BIDDH) della CSCE,- hanno prodotto un ampio materiale di studi e di proposte di regolamentazione in materia. 

Queste istituzioni e istanze non si sono limitate a richiamare i principi universali riconosciuti già nelle Convenzioni Internazionali, in particolare nella Convenzione Europea dei diritti e delle libertà fondamentali del Consiglio d’Europa, sottoscritti ormai dalla totalità dei Paesi europei.

L’informazione e la documentazione raccolta sulla situazione, Paese per Paese, delle comunità zingare, sia sul piano generale che nei settori nevralgici concernenti lo statuto personale, il diritto all’alloggio, alla salute, al lavoro e alla formazione professionale, alla scolarizzazione, al libero accesso ai servizi pubblici, il diritto alla non discriminazione hanno infatti permesso a queste Istituzioni di proporre raccomandazioni che tengano conto di una contestualizzazione precisa nella tutela dei diritti.Cito, ad esempio, l’opera, pubblicata nel 1985 ed aggiornata nel 1994 da Jean-Pierre Liégeois, redatta in collaborazione con oltre una quarantina di esperti europei tra i quali anche esponenti zingari, promossa e largamente diffusa dal Consiglio d’Europa (1).Cito il rapporto di sintesi sulla scolarizzazione ordinato e diffuso in cinque lingue nel 1986 dalla Commissione delle Comunità Europee che, oltre a presentare una analisi globale della situazione scolastica, del suo contesto e dei suoi differenti aspetti, sintetizza l’insieme degli studi esistenti, e presenta i risultati di una larga consultazione di famiglie, organizzazioni zingare, insegnanti e le realizzazioni compiute in questo settore (2). Documentazione, quest’ultima, che è stata, in seguito, alla base della Risoluzione adottata dal Consiglio e dai Ministri dell’Educazione sulla “Scolarizzazione dei ragazzi gitani e viaggiatori”.Risoluzione che Jean-Pierre Liégeois, ha qualificato di “testo storico”. 

Di fatto, nell’ultimo decennio, assistiamo ad una sempre più larga partecipazione, nella raccolta di informazioni sulla situazione della tutela giuridica e nell’elaborazione di proposte in vista di nuove misure dirette alla protezione dei loro diritti, da parte delle diverse associazioni internazionali e nazionali rappresentative degli Zingari.

Due riunioni, promosse dal Consiglio d’Europa, degli organismi consultivi nazionali tra Rom/Zingari e governi svoltesi qui a Budapest nel novembre 1996 ed a Helsinki nel novembre 1997, hanno fatto emergere con evidenza le situazioni e le proposte in merito alla partecipazione di queste comunità al rafforzamento della loro tutela (3).

La contestualizzazione dei diritti da tutelare mi obbliga tuttavia a limitare il mio intervento ai principali settori nevralgici in cui la tutela è oggi la più urgente. Nel ventaglio dei diritti degli zingari mi concentrerò perciò sui seguenti: il diritto di scelta del modo di vita, il diritto ad uno statuto personale garantito che comprende il diritto alla nazionalità/cittadinanza, il diritto d’accesso all’alloggio, il diritto alla libera circolazione, il diritto d’accesso alle strutture pubbliche della salute, il diritto all’istruzione, il diritto alla elaborazione delle norme che li riguardano.

Quadro di riferimento

Indicati i limiti del mio intervento, vorrei, infine, in questa introduzione, collegarmi con l’approccio specifico che ispira questo congresso mondiale, approccio nel quale intendo inquadrare, fin dall’inizio, la mia esposizione.

Gli organizzatori del Congresso hanno posto al centro dei lavori il tema del binomio Chiesa e Zingari nell’ottica della spiritualità della comunione.

La comunione implica essenzialmente il rispetto dei diritti umani, il rispetto del diritto dell’uomo ad essere uomo, il riconoscimento della sua dignità e della sua socialità, in condizioni di uguaglianza.

Ho detto dignità e socialità: perché è su questi due attributi essenziali della persona che sono fondati i diritti umani e i loro confini: diritti e confini che circoscrivono anche una corretta nozione dei processi di integrazione.I diritti fondamentali e le libertà fondamentali noi li intendiamo, infatti, come una espressione di una visione di umanità che attribuisce i più profondi valori all’individuo.Le frontiere fondamentali sono a loro volta l’espressione di una visione di una umanità che attribuisce i più profondi valori alle comunità (potenzialmente esistenti all’interno di più ampie comunità politiche) le quali devono essere protette. Questa visione comunitaria dell’umanità deriva dal riconoscimento della natura sociale del genere umano come controbilanciamento della visione atomistica dell’individuo che è riflessa nei concetti di diritti e libertà fondamentali. Esistono, naturalmente, come osserva il giurista internazionalista J. H. Weiler (4), moltissime versioni laiche e umanistiche di queste due visioni. Per il cristiano sia la prima come la seconda visione trovano una potente espressione biblica nella Genesi. La dignità: “E Dio creò l’uomo a sua immagine. Egli lo creò a immagine di Dio” (Genesi 1,27). La socialità: “E il Signore disse: Non è bene che l’uomo sia solo” (Genesi 2,18). L’identità personale non è solo un bene individuale ma anche sociale (collettivo). Nessuno può acquisire la propria identità da solo: è un processo che ha bisogno di una dimensione interattiva, meglio, intersoggettiva.

Il contemperamento tra queste due dimensioni è fondamentale per definire anche i processi di integrazione concernenti le comunità nomadi per una corretta autopercezione di sé da parte dello Zingaro e per una corretta percezione dello Zingaro da parte delle comunità maggioritarie.Sia l’uno come le altre devono prendere coscienza del necessario contemperamento di entrambe le dimensioni.

Ho sottolineato questo approccio per evitare che il tema della tutela dei diritti di un soggetto, sia disancorato dagli obblighi imposti dalla loro socialità naturale.

Tre esigenze per la difesa dei diritti: contestualizzazione, mediazione culturale, impegno etico.

E’ in questo senso che intendo sviluppare il tema della tutela dei Diritti e sottolineare con forza che non vi è tutela senza contestualizzazione e non c’è contestualizzazione senza avere coscienza che essa suppone sempre – nelle relazioni tra la comunità nazionale maggioritaria e le comunità zingare – un’operazione da compiere sui nostri registri culturali e un’implicazione etica che non si limita al rispetto della differenza qualora essa sia associata alla disuguaglianza, ma tende ad eliminare quest’ultima, attraverso una informazione ed un’azione socio-politica.

La spiritualità della comunione implica quindi anche la mediazione culturale e l’impegno etico.

Mi riferisco ad alcuni codici culturali soggiacenti a termini che ricorreranno spesso nella mia esposizione sul diritto, per esempio, di avere un nome anagrafico, una nazionalità, una cittadinanza, un domicilio, una vita privata e familiare, un’identità collettiva, un lavoro o che richiamano concetti che hanno molti significati, come quello di “integrazione”.

Che significa per uno zingaro diritto ad un domicilio e alla sua inviolabilità? Di solito l’intervento del cristiano nel dibattito sui diritti umani si limita prevalentemente al registro delle ispirazioni o della visione di umanità che attribuisce i più profondi valori all’individuo senza approfondire convenientemente quello che il diritto contestualizzato mette in evidenza allorché si passa ai registri sociali e culturali.

A questa mancanza di “mediazione culturale” nella traduzione del principio giuridico, ci sembra si debba attribuire la difficoltà che abbiamo di tradurre i diritti e le libertà “formali” in diritti e libertà “reali”: Difficoltà di passare dall’enunciazione dei diritti alla loro applicazione normativa alle situazioni concrete. Siamo forti nell’enunciare i diritti, ma deboli nel tradurli in forme efficaci di tutela.

Dal 1949 in poi l’esigenza di proteggere l’uomo “contestualizzato” nei suoi diritti e libertà fondamentali ha fatto sviluppare tutta una serie di diritti economici, sociali e culturali che hanno sottolineato la primordialità della opposizione tra libertà formali e libertà reali. Questa esigenza ha fatto progressivamente enunciare diritti umani riguardanti la diversità delle identità fenomenologiche dell’uomo, quelle cioè legate ai cicli vitali della vita (età, malattia, handicap) quali i diritti del bambino, dell’anziano, dell’ammalato, del disabile, o legati ai contenuti sociali (i diritti dei lavoratori), alle identità socio-culturali e politiche (quali i diritti dei migranti, dei rifugiati politici, delle minoranze linguistiche e culturali, degli zingari…), o legati al genere (diritti delle donne).

E’ l’estensione storica di questi diritti che mostra il graduale passaggio sul piano dei diritti fondamentali dalla considerazione illuministica dell’uomo astratto a quella dell’uomo contestualizzato nelle sue diverse forme di vita. Sono soprattutto i diritti culturali, in particolare quello dell’identità culturale, che più recentemente sono emersi nel dibattito sulla progressiva estensione storica dei diritti dell’uomo. Si pensi alla Carta Europea delle lingue regionali o minoritarie del Consiglio d’Europa, trattato approvato nel 1992, nel quadro del quale dovrebbero essere anche integrate, a pieno diritto, le lingue principalmente praticate dalle comunità zingare (5). Una evoluzione che esprime chiaramente il passaggio dall’universalismo di una natura astratta alla sua storicità.

Allorché si tratta di discutere della tutela dei diritti degli zingari, la prima attenzione che dobbiamo avere è la correttezza della dimensione semantica del dizionario o glossario usato.

Occorre evitare – come avviene talvolta presso diversi uffici amministrativi statali - che lo zingaro venga confuso automaticamente con il migrante e con lo straniero e che si applichino indistintamente allo zingaro gli stessi parametri che regolano i processi integrativi di queste due categorie. La stessa tendenza di considerare gli zingari come nomadi, desiderosi di vivere in accampamenti, non corrisponde spesso alla realtà. La necessità di distinguere tra la questione della situazione di gruppi con uno stile di vita itinerante e i problemi delle migrazioni zingare allorché si discute della mobilità degli Zingari, è stata sottolineata anche al Summit di Tampere del novembre 1999 nel documento relativo alla situazione degli Zingari nei Paesi candidati all’Unione (6).

Anche se è necessario che si tengano presenti le interferenze e sovrapposizioni che possono più o meno frequentemente verificarsi, sia sul piano giuridico-amministrativo sia sul piano socio-culturale, tra queste diverse categorie (anche lo zingaro può essere un migrante o uno straniero), è necessario che si prenda atto a livello centrale, regionale e locale dello statuto specifico e delle reali aspirazioni delle persone interessate.

I diritti umani degli zingari

Iniziamo ora a percorrere i diritti umani riconosciuti, senza eccezione, ad ogni persona, analizzandone le forme e le condizioni della loro tutela, in riferimento agli zingari.

Il diritto dell’uomo ad avere una nazionalità: uno statuto personale sicuro

Conosciamo la posizione comune che il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa e il Parlamento Europeo hanno assunto a riguardo dello statuto personale dello zingaro (7).

Partendo dalla constatazione che molti Zingari incontrano grandi difficoltà, particolarmente in materia di trasferimenti e soggiorni perché non hanno legami sufficienti con uno Stato determinato sul piano della residenza o della nazionalità, queste due istanze europee raccomandano agli Stati di facilitare il legame di appartenenza degli zingari apatridi ad uno Stato facilitandone così la residenza, la protezione dei propri diritti attraverso le rete consolare quando si trova all’estero e la libera circolazione come pure la riunificazione delle famiglie. E’ un richiamo alle due convenzioni firmate a New York nel 1954 e 1961 sullo statuto degli apatridi e sulla riduzione dei casi di apatridia (8).

Numerosi sono i criteri proposti dal Comitato dei Ministri del 1983 per decidere il legame di appartenenza ad uno Stato: lo Stato di nascita o d’origine del nomade o lo Stato d’origine della propria famiglia; la residenza abituale o di periodi frequenti di residenza; la presenza in uno Stato di membri prossimi della famiglia dello zingaro.

Questo legame ad uno Stato permette allo zingaro di beneficiare di tutte le formalità amministrative anche quando, per libera scelta continua a condurre una vita itinerante. La libertà di questa scelta costituisce la base di conseguenze giuridiche ulteriori. Negarla significa condizionarla sulla base di parametri discriminanti.

La prima condizione per la tutela giuridica dei diritti dello zingaro è quella quindi di facilitargli l’acquisto di una cittadinanza, punto di partenza per togliere lo zingaro da una situazione di apolidia o di indeterminatezza della sua nazionalità.

Gli Zingari in Europa sono oggi stimati approssimativamente a 8 milioni e il loro trattamento è diventato una questione chiave nell’allargamento dell’Unione Europea. A diversi Paesi dell’Est Europa è stato richiesto di migliorare la condizione degli Zingari come pre-condizione per entrare nell’Unione.

E’ necessario che ogni zingaro sia pienamente cittadino di uno Stato, ossia che abbia una nazionalità e che la Costituzione sia rispettata a loro riguardo in tutti i suoi articoli: libertà di circolazione, di stabilimento, diritto di voto ecc. L’amministrazione e la giustizia devono essere vigilanti a questo riguardo: che i casi di “apolidia” e di “nazionalità indeterminata” siano regolati e che gli Zingari ricevano dei documenti non derogatori, identici a quelli di tutti gli altri cittadini.

La cittadinanza di un paese determinato, è tanto più importante per lo zingaro, oggi, se questo Paese è membro dell’Unione Europea.

In una società in cui la nazionalità si identifica alla cittadinanza (appartenenza ad uno Stato) e quest’ultima costituisce la condizione per acquisire una cittadinanza più estesa come è quella dell’Unione Europea che si estende ad ogni persona che ha la nazionalità di uno Stato membro (cittadinanza europea), diventa un dato fondamentale per lo statuto dello zingaro in Europa, soprattutto se lo si consideri nel quadro della futura estensione nel 2004 dell’Unione Europea a 21 Paesi.Anche se la cittadinanza europea non è esclusiva, ma aggiuntiva (una cittadinanza di sovrapposizione che suppone la nazionalità di uno Stato membro), è una cittadinanza importante perché allarga lo spazio del cittadino, una cittadinanza fatta per la mobilità, di libera circolazione, di soggiorno che non conosce frontiere nazionali.E’ una cittadinanza che è l’inizio e l’avvio di una partecipazione politica accresciuta. “Ogni cittadino dell’Unione ha il diritto di petizione davanti al Parlamento europeo (articolo 138 D del Trattato di Maastricht) e “Ogni cittadino dell’Unione può volgersi al Mediatore comunitario” (art. 138 E). Questa cittadinanza è stata rafforzata dal trattato di Amsterdam del 1998 che ha ulteriormente protetto i diritti del cittadino con l’interdizione di ogni forma di discriminazione e la possibilità di ricorso davanti alla Corte di Giustizia di Lussemburgo in caso di violazione del Trattato e delle direttive comunitarie. La Convenzione Costituzionale Europea avrà come conseguenza di far passare la tutela giuridica dei diritti riconosciuti dalla Convenzione da parte della Corte di Giustizia di Lussemburgo a quella dei singoli sistemi giuridici nazionali, accelerandone e territorializzandone l’applicazione. Passaggio importantissimo e ricorso supplementare che si aggiunge a quella della Corte Europea dei Diritti dell’uomo di Strasburgo per gli Stati membri del Consiglio d’Europa, in caso di violazione dei diritti previsti dalla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo.

Il diritto all’alloggio e il riconoscimento del nomadismo come stile di vita volontario

Avere uno statuto personale sicuro legato ad una appartenenza nazionale (cittadinanza) precisa, non è però sufficiente per evitare al nomade di subire discriminazioni di diversa natura e forma.Riconoscere il diritto dello zingaro ad avere una nazionalità deve pure implicare il riconoscimento del nomadismo come stile di vita volontario e riconoscere allo zingaro che ha scelto la sedentarizzazione di poter esercitare il diritto all’alloggio, in condizioni di uguaglianza con gli altri cittadini. Entrambi questi riconoscimenti esigono un impegno educativo per superare stereotipi e pregiudizi radicati nella mentalità della popolazione maggioritaria. Il nomadismo è ancora percepito come espressione di “asocialità” e lo zingaro, pur sedentarizzato, è considerato un semi-cittadino o, in senso latino, un infra-cittadino (cioè inferiore).

E’ noto che in molti paesi europei (soprattutto quelli dell’Est a seguito di politiche forzate dei precedenti regimi) gli Zingari sono diventati nella loro maggioranza, dei sedentari, integrati negli alloggi sociali o in altre strutture abitative a carattere permanente.

E’ tuttavia una politica discriminatoria quella che esigesse dallo zingaro di insediarsi definitivamente.

Il diritto, tuttavia, dello zingaro che ha preferito la sedentarizzazione – fenomeno diffuso in tutta l’Europa - ad avere condizioni normali di alloggio è generalmente poco rispettato. “L’alloggio, scriveva ancora nel 1994 Jean-Pierre Liégeois, resta uno degli aspetti più negativi della situazione attuale: mancanza d’acqua, di elettricità, di condizioni sanitarie le più elementari, inquinamento, sovraffollamento, viabilità urbana inesistente, necessità di costruire con materiali di recupero, in condizioni che comportano aspetti di baraccopoli di fronte alle quali le autorità reagiscono distruggendo il poco che è stato costruito, anche se gli alloggi, grazie a molti sforzi, sono corretti all’interno, conflitti con il vicinato, evoluzione verso la ghettizzazione, assenza di gestione locale per mancanza di conoscenza, per mancanza di interesse, per mancanza di mezzi e d’implicazione delle popolazioni zingare” (9).

Le condizioni abitative degli zingari dovrebbero costituire uno degli obiettivi prioritari su cui convergere gli sforzi dei governi: dal miglioramento delle condizioni di alloggio deriva, infatti, per una buona parte il miglioramento delle loro condizioni di salute, dell’educazione e della scolarizzazione, dello sviluppo economico e culturale, a causa dei legami sinergici stretti tra le politiche dell’alloggio e altre politiche a vocazione sociale quali l’accesso alla protezione sociale, all’impiego, alla salute e all’educazione.

Gli Stati membri dovrebbero prevedere misure correttive o compensatrici delle conseguenze negative che hanno avuto ed hanno sulle condizioni di alloggio di certe categorie sociali, in particolare gli zingari, gli effetti della transizione verso una economia di mercato, soprattutto nell’occupazione dello spazio urbano e periurbano.

A questo riguardo dovrebbero essere prese disposizioni perché gli Zingari siano in misura di acquistare la loro propria abitazione attraverso diversi mezzi, forme e metodi d’accesso all’alloggio, come l’alloggio sociale, le cooperative, l’autocostruzione, gli alloggi pubblici, le carovane.

La questione dell’alloggio è strettamente legata a tutto quanto si riferisce alle condizioni di accoglienza dei nomadi, al riconoscimento della carovana come “maniera di abitazione”, al riconoscimento dello stazionamento (della sosta) ed è senza dubbio per gli zingari uno dei problemi più acuti e più urgenti a motivo delle discriminazioni continue in atto, su cui sta attualmente riflettendo il Comitato Europeo per le Migrazioni del Consiglio d’Europa. Un progetto di raccomandazione da sottomettere al Comitato dei Ministri è allo studio dallo scorso anno: esso suggerisce agli Stati membri di elaborare delle politiche integrate e adattate in favore degli Zingari nel quadro generale delle politiche di alloggio, partendo dall’inclusione nel termine di alloggio della definizione di “alloggio conveniente” già ritenuto in precedenti documenti del Consiglio d’Europa: “Vivere in un alloggio adeguato non è semplicemente avere un tetto al di sopra della testa. Un alloggio conveniente deve essere sufficientemente grande, luminoso, riscaldato e aerato, offrire una certa intimità, essere fisicamente accessibile, permettere di vivere in sicurezza, permettere di godere della sicurezza dell’occupazione, presentare una struttura stabile e durabile, essere attrezzato da infrastrutture di base, essere adeguato dal punto di vista ecologico e sanitario (…), il tutto ad un prezzo abbordabile”.

Secondo gli esperti del Consiglio d’Europa, diversi principi generali dovrebbero essere rispettati dagli Stati membri in materia di diritto all’alloggio da parte degli Zingari: 1. il principio di non discriminazione; 2. la libertà di scelta del proprio modo di vita, sedentario o nomade o seminomade e la libertà di scegliere il proprio luogo di residenza; 3. il diritto di tutti ad un “alloggio conveniente” (secondo la definizione sopraccennata); 4. la prevenzione dell’esclusione e dei “ghetti”, escludendo ogni politica a livello nazionale, regionale o locale mirante a far installare o reinstallare i Rom in siti inadatti in grandi accampamenti in periferie delle città o dei paesi; 5. a far partecipare le comunità e associazioni Rom alla concezione e alla esecuzione dei programmi miranti al miglioramento della loro condizione in materia di alloggio; 6. sviluppare in seno a queste comunità la responsabilità e lo sviluppo delle capacità, incoraggiando i partenariati a tutti i livelli (locale, regionale e nazionale); 7. la coordinazione nel settore dell’alloggio di tutti gli interlocutori a livello amministrativo e le organizzazioni zingare e altre attive nel settore; 8. vigilare soprattutto perché le autorità locali possano compiere i loro obblighi in questa materia, tanto più che sono queste autorità che trattano essenzialmente le questioni di alloggio.

Rendere possibile all’autorità locale l’esercizio dei loro obblighi non significa solo partecipare in misura adeguata per coprire gli oneri finanziari che queste autorità devono sobbarcarsi per creare le aree e le strutture necessarie per l’accoglienza di queste persone (oneri non trascurabili) ma anche vigilare perché l’autorità locale superi le riserve e reticenze derivate dalla mancanza di volontà politica e di concertazione con i “rivieraschi” e gli “zingari”. L’insistenza delle Istituzioni internazionali sulla vigilanza presso le autorità locali in questa materia è ben fondata.In un libro bianco presentato al pubblico in Francia nell’aprile 1993 dai sindaci dei piccoli comuni di Francia, essi invitano “al realismo” e “al dialogo” gli eletti delle altre municipalità per regolare il problema della creazione di queste aree in numero attualmente notoriamente insufficienti.“Noi vorremmo indirizzare loro un segnale d’intimazione affinché cessino di fare la politica dello struzzo su questa questione” ha dichiarato il Presidente dell’Associazione. A suo parere, per evitare gli stazionamenti illegali di circa 300.000 nomadi o semi-nomadi, si dovrebbero creare 30.000 posti, invece dei 3000 esistenti secondo le norme.

Il problema non è quello del finanziamento. In Francia lo Stato sovvenziona per il 70% la sistemazione di queste aree. E neppure è in causa, secondo il libro bianco, lo spazio appropriato.

Eppure in Francia la Loi Besson del 5 luglio 2000 obbligava i comuni con oltre 5000 abitanti a sistemare tali aree nel termine di 18 mesi.

In materia di diritti comuni al diritto all’alloggio gli esperti del Consiglio d’Europa sottolineano la necessità che gli Stati membri istituiscano servizi gratuiti di aiuto giudiziario per evitare che l’assenza di meccanismi di assistenza giudiziaria non nuoccia fortemente la capacità dello zingaro nella difesa dei suoi diritti. A questo riguardo si suggerisce agli Stati di sostenere efficacemente le ONG che si occupano di consigliare e aiutare gli Zingari sul piano giuridico.

I singoli Stati sono invitati a rivedere in questo senso le loro legislazioni in vigore per sopprimere ogni disposizione o pratica amministrativa che abbia per effetto una discriminazione nei riguardi degli Zingari.

Una particolare protezione è raccomandata per le donne zingare, in particolare le ragazze-madri, le vittime di violenza domestica e altre categorie svantaggiate di donne zingare per dare loro un accenno prioritario all’alloggio sociale. 

Diverse misure sono proposte dagli esperti agli Stati membri in rapporto alla protezione e al miglioramento degli alloggi esistenti.

Tra queste figurano la sicurezza dell’occupazione dei suoli e degli alloggi da garantire agli zingari al fine di proteggerli dalle esclusioni forzate, dalle pressioni assillanti contrarie alla legge e dalle minacce.

Vengono pure suggerite forme di legalizzazione provvisoria di alloggi considerati illegali, a titolo di misura transitoria in vista di altri miglioramenti e in caso di legalizzazione impossibile, la ricerca – tramite il dialogo sociale tra le parti – che eviti che i gruppi zingari siano abbandonati a loro stessi e lasciati fuori dai sistemi pubblici di assistenza e di cure ai quali hanno diritto in quanto cittadini del Paese ove risiedono.La preoccupazione di evitare che delle persone si trovino senza rifugio dovrebbe in ogni caso essere anteposta al diritto di espulsione, soprattutto se fossero implicati dei minorenni.

Il problema dei campi-sosta è uno dei più acuti sia per gli Zingari che per gli amministratori locali. Se da una parte si constata che il nomadismo va praticamente scomparendo esso ha continuato ad imporsi con urgenza in questi ultimi anni per l’afflusso consistente di Zingari dall’Europa orientale.

Gli Stati membri dovrebbero adoperarsi ad assicurare un numero sufficiente di questi campi-sosta o siti di transito convenientemente attrezzati nei servizi essenziali (acqua, elettricità e igiene). Le barriere fisiche o le chiusure non dovrebbero costituire un’offesa alla dignità della persona né alla sua libertà di movimento.

La carovana (o la casa mobile) dei nomadi è inoltre generalmente protetta nel diritto penale per la sua assimilazione ad una casa di abitazione.

In questa ipotesi, le visite domiciliari della polizia non sono lasciate alla sua discrezione, le perquisizioni sono strettamente regolamentate e gli arresti a domicilio interdetti in generale durante la notte.

Di fatto, da uno studio promosso dal Consiglio d’Europa nel 2002 risulta che questo diritto non è garantito da alcuni Stati che si rifiutano ad assimilare una carovana (o domicilio mobile) ad una casa, causando una grave discriminazione di trattamento, nei riguardi dei nomadi.Questa discriminazione è tanto meno ammissibile in quanto concerne un diritto fondamentale dell’uomo garantito dalla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo: il diritto all’inviolabilità del proprio domicilio (art. 8). Anche questo può rappresentare un mezzo di pressione mirante a fare abbandonare agli zingari il loro modo di vivere per garantirsi la protezione della legge nel quadro di un domicilio fisso e tradizionale (alloggio).

Il rifiuto di assimilare la carovana all’alloggio non ha solo conseguenze sul piano della tutela delle libertà individuali ma anche per tutto quanto concerne i diritti correlati alla percezione delle prestazioni sociali presso una popolazione che spesso è vittima di una forte pauperizzazione che rende ancora più vitali le prestazioni stesse. Questa situazione si riferisce a un terzo degli Stati considerati dal sovracitato studio.

Il diritto alla libertà di circolazione all’interno e all’esterno nel quadro della legislazione europea

All’interno

Al diritto allo statuto personale garantito e quindi alla nazionalità/cittadinanza e a quello all’alloggio si aggiungono come diritti importanti quello della libera circolazione e quelli economici-sociali che sono stati fatti oggetto di esame particolare dal Consiglio d’Europa.Nel 2001 esso ha deciso di condurre uno studio sulle condizioni legali della circolazione degli zingari nomadi. Nessun diritto di natura economica e sociale può essere efficacemente esercitato se i titolari di tale diritto non sono in misura di essere riconosciuti nel loro modo di vita specifica. Le condizioni d’accesso a questi diritti sono concepiti, generalmente, unicamente in funzione di una popolazione sedentaria senza considerare che la forma di mobilità permanente di una parte della popolazione zingara costituisce la base materiale dei diritti economici e sociali.

Il diritto deve proteggere quindi la libertà di circolazione, con la possibilità di stazionare in condizioni soddisfacenti, e la libertà nella scelta del domicilio.

Da uno studio, promosso nel 2002 dal Consiglio d’Europa, sulla situazione della libera circolazione dei nomadi in 19 Stati membri, compresa la Russia, è risultato che frequentemente esistono ostacoli alla circolazione e allo stazionamento, sebbene la popolazione zingara di questi paesi è composta per quasi i due terzi (71%) di cittadini nazionali e una buona parte di essa sia itinerante, in alcuni Paesi, come nel caso della Gran Bretagna dove ¾ degli Zingari appartengono a questa categoria.

Dall’analisi dei risultati è stato constatato che i meccanismi che permettono l’esistenza di questi ostacoli e la loro perennità non sono di ordine legislativo anche se questi esistono per il 28% dei casi. La loro base legale si trova semplicemente nel fatto dell’atto amministrativo.

E’ questo un dato molto significativo perché rivela che la situazione dei nomadi sfugge, nell’essenziale, al controllo dei parlamenti nazionali, che essendo l’espressione della volontà democratica sono considerati, a questo titolo, come i primi garanti delle libertà fondamentali. Non sarebbe opportuno introdurre la prassi democratica che ogni governo rediga periodicamente un rapporto nazionale sulla situazione degli Zingari nel proprio Paese, da sottomettere a un dibattito parlamentare?

Le carenze negli ordini giuridici costituzionali e legislativi di precisi riferimenti inclusivi degli Zingari diventano così l’occasione per l’amministrazione per optare per una regolamentazione che ostacola la circolazione dei nomadi: la metà di questi ostacoli risultano pratiche informali, senza valore regolamentare. La differenza di trattamento può avere due obiettivi: il controllo dell’esercizio di libera circolazione per cui si prendono misure di sorveglianza miranti a fornire indicazioni sull’itinerario delle persone esigendo ad esempio il possesso di permessi speciali per poter circolare (Italia, Olanda e Gran Bretagna) e/o operando controlli periodici sistematici di spostamento (Belgio, Croazia, Italia) o obbligando inoltre i nomadi di presentarsi ad una autorità (vedi l’Italia e la Francia).

Sebbene si delinei una tendenza degli Stati membri del Consiglio d’Europa che mira a creare delle aree di accoglienza riservate agli stazionamenti degli zingari, un terzo degli Stati li sottomettono raramente a un diritto favorevole a uno stazionamento prolungato: in alcuni casi la durata è lasciata alla discrezione delle autorità locali.

Questo limite è tanto più discriminatorio in quanto diversi Stati, da quanto si ricava dallo studio precitato, interdice ai nomadi l’accesso ai campi e ai “caravanings” che spesso sono i soli a fornire un ambiente sanitario decente. L’area di stazionamento viene così ad essere connotata da un trattamento differenziato che rinforza la marginalizzazione.

Il grado di protezione del diritto di stazionamento da parte degli zingari è reso ancora più precario dal fatto che l’espulsione, in caso di irregolarità di stazionamento, può essere nella maggior parte degli Stati deciso non dall’autorità giudiziaria ma per semplice iniziativa della polizia.

La protezione di un diritto di stazionamento specifico per i nomadi trova del resto difficoltà nel suo esercizio. In Gran Bretagna, per esempio, là dove lo stazionamento è permesso nei parcheggi pubblici per carovane ci troviamo di fronte a parcheggi del tutto insufficienti: là dove è permesso lo stazionamento su terreni privati con l’autorizzazione dei loro proprietari, essa viene raramente accordata e là dove gli Zingari hanno acquistato la proprietà dei terreni, il 90% delle autorizzazioni d’installamento sono rifiutate in forza delle regole d’urbanismo.

Quali sono le proposte che si possono avanzare in questa materia per una migliore tutela dei diritti degli zingari, suggerite già dagli esperti del Consiglio d’Europa?

  1. Abolire ogni ostacolo alla libertà di circolare degli Zingari, sopprimendo in particolare i documenti speciali di circolazione che costituiscono dei veri passaporti interni;
  2. Aprire terreni di campings ai nomadi che lo desiderano, secondo certe modalità (durante l’inverno, per esempio).
  3. Rifiutare, salvo casi eccezionali e per ragioni d’urgenza, le soluzioni temporanee che sono destinate a diventare delle baraccopoli permanenti dove non faranno che riprodursi e perennizzarsi le difficoltà. In genere, le installazioni temporanee non sono conformi alle norme di igiene o di sicurezza.
  4. Non esigere dagli zingari altri documenti che le carte d’identità di diritto comune in quegli Stati dove questi documenti sono in vigore;
  5. Menzionare il domicilio di “riferimento”, se questo è obbligatorio, sulla carta d’identità di diritto comune,
  6. permettere la scelta di domicilio;
  7. Accordare alla “carovana” o “casa mobile” dello zingaro (nomade) lo stesso statuto personale e lo statuto sociale riconosciuto al domicilio sedentario;
  8. Subordinare qualsiasi espulsione d’uno zingaro all’autorizzazione preliminare di un giudice, salvo minaccia grave e imminente per l’ordine pubblico;
  9. Autorizzare le associazioni degli zingari a difendere i loro diritti individuali davanti ai tribunali competenti;
  10. Non fissare una durata di stazionamento autorizzato al di sotto del periodo scolastico più lungo tra due periodi di vacanze, soprattutto se le aree non beneficiano di locali educativi.

All’esterno

Sulla libera circolazione degli zingari nell’area dell’Europa comunitaria, abbiamo già parlato all’inizio del nostro intervento. Dal punto di vista del diritto europeo non vi può essere alcuna limitazione al diritto dello zingaro, cittadino di uno Stato comunitario, alla libera circolazione nell’area dell’Unione. “Ogni cittadino dell’Unione ha la libertà di cercare un lavoro, di lavorare, di stabilirsi e di prestare servizi in qualunque Stato membro”. Così recita l’art. 15 della Carta europea dei Diritti fondamentali (Carta di Nizza).

Per quanto concerne la circolazione degli Zingari, cittadini di Paesi terzi, cito l’art. 1 della risoluzione del Parlamento Europeo del 21 aprile 1994 sulla situazione degli Zingari nella Comunità Europea (A3–0124/94) che fa espressamente domanda, nel primo paragrafo, ai governi degli Stati Membri che “tutti i cittadini dei paesi terzi che hanno la loro residenza legale in uno Stato membro, specialmente gli Zingari, abbiano lo stesso diritto dei cittadini dell’Unione di circolare attraverso tutta l’Unione Europea”.

Questa risoluzione era stata presa dal Parlamento Europeo a seguito dell’accordo firmato il 24 settembre 1992 tra la Romania e la Germania in forza del quale gli Zingari romeni sono stati rimpatriati di forza e di cui la conclusione era legata all’assegnazione di un credito di un miliardo di DM alla Romania.

La Raccomandazione al § 8 deplora questi tipi di rimpatri tra Paesi Membri dell’Unione e gli Stati dell’Europa Centrale e Orientale “che finiscono per trattare i rimpatriati come merci”.

A sua volta l’art. 15, § 3 della Carta europea dei Diritti fondamentali afferma che: “I cittadini dei Paesi terzi che sono autorizzati a lavorare nel territorio degli Stati Membri hanno diritto a condizioni di lavoro equivalenti a quelle di cui godono i cittadini dell’Unione”.

Il gruppo Cocen dell’Unione Europea in occasione del già citato Summit di Tampere del dicembre 1999 allo scopo di affrontare alle radici le cause delle migrazioni degli Zingari ha tuttavia suggerito di prendere le misure adatte allo scopo di aumentare la fiducia nelle strutture sociali e politiche nei Paesi di origine.

Il diritto all’istruzione e all’educazione

Vorrei ora passare ad un altro aspetto: la tutela del diritto all’istruzione scolastica e professionale dello zingaro. Possiamo affermare che la convenzione dell’ONU relativa ai diritti del bambino, entrata in vigore il 2 settembre 1990, è tra le più bistrattate tra le convenzioni internazionali, in riferimento ai bambini zingari, nella quasi totalità delle sue disposizioni. Noi ci limitiamo a rilevare qui, il loro diritto all’educazione e all’istruzione.

La Raccomandazione del Consiglio d’Europa agli Stati Membri del 2000 (R (2000) 4) è a questo riguardo estremamente pertinente sia per quanto concerne l’analisi della situazione in materia oggi, sia per le raccomandazioni che propone per migliorarla.

La Raccomandazione evoca l’elevato tasso di analfabetismo e di semi-analfabetismo che imperversa in questa comunità, l’ampiezza dell’insuccesso scolastico, la bassa proporzione di giovani che terminano i loro studi primari e la pertinenza di fattori come l’assenteismo scolastico, situazione che mette in evidenza come sul piano della tutela dei diritti degli zingari all’istruzione vi siano ancora lacune gravissime.

Lacune che trovano la loro spiegazione da un insieme di fattori e di condizioni preliminari, specialmente negli aspetti economici, sociali, culturali, nel razzismo e nella discriminazione e che esigono, per essere colmate una politica attiva concernente non solo l’educazione degli adulti e l’insegnamento professionale ma mirante anche all’implicazione e partecipazione responsabile delle Comunità Zingare nella gestione di tutte le attività inerenti alla scolarizzazione dei loro figli senza che questa, come avviene frequentemente oggi, sia demandata con spirito assistenzialistico ad associazioni esterne.

A questo riguardo dobbiamo richiamare la risoluzione già emanata dal Consiglio e dai Ministri dell’Educazione riuniti in seno al Consiglio dell’UE del 22 maggio 1989 concernente la scolarizzazione dei ragazzi zingari (89/C 153/02). Il contenuto di questa risoluzione dovrebbe essere ritenuto la base di ogni elaborazione di norme che coprano l’insieme dei Paesi Membri del Consiglio d’Europa. Si tratta di un documento importante per gli Zingari, perché sottolinea che “la loro cultura e la loro lingua fanno parte da più di mezzo millennio del patrimonio culturale e linguistico della Comunità”. In una raccomandazione del Comitato dei Ministri del 03.02.2000 (R (2000) 4), vengono annunciati diversi principi che dovrebbero regolare queste norme. Per quanto concerne le strutture viene sottolineata innanzitutto la necessità che le politiche educative in materia siano accompagnate da mezzi adeguati e da strutture scolastiche indispensabili per tradurre la diversità delle comunità rom/zingare in Europa e tener conto del modo di vita itinerante o semi-itinerante. A questo riguardo la raccomandazione suggerisce anche un eventuale ricorso a un sistema d’educazione a distanza.

Si raccomanda di sviluppare, rendendolo accessibile, l’insegnamento pre-scolastico, per garantire successivamente ai ragazzi zingari l’accesso a quello scolastico.

A questo scopo si raccomanda soprattutto – come condizione fondamentale per la riuscita di queste misure – la comunicazione e l’implicazione dei genitori, con il ricorso eventuale di mediatori culturali appartenenti alle stesse comunità zingare, rendendo loro possibile l’accesso a una carriera professionale specifica.

Altra misura raccomandata è la diffusione delle informazioni ai genitori zingari concernenti l’obbligo dell’educazione e i meccanismi di sostegno che le municipalità possono offrire alle famiglie.

Per l’adattamento dei programmi scolastici e il materiale pedagogico, si suggerisce di incoraggiare la partecipazione dei rappresentanti delle comunità zingare all’elaborazione dei materiali concernenti la storia, la cultura e la lingua Rom, di cui la Raccomandazione propone l’insegnamento là dove la lingua Rom è parlata.

L’educazione dei ragazzi zingari dovrebbe far parte integrante del sistema educativo globale. A tale scopo si dovrebbero prendere misure nei programmi ordinari di formazione iniziale e permanente degli insegnanti, ed estendere il reclutamento e la formazione dei maestri anche in direzione delle comunità zingare. Gli Stati Membri dovrebbero condurre sistematicamente la valutazione delle loro politiche educative in questo settore tenendo conto di un insieme di criteri, tra cui anche gli indici di sviluppo personale e sociale, senza limitarsi a stabilire stime sul tasso di assiduità o di insuccesso scolastico.

Queste raccomandazioni implicano evidentemente che gli Stati Membri sensibilizzino, in quest’ottica, i Ministeri dell’educazione all’educazione dei ragazzi zingari, e siano previsti adeguati finanziamenti nel quadro del budget nazionale.

Lo sviluppo della scolarizzazione nelle comunità zingare permetterà loro, attraverso lo sviluppo della letteratura scritta e la partecipazione all’informazione, di diventare i propri osservatori e gli osservatori dell’ambiente che li circonda e a far capire a questo ambiente che quanto essi domandano, come sottolinea Jean-Pierre Liégeois concludendo la sua opera già citata, è semplicemente il rispetto di un modo di vita nel rispetto del diritto comune, inclusi, come già abbiamo accennato il diritto, nell’ambito dell’Unione Europea, dell’apprendimento adeguato della lingua ufficiale locale.

In materia di istruzione e di educazione dei ragazzi zingari (quelli in età scolastica presenti oggi in Europa sono stimati a 4 milioni), è urgente che i governi si pongano esplicitamente il problema, sotto l’aspetto politico, nell’ottica cioè dell’avvenire democratico dell’Europa e della sua costruzione, nel quadro dell’educazione alla cittadinanza democratica fondata sui diritti e le responsabilità dei cittadini. La valorizzazione delle risorse umane e culturali che rappresentano potenzialmente questi 4 milioni di ragazzi e adolescenti zingari deve costituire un’urgenza per i governi europei. Misuriamo la perdita per l’Europa di 4 milioni di giovani zingari in età scolastica, di cui la metà non è mai stata secolarizzata? Chi se non gli Zingari stessi possono salvare la loro cultura e la loro lingua che – come abbiamo visto più sopra – fanno parte da più di mezzo millennio del patrimonio linguistico e culturale della Comunità?

Il diritto all’accesso ai sistemi della protezione sociale e sanitaria

Chiudo questo approccio alla tutela dei diritti degli zingari, con un breve accenno alla tutela del diritto dello zingaro all’accesso ai sistemi di protezione sociale, con particolare riferimento al diritto delle donne zingare all’accesso ai sistemi della sanità (10).

Un aspetto significativo delle condizioni di povertà alle quali sono confrontate in diversi Paesi le popolazioni zingare è secondo i rapporti del Consiglio d’Europa, l’accesso per loro quasi inesistente o inappropriato alle cure mediche.Il rapporto dell’Alto Commissariato per le Minoranze Nazionali del 2000 relativo alla “situazione dei Rom e dei Sinti” nello spazio del CSCE mette in rilievo questa preoccupazione e il bisogno di elaborare vere politiche in materia di salute che prendano in conto i bisogni reali delle donne zingare e garantiscano il loro accesso alle cure senza discriminazione.Da un recente studio di questo Alto Commissariato risulta che la speranza di vita delle donne zingare è generalmente più bassa di 10-17 anni rispetto alle donne in generale dell’insieme della popolazione, anche nei paesi più sviluppati dell’Europa come l’Irlanda. La mortalità infantile tra gli Zingari in Bulgaria supera di sei volte la media nazionale.Le conclusioni delle visite effettuate in 15 Stati Membri allo scopo di incontrare i rappresentanti delle autorità, delle ONG, delle donne zingare, degli assistenti sociali e gli operatori nel settore della sanità, studiosi e professionisti medici sono state raccolte in uno studio comparativo “sulla situazione dell’accesso delle donne Rom alle cure mediche dei servizi pubblici”.Il Consiglio d’Europa sta preparando una raccomandazione che si sofferma in particolare sulla legislazione per promuovere l’accesso non discriminatorio in materia, l’implicazione delle donne “rom” in questa elaborazione, i rapporti da tenere presenti tra documenti d’identità, cittadinanza e salute, tra l’educazione e la salute, tra salute mentale degli Zingari e le manifestazioni razzistiche; tra la salute mentale e fisica degli Zingari e la separazione dei bambini attraverso il loro ricovero - forzato e frequente - in istituti assistenziali; infine il rapporto tra salute e le condizioni inadeguate dell’alloggio. La Raccomandazione verrà finalizzata nel corso della Conferenza finale del progetto che si terrà a Strasburgo dall’11 al 12 settembre 2003.

Conclusione

Concludo questa esposizione sottolineando l’importanza per una migliore tutela dei diritti degli zingari di uno strumento eccezionale: lo sviluppo dei mezzi istituzionali per favorire un ruolo attivo e la partecipazione delle Comunità Rom al processo decisionale a tutti i livelli: internazionale, nazionale, regionale e locale.

Dalla documentazione internazionale che ho potuto utilizzare risulta che esiste un desiderio reale recente degli zingari d’impegnarsi risolutamente nella via dell’integrazione giuridica nelle comunità nazionali con le quali esse hanno un legame di vita e di lavoro.

Questo atteggiamento, frutto di una mutazione zingara già annunciata da diversi anni da Liéjeois, risulta determinante nella riuscita dei processi integrativi.

In tutta la loro lunga storia, “spesso segnata dall’emarginazione e da episodi di discriminazione violenta gli zingari”, ha sottolineato Giovanni Paolo II nel discorso che tenne loro nel convegno internazionale il 26 settembre 1991, hanno costituito una minoranza che “ha sempre ripudiato la lotta armata come mezzo per imporsi: una minoranza paradigmatica nella sua dimensione transnazionale, che raccoglie in un’unica comunità culturale genti disperse nel mondo e diversificate per etnia, linguaggio e religione”.

Il recente insediamento favorito dal governo finlandese nell’ottobre 2002, per un anno, della zingara finlandese Miranda Vuolasranta nella Direzione generale della Coesione Sociale nella divisione Rom/Zingari del Consiglio d’Europa (la più antica Istituzione Internazionale ad impegnarsi dal 1969 nella promozione della tutela dei diritti umani degli Zingari), il riconoscimento rinnovato nel 1993 da parte dell’ONU dell’Unione Internazionale Zingara come Organizzazione a Statuto Consultivo, lo sviluppo delle organizzazioni zingare in particolare delle donne e i loro tentativi di federazione e di iniziative a dimensione europea, i nuovi orientamenti dei poteri pubblici che utilizzano le competenze di queste organizzazioni nell’ambito di comitati misti interministeriali e associativi ed in altre forme di consultazione, sono segnali positivi di questa tendenza.

Nella tutela dei loro diritti bisogna appoggiarsi ai dinamismi zingari, riconoscere loro la capacità e il diritto a determinare essi stessi il loro avvenire nel rispetto del loro ambiente. Considerarli cioè come soggetti, cittadini responsabili e non più come oggetti di una politica.


 * Nell’intervento utilizzerò per semplificazione il termine “Zingari”, equivalente al francese “Tsiganes” e all’inglese “Gypsies”. A livello internazionale, soprattutto nei documenti del Consiglio d’Europa e delle associazioni internazionali zingare, si utilizza sempre più il termine “Rom”, che evoca piuttosto l’approccio etnico, linguistico e culturale.

(1) Jean-Pierre Liégeois, Roma, Tsiganes, Voyageurs, Ed. Conseil de l’Europe, Strasbourg, 1994, 315 pp. J. P. Liégeois è pure il direttore responsabile del bollettino trimestrale «Interface» in più lingue, promosso dalla Commissione della Comunità Europea nel febbraio 1991, che ha costituito, fino alla cessione delle sue pubblicazioni nella primavera del 2001, una fonte interessante d’informazione di base e di documentazione sui testi fondamentali prodotti specialmente dalla Commissione Europea, dal Parlamento Europeo e dal Consiglio d’Europa.

Segnaliamo come fonti d’informazione anche i due rapporti di Missione su «La situation des gens du voyage dans l’Europe de Douze et les mesures proposées pour l’améliorer» del luglio 1992 e «La situation des Tsiganes en Europe de l’Est» del dicembre 1992 di Arsène Delamon pubblicati dal Ministero francese degli Affari Sociali e dell’Integrazione.

(2) La Scolarisation des enfants tsiganes et voyageurs, Office des Pubblications officielles des Communautés Européennes, 1986.

(3) Rapports de réunion élaboré par M.me Marcia Rooker (Budapest) et par M.lle Angéli Postolle (Helsinki).

(4) J. H. Weiler, Introduzione. Diritti umani, costituzionalismo e intergrazione: iconografia e feticismo, in: Diritti e confini. Dalle costituzioni alla Carta di Nizza, Edizioni di Comunità, Torino, 2002, pp. XXVI-XXVII.

(5) La “Carta europea delle lingue regionali o minoritarie” tratta dell’utilizzazione di queste lingue nella scuola, nei media, nei tribunali, nell’amministrazione e nel quadro delle attività economiche, culturali e sociali.Sebbene le lingue “sprovviste di territorio” (art. 1 (c)) siano escluse dalla categoria delle lingue regionali o minoritarie e nonostante la lingua “Rom” sia considerata come lingua “senza territorio”, essa corrisponde tuttavia alla definizione dell’art. 1 (a), che considera come lingua minoritaria quella “lingua praticata tradizionalmente su un territorio di uno Stato dai cittadini di questo Stato che costituiscono un gruppo numericamente inferiore al resto della popolazione dello Stato”.

(6)Cfr.: “Situation of Roma in the candidate countries: background document” adopted by the European Union (Cocen group) at the Tampere summit, December 1999.

www.coe.int/T/F/Coh%E9sion_sociale/Roms_Tsiganes/Documentation/Divers_documents/ 199912_MiscCOCENGuidelines.asp#TopOfPage

(7) Raccomandazione n. R (83) 1 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa del 22 febbraio 1983.Risoluzione del Parlamento Europeo del 24.05.1984.

(8) ONU, Convenzione relativa allo statuto degli apatridi, firmata a New York il 28.09.1954 e Convenzione sulla riduzione dei casi di apatridia, firmata a New York il 30.07.1961.

(9) Jean-Pierre Liégeois, op. cit., pp. 309-310.

(10) Questo tema è stato oggetto di discussione nel primo incontro delle organizzazioni non governative delle Donne Zingare che si è tenuto a Vienna dal 28 al 29 novembre 2002, sponsorizzato congiuntamente dal Consiglio d’Europa, dall’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) e dall’Osservatorio Europeo dei fenomeni razzistici e xenofobi dell’Unione Europea.In questo incontro venne deciso di creare un network d’informazione sulle donne zingare in Europa. Questo nuovo network è stato lanciato l’8 marzo 2003, in occasione della Giornata Mondiale della Donna.

Vi partecipano donne zingare di 18 Paesi europei. Da questa fonte abbiamo attinto informazioni che abbiamo utilizzato per questo nostro intervento. Per informazioni sull’IRWN (International Roma Woman’s Network), e-mail the President: soraya.post@kortedala.goteborg.se

 
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