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 Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti 

Messaggio del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti in occasione della Giornata Mondiale del Turismo 2006 (27 Settembre)

 

Carissimi, 

         “Il Turismo è ricchezza”. Ecco il tema scelto quest’anno per la celebrazione della Giornata Mondiale del Turismo, che ricorre il 27 settembre. Per tale circostanza desideriamo salutare con affetto in modo particolare tutti coloro che lavorano nel settore turistico, mentre il nostro pensiero beneaugurante va ai turisti e a coloro che li accolgono con tratto umano, gentile e anche, per molti, cristiano. 

         Cresce sempre più il numero di quanti vivono il fenomeno turistico, di grandi proporzioni e significato, come propria o altrui esperienza. Viaggiare e visitare sono in effetti verbi che ben si adattano a tante persone, attratte dal fascino di ciò che è sconosciuto, sia pur intravisto una qualche volta grazie ai mass-media o alle agenzie di viaggio o al racconto di altri. Ammirare e desiderare appartengono anche a una gran parte dell’umanità interpellata da così tanti viaggi e visite. Reciprocità, dunque, di un’esperienza reale di spazio e cultura carichi di differenze e di desiderio ricco d’interrogativi, molti dei quali rimangono senza risposta. Reciprocità attiva e passiva, che alimenta del resto gli squilibri sul nostro pianeta comune, che apre nuove possibilità di incontro, stimola sviluppo, provoca anche panico e sfida la coscienza etica. 

         Ma di che esperienza si tratta? La risposta è plurale, pur in uno stesso contesto. Per molti è di terra, aria, verde, della natura in un parola, di boschi o montagna, d’acqua, di mare e vento. Altri si riferiscono all’aereo, o al treno, alla macchina. Per non pochi si tratta di occasione finanziaria, d’affari, di monopolio o carta di credito, di capitale, interessi e Borsa. Per certuni, – e speriamo siano molti e crescano in numero – sono di legami con persone, vicini, con la famiglia e comunità, con cuore e sentimento, con delicatezza e rispetto. Per un gran numero si tratta di attesa e speranza, di fiducia e perseveranza, di spirito e fede e futuro. Per altri ancora è la storia a manifestarsi, il patrimonio artistico, gli archivi e la biblioteca, la pittura e le sculture, il poema, la letteratura, la cattedrale, la chiesa, il tempio, la moschea, il palazzo, il documento diplomatico, la cultura insomma e … anche la cucina. Ricchezza dalle molte facce, quindi, e congiunte ovunque nel vasto mondo. Ricchezza che s’incrocia, con egemonie nel tempo e nello spazio. 

         I popoli s’incontrano, le visite si moltiplicano, in un movimento turistico inarrestabile. Si ammirano le ricchezze di genti che pur soffrono del sottosviluppo. Alla fine di un viaggio si stimolano sentimenti di solidarietà, spesso deboli in consistenza. Ma resta l’impressione – grazie a Dio – che il sistema economico-finanziario non è unico, ma piuttosto egemonico, e non il migliore ma l’attuale, fonte di grandi squilibri. Resta l’impressione di un’umanità molto più ricca quando si aprono agli altri le finestre d’un sistema, dando così accesso ai tesori culturali, storici, naturali, estetici, umani e spirituali che ogni popolo conserva più o meno gelosamente.

         Come non ricordare, a questo proposito, le parole di Papa Giovanni Paolo II, quando attestava: “Il contatto con l’altro porta a scoprirne il ‘segreto’, ad aprirsi a lui per accoglierne gli aspetti validi e contribuire così a una maggior conoscenza di ciascuno. È un processo prolungato che mira a formare società e culture, rendendole sempre più riflesso dei multiformi doni di Dio agli uomini”[1]

         Il turismo è ricchezza proprio nella misura in cui aiuta dunque a relativizzare i sistemi detti “ricchi” e li apre alla percezione di altre forme di “essere ricchi”. La natura, nella sua ricchezza primaria, come la presenta il ciclo cosmico, è quella madre accogliente che si abbraccia con gli occhi contemplando l’Everest o il Kilimangiaro, che si tocca con mano nel blu dell’oceano, che accogliamo teneramente nel profondo grigio della Foresta Nera, o che si ammira, quando, sulle ali di un aereo, vediamo in basso quasi un tappeto di cotone mentre in alto regna sovrano il blu del cielo.

         Il patrimonio culturale mette in evidenza la storia di tutti, che ha lasciato tracce delle civiltà su campanili e minareti, negli affreschi o nelle piramidi, sui ponti o nei satelliti spaziali. È ricchezza senza limiti che appartiene a tutti, patrimonio comune dell’umanità, che non solo dà voce al lavoro umano, ma offre altresì a ognuno la memoria dei legami che uniscono alle passate generazioni, che strutturano la storia. Il turismo rivela, dunque, una ricchezza universale, che non rigetta l’uomo, ma ne conserva l’orma, la traccia. 

         Esso sostiene anche la splendida vetrata che ciascuno di noi è, come singolo e in quanto appartenente a una comunità, nella sua differenza e uguaglianza, a un tempo, nel suo contesto e nella sua dignità, una ricchezza che attestiamo immortale: “Chi crede in me, anche se muore, vivrà” (Gv 11,25). Vetrata magnifica, la nostra, di vari componenti e policroma, la cui ricchezza si coniuga con la solidarietà. La bellezza ne è data anche dall’accettazione di altri volti e per questo la vetrata diventa immagine dell’umanità intera. Nessuno è copia, tutti siamo pezzi unici e non risultato di clonazione, siamo espressione della vita di un Altro che è la Vita: “Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui” (Gv 1,7). In tutti v’è il marchio del mistero e ciascuno è segnato dal desiderio di Assoluto, marchio di fabbrica a indicare che Dio ci ha fatti a sua immagine e somiglianza (cfr. Gn 1,27). 

         È perciò l’uomo il patrimonio più prezioso[2], pure con valore estetico insospettato, alla luce della fede, anche in comunità, poiché è frutto dell’Amore della Eterna comunità[3], in un soffio (Gen 2,7) estasiante di comunione ineguagliabile, per cui appare come Sua icona dal viso sereno o duro, con i più svariati colori della pelle, su cui scendono spesso le lacrime di un’acqua primitiva.

Ma esse sono asciugate nella speranza di condividere, al fine, le “imperscrutabili ricchezze di Cristo” (Ef 3,8). E il viaggio, l’incontro con altri luoghi e culture, appare così come un nuovo mattino, di una ricchezza offerta sul viso di ogni fratello o sorella, dono permanente e perenne di Dio che si fa pellegrino e visita ciascuno con il volto di Suo Figlio benedetto. “A Lui la gloria e la potenza, nei secoli dei secoli” (Ap 1,6). 

         Ci auguriamo che anche questo messaggio sia di conforto e di stimolo specialmente agli operatori di questo importante settore di azione specifica, di promozione umana e di evangelizzazione. 

In comunione con tutti voi, assicuriamo la nostra preghiera per un felice esito della Giornata dal punto de vista pastorale. 

 

Renato Raffaele Cardinale Martino

Presidente 

 

 

+Arcivescovo Agostino Marchetto

Segretario



[1] Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2005, n. 1
[2] Cfr.Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Centesimus annus, N. 35.
[3] Cfr. Benedetto XVI, Lettera Enciclica Deus caritas est, N. 17.

 

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