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Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People People on the Move - N° 88-89, April - December 2002 Lemigrazione: odissea traumatica della memoria collettiva* Rev. P. Vaclav UMLAUF, S.I. [German summary, English summary]
Abbiamo pensato di qui pubblicare questo articolo perché si presenta paradigmatico, soprattutto dal punto di vista psicologico-storico (si tratta in fondo della psicologia della storia, come si dice), di situazioni demigrazione. La componente memoria diventa in effetti sempre più importante nella ricerca della stabilità e della pace tra i popoli e le nazioni. E la componente della purificazione della memoria, che caratterizza ormai il Pontificato di Giovanni Paolo II, ce lo conferma. Di particolare rilievo, nellarticolo, sono le seguenti affermazioni: nella natura è ampiamente presente il fenomeno dellemigrazione, lemigrazione costituisce una parte della memoria collettiva e non esiste soltanto la sofferenza dellemigrazione, ma anche un orizzonte comune di amore che ha cura, di simpatie per le vittime e di lotta impegnata per la giustizia politica basata sullinviolabilità dei diritti umani. (S. E. Mons.Agostino Marchetto)
Nella natura è ampiamente presente il fenomeno dell'emigrazione. Essa consente, ad esempio, agli uccelli di stabilirsi in aree nelle quali la vita non sarebbe possibile per animali incapaci di spostamenti rapidi. Anche l'uomo, come essere migratorio, fa parte della natura. La specie umana iniziò la sua conquista del mondo in Africa circa un milione di anni fa. Gli ultimi 40.000 anni del suo vagabondaggio in tutto il globo costituiscono un miracolo di movimento rapido da un punto di vista biologico. In ogni caso, quello che interessa al filosofo, come chi scrive, è la capacità dell'essere umano di superare la natura in termini di libertà, consapevolezza, espressione simbolica e religione. In una parola, la natura umana ha una significativa componente culturale. Ecco perché l'emigrazione ha senso non soltanto in relazione al tempo naturale, ma anche a quello storico: la storia delle nazioni, la. storia delle civiltà, la storia della salvezza, la storia della vita individuale. L'emigrazione costituisce una parte della memoria collettiva. La coscienza europea esiste anche grazie al fatto che le tribù indoeuropee emigrarono nell'area del Mediterraneo 5.000 anni fa. LEuropa del primo Medioevo (IV-X secolo) fu fondata anche grazie alle invasioni delle tribù nomadi: i goti, le popolazioni slave e i magiari. Linsediamento delle culture nomadi nell'Europa postromana condusse alla fondazione del Sacro Romano Impero, la base dei moderni Stati europei. La storia europea deve anche considerare i tentativi di invasione unna e islamica dei secoli V-VIII. La colonizzazione europea del mondo intero nei secoli XVI e XVII determinò il destino delle civiltà mobili occidentali. Esse crebbero anche grazie all'emigrazione. Il filosofo non può definire la migrazione oggettivamente, enumerando le cause che conducono i popoli dalle loro case alla strada. Le contingenze della natura e della storia, come i raccolti andati male, le carestie, i disastri naturali, le guerre, le chiusure dei confini e le atrocità etniche sono incorporate nella temporalità del corpo vivente, che vive non di solo pane, ma anche del senso della vita. Il tempo e lo spazio incorporati in una storia individuale del corpo forniscono a certi momenti nel tempo e a determinati luoghi un linguaggio simbolico del tempo e dello spazio. Tutti conosciamo l'importanza di certi momenti e spazi quando celebriamo compleanni, matrimoni, funerali, l'anno nuovo, visitiamo i cimiteri, preghiamo nelle chiese. I cosiddetti «riti di passaggio» o «riti di iniziazione» segnano il tempo con il sigillo del senso collettivo o personale. Senza la struttura simbolica del tempo e dello spazio, non vi sarebbe più spazio sacro, nessuna chiesa e nessuna celebrazione liturgica. La fenomenologia e l'ermeneutica investigano le condizioni fondamentali che rendono possibile che lo spazio e il tempo assumano un significato simbolico. Poi vengono la storia, l'antropologia e le altre scienze umane che operano con i concetti del tempo e dello spazio oggettivi. Ora abbiamo trovato il punto di partenza della ricerca filosofica sul tema dell'emigrazione. Essendo un'espressione specifica del comportamento umano, essa e incorporata nel tempo oggettivo della storia. Ciò nondimeno, la capacità del soggetto umano di interpretare l'esistenza personale come lo spazio del «mio» corpo costituisce la base del tempo vissuto, che significa qualche cosa di importante per noi. Questa bipolarità del tempo - come fonte del sé personale e come fonte di storia vissuta collettivamente - assicura l'integrità personale e sociale di ogni individuo. Il filosofo Paul Ricoeur sottolinea, nel suo ultimo libro sulla memoria storica, che ambedue le memorie sono fragili: la storia personale e quella collettiva[1]. La loro fonte è il corpo, vivente. Poiché il tempo storico presuppone l'identità del sé nel tempo-esistenza, la storia individuale e quella collettiva possono essere cancellate, deformate ideologicamente o patologicamente influenzate dalla soppressione di certe esperienze nella coscienza individuale e collettiva. D'altro canto, possiamo avere la storia, poiché siamo i soli esseri del pianeta capaci di averla. Quello che costituisce la dignità umana è la nostra capacità di decidere azioni libere al di fuori della determinazione naturale. La libertà conferisce senso alla vita umana, la quale dev'essere posta in una continuità significativa di esperienze. Ma gli esseri umani sono liberi e possono resistere ad essa. Luomo e in grado di distruggere la propria vita e le vite degli altri. Possiamo condannare gli altri al totale oblio come fecero i romani con la pena della damnatio memoriae, quando la memoria degli individui o di una città veniva cancellata dai registri ufficiali. L'emigrazione forzata di milioni di tedeschi Dopo la seconda guerra mondiale si verificò la maggiore migrazione forzata nell'Europa centrale. Più di 4 milioni di tedeschi furono costretti a lasciare le loro case in Polonia, Ungheria e Cecoslovacchia e a trasferirsi in Germania e Austria. Un tale esodo dà un senso tragico allo spazio simbolico contrassegnato dalle frontiere dello Stato. Cerchiamo ora di articolare il significato filosofico dell'emigrazione come un'azione umana specifica, che trasforma la visione del tempo e dello spazio in cui viviamo come esseri individuali e sociali, ossia come cittadini di uno Stato. Il significato personale del tempo e dello spazio come espressione di un'esistenza personale viene inserito nel tempo e nello spazio simbolici di uno specifico gruppo storico. Il significato simbolico del tempo incontra il significato simbolico dello spazio. Ogni migrazione ha luogo in un tempo specifico, che rappresenta il tempo-kairos per una specifica comunità. A un certo momento, i migranti attraversano la frontiera tra due Stati che delimita il luogo simbolico. Il tempo dell'esodo e la frontiera tra due Stati rappresentano l'importanza maggiore dell'emigrazione. Il confine imposto arbitrariamente non ha nulla a che vedere con la determinazione naturale. Il confine è basato su una convenzione simbolica degli esseri umani. Il confine storico tra mondo slavo e germanico risale al XII secolo, quando fu fondata la dinastia indipendente dei re cechi (Premislidi). Nel XIII secolo essi invitarono gli artigiani e i contadini tedeschi a colonizzare la terra di confine tra il Regno ceco e lo Stato tedesco. Un'altra colonizzazione tedesca coltivò le terre di confine tra il Regno ceco e la Polonia. Ambedue i territori sono noti con il nome tedesco di «Sudeti». La prima guerra mondiale interruppe più di un migliaio di anni di pacifica coesistenza. I Sudeti da terra storica dei re boemi divennero, dopo la conferenza di pace di Parigi (Trattato di St.-Germain, 1918), parte integrante della Repubblica cecoslovacca da poco indipendente. L'interesse nazionale dei tedeschi e dei cechi sovrastimò l'importanza della frontiera. La popolazione tedesca non assunse lo Stato democratico come proprio Stato. Essi si sentivano cittadini di seconda classe, in parte a causa del nazionalismo ceco più o meno manifesto. Lascesa del nazismo in Germania sotto Hitler fomentò l'ideologia nazionalistica nei Sudeti. La Sudetendeutsche Parteí di ispirazione nazista, sotto la guida di Konrad -Henlein, rappresentò almeno il 70% dei quasi 4 milioni di tedeschi che vivevano nei Sudeti. Essi chiesero la cessione dei Sudeti alla Germania., Il patto di Monaco concluso nel settembre 1939 chiuse la prima parte della vicenda. I Governi di Italia, Francia e Gran Bretagna spinsero la Cecoslovacchia a consegnare a Hitler la totalità dei Sudeti. Iniziò il primo esodo dei cecoslovacchi dai territori occupati dal regime nazista. I confini tra la Cecoslovacchia e la Germania assunsero un significato tragico. Non solo le frontiere dovevano cambiare. Il registro ufficiale del tribunale di Norimberga mostra la damnatio memoriae praticata dai nazisti. Hitler ordinò la totale germanizzazione della gente ceca e la distruzione di cittadini politicamente o razzialmente inadatti. Tre fasi condannarono un'intera nazione a morte. Il numero di 250.000 vittime di guerra ceche conferma il tragico significato dell'idea tedesca di Lebensraum (spazio vitale). Non è solo un termine geografico. Come spazio simbolico connesso alla memoria collettiva della nazione germanica l'idea del Lebensraum assume un significato altamente rilevante per la storia dell'Europa centrale e orientale. È bene ricordare che i nazisti dei Sudetí avevano già stilato il primo piano per la distruzione della popolazione ceca nel maggio del 1938. Esso differiva soltanto per pochi dettagli dalla strategia hitleriana. Lestinzione della nazione ceca era segnalata come una condizione necessaria per l'insediamento tedesco nell'Europa centrale[2]. Il documento fu rivenuto nel quartier generale del partito di Henlein e servì come prova contro il Reichsprotektor K. H. Frank, giustiziato come criminale di guerra nel 1945. Dopo la guerra giunse il secondo atto. Il Governo ceco intendeva espellere l'intera popolazione tedesca dal suo territorio, nel quale erano stati reincorporati i Sudeti. Le nazioni dell'Europa centrale non credevano più nella pacifica coabitazione della minoranza tedesca., Gli alleati concordavano con una tale decisione (cfr Patto di Potsdam nell'agosto del 1945). Il paragrafo 13 sanciva il trasferimento della popolazione tedesca da Polonia, Cecoslovacchia e Ungheria con la seguente nota importante: «I tre Governi concordano [ ...] che, qualsiasi trasferimento abbia luogo, debba essere effettuato in maniera umana e ordinata». Hitler intendeva distruggere la popolazione ceca; non vi riuscì. I cechi volevano sbarazzarsi della popolazione tedesca che viveva nella Cecoslovacchia del dopoguerra; vi riuscirono. In base al Patto di Potsdam, le autorità cecoslovacche organizzarono l'esodo di massa di tre milioni di tedeschi dai Sudeti negli anni dal 1945 al 1947. Soltanto 200.000 tedeschi restarono nella Cecoslovacchia del dopo guerra. Le proprietà private dei tedeschi espulsi furono confiscate come risarcimento per i danni di guerra. La popolazione ceca giunse dall'interno, cioè dal resto della Cecoslovacchia e colonizzò il Paese devastato. La memoria collettiva contrapposta Il termine Vertreibung (cacciata) in tedesco o odsun in ceco indica la maggiore migrazione organizzata nella storia contemporanea europea. È evidente che ambedue i termini non hanno lo stesso significato per i tedeschi espulsi e per i cechi che espulsero. La cronologia neutrale dei registri storici contrasta con la memoria collettiva delle due comunità nazionali molto diverse. Il significato contraddittorio di tempo-kairos ci ricorda le due lancette delle ore nel famoso orologio astronomico di Praga. La lancetta del quadrante con i numeri ebraici va in senso opposto alla lancetta sul quadrante con i numeri romani. Il tempo dell'esodo e il significato della terra (Sudeti) sono stati divisi in due memorie collettive, finora. Nel libro riguardante la storia dell'espulsione che si trova nella libreria statale di Monaco, tutti i nomi cechi delle città nei Sudeti furono cancellati e sostituiti con nomi tedeschi. Si tratta della prova che l'uomo vive nel suo tempo e spazio contraddistinto da significati simbolici e non da misure astronomiche o geografiche. Il tempo-kairos può essere cancellato e annullato poiché e espressione della fragile temporalità collegata allessere mortale. Ha ben poco a che fare con la cronologia neutrale del tempo misurato astronomicamente. Che tipo di oblio contraddistingue entrambi le parti? I tedeschi dei Sudeti vogliono dimenticare il loro coinvolgimento nella distruzione dello Stato democratico ceco. La forma più paradossale di oblio si può riscontrare nei gruppi dei Sudeti che contano il numero di vittime tedesche morte durante la Vertreibung. Lo fanno statisticamente, confrontando lo sviluppo demografico anteguerra con il numero di tedeschi che si sono insediati nell'Ovest dopo l'espulsione. Questo modo di contare comprende, per esempio, tutti i soldati tedeschi nati nei Sudeti e uccisi in guerra. Molti di loro morirono dopo la guerra in prigionia, specialmente nel campi siberiani. Il modo più ironico di dimenticare riguarda la storia dei 6.000 ebrei tedeschi. Essi vivevano nei Sudeti e condivisero lo stesso destino tragico dei 90.000 ebrei cechi e slovacchi annientati nei campi di sterminio. Il dr. Walter Becher, capo ideologico del Consiglio dei Sudeti tedeschi, li includeva nelle statistiche generali della brutalità ceca[3]. Nati nei Sudeti, essi erano tedeschi dei Sudeti uccisi, ovviamente. La perdita della memoria storica è seguita da un fenomeno opposto: l'eccesso di memoria. Gli opuscoli di molti gruppi di tedeschi espulsi mostrano tuttora il «loro» Paese come parte integrante del Terzo Reich di Hitler. In un opuscolo ufficiale pubblicato nel 1998, i membri della Landsmannscbaft (associazione patriottica) riconoscono soltanto le frontiere della Germania nazista dopo il patto di Monaco nel settembre 1939. Quello fu sicuramente il passato glorioso dei tedeschi dei Sudeti, alleati fedeli di Hitler in quei giorni. Essi divennero membri di un Reicb millenario che durò 6 anni. Pagarono un prezzo elevato per il loro sogno nazionalista: decine di migliaia di tedeschi dei Sudeti morirono durante la guerra, specialmente sul fronte russo. Nessuno ne conosce il numero esatto. Essi erano cittadini di seconda classe anche nello Stato nazista, abbastanza buoni da essere Kanonenfutter (carne da cannone) per l'inverno russo e le katjuscia (cannoni sovietici). L'ideologia ufficiale della Landsmannschaft non vuole ricordare quegli anni. Nei documenti ufficiali in lingua inglese circa le espulsioni nei Sudeti esiste soltanto una pagina che tratta dell'occupazione della Cecoslovacchia nel 1939-45. Gli autori ripetono l'argomento della propaganda nazista circa le condizioni di vita relativamente buone dei cechi sotto il regime nazista. «Durante la guerra la popolazione ceca non offrì alcuna considerevole resistenza e neppure praticò alcun efficace sabotaggio militare contro la macchina da guerra della Germania. I cechi furono esonerati dal servizio militare. Il cibo non era peggiore, forse era persino migliore che in Germania»[4]. Non sono menzionati né il numero delle vittime di guerra ceche né le azioni di resistenza domestica organizzata, come l'insurrezione di Praga, per esempio, o l'insurrezione nazionale slovacca. I tedeschi dei Sudeti cancellarono il passato nazista dalla loro memoria collettiva. Essi ufficialmente si consolarono con il buon sentimento di essere protettori pieni di attenzioni di una nazione ceca immatura durante gli anni bellici. L'orologio storico della memoria dei Sudeti iniziò a funzionare dopo l'8 maggio 1945, quando iniziò il tempo-kairos del ricordo collettivo dei Sudeti. Quello fu esattamente il tempo in cui la memoria dei cechi si arrestò. L'orologio ceco funzionò fino all'8 maggio 1945. Dopo quel giorno si verificò un blackout. Che cosa non andava nell'oblio del popolo ceco? Primo, dobbiamo menzionare la legge dell'8 maggio 1946. Il primo paragrafo garantisce limpunità per coloro che perpetrarono atrocità sulla popolazione tedesca. «Qualsiasi atto commesso tra il 30 settembre 1938 e il 28 ottobre 1945, il cui oggetto fosse di aiuto nella lotta per la libertà dei cechi e degli slovacchi o che rappresentasse soltanto una vendetta per l'azione delle forze di occupazione e i loro complici, non è illegale, anche se tali azioni possono in altri casi essere punite dalla legge». Il Governo ceco arbitrariamente prolungò lo stato di guerra per altri sei mesi. Le rapine, le torture, le violenze e l'uccisione dei tedeschi continuarono con immunità per sei mesi. Questi sei mesi rappresentano l'incubo dei tedeschi espulsi, in base ai loro registri ufficiali. Il presidente della Repubblica Edward Bene condannò pubblicamente queste atrocità (a Plzeò, giugno 1945) e alcuni dei peggiori criminali furono imprigionati. Non si trattava di un pogrom collettivo organizzato dallo Stato (come si verificò nella Germania nazista), ma di uno scoppio di brutalità individuale, innescata da un odio incontrollato contro la nazione occupante. Un esempio del significato simbolico dello spazio messo in relazione al tempo della memoria sono le fosse comuni di Pohořelice annullate dalla memoria collettiva ceca per 50 anni. Le vittime della brutalità ceca sepolte divennero non-persone; come se i tedeschi espulsi non fossero mai vissuti nella città di Brno. Furono cacciati dalle loro case, furono derubati, violentati, uccisi. I loro documenti di identità furono distrutti e finirono nelle fosse comuni ufficialmente dimenticate. Una crocerossina tedesca, che fu ripetutamente violentata nello stesso campo, ricorda il luogo dell'orrore nel seguente modo: «Sessanta o settanta persone morivano giornalmente nel campo; i corpi venivano derubati delle scarpe e frequentemente anche degli abiti; i cadaveri erano accatastati e giacevano al sole per ore ricoperti di mosche. Di fronte alle capanne c'erano uomini e donne sul punto di morire o che morivano di fame sull'erba dove si trovavano o erano tormentati dalle mosche. Questi sventurati non avevano assolutamente mai cibo»[5]. Il terreno di sepoltura non era simbolicamente identificato come una tomba, poiché il campo venne coltivato per un altro mezzo secolo. È possibile capire che questi luoghi non hanno lo stesso significato simbolico per la memoria collettiva di cechi e tedeschi. Esiste anche un eccesso di memoria ceca. Lideologia del comunismo presentava soltanto le atrocità del regime nazista per coprire i propri misfatti. Non era difficile trovare esempi di genocidio nazista commessi sulla popolazione civile ceca. Qui non si intende riportare un numero statistico di prigionieri uccisi nei campi di concentramento; e neppure i nomi dei villaggi, i cui abitanti - bambini e donne - furono bruciati vivi in casa. Lermeneutica sottolinea l'importanza della narrazione (récit nella terminologia di Rícoeur). Abbiamo udito la storia della brutalità ceca dopo la guerra riportata dai tedeschi.Audiatur et altera pars.Proprio al termine della guerra alcune truppe tedesche commisero atrocità inumane senza alcun motivo. Ecco la storia delle atrocità commesse a Praga l'8 maggio 1945 da giovani SS di età compresa tra i 17 e i 20 anni. «In seguito si trovò una grande quantità di corpi di civili cechi nella piccola chiesa. Comprendevano uomini, donne e anche bambini da uno a tre anni di età, tutti uccisi in modi terribili. Le teste e le orecchie erano state mozzate, gli occhi cavati e i corpi trapassati più volte dalle baionette. Alcune donne erano incinte, e i loro corpi erano stati squartati. Ventitré uomini in un palazzo furono uccisi nel cortile dopo essere stati torturati a lungo»[6]. Le crudeltà commesse dall'esercito tedesco sui civili al termine della guerra intensificarono l'odio della popolazione ceca verso chiunque fosse di origine tedesca. Come sempre, i civili tedeschi innocenti che vivevano nei Sudeti pagarono il prezzo dell'ira ceca. La propaganda comunista sfruttò il capitale di repulsione etnica per mezzo secolo. La memoria ceca sovraccaricata dalla sofferenza durante la guerra dimenticò facilmente i maltrattamenti inumani dei tedeschi espulsi dai Sudeti dopo la guerra. Rimedi? Quale tipo di rimedio si può trovare nella traumatizzata memoria collettiva delle due nazioni? Possiamo vedere che il vuoto di memoria si comporta esattamente come quello di un individuo nevrotico[7]. La memoria collettiva ceca e tedesca potrebbe funzionare in base al meccanismo individuato da S. Freud, ebreo tedesco nato nei Sudeti. Cerchiamo di applicare la sua teoria alla memoria traumatica della migrazione ceco-tedesca. Ecco lanatomia di una memoria traumatica in tre fasi. 1) I nevrotici cercano, di espellere i momenti traumatici dalla loro memoria cosciente (Verdrängung). Abbiamo mostrato i contenuti soppressi della storia ceca e tedesca. Quando un orologio della memoria nazionale si ferma, l'altro inizia a funzionare. Il tempo-kairos di entrambe le memorie si pone in relazione alla data cronologica della fine della seconda guerra mondiale. 2) I sentimenti dolorosi messi in relazione ai contenuti traumatici sono inconsciamente diretti a contenuti coscienti, senza apparente connessione al conflitto originale e soppresso (Verschiebung). Quel fenomeno ricorda la memoria sovraccaricata dei cechi o dei tedeschi. Essi rifiutano di vedere i lati oscuri della loro storia, ponendo in evidenza quelli opposti (la cosiddetta Verschiebung ins Gegenteil). La mancanza inconscia di memoria viene compensata dall'eccesso di memoria cosciente. Ambedue le parti scrivono studi storici circa la loro sofferenza. Era vero, così che hanno ragione nel fare questo. Lingiustizia commessa dai cechi o dai tedeschi è rimossa. 3) I contenuti dell'inconscio espulso ritornano in forma di impulso compulsivo di comportamento (Wiederholungzwag). Sul livello della memoria collettiva soppressa giunge la creazione dell'ideologia ufficiale, che glorifica il «sacro passato» delle sofferenze tedesche o ceche. Una tale ideologia ripete ad infinitum che le rivendicazioni di una o dell'altra parte sono pienamente giustificate. La trama compulsiva dell'ideologia congelata richiede un'espulsione dei traditori o proclama «il diritto alla nazione». Il circolo vizioso di una memoria nevrotica è così completato. Quale tipo di rimedio può essere applicato alla memoria nevrotica? Ci piacerebbe sottolineare con P. Ricoeur il lavoro dell'anamnēsis, platonica[8]. Il saggio Socrate muove la memoria dello schiavo Menone in modo tale che egli possa ricordare il teorema di Pitagora. Il concetto platonico e freudiano di «lavorare attraverso» (durcharbeiten) la memoria traumatizzata viene realizzato con il dialogo amichevole. Anche questo è il modo dell'anamnēsis ceco-tedesca. Il dialogo ufficiale risale al primo Trattato di intesa del 1973. Il patto di Monaco fu riconosciuto come non valido, ma il documento evitò di parlare del passato traumatico. Questa fase fu intrapresa nella Dichiarazione congiunta ceco-tedesca del 1996. Ambedue i Paesi cercarono di valutare il passato proclamando un mea culpa sull'occupazione nazista e sull'espulsione dei tedeschi dei Sudeti. In base al trattato, il Governo ceco e quello tedesco non aggraveranno le relazioni mutue con richieste di risarcimento a seguito del passato traumatico. Significa nessun risarcimento di guerra pagato dai tedeschi ai cechi perseguitati e nessun risarcimento per l'espulsione dei tedeschi pagato dai cechi. Il rapporto ufficiale di una Commissione di storici cechi e tedeschi cercò di valutare gli ultimi 50 anni di memoria traumatica, specialmente il numero di vittime morte durante l'espulsione (circa 20.000). I vescovi cechi e tedeschi pubblicarono due lettere sulla riconciliazione negli anni che vanno dal 1990 al 1995. Esiste inoltre l'eccellente documentazione della Chiesa riformata dei fratelli cechi. Presentavano una veduta storica imparziale della secolare coabitazione ceco-tedesca basata sulla saggezza biblica dell'amore del vicino[9]. Infine vorremmo far menzione della biografia di una personalità straordinaria. Il suo nome è Prěmysl Pitter (1895-1976), membro della Chiesa riformata dei fratelli cechi. Soprannominato l'«Albert Schweitzer ceco», consacrò la sua vita intera ai bimbi abbandonati. La storia del suo interessamento va di pari passo con la storia traumatica del Paese. Nel 1938 si prese cura dei bimbi cechi espulsi dai Sudeti; poi salvò dalla morte molti bambini ebrei, i genitori dei quali erano morti nei campi di sterminio. P. Pitter fu un attivo dissidente contro il regime comunista. Dovette lasciare la Cecoslovacchia e morì in esilio. Praticamente é molto poco conosciuto, ma è ben noto in Israele e in Germania. Lalbero piantato sulla montagna della Rimembranza a Gerusalemme ricorda il suo nome. Il presidente tedesco Gustav Heinemann lo insignì della più alta onorificenza della Repubblica tedesca (Bundesverdienskreutz, I. Klasse)[10]. Lesempio di una tale persona mostra che non esiste soltanto la sofferenza dell'emigrazione, ma anche un orizzonte comune di amore che ha cura, di simpatia per le vittime e di lotta impegnata per la giustizia politica basata sull'inviolabilità dei diritti umani. Ossia il solo rimedio per la cura della memoria collettiva ferita.
Note:
*Larticolo è tratto da una relazione tenuta al Congresso dei sociologi gesuiti europei sul tema Di fronte allemigrazione (Berlino , 27 agosto - 2 settembre 2001), pubblicato da La Civiltà Cattolica, quaderno n. 3635, del 1° dicembre 2001. Ringraziamo tale Rivista per la gentile concessione di qui riprodurre.
[1]CfrP. RICOEUR, La mémoíre, l'histoire, l'oubli, Paris, Seuil, 2000, 98.
[2] Cfr R. LUA, The Transfer of the Sudeten Germans, London, Routledge, 1964, 156.
[4]
ASSOCIATION FOR THE PROTECTION OF SUDETEN GERMAN INTERESTS, Documents on the Expulsion of the Sudeten Germans, Munich, University Press, 1953, XIX.
[6] R. LUA, The Transfer of the Sudeten Germans, cit., 260.
[7]
CfrP. RICOEUR, La mémoire....cit., 83 e 581-583.
[9]
Cfr P. PITHART - P. PříHODA, Die abgeschobéne Geschichte. Ein po1ititisch-historisches Lesebuch, München, Institutum Bohamicum - Ackermann-Gemeinde, 1999, 330-338.
[10]
Croce per il servizio federale, di prima classe.
Die Auswanderung: ein traumatischer Leidensweg in der gemeinsamen Erinnerung. Zusammenfassung Nach dem zweiten Weltkrieg ereignete sich die größte erzwungene Emigration in Mitteleuropa. Über 3 Millionen Deutsche mußten ihre Häuser in Polen, Ungarn und der Tschechoslowakei verlassen und nach Deutschland und Österreich übersiedeln. Ein solcher Exodus gibt dem symbolischen Raum, der durch die Grenzen eines Staates gekennzeichnet wird, eine dramatische Bedeutung. Der böhmische Autor, ein Forscher an der philosophischen Fakultät der Jesuiten in München, schildert diese zweifache, erzwungene Emigration aus den Sudeten (geografisches Gebiet zwischen dem tscheschichen Reich und Polen), das von l938 bis l945 Deutschland angeschlossen worden war. Erst mußte die tschechische Bevölkerung gehen, dann die deutsche. Dieses Geschehnis beginnt mit dem Pakt von München von l939. Die Regierungen Italiens, Frankreichs und Groß Britanniens überzeugten die Tschechoslowakei, Hitler das ganze Gebiet der Sudeten zu übergeben. Die Grenze zwischen der Tschechoslowakei und Deutschland nahm so eine tragische Bedeutung an. Hitler befahl die totale Deutschmachung der tschechischen Bevölkerung, und die Vernichtung der politisch oder rassisch unpassenden Bürger. Nach dem Kriege begann der zweite Akt. Aufgrund des Traktates von Potsdam, vom August l945, organisierte die tschechoslowakische Behörde, im Einverständnis mit den Alliierten, von l945 bis l947 eine Massenvertreibung von drei Millionen Deutschen aus den Sudeten. Nur 200.000 Deutsche blieben in der Tschechoslowakei des Nachkrieges. Die privaten Besitztümer der vertriebenen Deutschen wurden als Kriegsentschädigung beschlagnahmt. Die tschechische Bevölkerung kam vom Innern des Landes, von der Rest-Tschechoslowakei, und kolonisierte das verwüstete Gebiet. Der Autor sucht nach einer psychologischen Erklärung der kollektiven ling traumatisierten Erinnerung: unbewusstes Ausfallen der Erinnerung und übertrieben bewusste Erinnerung. Nach 50 Jahren haben die tschechischen und die deutschen Behörden, mit der Unterstützung der Kirchen, im Jahre l996 die Aussöhnung mit einer gemeinsamen Erklärung sanktioniert.
Emigration: a traumatic odyssey of the collective memory Summary After the Second World War, the greatest forced migration in Central Europe took place. More than three million Germans were forced to leave their houses in Poland, Hungary and Czechoslovakia and move to Germany and Austria. Such an exodus gives a dramatic sense to the symbolic space marked by the boundaries of the State. The Author, Bohemian, a researcher in Philosophy at the Jesuit Faculty in Munich, reconstructs the tragic event of a forced double emigration from the territory of Sudeti (the geographical area delimited by the Czech kingdom and Poland), annexed to Germany from 1938 to 1945: first, by the Czech population, then by the German population. The whole thing began with the Pact of Munich, in September 1939. The Governments of Italy, France and Great Britain urged Czechoslovakia to hand over to Hitler the whole of Sudeti. Thus, the boundaries between Czechoslovakia and Germany acquired a tragic significance. Hitler ordered the Czech people to be totally Germanized and that citizens who are politically or racially unfit be eliminated. After the War came the Act II. On the basis of the Treaty of Potsdam, in August 1945, the Czech Authorities, with the consensus of the Allies, organized the mass exodus of three million Germans from Sudeti, in the period between 1945 to 1947. Only 200,000 Germans remained in Czechoslovakia after the war. The private property of Germans who were sent away were confiscated as indemnity for war damages. The Czech population came from the interior part of the country, that is, from the rest of Czechoslovakia and colonized the devastated area. The author looks for a psychological explanation of the traumatized collective memory: unconscious lack of memory and excessive conscious memory. After fifty years, the Czech and German Governments, with the support of the Churches, sanctioned reconciliation with a joint declaration, in 1996. |