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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 96 (Suppl.), December 2004

 

PER UN TURISMO AL SERVIZIO 

DELLO SVILUPPO 

 

 

Dott. Norberto TONINI

Presidente del BITS

 (Ufficio Internazionale per il Turismo Sociale),

Bruxelles, Belgio

 

Viaggiare è unÂ’attività antica come lÂ’uomo: egli ha sempre viaggiato per motivi commerciali, militari, religiosi, culturali.

Basti pensare ai Fenici, ai Greci, ai Romani, ai Vichinghi, ai Veneziani ed ai Portoghesi, o ad Abramo, Ulisse, Gilgamesh, Marco Polo, Cristoforo Colombo, anche se è indubbio che questi grandi uomini di altre epoche non sospettavano certo di poter un giorno essere identificati come precursori dei moderni turisti.

Per cogliere la differenza e la distinzione tra il viaggiare antico e il moderno turismo si è dovuto attendere sino agli albori del XX° Secolo, poiché è solo attorno ai primi decenni del novecento che le scienze sociali iniziano ad occuparsi del movimento turistico.

Per la verità la maggior parte degli esperti attribuiscono alla rivoluzione industriale, diffusasi in Europa nei primi anni dellÂ’Ottocento, unÂ’importanza primaria per lo sviluppo della mobilità europea ed intercontinentale.

È infatti innegabile che la rivoluzione industriale, con lÂ’introduzione della macchina a vapore e successivamente con lÂ’invenzione del motore a scoppio, ha dato un impulso enorme agli scambi internazionali, riducendo in misura straordinaria i tempi necessari per gli spostamenti da città a città e da nazione a nazione.

Treni, transatlantici e in un secondo tempo aerei, hanno fatto sì che il viaggiare divenisse gradualmente da privilegio di pochi a opportunità sempre più diffusa.

La nascita delle organizzazioni sindacali

Nella disamina della nascita e dello sviluppo del Turismo, non va però trascurato uno dei più rilevanti fenomeni sociali connesso con lÂ’affermarsi della rivoluzione industriale: la nascita delle organizzazioni sindacali.

A fine Ottocento queste realtà emergenti della classe operaia colsero lÂ’importanza del collegamento tra le trasformazioni in atto nella vita sociale e politica e le condizioni dei lavoratori e si diedero un medesimo intento: 

garantire e tutelare i lavoratori sia allÂ’interno delle fabbriche, sia cercando di ottenere il riconoscimento di talune esigenze considerate necessarie per una migliore qualità della vita.

Le ferie retribuite: una conquista di portata epocale

Tra queste esigenze inizia gradualmente ad affermarsi il diritto al riposo ed alle “ ferie retribuite”, istituto quest’ultimo che trova una sua prima legittimazione di carattere internazionale nella Convenzione di Ginevra del 24 giugno 1936, con la quale si stabilisce che il lavoratore ha diritto alla retribuzione di almeno sei giorni lavorativi in corrispondenza delle ferie.

In effetti, nella prima fase dellÂ’industrializzazione il Tempo Libero era davvero poco ed era inoltre molto diffuso il lavoro minorile, per cui non solo chi era in età da lavoro aveva poco tempo libero, ma praticamente non esistevano nemmeno fasce di età non impegnate nellÂ’attività lavorativa.

La vera svolta per la valorizzazione del Tempo Libero in rapporto al tempo di lavoro si ha dunque con l’adozione delle “ferie pagate”, che, dopo la prima guerra mondiale, iniziarono a divenire obbligatorie per molte categorie di salariati.

Sembra tuttÂ’altro che irrilevante sottolineare come lÂ’istituto delle ferie retribuite, una volta adottato, si radicò talmente nella realtà europea che, diversamente dallÂ’orario di lavoro, non venne mai messo in discussione, nemmeno nelle fabbriche di armamenti in tempo di guerra. 

Esso, giustamente, era ritenuto non una perdita di tempo o di danaro, ma un investimento per la crescita economica, sociale e culturale dellÂ’intera società.

Si andò così pian piano affermando un nuovo principio, indubbiamente rivoluzionario per lÂ’epoca, secondo il quale, per continuare a migliorare la produzione ed i rendimenti da questa derivanti, bisognava di pari passo migliorare le condizioni lavorative dei dipendenti, riconoscendo loro alcuni diritti fondamentali.

Tra questi diritti possiamo senzÂ’altro annoverare anche il diritto al riposo, diritto da cui discende lÂ’attività turistica, che non persegue finalità astratte, ma esprime unÂ’esigenza della collettività e dellÂ’uomo moderno, qualificandosi come fattore rigenerante della persona e come elemento essenziale per la promozione civile, ma rivelandosi altresì un diritto che assume un indubbio peso specifico anche nei confronti di istanze di portata internazionale.

La dichiarazione universale dei diritti dellÂ’uomo

I primi, chiari riferimenti di livello internazionale che ci portano ad affrontare questioni di mobilità e, più ampiamente, ad ipotizzare il concretizzarsi di un embrionale “diritto alla vacanza”, si trovano nella Dichiarazione Universale dei Diritti dellÂ’Uomo, approvata dallÂ’Organizzazione delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948.

È infatti proprio la dimensione planetaria di questo fondamentale documento che ci aiuta a cogliere la reale portata del fenomeno di cui ci stiamo occupando, mettendone in evidenza la rilevanza di ordine giuridico, economico, sociale e culturale.

Tale rilevanza viene ampiamente sancita ed esaltata già nel preambolo della Dichiarazione stessa; un preambolo i cui nobili intenti dovrebbero maggiormente orientare i nostri comportamenti sociali e, soprattutto, guidare lÂ’operato e lÂ’agire dellÂ’intera Comunità Internazionale, ben più di quanto in effetti si sia verificato fin dÂ’ora.

Nei trenta articoli che compongono la Dichiarazione troviamo un riferimento al diritto alla mobilità e in senso lato al turismo, nellÂ’articolo 13 con il quale si afferma che: 

“Ogni individuo ha il diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato. Ogni individuo ha il diritto di lasciare qualsiasi paese, compreso il proprio, e di ritornarvi”.

e, di seguito, nellÂ’articolo 24, laddove si stabilisce che:

“Ogni individuo ha il diritto al riposo e allo svago, a una ragionevole limitazione delle ore di lavoro ed a congedi periodici remunerati”.

Per una visione umanistica e sociale del turismo

Nel corso dei secoli lÂ’uomo si è sempre battuto per il riconoscimento della propria libertà e per far valere i propri diritti.

LÂ’esigenza di spostarsi da un luogo allÂ’altro lo ha portato ad affermare la libertà di movimento, libertà che, con il passare del tempo, si è tradotta in diritto alla mobilità, mentre, il consolidarsi del diritto al lavoro, ha portato ad affermare che esiste anche un diritto al riposo, diritto che, una volta riconosciuto, ha favorito lÂ’ottenimento delle ferie pagate, dando così un forte impulso al diffondersi delle attività turistiche.

Dalla congiunzione del diritto al riposo con il diritto alla mobilità e, avuto riguardo alla voglia di scoprire e di conoscere insita nellÂ’uomo, viene gradualmente ad affermarsi il “diritto alla vacanza” e nascono le prime forme moderne di Turismo e di Turismo Sociale.

In precedenza lÂ’attività turistica era infatti riservata ad una élite di “giovani rampolli” dediti al Grand Tour e appartenenti allÂ’ emergente classe borghese. 

Lo scenario mondiale

Vediamo dunque quale risulta essere oggi lo scenario mondiale in cui si muove il Turismo. Che cosa provano e che cosa esprimono gli attori ed i promotori delle attività turistiche?

Quali sono le loro convinzioni, le loro aspettative? E infine, quali sono le poste in gioco e le prospettive in questo inizio di terzo millennio?

Al giorno dÂ’oggi ci troviamo a vivere in un mondo in cui:

- i Paesi più ricchi incontrano difficoltà nello sviluppo economico e le loro stesse popolazioni subiscono talvolta pesanti scompensi sociali;

- in questi stessi Paesi lo sviluppo scientifico, il progresso tecnologico ed informatico dischiude nuovi campi di azione culturale e sociale, ma si abbina e convive con rilevanti tassi di disoccupazione;

- molti Paesi, o perfino Continenti, rimangono confinati in una situazione di sconvolgente povertà;

mentre

- altri Paesi si sviluppano aprendosi, forse anche troppo freneticamente, alle relazioni internazionali ed alle logiche di mercato ed offrendo così ampie occasioni di crescita ad un turismo a basso contenuto valoriale ed a volte perfino selvaggio;

 e infine

- si rivendica, specie da parte delle giovani generazioni, la ricerca di senso e di significato, unita ad una rinnovata sensibilità per le tematiche ambientali e per una migliore qualità della vita.

Ebbene è in questo mondo che il turismo è in forte evoluzione; è in questo mondo che si assiste ad un costante aumento dei flussi di mobilità internazionale; è in questo mondo che si abbattono e si aprono le frontiere, che si diversificano le mete, che si accrescono e si potenziano i mezzi di trasporto e di comunicazione.

Senza addentrarmi nel coacervo delle statistiche, mi limiterò alla citazione di alcuni dati relativi ai flussi mondiali di turismo, dati che ci dimostrano come si sia passati dai pochi milioni di turisti degli anni cinquanta ai 700 milioni dellÂ’anno scorso, con una previsione più che attendibile di superare il tetto di 1500 milioni per lÂ’anno 2020.

In una prospettiva di breve termine avremo cioè ogni anno più di un miliardo e mezzo di turisti.

Va da sé che anche la portata economica del fenomeno turistico assumerà sempre più dimensioni gigantesche. E non è poi così vero che noi tutti abbiamo realmente coscienza della effettiva rilevanza del fenomeno

Poiché quanto affermato non vale solo per i Paesi occidentali, ritengo utile far rilevare in questa sede che nel corso degli ultimi anni il ritmo di crescita annuale delle presenze turistiche nei Paesi classificati dallÂ’ONU come Paesi Meno Avanzati (PMA), è stato di gran lunga superiore alla media mondiale.

In questi Paesi le entrate derivanti dalle attività turistiche sono più che raddoppiate ed il turismo è divenuto così la principale fonte di sostentamento per 46 dei 49 PMA.

Il Segretario Generale dellÂ’OMT, Francesco Frangialli, ha più volte affermato che: “Là dove il turismo avanza la povertà arretra!”

Si tratta di una frase ad effetto, ma con unÂ’indubbia verità di fondo: siamo infatti certi che oggi, in Paesi come il Bhoutan, il Senegal, la Tanzania, il Mali, le Maldive e San Tomè la situazione non risulterebbe ancor più fragile e rischiosa senza il turismo?

Il turismo è chiamato dunque ad assumere in pieno quel ruolo trainante che la società moderna gli ha di fatto assegnato.

Lo scorso anno, nel riconoscere allÂ’attività turistica questo ruolo fondamentale, lÂ’OMT, in occasione della 24° Giornata Mondiale del Turismo, ha proposto come tema: “Il turismo: elemento propulsore di lotta contro la povertà, per la creazione di impieghi e per lÂ’armonia sociale.”

Saper andare oltre

È del tutto evidente che per raggiungere questi importanti obiettivi si dovrà essere in grado di dar vita ad un turismo che sappia “ andare oltre”, che sappia “andare più in alto” e che non si limiti alla semplice dimensione quantitativa.

Un turismo più ricco di contenuti, portatore di valori quali la Sostenibilità e la Solidarietà che andranno ad affiancarsi, ma non certo a sostituirsi alla Socialità.

Con una felice espressione, presente allÂ’interno di una recente ricerca promossa in Italia dal CNEL - Consiglio Nazionale dellÂ’Economia e del Lavoro - e realizzata dallÂ’Università di Milano, si è sintetizzato questo concetto sostenendo che la nuova sfida che ci attende è quella di favorire il passaggio “dallo sviluppo del turismo al turismo dello sviluppo”.

LÂ’idea del passaggio dallo sviluppo del turismo al turismo dello sviluppo, ci porta ad ipotizzare una svolta decisiva per le tante attività di Turismo e di Turismo Sociale; un vero e proprio “cambio di passo” che, con progressiva continuità apre la strada alle nuove ed emergenti forme di Turismo Sostenibile e di Turismo Solidale.

In altri termini, ciò che ci prefiggiamo è promuovere un cambio di mentalità, una “metanoia” allÂ’interno del vecchio mondo del Turismo. Ci piace infatti pensare che se lo Sviluppo del Turismo ha rappresentato uno dei fenomeni sociali ed economici più rilevanti del XX° secolo, il Turismo dello Sviluppo potrà divenirlo per il XXI° secolo.

È inoltre evidente che se lo Sviluppo del Turismo risultava particolarmente legato ad un concetto di quantità, il Turismo dello Sviluppo dovrà puntare soprattutto sulla qualità.

Dovremo allora dichiarare a gran voce che il nuovo Turismo Sociale nel quale ci riconosciamo e che intendiamo promuovere è tuttÂ’altro che un turismo disattento al livello qualitativo ed allÂ’efficienza dei servizi.

Esso, al contrario, intende qualificarsi migliorando la qualità delle proposte e dei prodotti, attraverso unÂ’attenta e costante azione formativa e professionalizzante dei propri dirigenti e dei propri animatori ed operatori.

E ancora, se lo Sviluppo del Turismo portava con sé lÂ’idea di un turismo inteso prioritariamente come capacità di consumo ed innescava evidenti logiche di conflittualità, il Turismo dello Sviluppo dovrà basarsi sul concetto di turismo vissuto come pratica positiva e rigenerante ed innescare così virtuose logiche di socializzazione e di cooperazione e non certo di conflittualità.

Ed infine, parafrasando Fromm, mi sia concesso affermare che se lo Sviluppo del Turismo appartiene e richiama la concezione dell'“avere”, è chiaro che il Turismo dello Sviluppo sarà piuttosto orientato a puntare sulla forza dell’“essere”.

Tre assi per un nuovo turismo

Ecco allora che Socialità, Sostenibilità e Solidarietà vengono a costituire gli assi portanti su cui costruire il nuovo Turismo, quello che abbiamo definito ,“Turismo dello Sviluppo”, un Turismo che privilegia la qualità rispetto alla quantità e la collaborazione rispetto alla conflittualità.

Un turismo non solo “per tutti” perché Sociale, ma anche “di tutti”, perché Sostenibile e “con tutti” perché Solidale, vale a dire accessibile, genuino, partecipato ed autenticamente responsabile e consapevole.

È in questa chiave che vengono confermate ed esaltate le grandi intuizioni – taluni le hanno ritenute “profetiche” – della Dichiarazione di Montreal. 

La Dichiarazione, che non a caso molti hanno definito il “Manifesto Internazionale del nuovo Turismo Sociale”, è un documento che dovremmo diffondere valorizzare maggiormente, cercando soprattutto di attuarne i principi fondamentali. 

Non ritengo sia il caso di inoltrarmi ad illustrare il contenuto di tutti i suoi articoli, mi limiterò pertanto a rammentarne i quattro assi fondamentali che definiscono il Turismo Sociale:

- creatore di società

- fattore di crescita economica

- attore dellÂ’assetto territoriale e dello sviluppo locale

- partner nei programmi di sviluppo mondiale

Va da sé che ciò comporta riproporre oggi la sostanziale validità delle attività di Turismo Sociale, proiettandole però nel pieno degli anni duemila e aprendole quindi verso i nuovi spazi ed i nuovi orizzonti della Solidarietà e della Sostenibilità, verso quel Turismo dello Sviluppo in cui lÂ’uomo con i suoi interessi, con le sue attese, con le sue ansie e con le sue speranze, dovrà pur sempre risultare al centro del fenomeno.

Il Turismo dello Sviluppo, infatti, può e deve divenire il luogo in cui lÂ’uomo, grazie alle tecniche dellÂ’accoglienza e della comunicazione, dellÂ’animazione ambientale e culturale, non solo ritempra il proprio fisico, ma si arricchisce di conoscenze non effimere e superficiali di altri ambiti naturali, di altri popoli, di altre storie e di altri patrimoni culturali.

Noi tutti dobbiamo però riconoscere che in molte realtà uno sviluppo turistico “selvaggio” ha comportato e comporta profonde incidenze negative, sia nei confronti dellÂ’ambiente naturale, sia nei confronti del tessuto sociale e culturale delle popolazioni locali, con effetti talvolta devastanti.

Lo scorso ottobre a Roma, presso il Pontificio Ateneo Regina Apostolorum, ha avuto luogo il secondo Forum Mondiale Nord-Sud dal titolo “Una rete etica per l’economia planetaria”.

Giuristi ed Economisti, Sociologi ed Imprenditori, provenienti da tutto il mondo, hanno evidenziato che solo un corretto ed equilibrato rapporto tra Economia ed Etica può garantirci uno sviluppo sostenibile e solidale ed evitare così che il Sud ed il Nord del Mondo arrivino fatalmente a scontrarsi e confliggere tra loro.

In altri termini è apparso chiaro che la globalizzazione rappresenta un fenomeno che di per sé non è né fortemente negativo, né particolarmente positivo.

Compete infatti a noi tutti, ed in primis ai responsabili delle grandi scelte di fondo, fare in modo che la globalizzazione sia ispirata e guidata dai veri ed autentici valori dellÂ’Economia e dellÂ’Etica, evitando cioè di cadere nelle tentazioni derivanti dai fondamentalismi di Davos e di Porto Alegre.

Personalmente ho contribuito anchÂ’io a far emergere questa tesi di fondo sostenendo che attraverso il Turismo – divenuto ormai la più rilevante attività economica del mondo – si deve e si può favorire lÂ’incontro di popoli e di culture, si deve valorizzare lÂ’ambiente senza dilapidare le risorse naturali, si deve puntare alla crescita e allÂ’arricchimento economico e sociale delle popolazioni locali, assumendo comportamenti etici e combattendo ogni forma di violenza, di sfruttamento e di discriminazione.

Occorrerà inoltre convenire che lÂ’esigenza di un corretto ed equilibrato rapporto che oggi viene fortemente auspicato tra le economie del Nord e del Sud del Mondo non può venir meno neanche nei rapporti tra Occidente ed Oriente, poiché se un tale rapporto lo si ritiene indispensabile per lÂ’Africa e per lÂ’America Latina, esso è altrettanto necessario anche per gran parte dellÂ’Europa e dellÂ’Asia.

Per unÂ’eticità del turismo

A sostenere che i servizi turistici non vanno pensati e predisposti esclusivamente in termini materiali, né, tanto meno, misurati ed asserviti alle logiche di un crudo e miope profitto, non siamo certo i soli.

LÂ’Organizzazione Mondiale del Turismo, fortemente preoccupata per alcuni segnali brutalmente consumistici e marcatamente antisociali che rischiavano di disperdere e vanificare i veri valori intrinseci allÂ’attività turistica, ha predisposto un Codice Mondiale per lÂ’Etica del Turismo ed ha lanciato temi ed avviato iniziative per lottare contro la povertà, contro lo sfruttamento dei minori, contro il turismo sessuale e qualsivoglia forma di violenza e di discriminazione.

Questi aspetti negativi del fenomeno turistico vengono ampiamente evidenziati nel Codice Mondiale di Etica del Turismo approvato allÂ’unanimità dallÂ’Assemblea Generale dellÂ’OMT il 1° Ottobre 1999 a Santiago del Cile.

LÂ’importante documento, con il suo Preambolo e con i suoi dieci articoli , invita i Governi Nazionali e Locali, le imprese e gli operatori del settore, così come le Comunità di accoglienza, a considerare il Turismo non solo come una rilevante attività economica, ma anche come una grande opportunità che viene a costituire uno strumento privilegiato per lo sviluppo individuale e collettivo dellÂ’intera umanità.

Ma approvare un codice non basta! 

Quello che occorre è fare in modo che i Paesi che lÂ’hanno adottato e le Nazioni Unite che gli hanno conferito una solenne e unanime approvazione nel corso dellÂ’Assemblea Generale del 2001, trovino ora modalità e risorse per dargli applicazione.

Ricercare la concreta ed effettiva applicazione dei principi del Codice è compito primario che spetta ai dodici componenti il Comitato Mondiale per lÂ’Etica del Turismo e, poiché ho avuto lÂ’onore di essere inserito tra loro, posso assicurarvi che, per quanto mi riguarda, un tale impegno verrà rigorosamente rispettato.

Valida guida sarà il pensiero di Giovanni Paolo II, il quale, nel suo messaggio per la XXIV Giornata Mondiale del Turismo, ha voluto ribadire che: ÂÂ“È necessario ricercare non il bene di una cerchia privilegiata di pochi, ma il miglioramento delle condizioni di vita di tutti”.

Le parole del Santo Padre, ancora una volta di grande spessore morale e spirituale, interpellano in primo luogo le Istituzioni, ma scuotono anche le nostre coscienze poiché il messaggio prosegue sottolineando con forza che: 

“Non è possibile rimanere indifferenti e inerti dinanzi alla povertà e al sottosviluppo. Non ci si può rinchiudere nei propri interessi egoistici, abbandonando innumerevoli fratelli e sorelle nella miseria, e, cosa ancor più grave, lasciando che molti di loro vadano incontro a una morte inesorabile”.

Quanti come noi intendono promuovere un turismo responsabile, sostenibile ed accessibile a tutti; un turismo che, favorendo lÂ’economia di mercato, lÂ’impresa privata e la libertà di commercio, permetta di ottimizzare i suoi effetti benefici in termini di creazione di sviluppo economico e di occupazione, non possono che apprezzare tali prese di posizione e proporsi di marciare a fianco dellÂ’OMT per sostenere con convinzione le iniziative intraprese contro le varie forme di ingiustizia e di discriminazione.

Ci piace però sottolineare che – da sempre – abbiamo preferito collocarci “per” e non “contro”.

Per educare e per educarci a dire “si” al turismo dellÂ’incontro dei popoli e delle culture, per dire “si” al turismo della scoperta e della valorizzazione ambientale , per dire “si” al turismo della festa e della gioia. 

 In altri termini per educare ed educarci a dire “si” alla vita, attraverso proposte suggestive ed avvincenti, perché accessibili, consapevoli e solidali.

Sia ben chiaro però che tutto ciò non comporta affatto assumere atteggiamenti di arrogante supponenza.

Non vogliamo atteggiarci a “maestri”, ma non possiamo però nascondere le nostre radici e le nostre convinzioni più profonde; radici e convinzioni che ci portano ad affermare, oggi come ieri, che il turismo non è vero turismo se non è scoperta del mondo e di noi stessi; che il turismo non è vero turismo se non si riesce continuamente a provare stupore; che il turismo non è vero turismo se non favorisce lÂ’arricchimento sociale, culturale ed umano e, infine, che il turismo non è vero turismo se, combattendo la povertà e ogni forma di violenza e di discriminazione, non promuove un autentico cammino di pace.

 

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