Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People People on the MoveN° 96, December 2004DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II*
Signori Cardinali, Venerati Fratelli nellEpiscopato e nel Sacerdozio! 1. Sono lieto di incontrarmi con voi in occasione dellAssemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti. A tutti rivolgo il mio cordiale saluto. Un pensiero speciale al vostro Presidente, il Cardinale Stephen Fumio Hamao, e lo ringrazio per le cortesi parole con le quali ha interpretato i comuni sentimenti. Saluto il Segretario e i collaboratori del Dicastero, complimentandomi per il loro lavoro che riguarda un settore sempre più importante della Comunità mondiale. Anche il tema del vostro attuale incontro, Il dialogo interculturale, interreligioso ed ecumenico nel contesto delle odierne migrazioni, sottolinea lattualità e limportanza del servizio che il vostro Pontificio Consiglio è chiamato a svolgere in questo momento storico. 2. La comunità cristiana è chiamata oggi a confrontarsi con situazioni profondamente mutate rispetto al passato. Una di queste è certamente il massiccio fenomeno migratorio, che si presenta connotato a volte da tragedie che scuotono le coscienze. Da questo fenomeno è sorto il pluralismo etnico, culturale e religioso, che caratterizza in genere le odierne società nazionali. Il confronto con la realtà attuale delle migrazioni rende urgente, da parte delle comunità cristiane, un rinnovato annuncio evangelico. Ciò chiama in causa limpegno pastorale e la testimonianza della vita di tutti: clero, religiosi e laici. 3. Se, infatti, globalizzazione è il termine che, più di ogni altro, connota lodierna evoluzione storica, anche la parola dialogo deve caratterizzare latteggiamento, mentale e pastorale, che tutti siamo chiamati ad assumere in vista di un nuovo equilibrio mondiale. Il consistente numero di circa duecento milioni di migranti lo rende anche più urgente. Lintegrazione sul piano sociale e lintegrazione su quello culturale sono diventate dunque il presupposto necessario per una vera convivenza pacifica tra le persone e le nazioni. Ciò è richiesto come non mai prima dora dal processo di globalizzazione, che unisce in modo crescente i destini delleconomia, della cultura e della società. 4. Ogni cultura costituisce un approccio al mistero delluomo anche nella sua dimensione religiosa e ciò spiega, come afferma il Concilio Vaticano II, perché alcuni elementi di verità si trovino anche fuori del messaggio rivelato, perfino presso quei non credenti che hanno il culto di alti valori umani, pur non conoscendone la sorgente (cfr Gaudium et spes, 92). E necessario perciò accostarsi a tutte le culture con latteggiamento rispettoso di chi è cosciente che non ha solo qualcosa da dire e da donare, ma anche molto da ascoltare e ricevere (cfr Messaggio per la Giornata della Pace 2001, 12). Tale atteggiamento non è solo unesigenza imposta dalle trasformazioni del nostro tempo, ma è necessario affinché lannuncio del Vangelo possa giungere a tutti. Da qui la necessità del dialogo interculturale: si tratta di un processo aperto che, assumendo quanto di buono e di vero vi è nelle diverse culture, fa sì che vengano tolti alcuni ostacoli sul cammino della fede. Simile dialogo comporta un cambiamento profondo di mentalità e anche di strutture pastorali per cui tutto quello che i pastori investiranno in formazione spirituale e culturale, anche attraverso incontri e confronti interculturali, va nella direzione del futuro, e costituisce un elemento della nuova evangelizzazione. 5. I processi di mondializzazione non solo chiamano la Chiesa al dialogo interculturale, ma anche a quello interreligioso. Infatti lumanità del terzo millennio ha urgente bisogno di ritrovare comuni valori spirituali, su cui fondare il progetto di una società degna delluomo (cfr Centesimus annus, 60). Tuttavia, lintegrazione tra popolazioni appartenenti a culture e a religioni diverse non è mai priva di incognite e di difficoltà. Ciò vale, in particolare, per la immigrazione di credenti musulmani, i quali pongono problemi specifici. E necessario che i pastori si assumano, a questo riguardo, precise responsabilità promuovendo una sempre più generosa testimonianza evangelica dei cristiani stessi. Il dialogo fraterno e il rispetto reciproco non costituiranno mai un limite o un impedimento allannuncio del Vangelo. Lamore e laccoglienza costituiscono, anzi, di per sé la prima e più efficace forma di evangelizzazione. E necessario, quindi, che le Chiese particolari si aprano allaccoglienza, anche con iniziative pastorali dincontro e di dialogo, ma soprattutto aiutando i fedeli a superare i pregiudizi ed educandoli a diventare, anchessi, missionari ad gentes nelle nostre terre. 6. La presenza, sempre più numerosa, di immigrati cristiani non in piena comunione con la Chiesa Cattolica offre altresì alle Chiese particolari nuove possibilità per la fraternità e il dialogo ecumenico, spingendo a realizzare, lontano da facili irenismi e dal proselitismo, una maggiore comprensione reciproca fra Chiesa e Comunità ecclesiali (cfr Erga migrantes caritas Christi, 58; Direttorio per lApplicazione dei Principi e delle Norme sullEcumenismo, 107). Lattuale entità delle migrazioni induce a riflettere sulla condizione del Popolo di Dio in cammino verso la patria del cielo. Lo stesso movimento ecumenico può essere così intenso come un grande esodo, un pellegrinaggio, che si mescola e si confonde con gli esodi attuali di popolazioni alla ricerca di una condizione di vita meno precaria. In questo senso limpegno ecumenico costituisce un ulteriore incentivo ad accogliere fraternamente persone che hanno modi di vivere e di pensare diversi da quelli che sono per noi abituali. Fenomeno migratorio e movimento ecumenico diventano così uno stimolo, nei rispettivi ambiti, verso una migliore intesa umana. Invocando laiuto di Dio sui vostri lavori, il cui svolgimento affido alla protezione della Vergine Santissima, a tutti imparto la mia Benedizione.
* L
Osservatore Romano, mercoledì 19 maggio 2004
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