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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move - Supp. N° 93,  December 2003, pp. 256-257

Bangladesh

Rev. Don. Renato ROSSO

Cappellano

Per rispondere al Piano Pastorale di Missione e Dialogo desidero mettere in pratica anche in Bangladesh e in India una delle aspettative della Chiesa: la Chiesa, infatti, non vuole lasciare i nomadi soli, ma li vuole accompagnare; per questo negli ultimi 10 anni ho cercato di coinvolgere la Chiesa locale a rendersi conto sempre di più che i nomadi esistono e che è possibile fare qualcosa con loro.

In Bangladesh posso vivere con i nomadi nei loro accampamenti, mentre in India a causa di un visto più riduttivo devo limitarmi a visitare le loro comunità. Ho trovato una buona risposta sia in Bangladesh sia in India. Ovviamente con la Chiesa Indiana che affonda le sue radici nell'epoca apostolica è stato più facile. Generalmente i nomadi del sub-continente indiano sono Animisti, Indú e Mussulmani e pochissimi Cristiani. Ho comunque incontrato cinque gruppi di battezzati: 200 famiglie di Korachas e trenta famiglie di Banjare probabilmente battezzati dai Cappuccini 400 anni fa, alcune miliaia di Mukuwar battezzati da S. Francesco Saverio e alcune miliaia di Bhils battezzati specialmente nell'ultimo secolo e un piccolo gruppo di Mahali. In molti casi il battesimo non è da considerarsi come sigillo di una comunità cristiana già matura, ma spesso è inizio possibile di un lungo cammino da fare.

Con i non Cristiani l'atteggiamento è particolare. Con loro si fa un Dialogo che è pure desiderio della Chiesa. Ci possiamo occupare dei nomadi non Cristiani aiutandoli a scoprire Gesù Cristo specialmente vedendo e conoscendo la vita cristiana che gli operatori pastorali possono testimoniare loro. Spesso dico: "Se riuscirò ad aiutare qualche Mussulmano o Indù ad essere meno violento, più misericordioso capace d'amare di più il suo prossimo e rispettare i diritti umani della moglie o marito, figli (es. mandando i figli a scuola) etc. questa è la mia pastorale. Ancora possiamo dire che Pastorale e incoraggiare essi a vivere tutti i valori etici, sociali e religiosi che essi conoscono e amarli profondamente in tutti i modi che la creatività cristiana suggerisce e ancora offrire loro i segni dell'amore intervenendo nelle loro necessità per la sopravvivenza, per l'alfabetizzazione, per la salute e riscoprendo con loro tutta una serie di valori culturali che rischiano di estinguersi. Tutto questo lavoro può essere debitamente chiamato lavoro pastorale o se qualcuno non se la sente lo può chiamare lavoro pre-pastorale perché è eseguito da Pastori della Chiesa, in nome della Chiesa e per la Gloria di Dio. Rimane vero che anche in India e in Bangladesh la Pastorale dei Nomadi sente che è scoccata l'ora di una nuova " - fantasia della carità - che si dispieghi non tanto e non solo nell'efficacia dei soccorsi prestati, ma nella capacita di farsi vicini, solidali con chi soffre, così che il gesto d'aiuto sia sentito non come obolo umiliante, ma come fraterna condivisione." (Novo Millennio Ineunte n. 50). Nel dialogo con nomadi di religioni diverse oltre ad usare parola, testimonianza e condivisione abbiamo bisogno di coltivare una profonda amicizia basata sulla certezza che è lo stesso Dio a lavorare nelle nostre religioni diverse. In ogni caso sono ben distante dall'affermare che tutte le religioni siano uguali cosa che svuoterebbe ogni religione di tutti i suoi contenuti. Ancora aggiungo che senza una profonda identità della mia fede come potrei fare dialogo con una religione diversa dalla mia? Credere però che lo stesso Spirito Santo che aiuta me a pregare è lo stesso Spirito Santo che aiuta il Mussulmano, l'Indù etc. ad alimentare la propria fede, mi aiuta a costruire un'amicizia solida e profonda indispensabile per un dialogo vero dove si possono veicolare verità nuove e un'etica solida: tutti doni che abbiamo ricevuto nella rivelazione.

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