Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People People on the MoveN° 97, April 2005
I PELLEGRINAGGI NEL TEMPO E NELLO SPAZIO*
S.E. Mons. Agostino MARCHETTO Segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti
Mi piace iniziare questa mia presentazione del volume di Jean Chélini e Henry Branthomme Les pèlerinages dans le monde con una citazione di Goethe, vale a dire: ÂLÂEuropa è nata in pellegrinaggio e la sua lingua materna è il cristianesimoÂ, sottolineando cioè lÂimportanza dellÂopera anche nella Sitz im Leben europea contemporanea, mentre nella parte finale cercherò di sintetizzare lÂinsegnamento ecclesiale recente su pellegrinaggi e santuari ad indicarne lÂattualità, direi anzi il risveglio. Ciò, per noi, anche in contesto ecumenico e interreligioso, come risulta dallÂultimo incontro europeo dei Direttori dei pellegrinaggi e santuari, svoltosi a Kevelaer (Germania), dal 20 al 23 settembre 2004, sul tema ÂEcumenismo della Santità. Il pellegrinaggio agli inizi del terzo millennioÂ. Il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, di cui sono lÂArcivescovo Segretario, ne pubblicherà prossimamente gli ÂAtti sulla sua rivista People on the Move, mentre le conclusioni possono essere già lette nella nostra pagina web: www.vatican.va/roman_curia/Pontifical_councils/migrants/ index_fr. htm * * * Immediatamente, quando ho preso in mano il volume, una folla di immagini care, e di pensieri, sentimenti e ricordi sono affiorati al mio spirito. Sì, perché ciascuno di noi  credo  ha vissuto lÂesperienza del pellegrinaggio, ha compiuto una visita a un santuario, che ne è in genere la meta ovvia, conclusiva. Ed ecco anzitutto per me il santuario della Madonna della misericordia, lassù a Monte Berico, dolce e sereno presidio alla mia città natale, Vicenza, quella anche del grande architetto Palladio, oltre che dedicata a Maria. VÂè poi, vicino, la città di Padova, con il suo santuario votato ad Antonio di quella città, ma da Lisbona, con le sue tante e belle cupole. E poi penso alla serena Loreto e alla santa Casa. Papa Giovanni, quandÂera ancora teologo, vi andò per la prima volta e disse a Maria che lÂamava, ma che non sarebbe più tornato colà. Evidentemente disturbò la sua pietas adamantina e giovanile il rumore e il Âcontorno del santuario, ed è questione grave e umana, oltre che di fede-amore, per tutti i santuari, che corrono il rischio del turismo, diciamo così, e degli ÂaffariÂ. Papa Giovanni non mantenne però  felicemente  il suo proposito e lo rivedo, col cappello in mano, in quel treno che lo condusse anche ad Assisi, a implorare una nuova Pentecoste, conciliare. In pellegrinaggio sono stato anche qui a Roma, diventata peraltro ora luogo della mia residenza, dopo più di 20 anni dÂAfrica  dove non mancano i santuari, e ripenso a Notre-Dame dÂAfrique, ad Algeri, per es.  e 34 di servizio diplomatico della Santa Sede. Ivi salii anche il Kilimangiaro volendo portarvi sulla cima un rosario e alcune medaglie del pontificato di Giovanni Paolo II, Papa per eccellenza del pellegrinaggio, nel mondo intero. Ricordo qui  permettetemelo  una sua espressione ad Antananarivo (capitale del Madagascar), la seguente: ÂSono qui pellegrino al santuario del popolo di Dio che costì abitaÂ. E poi penso a Gerusalemme, dorata e sanguinante (che ancor oggi vive, magari senza averne coscienza, il mistero pasquale), a Fatima austera, e alle notti passate in accoglienza e riconciliazione dei pellegrini penitenti, che si accostano a lavare i loro panni sporchi nel sangue dellÂAgnello immolato, per intercessione di Maria Vergine. Ricordo Lourdes, con la sua grotta e il fiume, e la sua acqua, da cui vÂè chi rinasce non solo nello spirito. E che dire di San Giacomo di Compostela e di quella città armoniosissima. Come dimenticare del resto Nostra Signora di Guadalupe, patria spirituale specialmente dei nostri fratelli e sorelle latino-americani, nel continente oggi cattolico per eccellenza? Non posso nemmeno non menzionare, cubano come fui per più di tre anni, il santuario Âde la Caridad del CobreÂ, a Santiago de Cuba appunto. Desidero comunque concludere questa carrellata del mio spirito, che il libro qui presentato ha fatto, al solo prenderlo in mano, con la vostra Francia e mi scuserete se cito solo Chartres e vedo i fedeli, e non, a terra, distesi pancia in su per contemplare meglio quel blu divino dei suoi vitraux, che può incendiarsi al bacio di fratello sole. * * * Ebbene  come ha scritto nella sua prefazione lÂEm.mo Card. Poupard, che non ha potuto esser qui con noi stasera  lÂopera di Jean Chélini e Henry Branthomme è Âun véritable pèlerinage dans le pèlerinageÂ, che mi ha ricondotto pure ai santuari da me fin qui citati, in spirito di dialogo direi interreligioso, terreno in cui sÂincontra il cammino di Dio che cerca lÂuomo  ed ecco la Rivelazione divina, la Sacra Scrittura, lÂIsraele di Dio, e il Suo riverbero pure in terra dÂIslam Â, ma anche il cammino dellÂuomo che cerca Dio. Vi è in lui, lÂuomo, infatti, una ferita, se volete un marchio di fabbrica del Creatore, uno iato, unÂapertura infinita al pulchrum, bonum, verum et unum, al Trascendente insomma, con la T maiuscola, che lo fa cercare il Âveltro del cieloÂ, lÂAssoluto, nelle sue varie forme ed espressioni, nel contingente e relativo dellÂumano divenire. Non dimentichiamo comunque, noi cristiani, che Dio si è fatto pellegrino, come e con noi e per noi, poiché ha posto  dice S. Giovanni  la sua tenda in mezzo a noi (Gv 1, 14). LÂEucaristia poi  lo dico in questÂanno ad essa specialmente dedicato, nella Chiesa cattolica  Âè il punto culminante del pellegrinaggio strettamente legato al santuarioÂ. Lo attesta ancora lÂEm.mo Poupard nella sua prefazione al volume. * * * Veniamo alla sua Âintroduzione molto bella che, menzionando le prime due opere degli Autori, stabilisce punti di somiglianza dei vari tipi e delle diverse origini dei pellegrinaggi, a dirci che la pasta umana, la ricerca del ÂsacroÂ, del ÂsantoÂ, ci accomuna, noi uomini, pur in quella fermentazione ed elevazione che è data dalla Rivelazione divina, la quale assume tutto quello che è nobile, giusto, bello e santo nella natura umana e nelle altre religioni (cfr. Nostra Aetate, n. 2 e Erga migrantes caritas Christi, n. 96). VÂè, dunque, un cammino comparativo, ricco, in questÂopera, che ha dovuto vincere, per giungere alla Âscientificità dellÂanalisi, non poche difficoltà e situarsi in ricerca interdisciplinare non facile. Uguale interesse gli Autori mostrano per la strada, i mezzi di trasporto, le tappe dei pellegrini, sulla rete di ospizi che ne è stesa, e quanto avviene al giungere alla meta. VÂè un aspetto, infine, da rilevare ed è il fatto che Âcon i pellegrini circolano le lingue, le preghiere, i canti, ma anche le idee, le tecniche e le forme artistiche: i pellegrini pregano, cantano, scambiano, fanno paragoni. Quando ci si ferma sÂaprono le discussioni, ciascuno può apprendere a scoprire le abitudini degli altri, i loro usi, gusti, metodi di lavorare il legno, il ferro e lÂoro, la loro arte di dipingere o di scolpireÂ: in una parola siamo in un crogiolo di cultura e civiltà. Mi pare che ci sia qui quella visione storica affermata dal vostro grande Braudel. Il primo capitolo del volume è occupato ancora in opera preliminare su l Âapproche del pellegrinaggio, sulla terminologia, nel tempo e nello spazio, sullÂattrattiva  direi universale  di luoghi eccezionali e di esseri prestigiosi, sugli Âelementi che la basano: la terra, il cielo, lÂacqua, il fuoco, il vento. Noto lÂattrattiva specifica per i monti, le grotte e le caverne, per il deserto, i fiumi, i laghi. Tombe e reliquie poi richiamano folle. E qui lÂanalisi si fa puntuale, concreta, esemplare, oltre che esemplificativa. * * * La prima parte dellÂopera è dedicata al pellegrinaggio nel corso delle varie epoche, iniziando con un capitolo intitolato ÂDal mito alla storiaÂ. È interessante procedere dalla preistoria alla storia, grazie allÂarcheologia soprattutto, e nella menzione abbastanza particolareggiata degli Âoracoli antichi in Estremo Oriente, in Grecia e Italia, nella Gallia e Arabia preislamica, presso gli Aztechi, i Maya e gli Incas. Nei Âpellegrinaggi alle origini della Storia si afferma che Âtutti quelli antichi non cercavano di conoscere il futuro; molti infatti erano mossi dalla pietà e dalla riconoscenzaÂ. Sono cioè forme che evocano quelle abituali del pellegrinaggio classico, nel senso Âmoderno del termine. Passa così davanti a noi lÂantichità sumerica, lÂantico Egitto, le divinità precolombiane, lÂIndia, in eterno pellegrinaggio, la terra di Canaan, da Silo a Gerusalemme, il tornante del VI sec. prima di Cristo, che caratterizza tutta una fascia spaziale che va dallÂestremo al vicino Oriente. Citiamo un passo, affascinante e indicativo, - pur con mancata distinzione tra le caratteristiche dÂIsraele dal resto dei popoli -, il seguente: ÂQuesta corrente (di speranza) ha dato luogo a forme differenti di pensiero, fornendo nuove risposte alle questioni fondamentali che lÂuomo si poneva da secoli: il confucianesimo e il taoismo in Cina, il buddismo e il gianismo in India, lo zoroastrismo in Iran, il pitagorismo e le filosofie in Grecia, il giudaismo in Israele e la civiltà celtica nelle nostre regioni occidentali. Tale secolo vide emergere, appunto, in differenti parti del mondo, un certo numero di religioni o di movimenti assetati dÂimmortalità e dÂunità, suscitando nuove forme di pellegrinaggioÂ. Indicheremo solo il pur breve esame del messianismo e dei profeti in Israele: Isaia, Geremia, Ezechiele e Daniele. Arriviamo così ai pellegrinaggi cristiani. Davanti allÂobiettivo quasi fotografico degli Autori, passano dunque i secoli: dallÂantichità al VII secolo (con infelice impressione sul- lÂÂesperienza della tomba [di Gesù] vuotaÂ), i Luoghi santi di Gerusalemme, le tombe dei martiri, a cominciare da Pietro e Paolo, le conseguenze in Oriente e Occidente dellÂeditto di Costantino, la realtà pellegrinante del VII sec., Costantinopoli e lÂOriente bizantino, lÂinizio del pellegrinaggio cristiano, nellÂalto Medio Evo (sec. VIII-X), lo sviluppo del culto mariano (espresso nel titolo ÂNotre-DameÂ), con legame alle feste liturgiche mariane, lÂapogeo del pellegrinaggio medievale, nei sec. XI-XIII, con breve trattazione  per me non scritta con penna acuminata ed esatta  della questione delle indulgenze. Vi furono poi Âcambiamenti e difficoltà (nei sec. XIV - XVI), con quelle critiche che tutti conosciamo al Âsistema delle indulgenzeÂ. Pensiamo a Lutero, a Calvino, ecc. Veniamo poi al Concilio di Trento e al pellegrinaggio Âmitigato  come lo definiscono gli Autori  e infine al suo risveglio e ai suoi cambiamenti, dal 1814 ad oggi, con menzione particolare dei giubilei, che certamente ne furono stimolo e alle Giornate mondiali della gioventù. Siamo proprio allÂoggidì, alla preparazione ormai di quella di questÂanno, a Köln. Un bel tocco finale? Non lo voglio tralasciare, eccolo: ÂLe pape ne cesse de rappeler que cÂest sur les chemins de lÂexistence que lÂon peut rencontrer le Seigneur, dans un grand pèlerinage au quotidien de la vieÂ. Un successivo capitolo è dedicato ai pellegrinaggi musulmani, iniziando dallÂArabia preislamica e poi analizzando gli alti luoghi islamici di Hedjaz e della Palestina, de La Mecca, di Medina e Gerusalemme, dallÂEgitto ai Balcani, sulle strade della seta e in occasione dellÂinizio dei pellegrinaggi marabutici in Senegal e altrove. E qui rispuntano i miei ricordi algerini che mi fanno concludere pensando alle diversità esistenti allÂinterno dellÂIslam, e che devono essere considerate quando facciamo giudizi, invece generali, specialmente dopo lÂundici settembre di più di tre anni fa. * * * La seconda parte dellÂopera è dedicata al viaggio del pellegrino e comincia a ponderare la partenza, le sue motivazioni, il suo protocollo, per mettersi poi Âalla scuola della strada nella marcia del corpo e dello spirito, quando la ÂrouteÂ, − parola vicina a Ârupture (più che a ÂcheminÂ)  sÂimpone al pellegrino. Cenno è fatto qui alla Âroute du désert e ripenso, io, allÂAssekrem algerina e al P. Charles de Foucauld che finalmente è alla fine del suo pellegrinaggio verso la beatificazione. Ma anche i Âlibri santi sono in pellegrinaggio, in questa scuola di verità verso il Âmont-joieÂ, oggetto di belle e giuste considerazioni e applicazioni, Ne riprendo il passo finale: ÂLa décision du départ, les préparatifs, le chemin lui-même avec ses espoirs, ses découragements et ses épreuves, constituent un ensemble de forces vives et indescriptibles qui prédisposent le pèlerin à entrer dans le sanctuaire, le cÂur plein de joie et dÂespéranceÂ.Segue il capitolo sui cammini di pellegrinaggio nelle religioni non cristiane, con descrizione iniziale delle difficili condizioni del pellegrinaggio nellÂantichità (Egiziani, Ittiti e Greci) e passaggio poi a quelli buddisti, induisti (una principessa indiana in pellegrinaggio a Benares), giudaici e musulmani, a La Mecca, con i loro problemi. VÂè quindi, nel volume, un capitolo dedicato ai Âcammini e spostamenti nellÂOccidente cristiano, con analisi delle condizioni di viaggio (pellegrinaggio equestre, per via marittima, in bicicletta, a piedi, ecc.) e considerazione di quelli dei malati e dei portatori di handicap. Si studia poi il luogo di accoglienza dei pellegrini, cioè gli ospizi (ÂxenodachiaÂ), i monasteri e gli ospedali, ricordando anche lÂepoca del loro declino e il loro rinnovarsi fino ai nostri giorni. * * * La terza parte dellÂopera porta il titolo ÂIl pellegrino al santuarioÂ, con immediata applicazione ai grandi santuari di pellegrinaggio, nellÂantichità (Mosopotamia, Egitto, Grecia, in Israele  il tempio di Gerusalemme, la venerazione del Kotel (muro del pianto), il rinvio al Tempio del Cielo  nellÂislam,  la Kaába e la Cupola della Moschea dÂOmar a Gerusalemme  in Iran  i santuari del fuoco  e a quelli indù e buddisti (Benares, monte Kailash, vicino allÂHimalaya, Angkor Vat, in Cambogia). Ci si rivolge poi ai luoghi di pellegrinaggio recenti: dal deserto californiano al mare e Salt Lake City. Successivamente ecco delinearsi la visione dei grandi santuari cristiani: il Santo Sepolcro, anzitutto, e, in Occidente, Echternach, S. Pietro in Roma e le basiliche maggiori, e poi dei luoghi di pellegrinaggio occasionale, ai viventi o a immagini, icone, statue o reliquie. Menzione è fatta qui al Santo Sudario e alla Madonna pellegrina. Non manca in seguito lÂanalisi dei gesti e riti compiuti al santuario, vale a dire la preghiera, il canto, lÂadorazione, la musica, espressioni del desiderio di purificazione, offerta, sacrificio. Qui si apre per questÂultimo lÂattenzione alle religioni monoteistiche (sacrifici cruenti e loro spiritualizzazione fino a giungere allÂEucaristia), con successivo passaggio alla processione, espressione corporale e collettiva del pellegrinaggio, e a Siviglia, nel silenzio o nella danza. * * * La quarta parte del volume è dedicata al ritorno del pellegrino con presentazione dei gesti prima della partenza ed espressioni (iscrizioni e graffiti) del desiderio di lasciare una traccia di sé nel santuario (ex-voto), o di portare con sé un suo ricordo (Âreliquie  di sostituzioneÂ, medaglie, insegne, Âagnus DeiÂ, Âgrottes de NeversÂ, ecc.). È affrontato quindi il Âcammino di ritornoÂ, con menzione alle confraternite di pellegrini, mentre la V parte illustra le forme della vita pellegrinante, da quelle religiose classiche del pellegrinaggio alla ricerca della conoscenza, a quello popolare, cosiddetto. A questÂultimo riguardo gli Autori dicono buone cose (v. pp. 259-260) sulla importanza e necessità dei riti, costumi, simboli e segni: reliquie, medaglie, statue, candele e acqua benedetta sono presenti nellÂintento di dare corpo alla preghiera. Troviamo quindi un bel capitolo sui pellegrinaggi delle popolazioni nomadi, a cominciare dagli zingari. Ne trattiamo pure noi, al Pontificio Consiglio, poiché fra i nostri settori di competenza pastorale vi sono pure i nomadi, i circensi e i lunaparchisti (v. ÂPeople on the MoveÂ, supplemento al N. 93, tutto sul Congresso internazionale di Budapest). Interessante è pure la trattazione che riguarda i nomadi del mare. Nel capitolo Ârigore e penitenza passano davanti allÂobiettivo degli Autori gli eremiti e asceti pellegrini, i Âgirovaghi mistici della Russia, lÂajari giapponese, il pellegrino nudo, a disprezzo di freddo e calore, e i pellegrini al ÂPurgatorio di S. PatrizioÂ. Si passa poi all Âimmaginario  con citazione di un poema allegorico del XIV sec., e del ÂViaggio del pellegrino di John Bunyan (XVII sec.)  e al Âpellegrinaggio fortuitoÂ, visionario, con successivo passaggio allÂanalisi del Âsincretismo e sopravvivenzaÂ, sempre sul nostro tema, e di sue forme semi-profane e profane (Âpellegrinaggio e turismoÂ), e relative comunanze e distinzioni con quelle religiose. Ma i due cammini si stanno intersecando sempre di più  osserviamo −. Vi sono anche Âpellegrinaggi per ricordo, culturali e politico-mediatici. La VI parte studia il pellegrinaggio dei viventi e dei morti, fuori dallo spazio e dal tempo, cioè quello Âin spiritoÂ, con richiamo a Pitagora e all Âhomo viatorÂ, a Parmenide e al cammino della Verità, a Empedocle e alla Âvia salutisÂ, ai Dialoghi platonici, sui passi poi del Re Minosse, della Âteoria (processione ufficiale) degli ateniesi e considerazione di Socrate, nonché del pellegrinaggio e del luogo di riunione delle anime, con visione del Âparadiso celeste e del cammino dellÂamore, con lÂultima purificazione e lÂultimo viaggio, secondo la concezione romana classica. Si aggiungono qui belle considerazioni sul viaggio e deserto interiori, attraverso anche la malattia  con richiamo a un magnifico e sconvolgente libro di Jean-Dominique Bauby, che ebbi lÂoccasione di recensire anchÂio su ÂLÂOsservatore Romano  e giusto aggancio ai Âpellegrinaggi di mistici. Sono belle pagine. VÂè poi la dimensione dÂiniziazione interna, e cioè come Âinteressare il corpo al cammino dello spiritoÂ, con i gesti simbolici, la deambulazione circolare, la danza Âintorno senza fineÂ, la pratica del Âmandala (concentrazione mentale), la deambulazione a spirale, il labirinto (marcia verso Dio, gli uomini e in sé), la Âgranitola (ancora a spirale, a chiocciola), nella processione. LÂerrare dei viventi e lÂitinere dei defunti è il bel titolo del successivo capitoletto. I morti interpellano così i vivi, con citazione del ÂLibro dei defunti egiziano e del pellegrinaggio post mortem, in Tibet, secondo Bango Thödol. Si conclude, con la visione del pellegrinaggio come Âspiritualità incarnataÂ. Molto vero! * * * La VII parte riguarda ÂIl pellegrinaggio nella società degli uomini ed inizia con l Âanalisi sociologica del pellegrinaggioÂ, con i libri dei pellegrini della grotta della Sainte-Baume per passare quindi a Marsiglia e Cascia, da Santa Rita, e a Lourdes, con i suoi pellegrini (esame di unÂinchiesta fra di loro sulle grazie che chiedono, sui ringraziamenti e sui loro dispiaceri e pentimenti, nonché sullÂetà di chi si reca a Lourdes). VÂè quindi un interessante capitoletto circa la natura psicofisiologica dellÂuomo, basato sulla piramide di Maslow, (in cui si parte dai bisogni fisiologici, per passare a quelli di sicurezza e affettivi, fino a giungere alla realizzazione di sé, senza tralasciare prima il bisogno di stima) perché Âil y a autant de raisons de pérégriner quÂil y a des besoins chez lÂhommeÂ. Gli Autori fanno riferimento quindi alla fede e alla speranza del pellegrino, con citazione del conosciuto brano di Péguy sulle tre virtù teologali, che fanno il loro cammino come pellegrini. ÂÈ una componente della società globaleÂ, il pellegrinaggio, si attesta successivamente, e allÂaffermazione ci sentiamo di poter aderire pure noi, anche tenendo in conto  come fanno gli Autori  la manna socio-economica del pellegrinaggio, non tralasciando altresì le incidenze eventuali di esso sulla vita politica. A conferma, or non è molto, qualche giornale italiano parlava di una strana e pronunciata presenza di politici per la recita  teletrasmessa  del Ârosario di Padre PioÂ. Gli Autori ritornano quindi a Lourdes, in visione medica, per la Âquestione dei miracoliÂ, costatando una accresciuta partecipazione colà di malati e portatori di handicap. Non manca neppure lÂillustrazione delle incidenze del pellegrinaggio sulla vita culturale, sulla letteratura (pensiamo a Goethe) e sullÂarte. E arriviamo alla conclusione, in cui gli Autori riprendono brevemente le grandi direttrici dellÂopera. Noi qui ricorderemo solo un punto, vale a dire che Âil pellegrinaggio è cosa universale, presente in tutte le generazioniÂ; le analogie cioè che vi si riferiscono vincono le differenze che pure appaiono. Il pellegrinaggio è Âmissione, testimonianza, esortazioneÂ. Oggi inoltre, con lÂaccresciuta facilità di viaggiare, i santuari offrono in Europa luoghi attraenti e vicini. Il pellegrinaggio  notiamolo  perde così il suo carattere eccezionale, dÂun tempo, per diventare quasi un ritiro spirituale periodico, dove la ripetizione conduce il pellegrino ad approfondire il senso del suo andare. Unico o ripetuto, esso rimane comunque marcato dalla presenza divina o da una traccia sacra. Ma vi sono altresì pellegrinaggi ÂciviciÂ. Dopo aver attestato che Âil pellegrinaggio è universalmente esteso, ma non universalmente approvatoÂ, il volume così termina: ÂLe pèlerinage est vécu comme une remise en forme spirituelle, un retour aux racines de lÂêtre, lÂanéantissement progressif du moi égoïste et possessif, le détachement des contingences de la terre pour parvenir à lÂéquilibre du corps et, dans le meilleur des cas, de lÂâme, pour sÂouvrir à lÂinfini de la transcendanceÂ. Molto ben detto! Ricordo che qualcuno mi sussurrò che lÂanima di un libro  si può dire?  è rivelata dalla sua ultima parola. Lì  volenti o nolenti  sta la chiave dÂinterpretazione, il Âsegreto dellÂAutore. Se applichiamo allÂopera fin qui a voi presentata, mi pare lÂindicazione risulti giusta. LÂultima parola è: ÂtrascendenzaÂ, con la Ât minuscola. Sì, vÂè in tutto il libro uno slancio  costatato ovunque, nel tempo e nello spazio degli uomini,  verso il trascendente, che mi azzarderei, io,  e me ne assumo tutte le responsabilità  a scrivere con la ÂT maiuscola. * * * Siamo alla parte finale del nostro intervento in cui cercherò  come dicevo allÂinizio  di sintetizzare lÂinsegnamento ecclesiale, al centro,  diciamo così  nei documenti del nostro Dicastero su pellegrinaggi e santuari, ad indicarne lÂattualità, direi anzi il risveglio, e a vederne quasi in controluce, la continuità, lo sviluppo, con il volume qui da me presentato o lÂallontanamento e la variazione, se non la dissonanza. QuestÂultimo compito peraltro lo lascio a voi, perché io non farò che presentare, e abbastanza sommariamente perché il tempo passa veloce. Cominciamo dal pellegrinaggio, concretamente dal documento pubblicato in occasione del Grande Giubileo del 2000 (v. People on the Move, N. 78, del dicembre 1998). Basterebbe la lettura dei capitoletti che lo compongono per farci lÂidea comparativa che vi ho proposto. Li cito: il pellegrinaggio dÂIsraele, di Cristo, della Chiesa e poi quello verso il Terzo Millennio, nel contesto del pellegrinaggio dellÂumanità. Successivamente è affrontato quello del cristiano oggi, Âvissuto come celebrazione della propria fede; per il cristiano il pellegrinaggio è una manifestazione culturale da compiere con fedeltà alla tradizione, con sentimento religioso intenso e come attuazione della sua esistenza pasquale (Il pellegrinaggio nel Grande Giubileo del 2000, n. 32). Ne è meta la tenda dellÂincontro con Dio, la tenda dellÂincontro con la Chiesa e la tenda dellÂincontro nella riconciliazione, dellÂincontro eucaristico, con la carità e con lÂumanità, oltre che cosmico, nonché con se stessi. Molto spesso vÂè poi in tutto questo la Madre del Signore. Nella conclusione il documento attesta che Âil pellegrinaggio simboleggia lÂesperienza dellÂhomo viatorÂ. LÂaltro documento del nostro Pontificio Consiglio che qui richiamo porta il titolo ÂIl Santuario. Memoria, presenza e profezia del Dio vivente e fu pubblicato nel 1999 dalla Libreria Editrice Vaticana. SÂinizia dal ÂSantuario, memoria dellÂorigineÂ, dellÂopera di Dio, presentandolo come iniziativa ÂdallÂaltoÂ, che suscita stupore e ammirazione, azione di grazie, condivisione e impegno, considerandolo, successivamente, Âluogo della divina presenzaÂ, dellÂalleanza, della Parola, dellÂincontro sacramentale, e di comunione ecclesiale. La terza parte del documento presenta finalmente il santuario come Âprofezia della patria celesteÂ, segno di speranza, quindi, un invito alla gioia, richiamo  qual è  alla conversione, al rinnovamento, simbolo dei cieli nuovi e della terra nuova. Anche qui vi leggerò alcune frasi conclusive, anche perché sono in connessione con lÂopera presentata, le seguenti: ÂIl santuario non è soltanto unÂopera umana, ma anche un segno visibile della presenza dellÂinvisibile Dio. Per questo, si esige unÂopportuna convergenza di sforzi umani e unÂadeguata consapevolezza dei ruoli e delle responsabilità da parte dei protagonisti della pastorale dei santuari, proprio per favorire il pieno riconoscimento e lÂaccoglienza feconda del dono che il Signore fa al Suo popolo attraverso ogni santuarioÂ. Non manca anche in questo documento la presenza di Maria, Âsantuario vivente (n. 18) del Verbo di Dio, Arca dellÂalleanza nuova ed eterna. * * * Vogliamo, per concludere, fare pure qui la prova dellÂultima parola del testo? Per ÂIl pellegrinaggio nel Grande Giubileo del 2000 vÂè un ÂluiÂ, scritto minuscolo, ma che dovrebbe essere maiuscolo, perché Egli Âcenerà con noi e noi con luiÂ, mentre per ÂIl Santuario. Memoria, presenza e profezia del Dio vivente è proprio ÂDio lÂultima parola. Per gli Autori del volume qui presentato oggi credo sia consolante costatare che la loro espressione finale Âil trascendenteÂ, specialmente se letta  come ho suggerito  con la ÂT maiuscola, trova conferma nella chiusura dei nostri due citati documenti. Grazie! Pilgrimages in Time and Space Summary This presentation of the volume, I Pellegrinaggi nel mondo (Pilgrimages in the World), of J. Chélini and H. Branthomme, first offers the Archbishop-Secretary of this dicastery the opportunity for a long journey through the many paths of a book that is beautiful and complete. GoetheÂs initial quotation, ÂEurope was born in pilgrimage and its mother tongue is ChristianityÂ, makes us realize, moreover, the importance of the research illustrated in this book, also in the Sitz im Leben of Europe nowadays. In the final part Archbishop Marchetto synthesises the recent ecclesiastical teaching on pilgrimages and sanctuaries to show its relevance, indeed its revival. To confirm this statement, the Pontifical Council will soon publish in this same review (Supp. No. 97) the proceedings of the European Congress of Directors of Pilgrimages and Sanctuaries (Kevelaer, 20th - 23rd September 2004). Part I of this work is dedicated to pilgrimages through the centuries, and Part II to the travel of the pilgrim. Part III is about the goal of pilgrimage, the Shrine, while Part IV deals with pilgrims return home. Part V then illustrates forms of pilgrim life, and Part VI studies the pilgrimage of the living and the dead. The last part is about ÂThe Pilgrimage in Human SocietyÂ. Someone in the past suggested to Mons. Marchetto the idea that Âthe soul of a book  if one can put it like that  is revealed in its last word. There is the key for interpretation, the Âsecret of the author. If this idea is applied to the work presented here, the suggestion seems correct enough. The last word is ÂtranscendenceÂ, but spelt with a small ÂtÂ. In the whole book there is, actually, a leaning towards the transcendent, found everywhere in time and space. The Archbishop-Secretary ventures to write it here with a capital ÂTÂ, for which he assumes full responsibility. In conclusion, Mons. Marchetto, to make a comparison, applies the same test on the last word of the texts of the two most recent pontifical documents on the same subjects (pilgrimages and sanctuaries). In doing so he noted that in The Pilgrimage in the Jubilee Year 2.000, there is, at the end, Âhe (lui) written with a small letter, but that should be a capital letter, because He Âwill have supper with us and we with himÂ. In the document, The Sanctuary Memory, Presence and Prophecy of the Living God, ÂGod is the last word. For the writers of the book presented here, it is thus comforting to note that their final expression, ÂtranscendenceÂ, especially if read as suggested with a capital ÂTÂ, is confirmed by the end of the two above-mentioned documents of this Pontifical Council. Les Pèlerinages dans le temps et lÂespace Résumé La présentation du livre « Les pèlerinages dans le monde » de J. Chélini et H. Branthomme offre avant tout à lÂArchevêque-Secrétaire du Dicastère lÂoccasion dÂune longue chevauchée à travers les sentiers de cet ouvrage. Un beau travail complet, qui commence par une citation de Goethe: « LÂEurope est née en pèlerinage et sa langue maternelle est le Christianisme », pour nous faire comprendre lÂimportance de cette recherche, confirmée également par la Sitz im Leben européenne dÂaujourdÂhui. L'ouvrage s'achève sur une synthèse de Mgr Marchetto qui passe en revue les derniers enseignements de lÂEglise, sur les mêmes arguments, en montrant que les pèlerinages et les sanctuaires sont d'une parfaite actualité, le signe même d'un réveil. A cet égard, notre Conseil Pontifical publiera prochainement sur cette Revue (Suppl. N. 97) les Actes du Congrès européen des Directeurs de Pèlerinages et Sanctuaires, organisé à Kevelaer, du 20 au 23 septembre 2004. La I° partie du livre en question est consacrée au pèlerinage à travers les siècles, la II° au voyage du pèlerin, la III° à son point de destination, le sanctuaire, alors que la IV° retrace le parcours du pèlerin en rentrant chez lui. La V° partie illustre enfin les différentes manières de vivre du pèlerin, la VI fait un récit du pèlerinage des vivants et des morts, alors que la dernière est une illustration du « pèlerinage dans la société des hommes ». Il avait été suggéré un jour à Mgr Marchetto que « lÂâme dÂun livre » se cache toujours dans le dernier mot du texte. QuÂon le veuille ou non, cÂest là que la clef de lÂinterprétation, le « secret » de lÂAuteur, se trouve. Si telle indication nous lÂappliquons au livre que nous traitons ici, cela parait assez juste. Le dernier mot est « transcendance », mais avec un « t » minuscule. Tout lÂouvrage est en effet imprégné d'un élan qui nous pousse  constaté partout dans le temps et dans lÂespace  vers le transcendant. LÂAuteur nÂhésite pas à doter le mot d'un « T » majuscule, prenant pour cela sur lui toute la responsabilité du changement. Pour conclure Mgr. Marchetto décide de faire des comparaisons avec les derniers mots des deux plus récents documents pontificaux portant sur les mêmes sujets (pèlerinages et sanctuaires). Pour « Le pèlerinage dans le Grand Jubilé de lÂAn 2000 » le mot lui, à la fin, commence par un « l » minuscule, alors qu'il devrait être en majuscule, dans la mesure où il est écrit: Il « dînera avec nous et nous avec lui ». Pour « Le Sanctuaire. Mémoire, présence et prophétie du Dieu vivant » c'est le mot « Dieu » qui conclue le document. Un constat plutôt réconfortant pour les deux Auteurs de l'ouvrage présenté ici, dans la mesure où leur expression finale "transcendant", spécialement si elle est lue  comme suggéré  avec un « T » majuscule, trouve confirmation dans la clôture des deux documents du Conseil Pontifical cités ci-dessus.
* Conferenza pronunciata al ÂCentre Culturel Saint Louis de FranceÂ, il 17/02/2005, presente il Prof. Chélini
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