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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 96, December 2004

LA PASTORALE MIGRATORIA NEL MONDO*

Sintesi dei rapporti delle Commissioni Episcopali Nazionali

per l'Emigrazione (2003)

 

1. Il quadro generale

D’inizio, riportiamo qui dati salienti aggiornati del fenomeno migratorio nel mondo atti a delinearne il quadro complessivo, nonché una sintesi riguardante le "costanti" circa tendenze e cause dell'emigrazione. Esse sono state delineate dai Rapporti delle Commissioni Episcopali di tutto il mondo. Va qui anche una breve sintesi dei dati e delle tendenze comuni ai cinque Continenti.

Dati complessivi

La mobilità delle persone oggi acquista sempre più vaste proporzioni ed è diventata un fenomeno a dimensione mondiale: una persona su 35 vive fuori del suo Paese di origine.

In ogni caso, secondo l'ultimo censimento dell'ONU (dicembre 2003), i migranti internazionali sono oltre 175 milioni, in maggioranza in Europa (56 milioni), Asia (50 milioni) e Nordamerica (41 milioni), concentrati più nei Paesi in via di sviluppo, (98.678.000, pari al 56,3%) che in quelli avanzati (76.441.000, circa il 43,7%).

La maggior attrazione per gli stranieri continua comunque ad essere l'America del Nord, che - nell'ultimo lustro - ha ricevuto 1,4 milioni di immigrati l'anno, seguita dall'Europa, con 800 mila e dall'Oceania con 90 mila ingressi annui.

In termini di migrazioni internazionali, si prevede che i flussi rimarranno elevati almeno durante la prima metà del XXI secolo.

I rifugiati ammontano attualmente a 18 milioni, per l'84,8% nei Paesi in via di sviluppo. Il continente con il maggior numero è l'Asia (9.187.000, quasi il 60% del totale) seguita dall'Africa (3.625.000) e dall'Europa (2.313.000). Ai rifugiati si devono aggiungere gli sfollati, che oggi, nel mondo, sfiorano i 25 milioni.

In conclusione, l'emigrazione internazionale presenta una grande varietà di flussi e direzioni che si sono fatti sempre più complessi con il dilatarsi dell'informazione, dei legami dovuti agli scambi commerciali e dei viaggi internazionali. Il sempre più vasto fenomeno migratorio costituisce, dunque, oggi, una importante dimensione di quella "interdipendenza crescente fra gli Stati-Nazione che concorre a definire l'evento della globalizzazione, la quale ha aperto i mercati ma non le frontiere, ha abbattuto i confini per la libera circolazione dei capitali, ma non nella stessa misura quelli per la libera circolazione delle persone" (Istruzione "Erga migrantes caritas Christi", n. 4).

Tendenze

Le migrazioni sono sempre esistite nella storia dell'umanità. Tuttavia molti elementi di perturbazione le caratterizzano attualmente poiché esse stanno generando una nuova realtà nella tipologia delle migrazioni internazionali.

1. Si assiste in effetti a un costante peggioramento della situazione economica, politica, sociale e ambientale in molti Paesi dove in passato era invece tale da consentire alle popolazioni di sopravvivere e di restare nelle loro comunità tradizionali. Si assiste inoltre a un aumento di atteggiamenti razzisti e xenofobi contro rifugiati e migranti. Questa ostilità è espressa anche in forma violenta.

2. Molte sono inoltre oggi le guerre in corso, la maggior parte delle quali si possono definire civili ed inoltre alcuni leader politici usano anche la religione e l'identità etnica a supporto dei loro interessi.

3. I Governi, in primo luogo quelli dei Paesi industrializzati dell'emisfero settentrionale, impongono misure restrittive in fatto di immigrazione e severe "misure di dissuasione" per limitare i movimenti di persone verso, o attraverso, il territorio nazionale. Nello stesso tempo essi stanno procedendo ad una "armonizzazione" delle politiche di controllo delle migrazioni internazionali.

Cause

1. Quasi tutti i Rapporti delle Commissioni Nazionali pervenuti (quarantuno, in totale) riconoscono che la stragrande maggioranza dei migranti internazionali, esclusi i rifugiati, sono stati spinti ad abbandonare il proprio Paese d'origine a causa delle gravi condizioni sociali, economiche e politiche colà esistenti. Così i Rapporti delle Commissioni Episcopali segnalano unanimemente tutta una serie di cause che impulsano le persone ad emigrare, vale a dire: lo squilibrio economico internazionale e il degrado ambientale, l'assenza di pace e di sicurezza, la fame e le guerre, le violazioni dei diritti umani, la ricerca di un futuro migliore, lo spostamento "naturale" dalle campagne alle città, i diversi livelli di sviluppo delle istituzioni democratiche.

2. Una parte considerevole delle migrazioni internazionali avviene anche per altri motivi. La globalizzazione dell'attività economica ha cioè internazionalizzato i mercati del lavoro. L'esperienza e la formazione internazionali sono divenute necessarie per lavoratori e professionisti in molti campi, come le telecomunicazioni, il marketing e il settore alberghiero, sia pure con differenti trattamenti. Sono poi in aumento gli scambi di personale all'intemo delle imprese transnazionali.

3. Molti Paesi dipendono ancora da lavoratori e professionisti migranti per colmare le loro carenze nel mercato del lavoro, per sviluppare nuove aree di servizi e di produzione e per mantenere una attività lavorativa ad alto impiego. In alcuni Paesi, inoltre, i migranti rappresentano una proporzione considerevole della forza-lavoro nazionale e molti di questi lavoratori e professionisti sono stati incoraggiati ad emigrare o addirittura reclutati all'estero.

4. In genere i lavoratori migranti, comunque, sono più vulnerabili e assolvono i lavori - sporchi, pericolosi e difficili - generati dall'espansione economica e dal progresso sociale. Quando però sopraggiungono momenti di instabilità economica o periodi di transizione e incertezza, essi sono soggetti al disimpiego e, molto spesso, risultano vittime di gravi abusi. 

Passiamo ora ad analizzare i risultati della nostra "inchiesta" per continente.

1. Il continente Americano

I Rapporti pervenuti si riferiscono a Brasile, Cile, Cuba, Ecuador, Guatemala, Haiti, Messico, Portorico, Repubblica Domenicana, Stati Uniti d’America e Uruguay (undici Paesi).

Flussi migratori

1. L'America Latina totalizza 5.698.000 migranti internazionali, pari al 3,3% della cifra totale mondiale. I Paesi con più residenti nati all'estero sono: Argentina (1.419.000), Venezuela (1.006.000), Brasile (546.000), Messico (521.000), Portorico (383.000), Costarica (311.000), Paraguay (203.000) e Cile (153.000).

L'America del Nord è l'area subcontinentale con il maggior numero di immigrati, pari a quasi un quarto (23,4%) del totale e con una incidenza, sulla popolazione residente, del 13%. In effetti essi sono 35.069.000 negli Stati Uniti d'America e 5.826.000 in Canada.

2. Il Nord-America, (USA e Canada, Paesi nati dai flussi migratori del XIX e XX secolo) costituisce dunque il punto di arrivo di migranti che provengono soprattutto dal Centro e dal Sud del Continente, anche se non mancano flussi migratori di provenienza asiatica.

Nel Centro e nel Sud-America rileviamo anzitutto i fenomeni di urbanizzazione, che causano una grande espansione delle metropoli (Città del Messico, Bogotà, Rio de Janeiro, San Paolo, Buenos Aires) e altri centri urbani, anche a causa di situazioni particolari, come quelle dei deplazados della Colombia e dei senza terra del Brasile. Ma questi movimenti interni non bastano a frenare i flussi migratori, spesso irregolari, tra varie Nazioni, soprattutto verso gli USA, pur dovendosi considerare che il Messico, integrato nel NAFTA, fa quasi da tampone a questa marea migratoria.

L'Argentina, poi, per alcuni anni, ha ricevuto flussi migratori dai Paesi andini, ma non è più così. Il Brasile, pur sperimentando nel suo interno ancora grandi spostamenti di popolazione, e con la scoperta, in questi anni, di essere un Paese di emigrazione (la colonizzazione agricola del Paraguay e le migrazioni al Nord ed oltre oceano (Europa e Giappone) sta trasformandosi ora in Nazione di immigrazione. Il Venezuela, inoltre, terra tipica dell'immigrazione europea, nell'immediato ultimo grande dopoguerra, a seconda degli andamenti congiunturali, è in grado, ora, di assorbire manodopera che proviene dal mondo latinoamericano (in particolare dalla Colombia).

3. Abbiamo dunque, nelle Americhe, tre situazioni abbastanza differenziate, per quanto concerne i flussi migratori, vale a dire: - un polo di richiamo e di arrivo di flussi (USA e Canada); - un enorme "serbatoio" migratorio (il Messico e tutti i Paesi dell'America Centrale, la Colombia, l'Ecuador, il Perù e la Bolivia), che, oltre agli spostamenti interni, fornisce ed alimenta la corrente che si dirige in gran parte verso gli USA e il Canada, ma anche verso l'Europa ed altri Paesi latino-americani emergenti e, infine, - alcuni Paesi che, secondo le varie congiunture economiche, diventano luoghi di immigrazione, quali il Venezuela, l'Argentina, il Cile ed il Brasile.

Situazione socio-politica

Essa, dai Rapporti giunti, ha nel suo insieme i colori cupi: - di una povertà generalizzata, nel Centro-Sud, che colpisce un numero sempre maggiore di abitanti; della globalizzazione senza "government", da un lato e delle privatizzazioni ad oltranza, dall'altro; - dell'aumento degli omicidi e della microcriminalità, nonché del debito estero, che asfissia sempre più lo sviluppo economico; - della corruzione e della impunità (che in Governi e società civile raggiungono cifre elevate); - dell'instabilità politica e, spesso, delle violazioni dei diritti umani; - dell'aumento delle migrazioni verso Paesi confinanti, ma soprattutto in direzione degli Stati Uniti e dei Paesi europei; - dell'ostilità, del razzismo e della xenofobia, in aumento, verso immigrati e rifugiati fino a sfociare in aperta violenza; - della droga e del riciclaggio di denaro sporco; - dell'evasione fiscale e dei conflitti armati interni, con disperazione tra la gente e ricerca di rifugio in altri Stati; - del traffico di esseri umani; - della prostituzione femminile e infantile, lancinante piaga sociale; - dell'egemonia finanziaria, della dominazione economica e della tecnologia avanzata delle Nazioni industrializzate, che impongono sempre più un ordine mondiale che, alla fin fine, per molti, è disordine morale.

Emergenze

Esse sono principalmente le seguenti: - la mancanza di documenti nei migranti e, di conseguenza, l'incertezza sul posto di lavoro e relativi abusi; - la difficoltà a reperire alloggi; - la situazione di irregolarità che impedisce o rende difficile a molti l'accesso alle cure mediche; - la precaria situazione delle giovani donne senza protezione, esposte ad ogni genere di soprusi e di pericoli; - la disintegrazione del nucleo familiare, con formazione di "famiglie parallele"; - la discriminazione in ambito sociale e lavorativo che impedisce una serena integrazione nella società civile; - la carenza di adeguate strutture di accoglienza e, appunto, di integrazione.

Risposte della società civile

Dalle risposte si nota una generale indifferenza, negligenza, e perfino una buona dose di discriminazione da parte di un ampio settore di partiti politici, centrali sindacali e movimenti sociali. I mezzi di comunicazione dipingono, poi, spesso negativamente gli immigrati, provocando così più facilmente anche atti di discriminazione e xenofobia. Molti conflitti di interesse o di rappresentatività esistono anche all'interno degli stessi gruppi di emigrati.

Risposte delle Chiese locali

La Chiesa si sforza di tutti sensibilizzare, umanamente e cristianamente, sul fenomeno migratorio, e ciò con varie iniziative.

Così, in quasi tutte le Nazioni, è organizzata, sia pure in diverse date e in vari modi, la Giornata (o la Settimana) del Migrante, con partecipazione, spesso, di Autorità governative, Diplomatici, ONG che si interessano del problema migratorio, Organizzazioni di immigrati e Rappresentanti diocesani della pastorale migratoria. Sovente sono inoltrate istanze ai Governi per ottenere leggi migratorie che rispondano, in modo più adeguato e rispettose dei diritti civili, alle sfide del fenomeno. L'assistenza, di prima necessità, poi, viene promossa attraverso vari servizi legali e sociali, interventi medici, cura della salute fisica, alimentazione e alloggio.

L'assistenza pastorale si realizza, invece, con l'accompagnamento e la cura delle comunità etnico-linguistiche nelle varie Cappellanie di migranti, con visite alle famiglie, incontri con i rappresentanti delle diverse comunità etniche e di Governo, Ambasciatori e Consoli, anche per coordinare progetti organici.

Sempre più numerosi sono gli studi, le pubblicazioni e le ricerche promosse dalle Chiese locali, intese a evidenziare gli aspetti storici del fenomeno migratorio, soprattutto dal punto di vista sociale e religioso.

Difficoltà

Spesso si lamenta: - una inadeguata attenzione ai problemi migratori da parte delle Chiese particolari; - una insufficiente preparazione ad affrontare le sfide che tale problema presenta alle stesse Chiese; - la scarsità di operatori pastorali nel settore specifico, di collaboratori pastorali e di personale laico specializzato soprattutto in campo legale; e infine, molto spesso, - il mancato conseguimento di obiettivi pastorali che si erano fissati.

Aspetti positivi

Accanto a problemi migratori spesso cruciali, vi sono però, nel quadro dei Rapporti, con i colori cupi, anche quelli della positività e della speranza.

Ci riferiamo: - ad un miglioramento economico in genere, per gli immigrati sia nel Paese di arrivo sia in quello di partenza (tramite soprattutto le rimesse di denaro); - allo scambio culturale e alla valorizzazione della propria cultura; - a maggiori possibilità di una vita più dignitosa; - alla formazione, poco a poco, di una mentalità universale e più aperta alla solidarietà, al dialogo, al pluralismo culturale e religioso; - ad una maggiore sensibilità verso le esigenze umane e i diritti civili degli immigrati; - alla costruzione di società rinnovate sulla base di nuove relazioni e mentalità, con una buona prospettiva, sociale, politica e religiosa; - alla formazione, in ambito ecclesiale, di una coscienza più solidale e di una apertura mentale più cattolica e universale, nelle comunità di accoglienza; - nonché di un maggior giusto protagonismo e migliore partecipazione a strutture civili e religiose, da parte degli immigrati.

Sfide

1. A livello pastorale vi sono quelle: - della sensibilizzazione, da parte della Chiesa, delle istanze civili e governative, circa i problemi dei migranti; - della intensificazione di iniziative di catechesi e di basilare formazione cristiana per far fronte all'ignoranza religiosa e alle Sette; - dell'organizzazione di corsi specifici di teologia e di pastorale migratoria per gli Operatori pastorali; - di un maggiore coordinamento della pastorale a livello diocesano, nazionale e continentale; e - dell'incremento dello studio della Dottrina sociale della Chiesa e dei documenti della Chiesa sul fenomeno migratorio.

2. A livello sociale: - la difesa dei migranti e dei loro diritti; - la formazione di reti assistenziali; - la promozione di una maggiore qualificazione professionale, in vista di un più facile inserimento degli immigrati nel mondo del lavoro; - la violazione dei diritti umani dei migranti, dei rifugiati e degli sfollati; - il mancato riconoscimento e valorizzazione della vita, della dignità della persona e della famiglia; - la commercializzazione estrema del turismo; - la tratta e il traffico delle persone; - l'edonismo e il consumismo che impoveriscono progressivamente le persone.

3. A livello culturale va rilevata la promozione di una formazione interculturale, per un apprezzamento reciproco e la creazione di spazi di accoglienza, ascolto, informazione e integrazione; - la promozione dei valori personali - culturali e religiosi - di cui sono portatori i migranti; - la reticenza e la paura nell'intraprendere la costruzione di comunità culturalmente diverse; - la difficoltà a promuovere una evangelizzazione fondata sul dialogo e il rispetto delle diversità culturali.

4. A livello politico infine: - il fenomeno della globalizzazione che, di fatto, genera povertà ed emarginazione e provoca un aumento dell'emigrazione; - le politiche migratorie restrittive di molti Stati; - l’inasprimento dei controlli e la militarizzazione delle frontiere; - la frequente criminalizzazione dei migranti da parte di politiche e leggi sull'immigrazione.

Prospettive di azione

Esse sono: - intensificare il dialogo con i Governi e i poteri civili per assicurare ai migranti il rispetto dei loro diritti fondamentali; - promuovere nelle varie Diocesi strutture di accoglienza, di ospitalità e di accompagnamento; - organizzare convegni in vista di una informazione adeguata sui problemi migratori, sia in campo sociale che pastorale e corsi specifici di formazione di operatori pastorali; - del promuovere, animare e coordinare più efficacemente la celebrazione della Giornata del Migrante.

Strutture specifiche della Chiesa locale

Riassumiamo, così, notizie che vi si riferiscono:

1. In Cile è sorta la fondazione Instituto Católico Chileno de Migración (INCAM), Organismo della Conferenza Episcopale incaricato della promozione pastorale e sociale delle comunità di immigrati residenti nel Cile, con sede nella arcidiocesi di Santiago. L'Istituto realizza diverse attività in vista di un servizio il più possibile efficiente a favore di vari gruppi etnici di immigrati presenti nel Paese e sensibilizza al riguardo le istanze civili, governative ed ecclesiali.

L'INCAMI, inoltre, coordina, all'interno della Chiesa locale, programmi specifici di accompagnamento pastorale e sociale in collaborazione con la Commissione Nazionale della Pastorale sociale, la Caritas cilena, le Commissioni diocesane di pastorale migratoria e le comunità cristiane dei migranti.

2. In Nicaragua sono sorte alcune istituzioni, che interessano le migrazioni, vale a dire la MENAMIG, a carattere civile ed ecclesiale, e il P.M.H.N. esclusivamente ecclesiale.

3. A livello sovranazionale, invece, sempre a carattere ecclesiale, sono da segnalare il Secretariado Episcopal de Movilidad Humana de las Conferencias Episcopales de America Latina, la CRM (Conferencia Regional sobre Migraciones) e la PROCM (Red Regional de Organizaciones civiles para las migraciones), che promuove le relazioni tra Chiesa e Società civile.

Formazione degli Operatori pastorali

Non sono segnalati, nei Rapporti, specifici corsi di formazione teologica o di pastorale migratoria per il Clero, i Religiosi e gli Operatori pastorali. Appaiono però varie altre iniziative di formazione, come giornate di riflessione, “stage”, incontri di vario genere. In Cile, l'INCAMI sta progettando, per il 2004, a livello nazionale, un programma di formazione teologico-pastorale sulla mobilità umana, nel contesto naturalmente dei rinnovati piani pastorali del CELAM stesso.

Problemi aperti

Sono: - la disintegrazione, spesso, del nucleo familiare, sia nel Paese di origine come in quello di destinazione; - l'incertezza frequente del posto di lavoro; - la mancanza, in molti casi, del rispetto dei più elementari diritti, civili e sociali (salute, educazione, partecipazione civile e sindacale); - la discriminazione, il razzismo, l'insicurezza, l'emarginazione, non infrequenti, a volte addirittura la persecuzione; - l'affievolimento o la perdita di valori culturali, morali e religiosi; - la delinquenza e la disintegrazione del tessuto sociale; - l'affievolimento o la perdita del sentimento familiare e comunitario; - l'angustia, la paura, la depressione, i traumi, la confusione mentale, la perdita del senso della vita, in molti; - le estorsioni, i furti, le aggressioni fisiche, le intimidazioni e anche gli omicidi, più numerosi nel mondo degli immigrati che altrove; - i traffici di persone e gli abusi sessuali, nonché la scomparsa o la distruzione non infrequente di documenti di lavoro o di identità personali.

Annotazioni varie

1. L'inserimento degli immigrati nella Chiesa locale avviene, sì, ma in modi e misure variabili, determinate anche dal livello di conoscenza della lingua (quando essi vanno negli USA e in Europa), dalla capacità ed evoluzione sociale dell'individuo, dalla presenza del nucleo familiare, ecc.

2. La Giornata del Migrante e del Rifugiato è regolarmente celebrata ogni anno in quasi tutte le diocesi, in varie maniere, con diversa partecipazione e risultati.

3. Anche l’annuale, Messaggio del Papa, in occasione della "Giornata" viene ripreso sia nelle omelie sia dalla stampa cattolica dei vari Paesi.

4. Per rispondere nel modo migliore alle necessità dei migranti e rifugiati, le Chiese locali sono impegnate in una vasta opera di sensibilizzazione, sia nei confronti delle Autorità civili, sia nei riguardi dei cittadini locali, intesa a formare una società, civile ed ecclesiale, il più possibile aperta, giusta e solidale verso gli immigrati.

5. Nelle Chiese locali, in America Latina, si nota la preoccupazione, lo sforzo e un lavoro inteso a garantire i diritti degli immigrati, supportati da precisi interventi, programmi di lavoro e suggerimenti intesi a garantire tali diritti, anche con leggi più adeguate in favore degli immigrati, e degni della loro dignità.

3. Il Continente Europeo

I Rapporti qui esaminati sono pervenuti dalle Conferenze Episcopali delle seguenti Nazioni: Albania, Belgio, Cechia, Francia, Georgia, Germania, Grecia, Italia, Lituania, Lussemburgo, Moldovia, Portogallo, Principato di Monaco, Romania, Slovenia, Svizzera e Ungheria (diciassette Paesi).

Flussi migratori

1. L'Europa è attualmente il più rilevante polo migratorio mondiale, ospitando un terzo dei migranti internazionali del mondo, divisi tra Europa Centro-orientale (28.924.000), da una parte, Unione Europea (27.121.000) e altri Paesi dell'Europa Occidentale (2.496.000), dall'altra. E' da ricordare che quest'ultima, per numero di migranti, viene subito dopo l'America del Nord. In essa anche la sua incidenza percentuale rispetto alla popolazione residente è molto elevata. Guardando poi all'Europa Centro-orientale, ad ospitare il più consistente numero di immigrati sono la Russia (13.259.000), l'Ucraina (6.947.000), la Polonia (2.088.000) e la Bielorussia (1.280.000).

2. All'interno dell'Unione Europea, tutti i Paesi sono diventati luoghi di immigrazione, nei quali la presenza degli stranieri ha assunto una dimensione strutturale. In concomitanza con la caduta del Muro di Berlino, è iniziato infatti un flusso dai Paesi dell'Est, un tempo legati al blocco sovietico (Polonia, Ungheria, Cechia, Slovacchia e Romania), che ha investito in particolare la Germania unificata. La crisi dei Balcani, poi, ha intensificato le antiche correnti migratorie dalla Slovenia, Croazia, Serbia, Bosnia e dal Montenegro, mentre la crisi dell'Albania e, successivamente, del Kosovo, ha provocato correnti migratorie nuove, che hanno contraddistinto i flussi migratori dell'ultimo decennio del secolo scorso.

La crisi persistente degli Stati usciti dalla dissoluzione dell'antica URSS continua comunque ad alimentare flussi migratori verso l'Unione Europea e anche l'allargamento, programmato, delle sue frontiere a nuovi Paesi comporterà aumento di flussi migratori verso Occidente.

Attualmente l'Europa migratoria è nettamente divisa in tre parti, vale a dire: - i Paesi che compongono l'Unione, verso i quali si dirigono flussi migratori sempre più consistenti; - buona parte di quelli dell'ex blocco sovietico, dai quali si continua ad emigrare, e infine - alcuni Paesi, come l'Ungheria, la Cechia, la Slovacchia e la Slovenia, che si stanno lentamente trasformando e che, in futuro, diventeranno a loro volta - si pensa - Paesi di immigrazione.

Problemi sociali

A quelli generali, (alloggio, cibo, scolarizzazione, salute), se ne aggiungono altri, più specifici, come la mancanza di strutture per l'apprendimento della lingua locale, la difficoltà di reperire traduttori nelle lingue degli immigrati, la scarsità o mancanza di adeguate strutture di accoglienza, soprattutto per i rifugiati, la lentezza delle procedure legali, particolarmente in vista del permesso di soggiorno, le leggi a volte troppo repressive, l'entrata nella clandestinità di immigrati che non hanno ottenuto il permesso di restare, il debole o mancato processo di integrazione e di inserimento nella società di arrivo, l'immigrazione irregolare, la prostituzione femminile e infantile, l'uso, sempre più esteso, della droga anche da parte degli immigrati, la violenza e gli atti di razzismo, la xenofobia alimentata da partiti e movimenti estremisti e l'ostilità particolare verso l'immigrazione musulmana tout court.

E' però doveroso segnalare, in questi ultimi tempi, la diminuzione di manifestazioni xenofobe o chiaramente razziste. Questo lento mutare del clima potrebbe favorire l'intervento pedagogico, oltre che pastorale, della Chiesa e facilitare la sua mediazione moderatrice nei confronti sia della società civile che della comunità cristiana.

Problemi pastorali

La pastorale dei migranti attraversa una fase di transizione: dall'accompagnamento della prima emigrazione, quella tradizionale, dei lavoratori immigrati, a quello delle nuove emigrazioni molto diversificate tra di loro.

La prima emigrazione si è generalmente stabilizzata attraverso una consistente rete di Missioni etniche, associazioni e organizzazioni socioculturali e religiose e ha ormai acquistato una larga autonomia di attività e di riflessione nell'insieme della pastorale migratoria. Molti immigrati degli anni cinquanta e sessanta hanno preso così la nazionalità dei Paesi in cui vivono.

Diverso invece si presenta il problema della migrazione musulmana. Verso l'Islam poi sono attratti non pochi giovani europei. Molte iniziative sono sorte nell'ambito della vita quotidiana, della mediazione interculturale e interreligiosa. Una analisi obiettiva e realistica delle varie sfaccettature di questo problema si impone urgentemente in seno alle varie Chiese locali e alle Organizzazioni cristiane.

Le Chiese particolari sentono la necessità di approfondire il dialogo e di promuovere la convivialità interculturale, senza peraltro rinunciare all'evangelizzazione ad gentes, verso stranieri cioè di diversa religione, sia pure senza forzature o proselitismi.

Da qualche anno l'immigrazione dai Paesi dell'Est Europa pone inoltre problemi pastorali dovuti, spesso, alla mancanza di informazione sulle condizioni della repressione comunista delle Chiese dell'Europa Centrale e Orientale e delle relative conseguenze, nonché sulle particolari esigenze, in campo pastorale e canonico, delle Chiese Orientali Cattoliche e delle Chiese Ortodosse.

L'immigrazione africana in Europa, spesso irregolare, ha conosciuto anche una recrudescenza in seguito, soprattutto, alla instabilità politica, o peggio, nei Paesi africani. La complessità del Continente africano e la sua grande diversità - linguistica, etnica e culturale - costituiscono così una sfida sempre più grande alla pastorale specifica. E' necessario perciò intensificare la collaborazione tra le varie Chiese, di partenza e di arrivo.

Anche verso i funzionari impegnati nei vari Organismi della Unione europea è necessario impostare una metodologia pastorale specifica, peraltro - sembra - in via di elaborazione.

Non bisogna sottovalutare, infine, i contatti sempre più frequenti degli immigrati, soprattutto dei giovani, con le nuove religioni (in particolare con la “New Age”), che propongono i loro propri convincimenti, morali e spirituali. La pastorale migratoria è quindi chiamata urgentemente a farsi carico anche di tale problema.

Risposte delle Chiese

Le Chiese in Europa hanno elaborato importanti principi teologico-pastorali in relazione soprattutto alla dimensione missionaria delle migrazioni. Tali principi si possono così sintetizzare:

- l'aspetto caritativo non può essere disgiunto da quello missionario: considerare il fenomeno migratorio funzionale all'evangelizzazione non potrà che favorire una visione più serena e positiva dei migranti, stemperando atteggiamenti rigidi di sospetto e di rifiuto verso gli stessi;

- di fronte alle migrazioni, la Chiesa sente l'esigenza di rievangelizzare se stessa, recuperando la sua natura di pellegrina e operando un passaggio da una pastorale piuttosto di conservazione a quella missionaria;

- le migrazioni pertanto costituiscono una sfida provvidenziale, un momento di grazia per l'evangelizzazione, intesa sia come annuncio diretto, sia come dialogo e testimonianza verso chi professa una diversa religione;

- questa evangelizzazione diventa compito di tutta la comunità cristiana, sollecitata ad assumere uno stile di vita, una sensibilità e una mentalità più cattolica, ecumenica e missionaria: una comunità, cioè, di evangelizzati chiamati a diventare evangelizzatori;

- questo coinvolgimento di tutta la Chiesa, mentre apre la strada ad una pastorale d'insieme con una convergenza di tutte le forze ecclesiali, reclama, nello stesso tempo, l'esigenza di una pastorale specifica, fatta su misura, cioè, della particolare situazione e identità dei migranti.

Su queste coordinate teologico-pastorali le Chiese locali hanno impostato la loro azione pastorale:

- esse hanno istituito una vasta rete di "Missioni" etnico-linguistiche a favore dei vari gruppi di immigrati, le quali, oltre alla cura pastorale, assicurano anche molti servizi di assistenza sociale e giuridica;

- le Chiese particolari sono impegnate altresì nel contrastare ogni forma di violenza, xenofobia e razzismo, anche con i mezzi di comunicazione sociale, promuovendo iniziative e incontri di dialogo interculturale e interreligioso, sia a livello accademico, sia a livello popolare;

- in diverse Nazioni, poi, le Chiese hanno costituito specifici Centri pastorali, Uffici, Segretariati o Commissioni per l'assistenza agli “stranieri”;

- in quasi tutte le Nazioni sono attive, inoltre, le Caritas, o istituzioni simili, che si curano in particolare della ricerca di alloggi, del servizio di traduzione, del rientro assistito in patria da parte dei rifugiati, del processo di integrazione degli immigrati, di iniziative varie di sensibilizzazione ai problemi degli “stranieri”;

- le Chiese particolari si curano infine di promuovere l'apertura, mentale e di spirito, delle comunità locali agli immigrati e di questi alle società e Chiese di accoglienza;

- è importante lo sforzo di alcune Chiese particolari di far conoscere la situazione obiettiva del fenomeno migratorio: così, ad esempio, quella che è in Italia cura annualmente l'edizione del “Dossier statistico immigrazione” di cui l'anno scorso è stata redatta anche l'edizione in inglese “Contemporary immigration in Italy”, riassuntiva delle tendenze e situazioni degli ultimi anni.

Istanze pastorali

Non sono pochi i Rapporti in cui si sollecita una più accentuata presa di posizione da parte delle Chiese particolari nei confronti delle Autorità civili e governative, in campo migratorio. A livello europeo esse sottolineano l'esigenza di emanare quelle direttive che, in campo migratorio, già da lungo tempo sono state elaborate dalla Commissione Europea. Le Chiese auspicano pure lo sviluppo di progetti pastorali miranti più specificamente all'integrazione degli stranieri e alla loro convivenza con la popolazione locale. Si auspica altresì una maggiore integrazione pastorale dei Missionari/ Cappellani “stranieri” nelle strutture della Chiesa particolare. Alcune comunità di immigrati sono assistite invece dal Clero locale. Si lamenta comunque una scarsa partecipazione e un insufficiente coinvolgimento dei non autoctoni nelle strutture pastorali locali. In alcuni Rapporti si lamenta inoltre una insufficienza di mezzi finanziari e di strutture ecclesiali adeguate per rispondere alle necessità degli immigrati. Vi si sottolinea anche l'esigenza di creare una coscienza della importanza e del significato della presenza degli stranieri nelle società locali, nonché della ricchezza che essa può rappresentare in vista di una visione veramente cattolica. Si sottolinea, infine, la necessità di porre atti significativi e azioni profetiche per mettere in rilievo la dignità della persona umana, indipendentemente dal colore della pelle o dal credo religioso. Tale atteggiamento si impone soprattutto oggi, quando sono sempre più frequenti, in Europa, trattamenti ingiusti nei confronti degli “stranieri”.

Strutture pastorali

Dai Rapporti appaiono anche alcune particolarità specifiche delle singole Nazioni.

1. E' il caso del Lussemburgo, dove è stato istituito il "SeSoPi-Centre Intercommunautaire", un servizio socio-pastorale intercomunitario dell'arcidiocesi. Esso cura le ricerche circa la presenza degli stranieri, organizza corsi di studio e formazione, favorisce, mediante varie iniziative, l'integrazione degli immigrati nella società civile ed ecclesiale lussemburghese. Sempre colà è da segnalare il cosiddetto “Collectif Refugiés”, composto da una quindicina di associazioni e di istituzioni attive nel "Letzebürger Flüchlingsrot", che si prefigge soprattutto la difesa dei diritti dei rifugiati presso le Autorità civili e governative.

2. In Belgio è stata poi costituita la "Commission épiscopale Pro Migrantibus". Essa è formata dai Missionari/Cappellani stranieri, dai Responsabili diocesani della pastorale migratoria, dal Direttore Nazionale delle Migrazioni, da quello generale della Caritas e dal Segretario Nazionale del "Kerkwerk Multicultureel Samenleven". Ne è scopo l'elaborazione delle linee generali di pastorale migratoria, nonché la promozione delle relazioni tra i vari gruppi etnici, culturali e religiosi e la società belga. Il “Kerkwerk Multicultureel Samenleven" è nato per coordinare le iniziative pastorali della Chiesa in favore degli immigrati, basate soprattutto sui valori di convivialità e di multiculturalità. Sempre in Belgio, il centro “El Kalima” cura invece le relazioni tra Islam e Cristianesimo, avvalendosi di studi e ricerche condotte dalle Università cattoliche di quella Nazione, attraverso pubblicazioni specifiche e mezzi di informazione e di educazione. Sempre in Belgio è sorto il CPAS (Centre publics d'aide sociale) incaricato, in particolare, di approntare gli strumenti necessari per accogliere le domande d'asilo e fornire la necessaria assistenza ai rifugiati.

Annotazioni varie

Gli Operatori pastorali stranieri sono invitati, nella quasi totalità delle Nazioni da cui è stato inviato il Rapporto, alle varie manifestazioni, agli incontri, ai dibattiti e alle conferenze organizzate nelle Chiese particolari di residenza. Molto spesso i Missionari/Cappellani stranieri sono cooptati nei Consigli Pastorali Diocesani. Generalmente è celebrata la “Giornata del concittadino straniero”, in varie forme e modalità. Spesso tale celebrazione si prolunga per una intera settimana. Il Messaggio del Santo Padre, in occasione della Giornata del Migrante e del Rifugiato, è generalmente inviata alla stampa locale. In Belgio la Commissione Nazionale della Formazione organizza un incontro nazionale annuo, su temi della pastorale migratoria.

Problemi aperti

l. La pastorale dei migranti sembra attraversare una fase di transizione: dall'accompagnamento dei gruppi tradizionali di lavoratori migranti, si passa a quello delle nuove migrazioni, che presentano caratteristiche notevolmente diverse.

2. Siamo in presenza, infatti, anche di una comunità musulmana sempre più numerosa con una precisa identità culturale e religiosa, a volte fondamentalista. Sono sorte, di conseguenza, nuove strutture religiose, con una riaffermazione sempre più decisa della loro identità e di un preciso ruolo in Europa. Il dialogo della Chiesa con tali istanze religiose appare quindi sempre più urgente e necessario.

3. Essa se, da una parte, manifesta impegno notevole, sia a livello interreligioso sia a livello della convivenza culturale, non può rinunciare, dall'altra, alla sua missione di evangelizzazione ad Gentes, che ora bussano sempre più urgentemente alla porta dell'Europa. Questo comporta indubbiamente atteggiamenti rispettosi dell'altrui identità culturale e religiosa, ma anche della propria.

4. Pure la presenza di immigrati provenienti dalle Nazioni dell'Europa Centrale e Orientale porta con sé importanti esigenze, di informazione e di azione, e cioè: la necessità di conoscere le reali condizioni di repressione e persecuzione, cui tali Chiese sono state sottoposte, a suo tempo, sotto i regimi comunisti; la necessità di conoscere le tradizioni religiose di quelle comunità cristiane e la loro identità culturale. Dobbiamo ricordare infine che i Riti orientali cattolici hanno il diritto di essere riconosciuti e rispettati anche nelle comunità ecclesiali in Europa.

5. In seguito alla guerra nel Medio Oriente, e alla instabilità che ne è seguita, la situazione precaria dei cristiani, colà residenti, ha prodotto un nuovo esodo verso l'Europa Occidentale o l'America. Anche in questo caso è necessario chiederci quali esigenze spirituali essi presentano alla nostra sensibilità pastorale e quali iniziative specifiche siamo chiamati a prestare loro.

6. L'immigrazione africana (soprattutto quella dall'Africa centrale), costituita spesso da irregolari, conosce oggi una recrudescenza, in seguito anche alla instabilità politica, per non dire altro, in molti Stati africani. Orbene la pastorale verso gli africani deve meglio, strutturarsi tramite la collaborazione di tutte le Conferenze Episcopali dei Paesi di origine. In Europa, poi, si rivela sempre più urgente la necessità di una formazione permanente degli Operatori pastorali. La complessità del Continente africano (complessità linguistica, etnica, religiosa e culturale) costituisce, ad ogni modo, un motivo in più a favore di una pastorale specifica.

Comunque i flussi nuovi di immigrati dall'Africa, dall'Asia e dall'America Latina hanno sollecitato la creazione, in questo Continente, di nuovi luoghi di incontro e di forme adattate di celebrazioni liturgiche. Essi hanno portato - bisogna rilevarlo con gioia - un soffio di giovinezza nella pastorale dei Paesi europei particolarmente apprezzato in seno alle comunità. Il contributo specifico di missionari/cappellani africani, asiatici e latino-americani costituisce, in proposito, un elemento essenziale, auspicandosi anche un impegno dei Religiosi dediti alla missione ad Gentes.

7. L'abbandono del riferimento religioso e delle radici cristiane come elementi fondamentali dell'identità europea contemporanea, (v. il Progetto di Costituzione attualmente in discussione), potrebbe causare in molti una certa tensione tra le Chiese, le Confessioni religiose e gli Stati. L'assenza di una precisa configurazione giuridica degli Operatori pastorali nell'ambito della legislazione europea e/o nazionale, se vi sarà, potrebbe notevolmente compromettere, dunque, anche la pastorale migratoria nei Paesi dell'Unione Europea.

3. Il Continente Africano

Dall'Africa sono pervenuti Rapporti dai seguenti Paesi: Comore, Etiopia, Marocco, Sudan, Tunisia e Zambia (sei Paesi).

Flussi migratori

1. L'Africa conta meno di un decimo (9,2%) dei migranti internazionali del mondo intero (cioè 16.170.000, di cui quasi il 90% nell'Africa Subsahariana) ma ha il maggior numero di sfollati, che raggiungono la cifra di 13.500.000.

Accolgono più di un milione di migranti solo due Paesi africani: la Costa d'Avorio (2.336.000) e il Burkina Faso (1.124.000). Altri Paesi degni di menzione in questa prospettiva sono: la Tanzania (893.000), il Sudan (780.000), la Nigeria (751.000), la Guinea (741.000), la Repubblica Democratica del Congo (739.000), l'Etiopia (660.000), lo Zimbabwe (656.000), e l'Uganda (529.000).

2. Il continente africano, dopo una complessa fase di decolonizzazione, che ha comportato spesso violenza e guerre, ha dovuto affrontare lotte interne, tribali e no, che hanno lacerato e stanno lacerando il tessuto sociale e hanno determinato profughi e sfollati.

Al problema endemico della miseria e della fame, della siccità, delle carestie e malattia si è aggiunto poi, in questi ultimi anni, anche il flagello dell'AIDS, che sta mietendo intere generazioni. L'Africa si presenta quindi come il Continente della sofferenza, nel quale sono nati e persistono tuttora elementi di gravissima crisi. Essa ha dato origine pure a notevoli flussi migratori che interessano sempre più in particolare l'Europa.

Il Nord-Africa, da anni è diventata quindi zona di emigrazione (ad eccezione della Libia) verso l'Europa, con particolare riferimento a Paesi di vecchia "conoscenza" (Francia, Spagna) per il Marocco, l'Algeria e la Tunisia. Anche i Paesi subsahariani sono diventati "serbatoio" di manodopera non qualificata soprattutto per l'Europa.

Nel cuore del Continente si sviluppa poi una corrente di migranti che, dall'Africa subsahariana, si dirigono verso l'Algeria e il Marocco, in transito, o verso la Libia. I migranti dell'Africa dell'Est preferiscono invece andare verso l'Egitto e il Medio Oriente, un'area che, del resto, pullula di immigrati del lontano Oriente. Coloro che si dirigono verso l'Africa del Nord devono affrontare, comunque, una difficile traversata del deserto del Sahara.

Anche in Africa, poi, si spostano intere popolazioni, con prevalenza di donne e di bambini. Cercano rifugio nei Paesi vicini fino a quando saranno in grado di ritornare in patria o di trovare un asilo definitivo altrove. Intanto la maggior parte resta sradicata e priva di ogni cosa.

Di vaste proporzioni si presenta il problema dei profughi. Attualmente non c'è quasi nessun Paese africano che non debba affrontare, in un modo o nell'altro, questo problema: secondo l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite, praticamente la metà dei rifugiati nel mondo (che complessivamente ammontano a 18 milioni) è di origine africana.

Problemi

I problemi più lancinanti del Continente - come risultano dai Rapporti - sono: il progressivo estendersi del problema della fame, dell'epidemia dell'AIDS, della malaria e della tubercolosi; il generale declino economico, con conseguenze a tutti note; la mortalità infantile, la siccità e il collasso del settore agricolo; il deterioramento delle strutture economiche, gli alti tassi di inflazione, la disoccupazione galoppante, l'aumento della corruzione, la crescente militarizzazione, la violenza, la conflittualità civile e politica, le carestie, l'analfabetismo, le errate politiche di sviluppo, l'incapacità e l'incompetenza dei Governanti, le avverse condizioni climatiche.

Istanze pastorali e sfida alle Chiese

1. L'Africa, il “continente in movimento” è una sfida per la Chiesa per più ragioni, pur non dimenticando l'epopea missionaria, ad ogni livello del suo ministero. In molte località, la Chiesa cerca di reagire come può agli enormi problemi, ma vi è un certo affaticamento. Dai problemi sopra segnalati conseguono infatti altrettanto gravi preoccupazioni ecclesiali e per il ministero fra i migranti e i rifugiati.

2. In tali particolari circostanze si svolge la missione in Africa. La Chiesa è presente in molte comunità duramente colpite dal fenomeno migratorio ed è seriamente impegnata a livello parrocchiale. Diocesi e parrocchie sono però chiamate a "investire" in tale pastorale specifica, oltre quella territoriale. La Chiesa dovrebbe potenziare ed estendere il suo servizio anche nelle località di re-insediamento, rurali o urbane, formando comunità in grado di prendersi cura delle persone bisognose di assistenza. A livello diocesano e nazionale la Chiesa è chiamata a creare, poco a poco, gli strumenti necessari per appoggiare e coordinare tale impegno, ovunque possibile. Pertanto i poveri sono un appello anche al ministero della compassione, che va tuttavia oltre la mera pietà per le vittime e che tende piuttosto a considerare le cause dell'attuale crisi. In alcune zone ciò sta già avvenendo. La voce dei Poveri deve stimolare altresì una adeguata formazione del clero, dei religiosi e dei laici impegnati.

5. Il Continente Asiatico

I Rapporti sono pervenuti da: Arabia, Filippine, India, Indonesia, Corea, Laos e Sri Lanka (sette Paesi).

Flussi migratori

1. L'Asia è il continente, dopo l'Europa, dove si conta il maggior numero di migranti internazionali (48.230.000). Più della metà di essi vive nell'Asia Occidentale, cioè in Arabia (5.235.000), Iran (2.321.000), Israele (2.256.000), Giordania (1.945.000), Emirati Arabi (1.922.000), Palestina (1.655.000), e Kuwait (1.108.000). Paesi con un consistente numero di migranti vi sono anche in altre aree subcontinentali, cioè in quella "indiana" - India (6.271.000), Pakistan (4.243.000), Kazakystan (3.028.000), Uzbekistan (1.367.000) -, e dell'Estremo Oriente - Taiwan (2.701.000), Giappone (1.620.000), Malaysia (1.392.000) e Singapore (1.352.000)-.

2. Il continente asiatico, dove si concentra più della metà della popolazione mondiale, sta vivendo dunque una vera e propria esplosione migratoria. Nel Vicino Oriente, poi, la Turchia risulta oggi un Paese di emigrazione, in particolare verso l'Europa (soprattutto verso la Germania), in parte staccato dal resto degli altri Paesi mediorientali che vivono complesse vicende di conflitti.

Quelli del Golfo, con l'estrazione del petrolio, sono diventati importatori di manodopera, soprattutto dall'India e dall'Estremo Oriente (in particolare dalle Filippine), ma anche dal Nord Africa (soprattutto dall'Egitto).

Nel lontano Oriente, alcuni Paesi (Giappone, Malaysia, Taiwan e Singapore) pure importano manodopera straniera, mentre altri ne sono esportatori (Bangladesh, Cambogia, Cina, Indonesia, Pakistan, Vietnam, Filippine). Alcuni Paesi ancora sono contemporaneamente luoghi di emigrazione e di immigrazione. E' il caso di Thailandia e Corea del Sud.

La Cina e l'India costituiscono comunque, oggi, i due più grandi "serbatoi" umani dove sono in atto trasformazioni sociali importanti e forti migrazioni interne. Paesi già tradizionali di emigrazione, nei secoli passati, essi sono all'inizio di una nuova fase migratoria che è destinata a conoscere sviluppi consistenti.

Problemi sociali

Essi sono la carenza di alloggi e di sostentamento, la clandestinità e le difficoltà a ottenere il permesso di soggiorno, le carenze nell'assistenza medica e di strutture assistenziali, la corruzione che non fa che peggiorare la già critica situazione dei migranti, il traffico di donne e bambini, il loro sfruttamento sessuale.

Problemi religiosi

V'è difficoltà, in generale, a impostare una assistenza religiosa specifica, data la molteplicità e frammentarietà dei gruppi etnici presenti sul territorio, e a creare e svolgere servizi liturgici nella lingua degli immigrati o conformi alla loro cultura. Ancora difficoltà si notano nell'educazione dei figli degli immigrati, mentre appare la carenza di strutture pastorali, ivi compresi i luoghi di culto e di incontro, che rispondano alle esigenze spirituali dei vari gruppi etnici.

Problemi Pastorali

1. Nei Rapporti sono emersi problemi ed esigenze pastorali comuni ad altre Regioni e Continenti, come la formazione specifica di sacerdoti e laici al ministero pastorale con i migranti e ancora la formazione di una mentalità più aperta e veramente cattolica dei vari gruppi di migranti e delle comunità locali, nonchè di una cultura di solidarietà e di comunione in relazione agli immigrati.

V'è altresì la difficoltà a celebrare la Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato e a rendere pubblici i vari Messaggi del Santo Padre, in un ambiente di massima diaspora, ed altresì quella, da parte delle Gerarchie ecclesiastiche, di far riconoscere e rispettare i diritti fondamentali degli immigrati. Esiste comunque l'impegno, per quanto arduo, di impostare una pastorale fatta di dialogo (con le istanze locali, civili e religiose) e di solidarietà, come forma più comune della carità, che deve peraltro giungere alla missione.

2. Nella Penisola Arabica la presenza di moltissimi immigrati appartenenti a vari riti (latino, maronita, melchita, copto, assiro, siromalabarese, siromalankarese) costituisce, di per sé, per la Chiesa locale, una difficoltà. La liturgia viene celebrata - con frequenze che variano da luogo a luogo e secondo le possibilità - in ciascuno di questi Riti. Alcuni sacerdoti dei Vicariati o Diocesi hanno ottenuto facoltà bi-rituali. Periodicamente, poi, specie nei tempi forti di Avvento e Quaresima, gli Ordinari di luogo invitano dall'estero sacerdoti appartenenti agli anzidetti Riti, per particolari celebrazioni liturgiche con le loro comunità d'origine.

Ecco illustrato, con una certa fatica, - e si comprende - l'affresco mondiale sul fenomeno migratorio specialmente dal punto di vista pastorale, grazie ai Rapporti che ci sono giunti, riferiti al 2003. Essi sono richiesti anche dalla recentissima Istruzione “Erga Migrantes caritas Christi”(art. 20, §1/7 dell'Ordinamento giuridico-pastorale), per cui speriamo che la risposta, in futuro, sarà più soddisfacente, mentre ringraziamo di cuore quanti ci hanno inviato, in questo caso, il resoconto del loro lavoro apostolico circa la difficile, ma necessaria, pastorale specifica dei migranti, forzati e no.

In questa linea va un incoraggiamento a voi e a tutti, che è anche un appello per operare affinché il nostro prossimo Panorama della pastorale mondiale per i migranti sia ancora più rappresentativo e giunga anche da quelle aree geopolitiche che finora sono rimaste silenti.

 
*Il Documento è stato distribuito ai partecipanti alla Sessione Plenaria durante il suo svolgimento.

 

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