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Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People People on the Move N° 96, December 2004 L'INTEGRAZIONE INTERCULTURALE Intervento del Signor Cardinale Stephen Fumio HAMAO Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e Itineranti E' ancora quanto mai attuale il tema del Messaggio di Giovanni Paolo II per la celebrazione della Giornata mondiale della pace 2001. Uno tra i principali detonatori nei conflitti in atto - osservava allora il Santo Padre - è lo scontro tra culture differenti, quando il legittimo "amor di patria" degenera assumendo "toni di autoesaltazione e di esclusione delle diversità, sviluppandosi in forme nazionalistiche, razzistiche e xenofobe" (n. 6). Implicitamente il Messaggio sottolineava la necessità del dialogo tra le culture: "Analogamente a quanto avviene per la persona, affermava il Papa, che si realizza attraverso l'apertura accogliente all'altro e il generoso dono di sé, anche le culture, elaborate dagli uomini e a servizio degli uomini, vanno modellate coi dinamismi tipici del dialogo e della comunione, sulla base dell'originaria e fondamentale unità della famiglia umana, uscita dalle mani di Dio che "creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini" (At 17, 26) (n. 10). Ma perché il dialogo avvenga occorre anzitutto riconoscerne i soggetti e le loro culture, la cui diversità e tipicità è un dato positivo perché "essere uomo significa necessariamente esistere in una determinata cultura" (n. 4). C'è quindi un nesso inscindibile che lega l'uomo al suo humus culturale. D'altra parte, la diversità delle culture va inserita nell'orizzonte della fondamentale prospettiva dell'unità del genere umano. Solo in una contestuale considerazione delle diversità e dell'unità è possibile cioè una piena comprensione della verità di ogni cultura umana. Su questa linea di riflessione Giovanni Paolo II accennava alla sfida delle migrazioni in questi termini: "Lo stile e la cultura del dialogo sono particolarmente significativi rispetto alla complessa problematica delle migrazioni, rilevante fenomeno sociale del nostro tempo. L'esodo di grandi masse da una regione all'altra del pianeta, che costituisce sovente una drammatica odissea umana per quanti vi sono coinvolti, ha come conseguenza la mescolanza di tradizioni e di usi differenti con ripercussioni notevoli nei paesi di origine e in quelli di arrivo. L'accoglienza riservata ai migranti da parte dei paesi che li ricevono e la loro capacità di integrarsi nel nuovo ambiente umano rappresentano altrettanti metri di valutazione della qualità del dialogo tra differenti culture" (n. 12). Il Papa sintetizza, in questo punto, tutta la problematica che riguarda l'incontro, il dialogo, l'integrazione e l'educazione interculturale. Un dialogo visto da molti in forma astratta, separata dalle persone. L'oggettivazione delle culture infatti tende a presentarle come realtà esteriori all'uomo e al suo contesto di vita. E ciò potrebbe portare a credere che le culture esistano oggettivamente e che possano essere conosciute analiticamente, studiandone le componenti, facendo delle estrapolazioni abusive, ideologiche e spesso incoscienti sulle persone. Le culture in se stesse, infatti, non esistono né si possono, quindi, incontrare in astratto: esistono solo attraverso la mediazione delle persone che si incontrano, altrimenti si negherebbe ogni partecipazione dell'individuo alla elaborazione della sua cultura, che egli costruisce invece attraverso le relazioni-incontri con gli altri. Orbene il tema è ripreso con approfondita e saggia determinazione nel Messaggio della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato per il prossimo anno, che qui presentiamo oggi ed ha per tema appunto l'integrazione interculturale Colui che chiamiamo "straniero", in realtà, tale non è, poiché vive comunque nella nuova realtà, operando nei suoi diversi settori e intrattenendovi rapporti a vari livelli. Si tratta dunque di una identità costretta ad attraversare un continuo processo di trasformazione e di ricomposizione della propria identità, integrandosi culturalmente. D'altra parte il processo di inculturazione del migrante nella nuova società non è certo privo di ripercussioni proprio sulla società di arrivo che è, a sua volta, portata a ridefinire i propri meccanismi, e quindi a porre in atto cambiamenti strutturali, non solo materiali ma anche socioculturali. Con la sua sola presenza, il non autoctono, attraversando i confini di una nazione, avvicina quindi quelli culturali. Quando si parla di intercultura, si privilegia spesso il discorso sulle differenze culturali e si dimentica la condizione degli immigrati che è di disuguaglianza sociale. Orbene la differenza culturale non può sostituire e coprire, come spesso accade, le disuguaglianze sociali che caratterizzano la vita degli immigrati (cfr. Messaggio, N. 2: inclusione sociale). Gli interventi interculturali, per essere tali, devono cioè poter incidere anche sulla condizione sociale vissuta dagli immigrati, che oggi in genere è di non uguaglianza, perché l'intercultura per sé richiede relazioni paritarie tra soggetti. E' necessario perciò operare per rimuovere gli ostacoli alla parità sociale degli immigrati, valorizzando le soggettività delle persone provenienti da diversi contesti culturali. Società multiculturale, integrazione interculturale, rispetto delle altre culture: sono formule che rappresentano il tentativo di varcare confini e frontiere culturali, di attraversare luoghi ed esperienze dove "l'altro", da straniero e forse ostile, può trasformarsi in amico e familiare. Il cammino ce lo indica il Messaggio del Santo Padre, specialmente al N. 3. Intercultura è soprattutto scambio tra persone di diversa estrazione culturale e di differenti legittime visioni della società. La "mondialità", che è la meta verso cui siamo chiamati a camminare, dal momento che la diversità è diventata ormai una delle dimensioni della nostra vita quotidiana, non è né una omologazione delle differenze, né giustapposizione di culture e individui, ma incontro, ospitalità, ascolto, solidarietà, assunzione e valorizzazione delle differenze. E' soprattutto qualcosa che si realizza tra individui, gruppi, mondi diversi. Non esiste interculturalità senza pluralismo. L'interculturalità è un movimento di reciprocità, un cammino con l'altro e verso l'altro. L'integrazione interculturale dunque è apertura e predisposizione al rapporto tra identità e alterità (v. N. 2 del Messaggio). L'identità è la risposta che ogni persona elabora nel rapporto con gli altri; l'alterità è vissuta e sperimentata come il superamento di ogni differenza che ci separa dagli altri. In questa prospettiva l'educazione interculturale è soprattutto educazione alla accettazione della diversità: si tratta di prendere coscienza della crescente interdipendenza tra popoli, classi sociali e individui, e di saper coniugare, nella solidarietà, i valori della libertà e dell'uguaglianza. L'interculturalità è anche, e soprattutto, relazione, cioè rapporto reciproco con uomini e fatti appartenenti a una cultura diversa. E' necessario pertanto evitare atteggiamenti di esclusione reciproca e mettere in ragionevole gioco, invece, le nostre convinzioni, gli atteggiamenti e i comportamenti. Il dialogo interculturale non si prefigge soltanto di educare alla cultura e al sapere dell'altro, ma soprattutto di educare a come gli altri hanno imparato a sapere, ai metodi che hanno adottato per concepire il mondo, Dio, la vita, l'amore, la sofferenza. Siamo tutti consapevoli, oggi, di vivere in un mondo che se, da una parte, è sempre più globalizzato, dall'altra, appare anche diviso dalla diversità culturale, sociale, economica, politica, religiosa e presenta alla nostra coscienza cristiana nuove sfide alla formazione, la principale delle quali sembra essere l'educazione alla interculturalità. Questa appare, sempre più, come la chiave di soluzione al difficile problema di riuscire ad armonizzare l'unità della umanità nella diversità dei popoli che la compongono. Ciò implica una pedagogia per l'accoglienza delle differenze, per la cultura del dialogo e della reciprocità, della solidarietà, della pace. Tutto questo sarà possibile nella misura in cui scopriremo che ci sono valori transculturali, validi ovunque e che dovrebbero aiutare i cristiani a diventare uomini e donne di comunione. Giovanni Paolo II, nel suo Messaggio 2005, ci ricorda che le comunità multiculturali e internazionali si rivelano, in molte parti, testimonianze significative e ambiti di educazione al senso della comunione tra i popoli, le razze e le culture. |